Categorie
trattare i problemi legali

Conversazione in tempo reale: é la strada.

Oltre un anno fa, dismettevo tutta la messaggistica – mail, whatsapp, sms, telegram – sul lavoro a favore del caro, vecchio telefono e delle videocall tramite zoom, skype o altro.

Lo comunicavo con questo post su questo stesso blog.

Una delle decisioni migliori che io abbia mai preso in venticinque anni di professione forense e di lavoro in generale.

Passando a modalità di comunicazione sincrona, o «in diretta», ho incrementato di molto l’efficienza e la funzionalità dei miei servizi e il grado di soddisfazione dei clienti.

Scritta così, sembra una frase managerial-burocratese, tuttavia riflette una realtà precisa.

É il caso di spiegarlo meglio e in termini elementari.

Se io parlo al telefono con un mio cliente, un collega avvocato o un altro interlocutore, riesco quasi sempre subito a capire la natura del problema o della situazione che c’è da trattare e a decidere, insieme sempre al mio interlocutore, in che modo intervenire, che cosa c’è da fare.

Di conseguenza, passo subito a fare quel che si è deciso di fare.

Se la stessa situazione viene trattata per messaggistica non si riesce innanzitutto bene a capire la situazione su cui intervenire quale sia, dopodiché non si riescono a mettere a fuoco i possibili modi di intervento.

In conclusione, la messaggistica non è quasi mai uno strumento funzionale per comunicare, perché la comunicazione umana deve avvenire in diretta, cioè tutti i protagonisti devono poter parlare nello stesso momento, confrontandosi tra loro.

Sostituire una conversazione con uno scambio, dilazionato nel tempo, di bigliettini, confidando che la comunicazione possa essere efficace ugualmente é davvero demenziale.

Su questi problemi strutturali della «comunicazione per messaggi» intervengono infatti poi ulteriori problematiche consistenti nel fatto che le persone non sono in grado di comunicare in modo efficace per iscritto, né di comprendere adeguatamente un testo scritto, oltre che nel fatto che il mondo dei messaggi é largamente inflazionato, per cui l’attenzione che si può dedicare a ogni singolo «bigliettino» é sempre meno.

Abbiamo confidato troppo nella messaggistica, adesso è il momento di tornare sulla terra, tornare alla conversazione in tempo reale, usando la messaggistica solo per limitati e ben circoscritti scopi, connessi sempre e comunque a una conversazione in real time, come ad esempio l’invio di un documento in allegato.

Quando hai bisogno di me, dunque, chiama il numero 059 761926.

Ci vediamo lungo la strada 👋

Categorie
riflessioni

Messaggistica: il potere dispersivo.

Ultimamente, ho parlato molto dei limiti della messaggistica e di ho riorganizzato il mio metodo di lavoro, verso un approccio molto più sincrono e molto meno asincrono.

Su instagram c’è questo account meraviglioso che si chiama diario di brodo che proprio in questi giorni ha pubblicato questa vignetta che evidenzia un altro aspetto della mail, il fatto di essere estremamente dispersiva e, in definitiva, una grande nemica della produttività, anche per i molti maggiori formalismi di questo tipo di comunicazione.

Come spesso accade, con una vignetta si trasmettono cose che non si riuscirebbero a comunicare con tante parole…

Seguitela, é bravissima.

Categorie
counseling diritto

Soluzione del conflitto aziendale: e risolvi!

Salve, ho un problema in azienda tra due dipendenti che litigano tra loro, mi trovo spesso a dover spendere molto tempo (inutilmente) a cercare di mantenere degli equilibri tra i miei collaboratori. Esiste uno strumento o un sistema normativo per risolvere questo problema? Luigi

Gentile Luigi,

parliamo di una situazione piuttosto diffusa, nella pratica. Malgrado non esista uno strumento di legge ad hoc che risolva questo genere di problemi, c’è un meccanismo stragiudiziale (quindi senza ricorrere al giudice) per portare il conflitto all’esterno dell’azienda e tentare una soluzione in mediazione.

Lo chiamiamo soluzione del conflitto aziendale ed è uno strumento di consulenza molto richiesto.

Le incomprensioni certo fanno parte delle dinamiche quotidiane, è naturale che esistano anche sul posto di lavoro, vista la contingenza.

Un aspetto che non va sottovalutato è che il conflitto aziendale può però avere pessime conseguenze se viene ignorato, sia per i singoli che per il sistema impresa.

Se gestito bene può avere invece persino effetti positivi.

Se la tensione che si crea in ufficio, o nell’ambiente di lavoro non viene presa in considerazione, o magari viene nascosta, può causare fastidi e distrazioni; può rovinare le relazioni ed il clima lavorativo e può influire negativamente sul morale e sulla produttività dei dipendenti.

In poche parole il rischio è che il conflitto possa danneggiare l’azienda.

Spesso i conflitti in azienda nascono per questioni legate al ruolo, alla mancanza di empatia o a un’eccessiva competitività. Di recente va aggiunto che anche le comunicazioni via mail o chat hanno aumentato le incomprensioni e i nervosismi. Posso dire che spesso c’è un problema più generale di “comunicazione”.

Qualunque sia la natura dei contrasti è fondamentale intervenire in fretta: in alcuni casi a farlo possono essere i professionisti delle risorse umane, in altri invece è bene affidarsi a consulenti esterni.

È possibile che il team delle risorse umane non abbia il tempo o le giuste competenze per gestire la situazione, oppure si tratta di situazioni particolari, da maneggiare con cura, come quelle con risvolti legali, o nei casi di mobbing o molestie.

Ma come si risolve un conflitto aziendale?

In genere si procede per gradi: preliminarmente con una riunione in campo neutro, si può scegliere se partire subito con un incontro di gruppo oppure farlo precedere da incontri individuali che aiutano ad avere un quadro più dettagliato della situazione.

È fondamentale al di là della soluzione, strutturare una strategia per prevenire il conflitto in azienda: incoraggiare anche i dipendenti a risolvere i conflitti da soli, almeno quelli più piccoli.

Ma in ogni caso bisogna sempre pensare positivo, ai benefici dei conflitti aziendali: possono portare molti benefici!

Gli esiti dei conflitti aziendali non sono sempre negativi: se gestiti nel modo giusto possono contribuire a prendere migliori decisioni, alla coesione dei gruppi di lavoro e al coinvolgimento dei singoli nelle discussioni importanti, anche a migliorare l’efficacia e la produttività dei dipendenti.

Come diceva Marx: “Non vi è progresso senza conflitto: questa è la legge che la civiltà ha seguito fino ai nostri giorni.”

Categorie
mediazione familiare

Mediazione familiare: sciogliere i pregiudizi, sbloccare il dialogo.

Dialogo

La mediazione familiare è, come noto, un intervento, da parte di un professionista, rivolto tipicamente alle coppie, quasi sempre genitoriali, ma praticabile anche in altri ambiti familiari, come ad esempio tra fratelli, tra figli e genitori, e, volendo, estensibile anche a contesti dove non esiste una situazione definibile come familiare in senso stretto, ma che rappresentano aggregazioni in cui, come è naturale nell’esperienza umana,  possono svilupparsi conflitti; a questo ultimo riguardo, la pratica offre numerosi esempi riguardo agli ambienti di lavoro: in questi ultimi casi, l’applicazione delle pratiche di negoziazione civile ha mostrato tutti i suoi limiti nel momento in cui gli operatori hanno dovuto riconoscere che la radice del conflitto non è in questioni materiali, ma in aspetti personali e nei rapporti tra i loro protagonisti, caso classico il rapporto tra dipendente e responsabile ma anche quello tra colleghi di ufficio.

Siccome alla base di pressoché ogni conflitto, specialmente in ambito familiare o parafamiliare, c’è un deficit più o meno vasto di comunicazione, l’obiettivo della mediazione dovrebbe essere in primis quello di «sbloccare» il dialogo tra i protagonisti del conflitto, fluidificando il confronto tra di loro, precedentemente ingessato in modo grave.

La mediazione familiare, si scopre così, ha a che fare con uno dei tanti paradossi che costellano l’esperienza dell’uomo su questa terra:

Come sempre, è la letteratura che ci fa comprendere la vita, anticipandone e codificandone i movimenti. Infatti, questo paradosso era ben noto, come abbiamo già detto in un altro post, a Tennesse Williams, autore del dramma teatrale «Un tram chiamato Desiderio» (in lingua inglese: A Streetcar named Desire), che fa pronunciare alla protagonista, Blanche DuBois, la celebre battuta «Ho sempre confidato nella gentilezza degli sconosciuti».

Blanche, donna dai molti lati oscuri, provata dalla vita, messa di fronte alla bassezza di quelle relazioni familiari nelle quali dovremmo in teoria cercare protezione, rifugio e ristoro, finisce dunque per rendersi conto della difficoltà della famiglia e per, appunto, vedere di buon occhio gli estranei, gli sconosciuti. Se tanto ci dà tanto…

Orbene, la mediazione serve dunque anche a superare questo paradosso, che non è una immagine della sola letteratura, ma un fatto reale, un’esperienza concreta, che dalla letteratura viene ripresa.

Dobbiamo però anche chiederci come mai si verifica questo, cioè come è possibile che persone che condividono scelte, affetti importanti e totalizzanti come quelli dei figli, esperienze, spesso anche affinità, finiscano per riuscire a comunicare peggio tra di loro che quando lo fanno con estranei?

Lo vedremo nel prossimo post della serie, i cui protagonisti sono i pregiudizi, una particolare forma di lavoro della nostra mente.