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sfratto e problemi di salute

Buongiorno Avvocato, ho già utilizzato questo servizio, ma la domanda che le devo porre è molto diversa dalla precedente; spero di avere una sua risposta per un riscontro con quanto affermato dal legale del XXX. L’immobile dove risiedono i miei genitori era di proprietà di una coppia di fratelli, uno dei due a causa del fallimento della propria società si è visto pignorare il 50% in suo possesso ed all’asta questo 50% è stato rilevato da un terzo fratello. Sono in possesso quindi di un decreto di trasferimento che seppur “valido” sul solo 50% di proprietà sarà impugnato dal loro legale per ottenere uno sfratto esecutivo in tempi molto brevi visto che i miei non posseggono un contratto registrato. Non esiste la cosiddetta data certa registrata, anche se sarebbe chiaramente riscontrabile dall’inizio dei pagamnenti e da un manoscritto firmato dall’allora padre dei tre fratelli il quale si impegnava ad affittare l’immmobile per un periodo di 10 anni; periodo scaduto nel 1992. A quanto mi è stato detto, questo non costituisce giuridicamente prova certa, quindi tutto dipenderà dalla discrezionalità del Giudice. Naturalmente stiamo cercando disperatamente una soluzione abitativa differente ma immaginerà che non è facile. Le chiedo se secondo lei è possibile ignorare completamente 27 anni di locazione di fatto non registrata per ovvi vantaggi fiscali dei proprietari e se le condizioni fisiche di mio padre (75 anni cardiopatico e diabetico documentato) possono in qualche modo far optare il giudice quantomeno per la prosecuzione del quadriennio in corso. La ringrazio per l’eventuale risposta e mi scuso per averla interpellata due volte in così breve tempo, ma il decreto di trasferimento ha cambiato completamente ed in negativo ogni aspettativa. Cordiali saluti (Paolo, via posta elettronica)

Lo sfratto e’ il provvedimento con il quale il giudice ordina all’inquilino di riconsegnare l’appartamento.

Il giudice, nel provvedimento in cui ordina all’inquilino di rilasciare l’appartamento, fissa anche la data del rilascio, che non è prorogabile nei casi di morosità o inadempienza contrattuale; invece per gli sfratti per finita locazione, nei Comuni ad alta densità abitativa o nei capoluoghi di provincia, l’inquilino può chiedere al magistrato che fissi nuovamente il termine per il rilascio dell’appartamento che, comunque, non potrà essere superiore a 6 mesi. Per persone ultrasessantacinquenni, handicappati, etc, il termine e’ di 18 mesi.

In questi casi l’inquilino dovrà allegare, oltre alle attestazioni di reddito e di composizione familiare, tutti i documenti utili ai fini della valutazione del suo stato di bisogno e di necessità alla proroga (legge 431/98).

Fatte queste opportune premesse, Vi consiglio di presenziare all’udienza di convalida di sfratto – che Vi dovrà essere obbligatoriamente notificata – e chiedere al Giudice una proroga al fine di poter cercare un’altra abitazione.

come gestire il malato grave

Mio zio è separato consensualmente da più di 10 anni. Purtroppo, si è ammalato gravemente e attualmente è in coma profondo… Sui diritti personali ovvero (assistenza, cure mediche, scelta della struttura presso la quale accoglierlo per la riabilitazione) chi decide: la moglie separata, il figlio, i parenti? (Anna, via mail)

Il diritto di decidere spetta al figlio quale parente più prossimo, nel nostro caso di primo grado ai sensi del codice civile. La moglie separata, peraltro da oltre dieci anni, stante l’affievolimento del rapporto matrimoniale che si determina con la separazione, non può ragionevolemente essere ritenuta in grado di prendere decisioni riguardo ad una persona con cui non convive più da così tanto tempo. In ogni caso, sia detto incidentalmente, questa è una di quelle situazioni in vista delle quali conviene sempre chiedere il divorzio una volta che sono scaduti i tre anni, essendoci appunto il rischio di trovarsi malato a letto e con una ex moglie che pretendere di prendere decisioni sulla nostra situazione attuale…

Ad ogni modo, al di là di quanto sopra, in queste situazioni di solito è opportuno procedere con un ricorso per amministrazione di sostegno, amministratore che poi può benissimo essere anche il figlio, dal momento che non ci sarà solo da decidere su assistenza, cure mediche e così via, ma ci sarà anche da andare in banca, riscuotere pensioni, pagare imposte, insomma compiere atti giuridici e apporre sottoscrizioni per chi non è più in grado di farlo. Nominando un amministratore di sostegno si farà chiarezza definitivamente su quale è il congiunto legittimato a gestire la situazione e si sopperirà anche all’esigenza di una gestione completa del malato. Per la procedura di ads, ci si può rivolgere ad un avvocato oppure – dal momento che è controversa la necessità di avere assistenza legale – si può provare a sentire direttamente dall’Ufficio del Giudice Tutelare competente per il proprio comune di residenza, anche se il mio consiglio sarebbe quello di trovare un legale disposto a seguire la procedura con un compenso contenuto, visto che improvvisarsi in materia giuridica è sempre poco agevole.

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gli alimenti tra nuora e suocero

Io e mio padre, risposatosi con una straniera dopo la morte di mia madre, siamo in lite. Prima che si sposasse avevamo fatto in modo che lui si disfasse di ogni avere e quindi ha rinunciato all’eredità e mi ha donato la metà di una casa. Il mio problema è questo: so di avere il coltello dalla parte del manico in ogni senso, ma non mi interessa sfruttare la situazione oltre un certo livello. Vorrei rinuciare alla donazione (non alla quota ereditaria di mia madre, mi sembra il minimo) e spartire l’intero patrimonio con mio padre e a quel punto però interrompere ogni rapporto con lui, girare a mia moglie ogni liquidità e farmi trovare nullatenente da lì in avanti. Domanda chiave…le nuore hanno obblighi di mantenimento nei confronti dei suoceri nel caso mio padre si “mangiasse” (forse sarebbe meglio dire si “facesse mangiare”) tutto dietro alla tipa? (Patrizio, via mail)

Rispondo solo alla domanda chiave, perchè tutto il resto non l’ho capito non essendoci sufficienti elementi per comprendere bene che cosa è stato fatto. La domanda “chiave”, comunque, è se la nuora possa essere chiamata a corrispondere gli alimenti nei confronti del suocero caduto in stato di indigenza e la risposta è positiva. La graduatoria di coloro che sono tenuti a prestare gli alimenti è data dall’art. 433 del codice civile italiano, che prevede appunto – dopo il coniuge, i figli, i genitori – i generi e le nuore. Suggerisco, per ogni ulteriore dettaglio, di leggere appunto tutti gli artt. 433 e seguenti del codice. Quindi in conclusione se il coniuge, i figli, gli eventuali genitori non sono in grado di adempiere all’obbligo alimentare, possono essere chiamate anche le nuore. Gli alimenti, ad ogni modo, sono un istituto residuale, cui si può accedere solo se la persona si trova in stato di indigenza, anche se ultimamente i procedimenti di questo tipo si sono fatti più numerosi in collegamento con il fatto che la nostra sta diventando una società di anziani, da un lato, con, dall’altro, giovani sempre più rinchiusi in sè stessi e poco propensi a prendersi cura dei “vecchi” come si faceva anche solo una generazione addietro.

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come gestire gli anziani

Vivo a Modena da anni, ho una mamma lontana, non più in grado di provvedere a sè stessa. Oltre ad avere una pensione, ha anche alcuni conti e due immobili. Come posso fare? (Silvia Savi, via email)

Bisogna vedere attentamente il caso nelle sue peculiarità, ma probabilmente si può usare il sistema dell’amministrazione di sostegno, previsto dalla legge 9 gennaio 2004, n. 6. Con questo strumento si vuole tutelare, con la minore limitazione possibile dell’incapace, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente. L’amministrazione di sostegno ha di fatto sostituito le “vecchie” interdizione e inabilitazione, che erano interventi molto più pesanti, riservati ai casi limite e di fatto dunque del tutto eccezionali.

La domanda di nomina dell’amministratore di sostegno va presentata al Giudice Tutelare del luogo in cui si trova l’interessato, quindi necessariamente nel tribunale di riferimento per il comune dove si trova la mamma della lettrice. L’amministratore di sostegno, una volta nominato, avrà il compito di curare la persona bisognosa ed il suo patrimonio. Non tutti gli atti possono, però, essere compiuti dall’amministratore di sostegno. Sussistono delle limitazioni al riguardo. Infatti, per il compimento di alcuni atti considerati straordinari, l’amministratore di sostegno deve chiedere di volta in volta l’autorizzazione al Giudice Tutelare, come ad esempio per la vendita di un immobile.

In mancanza di parenti o persone di fiducia, per capire chi può fare l’amministratore l’unica soluzione è quella di contattare i servizi sociali del luogo per vedere se vi sono persone disposto ad assumersi l’amministrazione oppure un professionista, solitamente un avvocato, sempre del luogo, esperto di amministrazioni di sostegno e con esperienza in materia di incapaci. L’amministratore di sostegno va retribuito, ma il suo compenso viene determinato dal Giudice Tutelare e solitamente è proporzionato al patrimonio dell’amministrato, che, se è semplice, non richiede molto lavoro, viceversa se è più complesso.