Al mio ex marito, a conclusione delle indagini preliminari, è stato vietato di abitare a casa e di comunicare con noi, in quanto indagato per il reato di maltrattamento in famiglia, nei confronti miei e di mia figlia. Purtroppo da una settimana pubblica dei post e delle foto su Facebook riferiti a noi, con parolacce, minacce e offese gravi. Posso fare qualcosa?
Come sicuramente ti avrà già detto il tuo avvocato, quella che il Giudice delle indagini preliminari ha emanato nei confronti del tuo ex marito, è una misura cautelare, cioè un provvedimento emanato prima della conclusione del processo, per contenere “i danni”, ed evitare che vengano commesse offese più grandi nei vostri confronti.
Il divieto di abitare a casa unito al divieto di comunicazione, indica chiaramente che a quest’uomo veniva vietato ogni contatto con voi. Se ti sei sentita minacciata da una foto o da un messaggio pubblicato sui social, evidentemente il tuo ex ha continuato a comportarsi nel modo vietatogli dal Giudice, utilizzando tutti i canali possibili di comunicazione.
La realtà che si vive sui social è assolutamente ignorata dalla legge, quindi, certo che puoi fare qualcosa!
Proprio recentemente la Cassazione ha affrontato un caso analogo al tuo, decidendo in modo coerente con quanto deciso da anni (è dal 2014 che si va in questo senso), e ha stabilito (sent. n. 57870/2018) che viola il divieto di comunicazione con le parti offese, l’imputato di maltrattamenti che invia loro messaggi vocali o su Facebook. Oltre una trasgressione agli obblighi imposti con la misura cautelare, tale atteggiamento esprime la volontà di continuare a “maltrattare”, ma anche la volontà di coinvolgere tutti coloro che possono avere accesso al suo profilo social, e in tal senso l’offesa è ancor più grave in quanto esce dal perimetro familiare.
Pertanto, tu potresti certamente sottrarti a questi messaggi o foto rivolte a te, ma solo disattivando la connessione, precludendoti l’accesso ai social e ad internet. In questo modo si realizzerebbe un’ulteriore lesione alla tua libertà di comunicazione, alla quiete e tranquillità psichica.
Come nel caso simile al tuo, il Pubblico Ministero potrà farà valere le tue ragioni chiedendo il rinvio a giudizio e, contestualmente, una misura cautelare più severa come quella di custodia in carcere.
Ad ogni modo, ti consiglierei di approfondire questa vicenda come si deve, con un avvocato di fiducia per gestire la situazione con la strategia migliore.
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