Categorie
riflessioni

5 cose sulla riconciliazione tra i coniugi.

1) Dopo la separazione, i coniugi possono riconciliarsi, decidendo di tornare a vivere insieme da marito e moglie.

2) In questi casi, si deve fare una apposita pratica presso l’ufficio di stato civile del comune.

3) La pratica è sostanzialmente gratuita e non richiede la
partecipazione di un avvocato, visto il favore della legge per la famiglia.

4) La riconciliazione annulla la separazione e dunque impedisce di richiedere il divorzio, determinando la revivescenza di tutti gli obblighi tra i coniugi.

5) Dopo il divorzio invece non si può più fare nessuna riconciliazione e gli ex coniugi, se vogliono rimettersi insieme anche ufficialmente, devono sposarsi di nuovo.

(1) Condividi ora questo contenuto, se pensi che possa essere utile ad altri (2) Iscriviti subito al blog, al podcast, al canale youtube e tiktok e all’account instagram degli avvocati dal volto umano per ricevere altri contenuti gratuiti come questo (3) Se ti serve assistenza legale professionale, chiama ora il n. 059 761926 e prenota il tuo appuntamento.

Categorie
riflessioni

10 cose su separazione, divorzio e affido tramite videoconferenza .

1) Separazione, divorzio, regolazione affido e modifica condizioni degli stessi si possono fare anche tramite videoconferenza, senza bisogno che i coniugi o i genitori siano presenti presso lo studio degli avvocati.

2) Per fare questo, si può usare qualsiasi programma di
videoconferenza che consenta la registrazione come zoom o skype o altri.

3) Il ricorso alla videoconferenza é possibile quando uno o entrambi i coniugi ad esempio risiedono all’estero, particolarmente in altri continenti, oppure quando, a causa di una disabilità o di un provvedimento legislativo o governativo (come accaduto col lockdown), non possono muoversi.

4) Nel corso della videoconferenza gli avvocati e le parti scrivono insieme l’accordo di separazione, divorzio o affido; più in
particolare, il testo viene scritto da un avvocato, visualizzandolo sul monitor in modo che ogni altro possa vedere quello che viene scritto ed eventualmente correggerlo.

5) Al termine della redazione dell’atto, lo stesso viene inviato via mail in formato PDF alle parti che dovranno stamparlo su carta e sottoscriverlo davanti alla telecamera.

6) Dopo la firma, le parti dovranno inviare il documento allo studio legale tramite corriere o altro mezzo che consenta la tracciabilità.

7) I documenti occorrenti per fare separazione, divorzio o affido in videoconferenza sono gli stessi più un documento di identità di ciascuna delle parti.

8) Se le parti sono italiane, il documento sarà tipicamente la carta d’identità; per i cittadini di altri Stati potrà essere il passaporto o quello che è previsto nel rispettivo ordinamento.

9) Una volta che gli avvocati ricevono il documento o i documenti li firmano, datano e provvedono agli incombenti successivi tra cui soprattutto il deposito in Procura e l’invio all’ufficio di stato civile.

10) Separazione, divorzio e affido tramite videoconferenza costano di più di quelli in presenza presso lo studio ma sono comunque
estremamente convenienti ugualmente consentendo di risparmiare i costi e i fastidi di volo aereo, soggiorno e così via.

? 1?? cerca «solignani» con google 2?? collegati e iscriviti al mio blog ?

Categorie
riflessioni

15 cose sul divorzio.

1) É il secondo passaggio necessario, dopo la separazione, per sciogliere un matrimonio in Italia, dove non esiste il divorzio diretto.

2) Può essere chiesto dopo sei mesi, se la separazione é stata consensuale, o dopo un anno, se giudiziale – originariamente il termine era di cinque anni, poi sceso a tre, poi ai termini attuali con la legge sul divorziobreve.

3) Nella pratica, quasi nessuno chiede il divorzio appena scadono i sei mesi, di solito i coniugi aspettano un anno o due.

4) Se aspettare qualche anno può andar bene, é consigliabile non andare oltre i due o tre dal primo termine utile, anche perché ci potrebbero essere conseguenze legali negative se non si fa il divorzio.

5) Se uno dei due coniugi separati, ad esempio, muore prima di fare il divorzio, l’altro coniuge, quello rimasto in vita, ne diventa erede.

6) Il divorzio può essere realizzato consensualmente, tramite un accordo in house, quando i coniugi concordano sulle condizioni, oppure giudizialmente, quando è impossibile raggiungere un accordo ed é necessario far decidere ad un giudice.

7) Il divorzio tramite accordo delle parti é molto più veloce e meno costoso di quello giudiziale, per cui vale sempre la pena fare qualche tentativo – oltre alle trattative tra avvocati può essere utile qualche seduta di mediazionefamiliare.

8) In generale, é molto più facile che una coppia litighi in sede di separazione che in fase di divorzio, dove abbastanza spesso si fa la fotocopia, con piccoli aggiustamenti, di quello che si era fatto al momento della separazione.

9) Il divorzio con accordi in house può essere tariffato a corpo per l’intero lavoro, mentre un divorzio giudiziale viene tariffato flat o a forfait ma su base annuale: si paga un tot per ogni anno di durata della causa.

10) La fase delle trattative, quella fase preliminare in cui le parti si confrontano, con l’aiuto di uno o più avvocati, per vedere se possibile raggiungere un accordo sulle condizioni, viene di solito tariffata su base oraria.

11) Al momento attuale, presso il mio studio un divorzio in house costa 1.500€ per tutto il lavoro (somma che i coniugi possono dividersi tra loro), un giudiziale 1800€ per ogni anno e ogni ora di trattazione 100€ – oltre accessori di legge e cioè IVA e cassa avvocati; la convenienza del divorzio in house é evidente.

12) Il divorzio in house si può fare anche in videoconferenza, se ad esempio uno o entrambi i coniugi risiedono all’estero – ne ho già fatti diversi e sono stati tutti autorizzati o muniti di nulla osta dalla Procura.

13) Se uno dei due coniugi risiede all’estero, ma non si può fare il divorzio in house perché non si accorda sulle condizioni ed é necessario procedere con un divorzio giudiziale, é sufficiente fare la notifica all’estero.

14) Se uno dei coniugi é irreperibile, il divorzio si può fare ugualmente con la notifica ex art. 143 cod. proc. civ, ma prima di poter procedere in questo senso è tassativamente necessario fare tutte le ricerche possibili per trovarne la residenza, anche tramite l’impiego di un’agenzia investigativa, altrimenti la notifica é nulla e potrebbe mandare tutto in vacca anche dopo anni o decenni.

15) Fatta la separazione, i coniugi possono riconciliarsi con una semplice pratica all’ufficio di stato civile, senza bisogno di avvocato; dopo il divorzio, non c’è più possibilità di riconciliarsi, per cui quei coniugi che ricominciano a stare insieme possono solo o risposarsi o costituire una famiglia di fatto, con o senza un accordo di convivenza.

? 1?? cerca «solignani» con google 2?? collegati e iscriviti al mio blog ?

Categorie
diritto

5 cose su: scegliere tra comunione o separazione dei beni.

1) Gli sposi possono sceglierla al momento del matrimonio o in seguito, da un notaio, ma senza effetto retroattivo.

2) Se gli sposi non scelgono niente, di «default» c’è la comunione.

3) La comunione dovrebbe servire a tutelare quello dei due che non lavora e si dedica alla casa e alla famiglia.

4) La separazione di solito viene scelta da coniugi che hanno redditi e/o patrimoni più o meno corrispondenti.

5) É sempre preferibile farsi aiutare da un avvocato a scegliere tra comunione o separazione.

? 1?? cerca «solignani» con google 2?? collegati e iscriviti al mio blog ?

Categorie
diritto

IMU dopo separazione: chi la paga?

Note dell’episodio.

In questa puntata, sempre a partire dalla domanda lasciataci da una nostra ascoltatrice tramite un messaggio vocale di whatsapp, e con l’intervento del collega «dal volto umano» Fabrizio Scalisi, parliamo di chi deve pagare l’IMU sulla casa famigliare assegnata ad un coniuge dopo la separazione e soprattutto vediamo se questa imposta è effettivamente dovuta o meno.

Ricordati che anche tu puoi mandare un vocale con la tua domanda cliccando o facendo tap sull’icona verde in basso a destra.

Riferimenti.

Categorie
diritto

Nullità del matrimonio e compravendita di immobili: che succede?

l’ annullamento del matrimonio, quali effetti produce su un contratto di acquisto di una casa, stipulato successivamente al matrimonio in regime di comunione dei beni? E’ comunque valido o l’annullamento del matrimonio annulla anche il successivo contratto di compravendita?

Per l’ennesima volta in due decenni, ricordo che le domande astratte nella pratica giuridica hanno molto poco senso. Bisogna parlare dei fatti e delle situazioni in cui si radica il problema, lasciando che sia il giurista interpellato a fare i più opportuni inquadramenti. Sarebbe stato molto meglio descrivere appunto la situazione concreta e il problema relativo che c’è da risolvere.

In linea generale, ad ogni modo, si può dire che sicuramente un contratto di compravendita rimane valido anche a seguito di nullità del matrimonio a che, al momento della stipulazione, vincolava uno o entrambi i contraenti.

Può essere più difficile capire quale sia la situazione proprietaria del bene, nel senso che va stabilito quale sia la sorte del regime patrimoniale tra i coniugi in dipendenza dell’annullamento e, se si suppone una sua caducazione, quali conseguenze ne derivino.

Peraltro, le conseguenze comunque sono destinate a cambiare a seconda di come è stata redatta la compravendita e di chi vi ha partecipato.

Ad esempio, se supponessimo che i coniugi erano in regime di comunione, come erano, che cosa accade nel caso di nullità, se, sempre ad esempio, all’atto ha partecipato solo uno dei due coniugi mentre l’altro lo aveva acquistato solo in forza dell’applicazione del ridetto regime di comunione?

È difficile ipotizzare che vi possa essere una comunione tra coniugi che si trasforma in comunione ordinaria, anche perché la comunione tra coniugi è, secondo una nota espressione della corte costituzionale, una «comunione senza quote».

Ed infatti la Cassazione, con la sentenza n. 11467/2003 ha precisato che in caso di annullamento del matrimonio, la comunione legale si scioglie, ma il regime patrimoniale legale, pur dopo l’avvenuto scioglimento della comunione, non si trasforma, di per sé, in comunione ordinaria e non soggiace alla relativa disciplina.

La situazione andrebbe approfondita molto di più. Se credi, valuta di acquistare una consulenza. Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.

Categorie
diritto

Il criterio del «tenore di vita» è davvero finito?

Interessante resistenza dei tribunali di Matera e Mantova rispetto all’imminente e per alcuni già iniziata modifica dell’orientamento della Cassazione in materia di diritto alla corresponsione dell’ assegno divorzile.

Tribunale di Matera 7 marzo 2018 Tribunale di Mantova, 24 aprile 2018

A) Nella causa per la modifica o revoca dell’assegno divorzile instaurata da un uomo nei confronti dell’ex moglie, nanti il Tribunale di Mantova, viene citata fra gli elementi a supporto della richiesta la considerazione che l’importo dell’assegno, pari all’epoca (2004) ad € 350,00.= ad oggi rivalutato in € 411,47 era stato determinato sul parametro del “tenore di vita” tenuto dalla stessa in costanza di matrimonio.

Dato l’allontanamento o presunto tale da detto parametro dopo la pronuncia del maggio del 2017, l’uomo riteneva di essere probabilmente nel sicuro alveo della modifica o esclusione del riconoscimento economico alla sua ex signora. Le richieste dell’uomo erano supportate anche dal fatto che la ex aveva anche ottenuto una quota del tfr, e che ad oggi godesse di pensione propria, pertanto non avesse più diritto a percepire anche assegno divorzile quantomeno in tal misura.

I giudici di merito respingono però con forza le richieste dello stesso, specificando che il requisito dell’assegno divorzile determinato per tenore di vita non debba per forza ritenersi superato per il nuovo orientamento detenuto dalla sentenza della Suprema Corte nel maggio del 2017 ma che anzi non può qualificarsi come giustificato motivo ai sensi dell’art. 9 della legge sul divorzio il mero mutamento di giurisprudenza in ordine ai criteri con cui deve attualmente essere commisurato l’assegno di divorzio.

L’esclusione della rilevanza del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio non significa che vengano quindi modificati i parametri che sono a fondamento dell’an della misura. (cfr. sul tema Cass. n. 11504/2017). “atteso che, in caso contrario, si verrebbe ad estendere a rapporti esauriti, perché coperti dal giudicato,una diversa interpretazione della regola giuridica a suo tempo applicata ma con efficacia retroattiva ciò che non è consentito nemmeno alla legge (perlomeno in via generale: v. art.11 disp prel cc) e che produrrebbe un risultato valutato come irragionevole dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. sul tema Cass. n. 15144/2011);- ritenuto inoltre che non può neppure essere invocato il principio del c.d. “prospective overruling” atteso che il mutamento di giurisprudenza ha riguardato una norma di carattere sostanziale e non processuale (cfr. Cass. n. 6862/2014).”Iil ricorso pertanto non viene considerato meritevole di accoglimento.

B) Pronuncia ancora più solida nell’incardinamento alle norme è il provvedimento del Tribunale di Matera, sent. del 7 marzo 2018. Facendo esclusivamente riferimento alla norma sul divorzio, 898 del 1970 ed ai suoi articoli che disciplinano la regolamentazione della fine del rapporto matrimoniale.

La sentenza analizza sistematicamente che la previsione dell’assegno divorzile va intesa come un’eccezione alla drastica chiusura dei rapporti fra marito e moglie alla cessazione del rapporto di coniugio. Come tale, è un’elemento tassativo che non può e non deve essere soggetto alla valutazione di questo o quel parametro giurisprudenziale, come quello del tenore di vita mantenuto in costanza di matrimonio. Il requisito per beneficiare di assegno divorzile deve fondarsi sulla oggettiva mancanza di mezzi di sussistenza o sull’impossibilità di procurarseli da parte di chi lo richiede.

Ci si chiede allora, se questo rigido criterio di valutazione, assolutamente legittimo perchè legato indissolubilmente al dato normativo, possa riuscire a risolvere i conflitti o a ridurli almeno, oppure non porti gli scontri al punto di dover ridefinire il concetto di cosa sia per il singolo individuo un “mezzo di sussistenza”, un elemento cioè che per un soggettto è di essenziale importanza. Come tre pasti al giorno per qualcuno o il cellulare di ultimo modello per qualcun altro.

Categorie
diritto

Mantenimento dopo nuova convivenza: si può chiedere?

il mio compagno ha fatto ricorso per divorzio giudiziale dopo 10 anni di separazione (lei ostacolava in tutti i modi un consensuale).
La prima udienza sarà a gg.
Hanno due figlie di cui una con un bimbo e residente dal padre, mentre l’altra residente dalla madre.
In fase di separazione ognuno si impegnava a mantenere una figlia (senza pretendere spese né ordinarie ne extra dall’altro)
Lei si è costituita chiedendo:
-350€ per lei (si sta facendo licenziare dopo 15 anni poiché dice di non poter piu’ lavorare – con certificati medici)
– 350€ per la secondogenita residente con la madre,un lavoro a tempo determinato con il quale prende 1500€, scadrà a Luglio
-2500€ x spese arretrate straord.
Lui chiede:
-150€ di mantenimento per la figlia (prende 1000€/mese c/contratto fino a luglio) e 150€ per il nipote residenti con lui)
Può lei prendere il mantenimento nonostante conviva da 10 anni con un altro e hanno una figlia insieme?
e i mantenimenti per le figlie?

Secondo la giurisprudenza pressoché costante, la nuova convivenza determina il venir meno della solidarietà post coniugale, con conseguente impossibilità di richiedere un mantenimento per il coniuge che vive con un nuovo compagno.

Se, infatti, il coniuge dopo la separazione o il divorzio, forma un nuovo nucleo familiare, di fatto o di diritto, tramite celebrazione di un nuovo matrimonio, non si vede perché, in caso di bisogno, questo coniuge debba continuare a farsi aiutare dall’altro coniuge, dividendo attualmente la vita con un nuovo compagno, cui toccano i relativi doveri di solidarietà, a livello etico nella convivenza, giuridico nel matrimonio.

Secondo una pronuncia di Cassazione del 2015, peraltro, una convivenza con una certa durata esclude la possibilità di richiedere di nuovo il mantenimento al precedente coniuge anche dopo la sua eventuale cessazione… Anche qui è facile capire che una solidarietà post coniugale non può durare per sempre, specialmente se nel frattempo il coniuge ha avuto rapporti stabili, duraturi e importanti, tanto che il rapporto con l’ex coniuge è molto sfilacciato ed allentato e non si può certo farlo rivivere solo quando si tratta di percepire del denaro.

Il mantenimento per i figli può sempre essere chiesto, ma bisogna vedere se ci possono essere i presupposti. In sede di divorzio, invece, non si possono affatto chiedere arretrati di spese straordinarie.

Mi sembra una situazione che ben avrebbe dovuto e potuto essere gestita consensualmente, probabilmente uno dei coniugi si è impuntato su richieste che non hanno tanta ragione di essere, facendo perdere, come spesso accade, tempo e soldi a tutti.

Non credo che vi serva un avvocato per la gestione di questa fase del divorzio, dal momento che avete già un difensore che mi pare abbia impostato correttamente ogni cosa, ma se mai doveste averne bisogno, anche a livello di un secondo parere, potete chiedere un preventivo compilando il modulo apposito nel menu principale del blog.

Categorie
diritto

Divorzio in comune senza mantenimento: può chiederlo dopo?

sono divorziato dal 2017 da un matrimonio in regime di separazione dei beni. Io e la mia ex abbiamo usufruito del divorzio breve consenziente in Comune, entrambi eravamo d’accordo di non farci affiancare da un avvocato e non abbiamo stabilito nessuna condizione economica, tipo assegni di divorzio e di mantenimento, in quanto senza figli ed entrambi autonomi lavorativamente parlando. Semplicemente lei si è presa le cose di sua proprietà io mi sono tenute le mie. La mia domanda ora è questa: può la mia ex , alla luce di tutto questo, andare in tribunale e richiedere un mantenimento o un qualsiasi risarcimento? Lei convive con un altro uomo da quando abbiamo ottenuto il divorzio, io invece mi sono risposato. Siamo sempre stati in buoni rapporti finora, ma temo che questo suo nuovo compagno possa indurla a fare tali richieste.

Personalmente, come sa chi segue regolarmente il blog, sono abbastanza sfavorevole alla separazione e divorzio in comune senza alcuna assistenza da parte di un avvocato, proprio perché, al di là dell’operazione in sé, ci sono alcune cose da capire che, senza l’intervento di un legale, sono destinate invece a rimanere oscure e a genere, di conseguenza, dei problemi.

Purtroppo, quando dico che separarsi o divorziare in comune è sconsigliabile, le persone, non conoscendomi e non sapendo che spesso consiglio cose contro il mio interesse, pensano che, al contrario, voglia solo guadagnarci.

In realtà, un buon compromesso, che poi è quello che consiglio in questi casi, potrebbe essere quello di fare separazione e/o divorzio in comune, ma chiedendo al contempo una consulenza di approfondimento ad un avvocato. Con una spesa contenuta di massimo due-trecento euro, si può affrontare la cosa con molta più cognizione di causa.

Detto questo, in linea di principio le condizioni di divorzio possono sempre cambiare, ovvero ognuno dei coniugi può depositare in tribunale un ricorso per modifica condizioni – salvo che non si tratti di modifiche consensuali, che possono essere fatte con un accordo in house.

Quindi in astratto la tua ex moglie questo diritto ce l’avrebbe.

Tuttavia, la nuova convivenza, per giurisprudenza piuttosto costante, fa venir meno il diritto ad un assegno di mantenimento da parte dell’ex coniuge, perché determina la decadenza della solidarietà post coniugale che, se il coniuge ha formato un nuovo nucleo, anche di fatto, con un’altra persona, non ha più ragione di esistere.

Tra l’altro la Cassazione, con la sentenza 6855 del 3 aprile 2015, ha chiarito che la solidarietà post coniugale viene meno per sempre nel momento in cui si è instaurata una convivenza stabile e duratura, anche qualora questa convivenza, in seguito, dovesse venir meno.

In conclusione, credo che molto ben difficilmente la tua ex moglie potrebbe presentare un ricorso per vedersi riconosciuto un assegno di mantenimento.

Per ulteriori approfondimenti, puoi valutare di acquistare una consulenza, anche se non credo che nel tuo caso ne possa valere la pena.

Categorie
diritto

Casa acquistata prima del matrimonio: di chi è?

Ho 23 anni di matrimonio, sono sposata nella comunione dei beni, vorrei sapere se ho diritto al 50% della casa? Lui ha comprato la casa solo a suo nome un anno prima del matrimonio.

Gli anni di durata del matrimonio, dal punto di vista della situazione proprietaria (o dominicale) degli immobili di pertinenza della coppia o di uno dei due, non hanno alcuna rilevanza – possono averla, al contrario, su eventuali assegni di mantenimento erogabili in caso di separazione.

L’unica cosa che ha rilevanza, in questi casi, è il regime patrimoniale della famiglia, che può essere di comunione dei beni, separazione dei beni oppure un regime speciale risultate da apposite negoziazioni dei coniugi, soluzione quest’ultima che nella pratica ha avuto poca fortuna e diffusione.

La casa, che immagino essere quella familiare, è stata acquistata un anno prima della celebrazione del matrimonio da tuo marito ed è quindi entrata solo nel suo patrimonio personale.

Quando vi siete sposati avete scelto come regime patrimoniale quello della comunione dei beni. In realtà, non si tratta di una vera e propria «scelta», ma del regime «di default» che si applica a chi si sposa senza effettuare particolari scelte a riguardo.

Ad ogni modo, la celebrazione del matrimonio con conseguente ingresso nel regime patrimoniale della comunione dei beni non ha effetti retroattivi, non determina cioè il cambiamento della situazione proprietaria dei beni di cui i coniugi erano proprietari prima del matrimonio, che restano dei rispettivi proprietari originari, ma vale solo per gli acquisti futuri, cioè successivi alla celebrazione del matrimonio.

Per ulteriori approfondimenti, e soprattutto per vedere cosa potresti fare per essere tutelata, valuta di acquistare una consulenza.