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Compenso a percentuale: come si interpreta?

Nel 2012 firmo un contratto con il mio avvocato sul suo compenso, ossia il 20% sugli arretrati che la mia azienda mi dovrebbe dare per differenze retributive. Abbiamo vinto il primo grado, e anche l’appello. Il 20%che io devo va calcolato anche sulla rivalutazione monetaria e sugli interessi? Oppure solo sulle voci arretrate? Poi sul contratto non è specificato se il 20% è sul netto o sul lordo.

Ti sembrerà incredibile, ma per poter interpretare un contratto bisogna sempre partire col leggerlo.

Può ben darsi che questi aspetti non siano espressamente trattati nel documento in questione, altrimenti non ci sarebbero questi dubbi di «lettura», tuttavia è inutile parlarne in astratto e sempre dalla lettura di quel documento, per quanto lacunoso, è necessario partire.

Non esiste cioè una regola né nel codice civile né nel corpo di tutta l’altra legislazione italiana e internazionale che preveda una situazione nel dettaglio simile alla tua e prescriva che cosa si debba fare.

Non esiste, in altri termini, una regola che dice ad esempio «quando un cliente conferisce mandato ad un avvocato per il recupero di arretrati per differenze retributive e viene pattuito un compenso a percentuale, questo compenso deve interdersi / non deve intendersi riferito a rivalutazione monetaria / interessi ed è da intendere netto / lordo».

Una legge del genere né esiste né esisterà mai, il diritto semplicemente non funziona così.

Come dico spesso, il diritto è un insieme di strumenti, non è invece un catalogo di soluzioni: il mondo del diritto non funziona come amazon.

Ci sono dei criteri generali di esegesi o ermeneutica dei contratti, contenuti nel codice civile, tramite i quali, anzi meglio applicando i quali al testo volta per volta da interpretare, si può cercare di capire in che modo quel testo può essere più convenientemente essere «letto» e cioè appunto interpretato.

Detto questo, che cosa puoi fare?

In prima battuta, ti consiglio di trovare un accordo con il tuo avvocato e (de)finirla in questo modo: è senza alcun dubbio il metodo migliore.

Se non concordi, o se raggiungere un accordo è difficile, la cosa si può approfondire: acquista una consulenza da questa pagina.

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Avvocato con spese più percentuale: è giusto?

a seguito di un sinistro stradale mi rivolgevo ad un legale per essere tutelato. Dopo 5 anni la causa finisce con sentenza di primo grado con la controparte che, per sentenza, deve versarmi centinaia di migliaia di euro. La controparte paga anche le spese legali. Il mio avvocato giustamente mi richiede il pagamento delle spese legali a cui aggiunge, facendomi sottoscrivere un foglio che stupidamente ho firmato, anche il 15% del risarcimento del danno subito. È tutto lecito, o dovrei protestare?

Mi piacciono molto le tue due ultime parole «dovrei protestare», come se «incavolarsi» fosse, a volte, un dovere cui non possiamo sottrarci pena il passare per deboli, malfidati, persone che possono essere tranquillamente truffate e quindi, in definitiva, oggigiorno dei «perdenti».

In realtà, a livello spirituale vale la regola esattamente opposta, non c’è nessun dovere di reagire al male con il male, la legge del taglione è finita da un pezzo, ma a livello psicologico la maggior parte delle persone che vivono oggigiorno se la porta dentro come un «archetipo». Non c’è granché di male in questo, a patto di averne consapevolezza.

Detto questo, a livello tecnico è impossibile allo stato rispondere alla tua domanda, perché dipende dalla quantità di lavoro effettivamente svolta dal tuo legale.

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Anche per il compenso a percentuale, infatti, nel nostro ordinamento è previsto un criterio di corrispondenza con il lavoro svolto, nel senso che il compenso a percentuale non deve comunque essere spropositato rispetto all’opera che è stata prodigata.

Una osservazione forse utile da fare, che ho fatto tante altre volte nel blog, è che la somma che un giudice condanna una parte a rimborsare all’altra a titolo di spese legali non è necessariamente corrispondente a quello che la parte rimborsata deve al suo legale, anzi di solito è una misura minore, spesso sensibilmente. È solo quanto il giudice ritiene tutto sommato «giusto» che la parte soccombente rimborsi a quella vittoriosa, in situazioni dove vittoria e sconfitta non sono quasi mai così nette, essendoci quasi sempre soccombenza parziale.

Ma non determina cosa è giusto che un cliente paghi al suo avvocato, che si determina in base alle regole genere.

Per questi motivi, in astratto la tua situazione potrebbe anche essere corretta, per dire di più naturalmente occorrerebbe approfondire valutando da un lato il lavoro svolto e dall’altro effettivamente il compenso incamerato, alla luce del criterio alternativo dei parametri. Per fare questo bisognerebbe fare un lavoro di approfondimento che forse non vale la pena di fare, onestamente.

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Prendo i soldi tra 6 anni: l’avvocato lo pago subito?

ho ottenuto un credito che però mi pagheranno fra sei anni. il compenso dell’avvocato comprendeva una parte fissa e una parte variabile legata a una percentuale del credito ottenuto. la mia domanda è: può il legale chiedermi il compenso della parte variabile prima che io venga materialmente pagato? O deve aspettare l’esecuzione del pagamento.

È impossibile rispondere ad una domanda del genere senza vedere il contratto che hai stipulato con il tuo avvocato in materia di compensi.

Si possono, dunque, solo fare alcune osservazioni di carattere generale.

Innanzitutto, per un compenso di questo genere è comunque necessario un contratto scritto, altrimenti si applicano i parametri forensi, cioè i criteri di tariffazione valevoli «di default» quando non è stato pattuito un sistema diverso. Ogni pattuizione sui compensi che deroga dal regime dei parametri può avvenire solo per iscritto, se fatta in altra forma non è valida.

Per quanto riguarda la questione specifica, non esiste una regola a riguardo, né nel codice civile, né nella legge professionale, né nel codice deontologico, che sono testi normativi molto più generici, specialmente con riguardo al compenso determinato in ragione percentuale, che rappresenta una novità di pochi anni fa per il nostro Paese.

In assenza di regole sul punto, ovviamente sarebbe bene che il contratto avesse previsto questo aspetto, ma è evidente che un esito del genere magari poteva non essere prevedibile, dal momento che solitamente le vertenze si concludono al loro termine, anche quando terminano transitivamente, oppure è previsto un piano di pagamento ma su un termine più breve.

Difficilmente, immagino, che il contratto possa prevedere qualcosa di specifico, ma va comunque letto e interpretato con attenzione, perché ci possono essere clausole che, pur non riguardando questo tema specifico, sono rilevanti rispetto ad esso, appunto sotto un profilo ermeneutico.

Probabilmente non resta che ragionare in base ai principi generali.

Il compenso a percentuale non è, concettualmente, un patto di quota lite.

Questo significa che il risultato ottenuto dal cliente rileva solo come parametro per la determinazione del compenso dell’avvocato, ma non concreta, né integra, né costituisce la «cosa» su cui può soddisfarsi direttamente l’avvocato.

Infatti, la quota lite è vietatissima dal codice deontologico, perché ritenuta poco dignitosa.

Insomma, un avvocato e un cliente non concordano, quando fanno un patto di compensi a percentuale sul ricavato, che si spartiranno quello che il cliente eventualmente riuscirà a portare a casa ma – è una distinzione concettuale che nella pratica sfuma spesso ma comunque esiste – che il compenso dell’avvocato per il lavoro da lui svolto venga determinato con riferimento non al tempo (ore) spese sulla materia, non sulla base dei parametri, non a forfait, ma sulla base del recuperato o ottenuto, anche solo in via transattiva.

Queste considerazioni vanno accostate al fatto che il tuo avvocato il suo lavoro lo ha già svolto, portandoti alla conclusione della transazione che in qualche modo desideravi, comunque hai accettato, in ogni caso sembra essere vantaggiosa per te. Questo lavoro va pagato, in linea di principio, subito, dal momento che il credito da compenso da contratto d’opera non è soggetto ad un alcun termine e sorge man mano che il lavoro viene svolto.

Il criterio per determinare il quantum del compenso dell’avvocato è fornito da quello che hai recuperato o recupererai ed è indicato nella transazione e corrisponde, sostanzialmente, al valore dell’affare.

Questo è tanto vero che molti contratti di determinazione del compenso a percentuale stabiliscono che, ad esempio, anche in caso di revoca o rinuncia al mandato il compenso si determinerà in base comunque a quello che è il valore dell’affare o a quello che sarà ottenuto dal cliente con un successivo avvocato.

Insomma, con il contratto di determinazione del compenso a percentuale il cliente ha spesso l’impressione di entrare in una vera e propria società con il proprio avvocato, dove si dividono vantaggi e perdite (o situazioni sfavorevoli), mentre in realtà la nostra legislazione è piuttosto contraria a che questo avvenga, almeno in maniera così netta, e, di fatto, ciò non si verifica.

Ora, è chiaro che molto sta anche alla correttezza delle parti del contratto, non so di quali cifre si parli e quali siano le circostanze, ma forse si può trovare un accomodamento che ti consenta di pagare il tuo legale senza dover tirare fuori denaro di tasca tua, o almeno concordare anche nel tuo caso un piano rateale.

La questione non è comunque definibile in modo netto, ma se dovessi proprio scegliere una risposta alla tua domanda originaria ti direi che secondo me, in diritto, è più facile che la soluzione sia che tu purtroppo intanto devi pagare il tuo legale che ha svolto compiutamente il suo lavoro, poi ovviamente si possono cercare accomodamenti tra voi che rendano la situazione più leggera e praticabile per tutti.

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Anomalie bancarie: come procedere.

Ho bisogno di sapere si vi occupate di diritto bancario, mi hanno pignorato tutto quello che avevo, nonostante avessi speso una valanga di denaro x legali disonesti che si sono dimostrati solo dei sciacalli. Avevo una piccola azienda di termoidraulica che dava lavoro a 15 persone, durante la crisi ho cercato di resistere pagando gli stipendi, ma alla fine ho dovuto lasciare tutto x le banche che chiedevano il rientro immediato, da quel momento mi hanno rovinato, segnalazioni e chiusura dei c/c. Inoltre il capannone in leasing con la xxx bank ben nota x i raggiri da loro applicati ho dovuto restituire con delle opere di miglioramento non riconosciute. Mi chiedevo se potreste controllare i c/c e contratti di leasing, se possiamo recuperare qualcosa, ho fatto fare delle pre-analisi dove si riscontrano delle irregolarità come usura e anatocismo. Ripeto non ho più disponibilità economiche.

Ci occupiamo regolarmente di anomalie bancarie.

Il metodo che seguiamo, grossomodo, è il seguente:

A) Valutazioni preliminari o «preperizia». Facciamo innanzitutto una valutazione preliminare, per vedere se nel caso in questione ci sono probabilmente gli estremi per un’azione di restituzione e/o risarcimento da anomalie bancarie. Questa fase è gratuita.

B) Perizia vera e propria più apertura della vertenza con lettera o diffida alla banca. Si procede a questa fase solo se la valutazione precedente è positiva, ovviamente. In questo caso viene redatta una perizia più approfondita e dettagliata, che indica la somma che in ipotesi la banca sarebbe tenuta a restituire e se ne fa la richiesta con una lettera ufficiale dello studio legale. Questa fase, purtroppo, è a pagamento. Si può valutare anche un compenso a percentuale, se le valutazioni preliminari lo consentono: questo bisogna valutarlo caso per caso.

C) Nel caso in cui l’istituto bancario cui è stata richiesta la restituzione non vi provveda spontaneamente, o in modo integrale o mediante un accordo raggiunto con una breve trattativa, bisogna procedere alla gestione giudiziale della vertenza. Per questo tipo di cause, è prevista la mediazione obbligatoria, che può essere una buona opportunità per definire la vertenza, se coltivata bene. In alternativa, oppure in seguito, si può fare (noi lo facciamo spesso), un ricorso ex art. 696 bis per CTU preventiva, per maggiori dettagli sul quale ti rimando alla relativa scheda. Dopo la mediazione e/o la CTU preventiva, se ancora la vertenza non è stata definita, si deve fare la causa di merito, nelle forme del rito ordinario o, specialmente se è stata fatta la CTU preventiva, in quelle del 702 bis. Anche qui si valuta caso per caso. Qui si parla di molta attività, molto lavoro da svolgere, di solito a pagamento, sulla base di un previo preventivo valutato dal cliente; anche qui si può valutare un compenso a percentuale, ma considera che anche nel caso del compenso a percentuale le spese documentate sono sempre a carico del cliente.

Come vedi, questo tipo di vertenze sono affrontate con un principio di gradualismo e cercando di svolgere solo l’attività e il lavoro effettivamente necessari per portarle a termine, passando alla fase successiva solo nel caso in cui non si sia riusciti a gestire la vertenza in modo adeguato in quella precedente.

Considera che se hai subito pignoramenti probabilmente l’istituto di credito aveva a suo tempo ottenuto decreti ingiuntivi che sono poi divenuti definitivi per mancata opposizione o rigetto della stessa o anche solo provvisoriamente. Quello che importa capire al riguardo è che la questione che andresti a sollevare nei confronti della banca è nuova e non può con molta probabilità cambiare l’esito dei procedimenti già pendenti, ma solo, nel caso di accoglimento, determinare un credito a tuo favore nei confronti della banca stessa.

Un altro istituto che puoi valutare è la composizione della crisi da sovraindebitamento, su cui rimando per maggiori dettagli alla scheda relativa.

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Risarcimento non ancora preso: devo pagare l’avvocato?

nel 2004 ho subito un attentato dinamitardo presso la mia abitazione estiva ad opera di tre individui che sono stati assicurati alla giustizia, reo confessi, patteggiando una pena di sei mesi. L’ evento criminoso ha causato danni materiali per oltre 5 mila euro e danni fisici spicologici al sottoscritto e consorte. Per i 13 anni circa di processo civile, i tre delinquenti, NON hanno pagato una lira neppure per le due perizie richiesta dall’A.G. le cui fatture, sono state da me saldate. Mah. che Italia.
La ciliegina, l’ ho avuta dal mio legale il quale a mezzo A/R mi ha richiesto oltre 10 mila euro di compenso per la causa in questione somma da saldare entro gg.07.
Vi sembra normale che possa accadere tutto cio’? ma la bomba a casa mia, me la son messa da solo? Preciso che con il mio legale da subito ci fu un un accordo circa il suo compenso, che lo stesso avrebbe dovuto ottenere a seguito di eventuali somme recuperate. Mi chiedo i 10 mila euro si potranno dilazionare?

Purtroppo è una cosa di questo genere è normalissima. È come quando vieni tamponato e ti distruggono la macchina: il carrozziere che te la ripara lo devi pagare anche se, per qualsiasi motivo, non consegui il risarcimento da chi ha causato il sinistro.

È vero che non hai (ancora) conseguito alcun risarcimento dai responsabili, ma un avvocato non ti può garantire che chi è tenuto a pagare un danno lo faccia effettivamente.

Quello cui, tuttavia, è tenuto però è avvertirti, espressamente e con la massima chiarezza possibile, che, prima di iniziare qualsiasi vertenza, specialmente giudiziale, bisogna valutare adeguatamente le possibilità di recupero in caso di vittoria e cioè la solvenza della controparte, come spieghiamo meglio nella nostra scheda sul recupero crediti, alla cui attenta lettura ti rimando.

Anche la tua pratica, infatti, è destinata, come quasi tutte le pratiche legali, a tradursi in una pratica di recupero credito. Quando avrai una sentenza che condanna i responsabili al risarcimento a tuo favore, avrai il problema di recuperare il tuo credito, con tutte le problematiche correlate, tra cui quella della solvenza appunto dei debitori.

È anche normale che la CTU sia posta a carico di chi la chiede, viene poi posta a carico della parte perdente al termine del processo, dal momento che, prima che ci sia una sentenza, non è ancora ufficialmente possibile stabilire chi ha ragione o meno quindi il costo delle prove viene temporaneamente messo a carico di chi le chiede.

Per quanto riguarda il patto sui compensi stipulato con il tuo legale, devi sapere che qualsiasi patto che deroga all’applicazione dei parametri forensi deve essere stipulato per iscritto, mentre dalla tua descrizione del caso mi pare che non sia stato fatto nessun accordo per iscritto, con la conseguenza che l’applicazione dei parametri è corretta. Per quanto riguarda la possibilità di dilazionare questo conteggio, non è un tuo diritto, ma puoi ottenerlo cercando di negoziare con il tuo legale, insieme magari ad altri vantaggi, come sconti sul totale e così via.

Qualora ti trovassi in difficoltà a trattare con il tuo legale per sistemare intanto questa posizione, ti consiglio ti nominare un altro avvocato che sia questa volta davvero degno fino in fondo della tua fiducia di occuparsi di questa fase.

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Non ho soldi per un avvocato: come faccio?

Il mio dirimpettaio si rifiuta di alzare la canna fumaria, ho tollerato x circa 8 inverni x il quieto vivere adesso non ce la faccio piu’,.Sono asmatica e il cattivo odore che emana il termocamino,mi entra il fumo in casa. la prego mi aiuti a risolvere questa situazione.Mi sono recata alla asl di competenza, mi hanno fatto fare mille giri, risultato non e’competenza loro.SI rivolga ai vigili di Pisoniano,e anche questo se ne lava le mani, dicendomi che mi ci vuole un avvocato.Ma io non ho disponibilita’ economica.Cosa devo fare?

Il problema è che ti serve un avvocato, ma non hai i soldi per pagarlo.

A questo riguardo si possono fare queste osservazioni e dare questi spunti.

Innanzitutto, il primo passo per trattare un problema di questo genere consiste nell’invio di una diffida che, ad esempio, oggigiorno da noi costa 100€ oltre accessori di legge, in totale circa 126€. Altri avvocati potrebbero chiedere di più, altri di meno, ma comunque l’idea del costo è questa.

Se è vero che non si tratta di un importo alto, è anche vero che la diffida non è necessariamente risolutiva, ma è solo un primo passo, che tanto può essere utile quanto essere l’inizio di un percorso e di un lavoro più lungo. Ovviamente, se il lavoro diventa più lungo, l’avvocato dovrà essere compensato anche per tutte le altre cose che andrà a fare, con la conseguenza che i costi lieviterebbero.

Qui puoi se credi fare un tentativo e vedere che cosa succede.

Altri sistemi purtroppo non sembrano essere molto praticabili.

Il compenso a percentuale in un caso del genere è escluso in radice, visto che chiediamo semplicemente di fare delle opere e non un risarcimento del danno, che sarebbe comunque difficile da ottenere, con la conseguenza che, data l’alea, nessun legale accetterebbe un compenso a percentuale basato su quello.

Il patrocinio a spese dello Stato potrebbe essere più utile, ma solo nel momento in cui la cosa dovesse essere versata in una causa, perché nel nostro Paese il gratuito patrocinio vale solo per le cause e non per le attività stragiudiziali.

La vera soluzione per queste situazioni è quella di avere una polizza di tutela legale, cosa che io predico come necessaria da oltre dieci anni, ma che purtroppo in Italia non si è ancora affermata. Ovviamente nel tuo caso non puoi rimediare stipulandone una adesso, essendo una assicurazione avresti dovuto averla prima dell’insorgenza del problema (non puoi fare una polizza infortuni dopo essere caduto dalle scale…).

All’estero esistono enti – fondazioni, associazioni – finanziate con denaro pubblico o lasciti privati con il compito di fornire assistenza legale a coloro che sono privi di mezzi adeguati, di cui parla ad esempio John Grisham nel suo libro «I segreti di Gray Mountain» (lo «studio» per cui lavora Samantha, la protagonista, è la Mountain Legal Aid Clinic), ma in Italia, che io sappia, non esistono enti del genere.

Forse puoi provare a sentire dai servizi sociali se sono in grado di darti un aiuto.

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Sinistro stradale con esito mortale: chi paga l’avvocato?

mio padre cade in strada x motivi sconosciuti, poco dopo passa un auto ke lo travolge uccidendolo (dicendo di nn averlo visto.. mentre altre persone lo avevano visto).. ora mi chiedo : per farmi assistere, il compenso del mio avvocato da chi sara’ erogato? da me.. da l’assicurazione da entrambi?? a quanto potrebbe ammontare questo compenso… kiedere una percentuale su l’importo ke l’assicurazione eroghera’ e’ giusto,legale e una pratica ke si usa normalmente.. e poi mi chiedo se e’ possibile cambiare avvocato (pagando il dovuto) senza andare in contro ad intoppi vari

Mi dispiace molto per la vostra perdita.

Il primo tenuto a corrispondere il compenso del tuo avvocato sei tu che lo incarichi. Dietro a questo, poi, ci può essere l’intervento di altri soggetti che se ne fanno carico, come in alcuni casi, per prassi, le compagnie di assicurazione.

Ma occorre notare che si tratta, al massimo, di prassi, mentre il rapporto giuridico rimane sempre tra te e il tuo avvocato, sulla base del contratto d’opera che vi lega.

Se vuoi maggior chiarezza a questo riguardo, è indispensabile stipulare un patto sui compensi per iscritto che dica intanto che sistema di tariffazione viene adottato – se, ad esempio, in base ai parametri correnti, a percentuale, a tempo o altro – quindi in quale misura e con pagamento a carico di chi.

Ovviamente qualora il pagamento fosse a carico di un altro soggetto, dovrebbe esserci la partecipazione di quest’ultimo al patto sui compensi, che dovrebbe essere firmato anche da lui.

Il sistema di tariffazione che si usa in questi casi è solitamente quello del compenso a percentuale.

In molti casi le spese legali sono poi rimborsate dalla compagnia di assicurazione di controparte, ma le variabili in gioco sono molte per cui è bene curare che questi aspetti siano ben definiti prima di procedere oltre.

Quanto all’avvocato, puoi scegliere ovviamente quello che vuoi, senza alcuna necessità di tenere quello indicatoti dalla tua agenzia di assicurazione. Anzi sarebbe bene che tu curassi con particolare attenzione la scelta del legale, perché si tratta di una pratica di valore considerevole e con aspetti delicati da trattare.

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Sinistri stradali: il modello CID o CAI non è così determinante.

vorrei descrivere l’incidente stradale avvenuto ieri pomeriggio. Stavo percorrendo il tratta di strada che porta alla spiaggia il Casello Trappeto (PA) perchè ero andata al mare con la mia amica. Stavamo risalendo il tratto di strada quando a un certo punto, la strada è molto stretta la mia macchina e la macchina della controparte di cui non avevo nessun dato e che proveniva dal senso opposto, si sono strette in quanto l’altra parte non ha pensato di aspettare in una apertura alla sua destra per cui le due macchina hanno strisciato. Subito dopo la controparte ha chiamato il noleggio da cui aveva noleggiato l’auto e ci ha fornito il CID. Ero sotto pressione e in uno stato confusionale, ma non ho affetto detto che mi sarei presa tutta la responsabilità invece la controparte ha scritto ciò nel cid. Inoltre ha modificato la parte delle crocette che volontariamente avevo lasciato bianco e ha sbagliato a scrivere la data. Io ho firmato in un posto sbagliato. Può essere nullo?

Il modello CID o constatazione amichevole non ha tutta questa importanza nella ricostruzione della dinamica dei sinistri stradali, molte sentenze, alcune emesse in processi che mi è capitato di seguire personalmente, lo disattendono.

L’ultima sentenza ad esempio è la numero 12845/2016, depositata il 21 giugno, della Corte di cassazione, secondo cui il CID va valutato unitamente a tutti gli altri elementi probatori.

La cosa che ti consiglio è far inviare però subito da un legale una diffida in cui contesti la veridicità del CID e, più specificamente, la compilazione avvenuta parzialmente dopo che avevi già apposto la tua sottoscrizione ad opera dell’altra parte, nonché gli altri elementi dubbi del caso.

Per il resto, mi pare un caso in cui con buona probabilità alla fine verrà riconosciuto un concorso di colpa.

Ti consiglio di farti seguire da un legale. Se non disponi di una polizza di tutela legale, il compenso del legale è a carico tuo, ma puoi vedere se riesci a concordare un compenso a percentuale, eventualmente con una piccola integrazione da parte tua.

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Malasanità: come non si deve trattare un problema di malpractice.

Ho subito, nel 2009, danni irreversibili durante un banale intervento ginecologico. Il chirurgo non solo si rifiutò di ammettere le proprie responsabilità, ma lasciò che finissi quasi in coma. Fui salvata dall’equipe di urologia, per un soffio.
Dopo sette anni ho inviato richiesta di risarcimento all’Asl di competenza, senza appoggiarmi ad alcun studio legale. Mi hanno inviato elenco di documentazione da consegnare e modulo di consenso alla privacy da firmare: hanno tutto da 50 giorni. È il caso di sollecitare? Ah dimenticavo, a causa della mia lunga degenza in ospedale ai tempi persi anche il lavoro…e l’ ottimismo :).

Francamente, non credo proprio che sia il modo giusto per curare una pratica del genere.

La prima cosa che avresti dovuto fare è acquisire una consulenza medico legale sulla vicenda, che avrebbe stabilito, in una apposita relazione scritta, la responsabilità, o meno, dei sanitari, quantificando anche il danno da te subito e la sua risarcibilità.

Sarebbe, inoltre, stato meglio fare la richiesta danni, anche solo stragiudizialmente, entro i 5 anni dall’accaduto, perché l’azione aquilana si prescrive appunto in 5 anni, mentre così a te è rimasta solo quella contrattuale, quando invece di solito è bene esperire entrambe le azioni, per prudenza e sicurezza.

Il fatto che tu non abbia capito quasi niente di questo ultimo paragrafo ci porta, poi, all’ultimo errore che hai commesso e cioè non affidarti all’assistenza di un bravo e preparato legale. Le pratiche di malasanità, come tutte le pratiche civili, non sono affatto «intuitive» o semplici, ma devono essere fatte gestire da un tecnico della materia, un giurista preparato e competente.

Tra l’altro, per la malpratice non è nemmeno difficile trovare un avvocato disposto a lavorare con un compenso a percentuale, che per il cliente è un sistema tariffario conveniente per diversi punti di vista.

Per quanto riguarda la tua domanda, cioè se conviene sollecitare o meno, la mia risposta è quindi che devi incaricare al più presto un legale di seguire questa posizione, lasciando che sia lui a valutare quando, se, come e in che forma sollecitare o in altro modo intervenire, sorvegliando anche i termini di prescrizione.

Finché non farai questo, procederai sempre alla cieca e senza punti di riferimento. Se anche fossi fortunata e ricevessi un’offerta da parte dell’azienda sanitaria, come faresti a valutarne la correttezza? Guarderesti se a te sembra bassa o alta? E per contestarla, se ti sembrasse troppo bassa, cosa faresti? Andresti a dire che ti fa male ancora di qua e di là, che hai sofferto tanto, che sei andata in depressione e così via?

Lascia che ti dica che non è così che funziona.

Ricomincia da capo, eliminando gli sbagli che hai fatto. Prendi un avvocato, che poi ti farà fare una visita medico legale. Anche lasciando a lui una fetta del risarcimento, ne prenderai uno più grande che andando alla cieca da sola. Gli avvocati danno valore, contrariamente a quello che pensa la gente comunemente. Almeno quando sono bravi e svolgono correttamente il loro lavoro.

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Compenso a percentuale e rinuncia a incarico dell’avvocato: cosa pago?

il mio avvocato ed io abbiamo avuto un battibecco e lui ora non vuole piu’ difendermi, ma mi chiede 1300 euro per le competenze, mentre eravamo rimasti d’accordo che la sua percentuale era del 10% . La causa è contro un dottore che mi ha curato male ed ho dovuto sottopormi di nuovo alla rottura e ingessamento del polso rotto.

Le interruzioni del mandato, sia per iniziativa del cliente che del legale, sono un po’ il punto debole dei contratti con compenso a percentuale, sistema di tariffazione sul quale ti invito innanzitutto comunque a leggere la scheda apposita.

Accordarsi affinché il legale determini i suoi compensi in ragione di quanto ricavato, ad esempio come nel tuo caso il 10% dello stesso, sembra una buona idea all’inizio, ma si deve pensare anche alle varie eventualità che possono accadere durante lo svolgimento del rapporto, tra cui segnatamente la rinuncia o la revoca del mandato.

Qui, infatti, si tratta di conciliare diverse esigenze. Da un lato non si può pensare né che il cliente venga privato del suo diritto di revocare il mandato all’avvocato né che l’avvocato possa non essere libero di rinunciare: ogni incarico professionale è delicato e fiduciario, per cui ognuna delle due parti deve rimanere libera di interromperlo quando lo ritiene opportuno.

Però c’è il problema, in quei casi, di determinare il compenso dell’avvocato per il lavoro svolto sino all’interruzione, svolto peraltro spesso oltre che gratuitamente, in base agli accordi, magari anche con anticipo di spese.

Proprio per questi motivi, sin da quando ho iniziato a praticarli, anni fa, tutti i miei contratti con compenso a percentuale prevedono dei meccanismi di determinazione del compenso in caso di interruzione del rapporto professionale, con apposite clausole.

Questo sarebbe stato ciò che avreste dovuto fare anche voi, prevedere u sistema «paracadute» di determinazione del compenso destinato ad operare in tutti i casi in cui la pratica per qualsiasi motivo non fosse stata portata a termine.

Chiaramente, meccanismi del genere sono irrinunciabili anche per i legali stessi. Se non ci fossero, un cliente in mala fede potrebbe far svolgere tutto il lavoro ad un legale promettendogli una percentuale del 20% a lavoro finito, revocargli il mandato due giorni prima di conseguire il pagamento e terminare la pratica da solo o con un altro legale che si accontenta magari del 5%, beneficiando così illegittimamente di tutto il lavoro svolto dal primo legale.

Per cui mi stupisco sempre quando vedo contratti fatti da altri legali che non menzionano alcunché al riguardo.

Ad ogni modo, chiudendo questa digressione, quello che devi fare tu a questo punto è definire la cosa in via negoziale, sempre che non sia possibile riuscire a chiarirti con il tuo legale e continuare il lavoro con lui, cosa che sarebbe sicuramente preferibile. Se non riusciste a trovare un accordo, temo proprio che in materia si dovrebbero applicare i parametri forensi.

Come spunto, ti suggerisco di leggere anche la nostra scheda pratica sulla malpractice o responsabilità professionale medica.