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Stanza in comodato e stato di famiglia: come funziona?

possiedo un immobile con giardino ma per motivi di lavoro non vi risiedo costantemente. Ho offerto una stanza con uso bagno/cucina a mio cugino 75enne . In tal modo l’immobile viene curato e lui ha la possibilità di tenersi occupato nei lavori di giardinaggio. Per fare le cose in regola ho registrato un contratto di comodato d’uso presso gli Uffici dell’Agenzia delle Entrate. Al momento del cambio di residenza presso gli Uffici del Comune ci è stato comunicato l’obbligo dell’iscrizione del cugino nel mio stato di famiglia. Da qui il quesito : l’iscrizione dello stesso sul mio stato di famiglia quali conseguenze comporta in termine di agevolazioni ? Per esempio se lo stesso dovesse avere bisogno di accedere ad una struttura sanitaria o residenziale oppure se lo stesso dovesse avere necessità di cure mediche specialistiche ? Quali altri aspetti tener presenti? Non è possibile richiedere una convivenza anagrafica con stato di famiglia disgiunto

L’unico modo in cui due persone che stanno nello stesso immobile possano avere due stati di famiglia differenti è quello di frazionare, anche urbanisticamente, ove possibile naturalmente, l’immobile, attribuendo alle due porzioni risultanti due numeri civici diversi.

Se, però, in questo immobile risiedi non costantemente, non vedo dove sia il problema, basta porre la residenza anche anagrafica nella tua vera residenza per non averla più in questo immobile…

Per quanto riguarda le conseguenze, è davvero impossibile fare una ricognizione completa, dal momento che lo stato di famiglia è preso in considerazione dalla nostra legislazione migliaia di volte, ragione per cui non si può programmare nulla a riguardo, è evidente che, ad esempio, se si tratta di richiedere contributo o provvidenze il nucleo si considera composto da più persone con tutto ciò che ne consegue.

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Posso uscire dal nucleo familiare se non ho un altro posto dove andare?

vivo ancora con i miei (padre pensionato madre casalinga) e sono disoccupato di lunga durata.
A seguito di un tirocinio di lavoro a cui ho partecipato, contenti del mio operato, sarebbero intenzionati a richiamarmi in un possimo futuro previo progetto della Regione. Il problema però è l’ISEE, non tanto per reddito che ovviamente non ho in quanto disoccupato, ma per patrimonio, che sommato a quello dei miei, mi esclude. Ora, questi risparmi sono frutto di ex lavoro dipendente e quindi già pluritassati, mica rubati. Tolto il fatto che io non ritenga giusto essere penalizzato da ciò in quelle rare opportunità lavorative che si presentano dati i tempi, pensavo di uscire dal nucleo familiare e costituirne uno solo mio. Il punto è che non ho altro indirizzo presso cui andare, né un’amica/o disposto ad accettarmi per l’eventuale cambio di residenza. C’è quindi altro modo per uscire dal mio nucleo attuale familiare ?

Il sistema ha una sua logica di base, che in alcuni casi particolari, come spesso avviene applicando il diritto, può portare a conseguenze sentite come ingiuste o effettivamente inique.

Però è evidente che non puoi risolvere il problema sovvertendo questa legislazione, che, ripeto, ha una sua logica di base perché è evidente che alcuni benefici previsti dalla legge vanno riservati ai più meritevoli altrimenti si finirebbe per non poterli dare più a nessuno.

Detto questo, nel tuo caso l’unico sistema per poter formare un nucleo familiare per conto suo senza trasferire la tua residenza altrove potrebbe forse essere quello di presentare una pratica edilizia, dopo averne adeguatamente verificato i presupposti, che non è affatto detto che ci siano, per lo sdoppiamento dell’unità immobiliare dove vivi adesso con i tuoi e l’ottenimento di un nuovo numero di interno che probabilmente – e anche questo andrebbe adeguatamente verificato presso gli uffici comunali – ti consentirebbe di avere uno stato di famiglia per conto tuo.

Chiaramente, si tratta di una pratica con oneri non trascurabili che probabilmente la rendono, quand’anche fosse praticabile, del tutto sconveniente, ma puoi se credi approfondire più in concreto con l’aiuto di un tecnico.

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Perché andando a convivere perdo tutti i diritti e non ne acquisto neanche uno?

da qualche mese convivo con la mia compagna e i suoi tre figli presso la mia abitazione, la mia compagna prima di venire da me viveva con quanto gli dà l’ex marito e con le agevolazioni previste dallo stato per quanto riguarda la scuola l’assistenza medica e sussidi vari. Quello che vorrei sapere è come mai per quanto riguarda le agevolazioni ora lei le ha perse tutte essendo all’interno del mio nucleo famigliare, ma io non ho alcun benefit da questa situazione, cioè non prendo assegni famigliari o detrazioni o altro? faccio presente che la mia compagna è disoccupata, quindi sono diventato l’unico sostentamento. è giusto che nel momento in cui si va a convivere si perdono tutti i diritti e non si abbia nessuna forma di riconoscimento per questo? esiste solo il matrimonio? se così fosse mi sembra una forzatura ingiusta

In effetti hai ragione, il fatto che la convivenza, o famiglia di fatto, abbia una rilevanza, sia pur limitata, mentre al matrimonio è riconosciuta piena tutela, genera poi situazioni contraddittorie come la tua, dove, da un lato, giustamente, la ex moglie che inizia una nuova convivenza perde il mantenimento erogato dall’ex marito, in considerazione del fatto che può contare sul sostegno di un nuovo nucleo, mentre, dall’altro lato, tuttavia, la famiglia di fatto non riceve le stesse tutele e agevolazioni che riceverebbe se fosse formalizzata con la celebrazione del matrimonio.
La cosa è ovviamente aggravata dal fatto per cui, per la nostra legge, è anche necessario attendere tre anni prima di poter fare il divorzio, riacquistare lo stato libero e sposarsi, per cui, se anche voleste unirvi in matrimonio, se non fosse già intervenuto il divorzio, non lo potreste comunque fare.
Il discorso, naturalmente, sarebbe molto lungo e ci sarebbero svariate considerazioni da fare, credo sia inutile anche sperare in interventi legislativi dotati di qualche senso che una classe politica completamente bollita come la nostra non riesce più a fare da almeno un decennio.

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il mio convivente deve per forza far parte del mio nucleo familiare?

Salve, vorrei semplicemente capire se il ragazzo con cui convivo deve entrare a far parte del mio nucleo familiare pur non avendo residenza dove abitiamo. Con me lui ha il domicilio.

Se lui abita insieme a te, deve cambiare la residenza e metterla lì con te, perché la sua residenza non è più altrove ma dove abitate insieme. La residenza anagrafica, peraltro, non è quella che fa fede, fa fede quella effettiva, quindi tenendo la residenza anagrafica in un altro luogo non avete comunque alcun vantaggio e anzi potete avere problemi come smarrimento di corrispondenza, notifiche importanti, eventuali sanzioni previste dalla legge. Una volta che le residenze siano state portate entrambi nello stesso luogo farete necessariamente parte dello stesso nucleo familiare: se siete conviventi, mi pare che non ci sia nulla di strano in ciò e che anzi rappresenti la soluzione naturale. Di fatto, e di conseguenza anche di diritto, lo siete già e di ciò potrebbe anche formarsi prova documentale, ad esempio se il tuo compagno ricevesse una raccomandata nella casa in cui abitate adesso sarebbe la prova che in quel luogo vi dimora, per cui poi qualunque ente potrebbe già da ora considerarvi parte di un unico nucleo. Il mio consiglio è quello di far sempre combaciare la situazione di fatto con quella di diritto, altrimenti ci possono essere problemi. Ovviamente, se il vostro desiderio di tenere due nuclei separati era diretto a conseguire agevolazioni riservati a nuclei con redditi inferiori ad un certo limite, la cosa è ancora più illegittima e da evitare, non solo per il generico principio per cui bisogna osservare le leggi ma perché potreste, se conseguite indebitamente questi vantaggi, subire conseguenze spiacevoli sino all’apertura di un vero e proprio procedimento penale.