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Figlio che vuole trasferirsi dal padre: come fare?

il figlio più grande di mio marito (15 anni) ha chiesto ad entrambe i genitori, in un incontro congiunto da lui richiesto, di potersi trasferire da noi (da 5 anni lui e suo fratello di 11 anni vivono con la mamma a seguito di separazione e successivo divorzio), mantenendo comunque i rapporti con la mamma come erano quelli con il padre (1 we si ed uno no e 1 giorno a settimana). Viviamo in due paesi distanti 18 km e lui ha chiesto, ovviamente, anche di cambiare scuola. Mio marito ed io ci siamo subito detti favorevoli, mentre la madre si oppone chiedendo un perizia psicologica per il ragazzo (che è stabilissimo psicologicamente) volendo però stare lontana da avvocati e tribunale perché non “ha soldi per pagare». Mio marito ha trovato una psicologa specializzata in problematiche adolescenziali e ha chiesto a lei di comunicare la sua volontà al ragazzo: lei si rifiuta di farlo. Come ci si può comportare per evitare traumi al ragazzo che è stressatissimo?

Mi sembra evidente che ci si trovi di fronte ad una mamma che, per mille motivi magari che al momento non possiamo indagare, ma tra i quali potrebbe annoverarsi anche il timore di perdere un mantenimento, non vuole proprio sentirci.

Ad ogni modo, le strategie non sono molte, o meglio la strategia può essere solo una, molto semplicemente.

In prima battuta, dovete provare a invitare la madre davanti ad un mediatore familiare, per vedere se possibile instaurare un percorso di una o più sedute in cui discutere di persona il problema e trovare una soluzione concordata.

Nel caso in cui ciò avvenisse e si raggiungesse un accordo, bisognerebbe poi formalizzarlo tramite un accordo in house, per maggiori dettagli sul quale rimando alla scheda relativa.

Se la madre non venisse alla mediazione familiare, oppure, pur partecipando, non si raggiungesse nessun accordo, l’unica soluzione per determinare il cambio delle condizioni sarebbe un ricorso appunto per modifica condizioni, in cui chiedere, in prima battuta, l’audizione del figlio di 15 anni che vuole trasferirsi dal padre.

Ovviamente se la cosa si potesse definire tramite un accordo davanti al mediatore sarebbe preferibile per svariati motivi, dunque vale la pena investire un po’ di tempo, attenzione e denaro in questo tentativo.

Solo se la mediazione dovesse fallire, si potrebbe considerare il passaggio alla fase successiva.

Se vuoi un preventivo, sia per la fase di mediazione che per quella di ricorso in giudizio, puoi chiederlo compilando il modulo apposito nel menu principale del blog.

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Alfie: grazie per averci fatto capire chi siamo

Dove stiamo andando?

Oggi ti parlo di scienza, fede, diritti, Europa, nazismo, eugenetica, società multirazziale

Temi sicuramente molto alti e molto complessi, ma credo che una riflessione al riguardo, prendendo spunto dal caso di Alfie, sia doverosa e possa essere molto utile per capire chi siamo e dove stiamo andando.

Era comunque impossibile per me – che mi considero, e vengo generalmente considerato, un giurista che cerca di dare un «volto umano» a questa professione, tentando di metterci il cuore, e soprattutto un cuore vero e sano, non indurito – non parlarti del caso, anche legale, di Alfie Evans.

Il caso di Alfie.

Che cosa c’è che non va in questo caso, perché così tanta gente si è sollevata con proteste, iniziative, preghiere per la sorte di questo bambino che, invece, una parte dell’opinione pubblica considerava semplicemente un malato terminale che non si poteva far altro che «lasciar morire»?

Io – ti dico subito – la penso esattamente all’opposto di questi ultimi, considero gravissimo il comportamento delle autorità inglesi e sconcertante non solo l’indifferenza di tanta parte della popolazione, ma addirittura le giustificazioni che molte persone hanno dato a questo atteggiamento.

La realtà, purtroppo, è che nella morte di Alfie c’è il segno, che non possiamo far finta di non vedere per ragioni che ti illustrerò presto, di un programma eugenetico, che rappresenta l’ideologia ormai dominante nel cosiddetto mondo avanzato.

Sono argomenti molto pesanti e che fanno sicuramente tremare le vene e i polsi, ma proprio per questo vale la pena cercare di comprenderli un po’ più a fondo.

Non sarà un caso se Alfie è morto proprio mentre in Italia festeggiavamo, mi riferisco ovviamente al 25 aprile, la liberazione, da parte degli angloamericani, del nostro paese dal nazismo.

Questo povero agnello è stato immolato per farci capire tante cose…

La Germania di Hitler non avrebbe mai fatto morire così Alfie, questa cosa che è stata fatta nel Regno Unito, paese che per altri versi stimo tantissimo, è un vero e proprio neonazismo, peggiore del precedente, dove il valore della vita umana non c’è, dove esiste solo un ragionamento freddo e cervellotico per cui il materiale umano problematico può essere buttato come merce avariata.

La regola applicata ad Alfie.

Perché queste conclusioni così estreme, peraltro in bocca ad una persona, come me, di solito estremamente moderata nei toni e nei contenuti, tanto che, se mi segui, ti sarai sorpreso?

Si potrebbe dire che, in fondo, si è trattato dell’ennesimo caso sfortunato di malato terminale che non avrebbe potuto essere aiutato e rispetto al quale l’unica soluzione era lasciarlo morire.

Così come purtroppo avviene quotidianamente in tutte le parti del mondo con malati, anziani e così via, negli ospedali, nelle case, negli hospice, al riparo dallo sguardo altrui.

Il punto non è questo.

Ma il fatto che ai genitori è stato impedito dallo Stato con la forza di portare il figlio in altre strutture ospedaliere per una diagnosi ed un eventuale trattamento alternativo.

Guardiamo anche come è stato impedito.

Davanti all’ospedale in cui era ricoverato Alfie sono stati schierati 80 poliziotti Inglesi.

Quindi, vediamo di capire: la regola che vale in queste situazioni qual è?

Io ho un figlio che si ammala, respira a fatica.

Lo porto all’ospedale per farlo curare.

I medici sentenziano che è terminale, anche se ammettono – loro stessi, per primi – che non hanno capito bene che cos’abbia, sanno solo che è una malattia gravissima e terminale e, da quel momento, mio figlio diventa di proprietà dello Stato che ne fa quello che vuole?

Io, che sono il genitore, non posso né portarlo presso un altro ospedale, da un altro specialista, né, ancora meno, portarlo a casa, per farlo almeno morire nell’ambiente a lui familiare, abbracciato alla mamma e al papà?

Questo è quello che è accaduto nel caso di Alfie.

Lo Stato inglese, tramite il suo sistema sanitario dapprima e giudiziario poi, ha deciso che Alfie era «merce avariata».

Una volta deciso questo, però non si è limitato a dire, come forse sarebbe stato anche legittimo, «noi non ti forniamo più un respiratore perché costa ed è carico dei contribuenti ed è comunque, secondo i nostri accertamenti, inutile».

Lo Stato inglese ha detto agli Evans che non solo non ci poteva fare niente, ma che loro ormai non lo potevano portare più da nessuna altra parte e che dovevano rassegnarsi a lasciarlo morire in ospedale.

Poco importa che ci fossero ospedali, come il Bambino Gesù di Roma, disposti ad accoglierlo.

Alfie, un bambino di due anni, era stato valutato «merce avariata» e doveva morire lì dove si trovata e vaffanculo tutto il resto.

Se non è nazismo questo, allora io non so cosa altro possa esserlo.

Alla faccia di tutti quelli che diventano isterici quando qualcuno fa il saluto romano, oppure mettono l’hashtag #iosonounantifascista su twitter, e poi non muovono un dito quando uno Stato assassina un bambino di due anni impedendo ai genitori, viventi e capaci di intendere e di volere, non solo di farlo vedere da altri medici ma persino di farlo morire a casa.

L’eutanasia non si può imporre.

Forse è il caso che qualcuno dica una cosa molto semplice: l’eutanasia non può essere imposta.

Magari può anche essere giusto che sia a disposizione di chi, più o meno volontariamente (qui il discorso sarebbe lungo, ma oggi lasciamo stare), la sceglie, ma non la si può mai imporre.

Questa differenza è esattamente il salto che c’è tra un regime democratico e uno nazista ed eugenetico, dove la morte viene imposta perché un singolo è considerato merce avariata, dannoso per la società, esattamente come hanno fatto dozzine di dittatori, non solo Hitler, ma anche tanti altri, che avevano in comune un unico, identico pallino, quello di formare un «uomo nuovo» (tutti i dittatori sono ingegneri sociali, purtroppo) – peccato che questo famoso uomo nuovo si dovesse creare ammazzando tutti quelli che non rientravano nel disegno.

Mi chiedo anche dove fossero, quando si trattava di discutere di Alfie, gente come la Bonino e Cappato, paladini del diritto all’autodeterminazione che, evidentemente, per queste persone è un diritto che vale qualcosa ed è meritevole di tutela solo ed esclusivamente quando si deve morire, mentre quando chi lo deve esercitare sceglie la vita, allora deve prevalere la decisione dello Stato verso la morte.

Sono stato molto orgoglioso del mio Paese, l’Italia, per una volta nella vita, perché solo in Italia – dove resiste un piccolo zoccolo duro di cattolici e altre persone civili che hanno Dio davvero nel cuore, che è in grado di capire davvero situazioni come queste, in un mondo cosiddetto civilizzato in cui nessun altro le trova rilevanti – c’è stata una sollevazione e un movimento, sia a favore di Alfie che contro questo principio aberrante per cui lo Stato, quando un medico o una equipe di medici, che possono benissimo essere delle egregie teste di cazzo, decidono che tuo figlio è merce avariata, allora tu lo devi consegnare allo Stato perché lo lasci morire dove decide lui.

Cari Inglesi, vaffanculo, mi dispiace.

Credo che a tutto questo sia doveroso dire un «vaffanculo» gigante, quanto più grande possibile.

Sono 22 anni che faccio la professione, ho visto una pletora di errori medici. Ho un armadio a muro pieno di fascicoli in studio, chi vuole venire a vederli, nel rispetto della privacy, può farlo quando vuole. Non ho niente contro la categoria, e ringrazio Dio che esistano e siano a disposizione in caso di problemi, ma si tratta – evidentemente – di uomini che, come tutti, commettono errori.

Se la regola deve essere quella per cui se un medico dice che mio figlio è merce avariata e da quel momento è sequestrato per lasciarlo morire come dice lo Stato allora stiamo sbagliando tutto.

Il culto della scienza.

Abbiamo sostituito la scienza a Dio, ma – come ha ricordato papa Francesco (non uno dei miei pontefici preferiti, peraltro, come saprete) – la scienza non spiega tutto: ci sono milioni di diagnosi sbagliate, ci sono milioni di guarigioni che la scienza non spiega.

La verità evidentissima, sempre più evidente oggigiorno, è che facendo della scienza un vero e proprio dio, l’uomo ha commesso il solito vecchio peccato, da cui le scritture ci mettono in guardia da migliaia di anni: l’idolatria.

La verità, inoltre, è che nessuno, in fondo, ci capisce davvero un cazzo della vita e del corpo umano e che oggigiorno, quando qualcuno ti parla di scienza o di diritti, lo fa solo perché vuole incularti – la seconda parte, quella relativa ai diritti, essendo un avvocato te la posso dare ancora più per certa. Come facciamo a pensare che esistano ancora diritti quanto tutti i giudici e tutte le leggi inglesi sono state contro Alfie? Hai il diritto di entrare in un negozio e che sulla porta di uscita ci sia scritto «uscita», di tutto il resto la legge se ne lava le mani.

I diritti non esistono, la scienza non esiste, esiste il miracolo della vita e ci sono tanti uomini presuntuosi che pretendono di avere la spiegazione per tutto, loro e i loro begli articoli su pubmed che sono talmente tanti che nessun essere vivente potrebbe arrivare a leggerne nemmeno la metà se non facesse altro per tutta la vita – studi spesso progettati a cazzo, eseguiti peggio, letti e interpretati in maniera demenziale.

E questi uomini, questi «tecnici», questi incommensurabili ed infiniti stronzi dovrebbero decidere della vita dei nostri figli in modo così inappellabile? Che poi se mio figlio è ricoverato in un ospedale e la diagnosi è infausta mi mettono 80 poliziotti ed io devo prendere dei contractors per fare un raid e andare a riprendermi mio figlio per portarlo da un altro dottore?

I modelli di civiltà.

Ci sono quattro grandi modelli di civiltà al mondo: quella anglosassone, basata sul capitalismo selvaggio e l’interesse economico come criterio di ogni azione umana, quella islamica, quella dei cacciatori-raccoglitori e quella cattolica romana.

La più bella di tutte è sicuramente quella dei cacciatori-raccoglitori, che corrisponde allo stato naturale dell’uomo, quello che abbiamo avuto per milioni di anni, prima della rivoluzione agricola.

Per noi che siamo nati in cattività (queste parole non sono usate affatto a caso), è difficile diventare cacciatori-raccoglitori.

L’unico modello di civiltà valido, che mi sento di sposare in buona parte, è quello cristiano cattolico, l’unico che di fronte alla vicenda orribile di Alfie ha sentito qualcosa nel cuore.

Sono pieno di compassione e gratitudine per Alfie e la sua famiglia e di orgoglio per il mio Paese e quella parte di esso che ha sentito suo dovere prendersi a cuore questo caso e rimarcare che noi, ci dispiace, ma non saremo mai come gli Inglesi, i Tedeschi, i Danesi e tutti gli altri popoli europei, noi siamo quelli che queste cose non le accettano.

Questo è stato un momento di morte ma anche di luce che dovremo ricordarci per sempre.

E non perché ci siamo inventati una cosa dall’universo pizza e mandolino, ma perché abbiamo una cultura di venti secoli sulla quale insistiamo che queste cose sa bene che vengono da Satana e da nessun altro, una cultura fatta di Agostino, Francesco, Dante, Manzoni, solo per citarne alcuni in mezzo a decine di migliaia – a proposito, anche Shakespeare, come tanti altri Inglesi illuminati (tra cui Oscar Wilde, in punto di morte, ma anche Tolkien, Lewis, ecc.) era cattolico.

Ecco perché l’Italia è martoriata più di altri Stati dal fenomeno delle cosiddette migrazioni, che sono in realtà vere e proprie invasioni bianche, fatte per lo più da maschi adulti provenienti da paesi che non soffrono problemi economici o politici, finanziate dallo Stato e dall’Unione Europea con i soldi dei contribuenti: perché solo qui si annida ancora l’unica vera cultura in grado di opporsi al merdaio del mondialismo.

Esagero parlando di nazismo?

Ho esagerato parlando di nazismo in Europa, ancora peggiore di quello originario?

Facciamo un altro esempio. Guardate questa foto.

Questi sono tre uomini in divisa che costringono una donna a spogliarsi, davanti a tutti.

Anche qui nessuno ha detto nulla, ma è stata una cosa di una vergogna davvero infinita.

Qui siamo a Nizza, in Francia, dove il sindaco si inventa che le donne islamiche non possono portare il velo perché non conforme alla nostra cultura – come se l’Europa, dove trovare una persona che capisce qualcosa è ormai più faticoso che trovare un ago in un pagliaio, avesse ancora una cultura.

Anche qui quelle che diventano isteriche quando si parla di violenza contro la donna sono restate significativamente mute.

Ma come si fa non solo ad ammettere ma addirittura a prescrivere una cosa del genere?

Intanto un uomo, per dovere o per qualsiasi altro motivo, non dovrebbe mai obbligare una donna a spogliarsi di un millimetro di vestiti di più di quelli di cui lei ha ritenuto di coprirsi.

Mai per nessuna ragione.

Io, se fossi stato in uno di quei poliziotti, avrei detto al Sindaco di andarci lui e avrei fatto obiezione di coscienza. Ci sono cose che un uomo, se vuole essere davvero tale, deve rifiutarsi di fare e questa per certo è una di quelle.

Questa è una scena che in Europa non si vedeva dai tempi dei campi di concentramento: un gruppo di maschi in divisa che costringe una donna a spogliarsi per motivi razziali o religiosi.

Io la trovo di una vergogna abissale e mi fa incazzare ancora oggi a più di un anno di distanza.

Ma anche qui nessuno ha detto nulla, anzi sicuramente ci sono stati molti che hanno persino approvato.

Allora, scusate, forse due domande però, come europei, ce le dobbiamo fare.

Prima apriamo le porte a tutti – grave errore, perché la società multirazziale non può funzionare – poi quando gli ospiti fanno cose che non tanto ci piacciono torna fuori l’Hitler che c’è in noi?

Un famoso antifascista, Piero Gobetti, disse molto giustamente che il fascismo è stata l’autobiografia della nazione italiana. Oggi si tende a pensare a Mussolini come uno che è stato calato in Italia da Marte, in realtà è stato portato al potere dal consenso.

Vuoi vedere che qualcosa è rimasto?

Allora che senso ha far venire in Europa persone da ogni parte del mondo con culture diverse e difficili da gestire?

Avevamo la cultura e la tradizione sapienziale più ricca del mondo e della storia – il cristianesimo – e abbiamo buttato tutto nel cesso in nome della modernità.

Abbiamo aperto le porte a tutti e quando tutti arrivano e, comprensibilmente, vogliono fare come insegna la loro cultura, l’unica soluzione che troviamo è recuperare il nazismo?

Conclusioni.

Vuoi vedere, soprattutto, che il mondialismo e la globalizzazione sono peggiori del nazismo?

Perché senza fare nessuna guerra ma in modo sottile uccidono ugualmente le culture, le etnie e le persone, per rendere gli uomini sempre più deboli, introducendo, senza campi di concentramento, strumenti di morte e di divisione, come aborto, divorzio, utero in affitto, disposizioni anticipate di trattamento?

Parliamone.

Direi che sia il caso, altrimenti rischiamo di non sapere dove cazzo stiamo andando.

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Portare un figlio all’estero: ricorso o mediazione familiare.

sono mamma di un bimbo di 15 mesi, in procinto a separarmi dal padre. Attualmente sono borsista di dottorato in italia ma mi è stato offerto un trasferimento in america (in una città dove ho vissuto precedentemente presso una famiglia che mi darebbe sostegno) con la possibilità poi di continuare la carriera lì e avere uno stipendio 5 volte superiore a quello mediamente riscontrato qui in italia (inoltre qui in Italia è praticamente impossibile che io riesca a trovare il medesimo lavoro e quindi progredire nel mio campo). I miei genitori inoltre verrebbero ogni anno per qualche mese per aiutarmi. Il padre attualmente è restio al mio trasferimento con il piccolo, quante sono le possibilità che questo mio progetto vada in porto? Come devo muovermi?

Hai due possibili approcci per gestire una situazione del genere, che, almeno in parte, possono essere utilizzati anche contemporaneamente e in parallelo.

Il primo è quello tradizionale dell’utilizzo degli strumenti legali «tipici» e consiste nel fare ricorso alla magistratura, che sarà congiunto se, in qualche modo, il padre dovesse convincersi, con conseguente regolamentazione completa dell’affido, oppure contenzioso.

Con un ricorso di tipo contenzioso chiederesti al giudice di autorizzarti a portare stabilmente all’estero tuo figlio nonostante il dissenso del padre.

Il secondo approccio è quello di utilizzare la mediazione familiare. Con la mediazione, si crea un contenitore di dialogo in cui il problema può essere affrontato appunto cercando di raggiungere un accordo con l’altro genitore interessato.

Lo svantaggio del primo approccio è quello di essere sicuramente abbastanza più costoso. Per contro, è l’unica scelta che avresti se, ad esempio, non ci fosse verso di far partecipare il padre di tuo figlio ad un percorso di mediazione familiare.

Il secondo metodo è sicuramente preferibile per molti versi, però richiede più pazienza e, sotto certi versi, anche tempo. Ma questo investimento di pazienza e tempo può dare frutti molto ricchi e interessanti, perché le condizioni che scaturiscono dalla mediazione familiare sono poi molto più rispettate, nelle famiglie disgregate, rispetto a quelle imposte da un tribunale – proprio perché concordate, sia pur a volte faticosamente, tra i genitori.

Ti consiglio di rivolgerti ad un avvocato che, come noi, sia anche mediatore familiare per tentare, in prima battuta, di avviare il «contenitore» della mediazione familiare, per poi vedere se possibile praticare questo approccio ovvero, in caso negativo, procedere con l’altro, di tipo più tradizionale giudiziale, che può passare attraverso una trattativa con un altro avvocato – un processo purtroppo molto più «ingessato» della mediazione – e, eventualmente, nel deposito di un ricorso per ottenere dal giudice quell’autorizzazione che il tuo ex compagno non ti vuole concedere spontaneamente.

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Affido esclusivo: cosa fare per averlo?

Sono separata (da convivenza) da 2 anni, io e il mio ex al tempo siamo andati da un legale per stabilire i termini dell’affidamento: condiviso, lui avrebbe dovuto versarmi un tot al mese, e il bambino residente da me. Di fatto non ha mai versato nulla, quest’anno ha trattenuto gli assegni familiari fingendo che l’INPS non glieli avesse versati. Non è disponibile a lasciarmi la detrazione del 100%. Per due anni consecutivi (fatta eccezione per gli ultimi 2 mesi di”tranquillità verbale” dovuta forse alla nuova convivenza in corso), mi ha insultata e minacciata sempre davanti al bambino. e’ totalmente negligente. Ho contattato centri antiviolenza, carabinieri, nulla. Ora mi sono rivolta a un legale per l’affidamento esclusivo, visto che mi mette i bastoni fra le ruote in qualunque cosa (ex, firma passaporto) ma mi è stato detto che è improbabile ottenerlo per questi motivi. Davvero è così?

È una valutazione che non si può fare in generale, ma solo in relazione alla situazione concreta sulla quale bisogna agire, sia per quelli che sono i fatti che la compongono sia per come questi fatti sono stati documentati.

Comunque, la richiesta di affido esclusivo deve godere di buone basi legali, anche perché il codice prevede che, in caso non venga accolta una richiesta di affido esclusivo, il giudice possa tenerne conto nella regolamentazione dell’affido, con la conseguenza che c’è il rischio che una richiesta di questo genere, se non accolta, possa ritorcersi addirittura contro chi l’ha avanzata.

L’affidamento esclusivo, in linea generale, determina una concentrazione della responsabilità genitoriale in capo al genitore a cui favore è disposto, con tendenziale esclusione dell’altro ed ha poco a che fare, nonostante ciò che si ritiene comunemente, con i tempi di permanenza del figlio presso ciascun genitore o con la sua collocazione, anche se ovviamente questi due aspetti sono destinati in qualche modo ad essere collegati, dal momento che difficilmente si potrebbe pensare, ad esempio, ad una collocazione prevalente presso il genitore che non ha l’affido.

Nel tuo caso, dal momento che l’esercizio da parte tua della responsabilità genitoriale è stato ostacolato in diverse occasioni, in linea di principio i presupposti per l’affidamento esclusivo a tuo favore potrebbero anche esserci, ma vanno fatte alcune precisazioni.

Innanzitutto, bisogna vedere se le difficoltà che il padre ha opposto ai tuoi atti di gestione in tema di ad esempio firma passaporto hanno una minima base logica e pertinenza con la tutela del minore o se invece si è trattato di meri atti di ostruzionismo o veri e propri dispetti.

Detto questo, bisogna poi anche vedere come questi atteggiamenti del padre sono stati volta per volta documentati. Ad esempio, hai fatto, in ogni occasione, una breve contestazione scritta? Basta, a questo riguardo, anche una mail, ma qualcosina bisogna pur averlo, altrimenti ti ritrovi adesso a descrivere il comportamento mantenuto dal tuo ex marito negli ultimi due anni senza avere un minimo di documento a supporto e questa può essere la difficoltà principale per ottenere l’affido esclusivo.

In tutto questo, non abbiamo parlato di mediazione familiare, che è uno strumento meraviglioso con il quale si ottengono molti più risultati, e molto più duraturi, di quanto non avvenga tramite spesso il ricorso alla magistratura. Ti suggerirei di valutare anche questa eventualità.

Ti consiglio quindi di chiedere una valutazione precisa di fattibilità della tua richiesta al tuo avvocato. Se vuoi un secondo parere, puoi richiederlo acquistando una consulenza. Per la mediazione familiare, noi siamo anche mediatori, ma probabilmente è meglio per te trovarne uno nella tua zona.

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Educazione dei figli e norme di legge: cosa prevale?

cosa dispone la legge se il figlio maggiorenne non può dimostrare la serietà dei propri progetti di vita professionale in quanto il presupposto di partenza è che non debba esserci, a monte e secondo i genitori, alcuna pretesa di mantenimento universitario poiché sarebbe responsabilità del figlio e non del genitore? Mi spiego: cosa dispone la legge se l’humus culturale dei genitori si fonda sull’idea che i figli a 18 debbano andare via da casa sebbene studenti liceali ed universitari eccellenti ? Un principio educativo, cioè, può sopravanzare il diritto al mantenimento e all’istruzione del maggiorenne, laddove il figlio si sia diplomato con il massimo dei voti e presenti una media altissima agli esami, ma proceda lentamente poichè costretto a lavorare per sostenersi, in quanto “colpevole” per aver accampato la “pretesa”? Può il figlio essere obbligato ad abbandonare gli studi poiché messo continuamente in difficoltà economica e per scelta genitoriale?

Così non si capisce quasi niente.

Come ho detto dozzine di volte, quando si pone una domanda ad un professionista, che sia un avvocato, un notaio, ma anche un medico, un geometra o qualsiasi altro, bisogna limitarsi ad esporre i fatti, e il problema relativo (cioè quello che, di questi fatti, non ti va bene), lasciando qualsiasi valutazione più generale a lui. Nessuno entra dal dottore pretendendo di fare disquisizioni sulla scienza medica, ma si limita a dire dove gli fa male, quali sono i sintomi, e cosa vorrebbe cambiare della sua situazione.

Considerate le difficoltà anche solo di articolare correttamente una domanda di questo genere, ti consiglierei di andare a parlare con un avvocato di persona, acquistando una consulenza.

In generale, si può solo dire che la mentalità dei genitori è tutelata sino ad un certo punto, nel senso che qualora la stessa dovesse scontrarsi con i principi fondamentali della legislazione italiana e soprattutto della costituzione, che contiene regole significative in materia di filiazione, così come anche «lette» dalla giurisprudenza costituzionale, ebbene in quel caso sarebbero ovviamente prevalenti le disposizioni di legge, anche per l’interesse generale a che la società venga condotta con una certa omogeneità, sia pure nel pluralismo generalmente concesso alla popolazione.

Ovviamente, come è stato giustamente detto, per il governo della famiglia e dei figli il diritto è uno strumento molto limitato, per cui si devono valutare strumenti di intervento diversi come la mediazione e il ricorso ai servizi sociali, se del caso.

Come accennato, ti consiglio di andare a parlarne appena puoi con un bravo avvocato sensibile alle tematiche familiari e in grado di padroneggiare strumenti alternativi come quelli che ti ho indicato e magari altri.

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Contratto concluso dal minorenne: è valido o no?

mia figlia minorenne ha firmato un pre contratto con un agenzia che si occupa di animazione turistica per la stagione estiva. ora a causa di un intervento mio e problemi di salute miei ha mandato una mail dicendo che non parte. (partenza prevista per il 28 maggio ancora ad oggi a destinazione ignota ). loro le han detto che arriverà la lettera dell’avvocato e richiesta risarcimento danni.la mia domanda è: il contratto è valido essendo la ragazza minorenne e non avendo firmato nulla noi genitori?

Dal punto di vista giuridico, i contratti stipulati dai minorenni funzionano in questo modo. L’argomento è un po’ tecnico, ma provo a spiegarlo in termini un po’ più semplici.

Il minorenne non ha capacità di agire, cioè capacità di stipulare validi atti giuridici, quindi tutti i contratti cui partecipa, in teoria, dovrebbero essere nulli.

Egli però ha una sua capacità naturale di intendere e di volere, cioè non è mica completamente scemo, ma spesso può capire benissimo quello che sta facendo, ovviamente a seconda dell’età.

Così ad esempio anche un bambino di 10 anni può comprendere perfettamente ciò che è necessario sapere quando acquista un quaderno o del materiale di cancelleria per la scuola.

Siccome per la rappresentanza nel contratto non è, dalla legge, richiesta la capacità di agire, ma solo la capacità naturale, di cui il minorenne dispone, i contratti stipulati dai minorenni si considerano validi in quanto conclusi dai minorenni in rappresentanza dei genitori.

Così, nell’esempio precedente del bambino di 10 anni che acquista un quaderno, si ha la validità del contratto perché il bambino interviene nel contratto in quanto rappresentante del papà e della mamma i quali pagano il prezzo del quaderno, avendogli fornito il denaro, e ne acquistano la proprietà.

Seguendo questo schema, il contratto stipulato da tua figlia può essere valido e quindi negoziato da lei in vostra rappresentanza, a seconda dell’età: se tua figlia ha 10 anni, si può anche sostenere che non capisse quello che stava facendo; se invece ha 16 anni, a mio giudizio si fa molta fatica e il contratto probabilmente è valido e vincolante.

In conclusione, non credo che la minore età possa essere un argomento per sfilarsi da questo contratto. Piuttosto si può valutare il caso fortuito o la forza maggiore, dopo i dovuti approfondimenti.

Se doveste ricevere una diffida da parte di un avvocato, vi consiglio di portarla immediatamente da un altro legale e di non commettere l’errore di rispondere da soli.