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consigli, ma solo di domande. É come se io mi limitassi a darti delle
scatole, che poi sei tu a riempire.
Uno dei temi fondamentali della vita di tutti noi, uno dei problemi
che mi vengono portati più spesso a studio, é quello di riuscire a
trovare il proprio «vero talento», quello per cui ognuno di noi é
stato in qualche modo chiamato.
Sette domande per trovare la tua chiamata più autentica.
Il counseling si basa su due elementi:
– ascolto non giudicante;
– formulazione di domande che stimolano processi riflessivi.
Nel mio counseling, poi, c’è un terzo elemento, di carattere negativo: il divieto assoluto di dare consigli.
Nel counseling, infatti, è il «cliente» che trova, con la
fluidificazione del counselor, la sua soluzione; non è mai il counselor che eroga una consulenza e dice al «cliente» cosa deve fare.
La cura del counseling é un tocco molto più gentile di quello di chi pretenderebbe di avere soluzioni valide per tutte le persone e tutti i casi.
É come un amico che ti siede accanto, ti ascolta, senza giudicarti per i tuoi problemi e la tua incapacità di risolverli e ti propone degli angoli visuali nuovi su quegli stessi problemi, facendoti venire idee nuove riguardo possibili soluzioni degli stessi, che tu poi elaborerai in completa autonomia.
Per questo, un buon counselor mette da parte il suo ego e mantiene sempre un atteggiamento animico: non è importante che tu risolva i tuoi problemi grazie al mio metodo e ai miei consigli, é importante che tu li risolva, in qualunque modo ciò avvenga o, se non li risolvi, che almeno la tua sofferenza sia lenita.
Il counseling non è mai una teoria da dimostrare, quanto piuttosto una mano da tendere, una connessione da stabilire, perché non è la logica – questo è difficile da capire per l’uomo contemporaneo, che vive nella mente – che consente di affrontare i problemi, ma sono le connessioni.
Te lo ripeto.
Non ti serve mai un «piano». Ti serve molto di più uno che stia con te nella tua stessa situazione, nelle tue stesse emozioni.
Ti serve, insomma, più un “complice” che un piano…
Un piano, un consiglio, una «logica» non fanno altro che farti sentire giudicato, inadeguato, impreparato, a rischio di fallire di nuovo…
Una connessione ti fa sentire compreso e che non sei solo ad affrontare i tuoi problemi e le tue paure.
Essa mette in moto e sprigiona tutta l’energia e la capacità di risolvere i problemi che si trovano dentro di te, le tue capacità di autoguarigione, che sono essenziali in ogni situazione.
Non sono mai i ragionamenti che ci muovono, non sono i progetti, non gli obiettivi, ma i sogni.
Non abbiamo bisogno di consigli, ma di ascolto, presenza, vicinanza, connessione, un modo di relazionarsi delicato e davvero rispettoso sia dei nostri problemi che, soprattutto, dei nostri blocchi, perché in quei blocchi ci sono le nostre ferite e, in ultima analisi, ci siamo noi.
Meno male perché negli umani si sta spegnendo del tutto
empatia
Ognuno di noi ha bisogno di essere ascoltato soprattutto quando non parla.
Ha più successo nella vita chi capisce la logica o chi le emozioni? Chi calcola veloce come un computer o chi ascolta paziente come un essere umano?
Il corteggiamento viene ritenuto per lo più un modo di conquistare l’amore, quando invece è un vero e proprio modo di amare e, come tale, continua sempre, trovando solo nuove forme.
Sei preparato nelle «qualità dell’essere»? Tutto quello che hai studiato o ti hanno fatto studiare a confronto non vale nulla…
Il punto di vista del cuore è sempre molto diverso da quello della ragione. Il primo, se usi la ragione, sembra una pazzia, ma se ti riconnetti con te stesso, se riesci davvero a centrarti, capisci che la pazzia del cuore è quella che ha davvero ragione, che il cuore ha sempre più ragione della mente.
«L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto.» (Matteo 19, 6)
L’insegnamento del Maestro più animico e oggi più disatteso di tutti.
Non ci sono solo le separazioni, ma l’aborto, le disposizioni avanzate di trattamento, l’eutanasia, la costante distrazione digitale, che distoglie l’uomo dal «cuore del suo cuore», e, infine, la separazione dell’uomo da Dio.
Questa è l’epoca più satanica della storia, quella in cui i livelli di divisione sono altissimi, dove sta trionfando il grande divisore, cioè il diavolo stesso.
È il peso più grande per la nostra anima, che vuole connessioni, che è come un bambino che volge il viso e si protende verso chiunque incroci il suo sguardo, perché la vita premia la vita, la creazione, l’amore e tutto ciò si può avere solo tramite le relazioni e non le cesure.
Viceversa, è solo per momenti egoici che prendiamo decisioni che conducono a separazioni o divisioni: da Dio, da un amico, da un compagno di vita, da un figlio, un fratello, un genitore, che lasciamo ammazzare perché tanto sta soffrendo e allora è meglio cosi – ecco il trionfo della «logica» sul cuore.
Io ti dico che Satana non ha mai goduto così tanto e non ha mai avuto così tanti proseliti, spesso inconsapevoli, come oggi.
Ti lascio con queste domande:
Un abbraccio.
«Dio ci rende spesso visita, ma noi non siamo quasi mai in casa» – Meister Eckhart