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Pignoramento di veicolo: dopo quanto decade?

ho l’auto peugeot 207 2011, pignorata dall’aprile 2015 ed è ancora in mio possesso. Ormai sono 3 anni, la rimozione forzata non è potuta avvenire per mia assenza, saprebbe dirmi cosa si può fare? I termini sono scaduti?

Può essere che ci sia qualche termine che ha determinato, con la sua decorrenza nell’inerzia del creditore procedente, la decadenza del pignoramento, ma va accertato in concreto.

Secondo l’art. 497 del codice di procedura civile, ad esempio, «il pignoramento perde efficacia quando dal suo compimento sono trascorsi quarantacinque giorni senza che sia stata chiesta l’assegnazione o la vendita».

Nel caso del pignoramento mobiliare, che è quello che direi ci interessi nel caso caso, trattandosi di un bene mobile registrato, il termine decorre, in base a norme successive dello stesso codice più specifiche, dal giorno del compimento delle relative operazioni.

Come accennavo, questa prima «possibile decadenza» va però accertata in concreto, andando a visionare e, se del caso, estrarre copie, del fascicolo del procedimento, per vedere se, dopo il pignoramento ad esempio, e nei termini previsti, il creditore procedente ha depositato la istanza di vendita o assegnazione.

Puoi tentare di andare anche personalmente, in quanto parte del procedimento, presso la cancelleria del tribunale, per visionare il fascicolo, ma ovviamente sarebbe molto meglio incaricare un avvocato, che questo fascicolo è in grado di «leggerlo» e capirlo bene, di andare a fare questo accertamento.

Naturalmente, l’avvocato che incaricherai potrà verificare non solo questo aspetto, ma, più in generale, tutta la situazione del procedimento esecutivo, perché possono in ipotesi verificarsi altri problemi o situazioni che ne determinerebbero la inefficacia o estinzione.

Ti consiglierei quindi di incaricare un avvocato di svolgere questi accertamenti. Naturalmente, chiedi prima un preventivo per questa prima parte di lavoro da svolgere. Qualora il procedimento fosse ancora valido, con questo avvocato potrai valutare un’eventuale diversa strategia di risoluzione del problema, che ad esempio potrebbe essere quella di un accordo con il creditore, che, peraltro, sino ad oggi mi sembra di capire che sia rimasto insoddisfatto.

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Restituzione eccedenza vendita: quando arriva?

volevo chiedere se esiste un limite nella restituzione che si chiama piano di rientro dei soldi rimasti della vendita della casa all asta? cioe dopo quanto tempo il proprietario della sua ex casa ha soldi rimasti dalla vendita all asta?
esiste un tempo limite?
sono gia passati 4 mesi e il giudice non ha ancora fissato data del piano di rientro!!!!!
cosa possibile fare?

I termini che sono previsti nel processo civile, di cui fanno parte anche le procedure esecutive, per i giudici sono quasi sempre senza alcuna sanzione in caso di loro inosservanza. Questo a differenza dei termini previsti per gli avvocati, che, se non vengono rispettati, comportano «sanzioni» o conseguenze poco piacevoli come la decadenza dal diritto di compiere un certo atto o svolgere una determinata difesa.

I termini previsti per il processo civile si dividono infatti in perentori, quelli la cui scadenza determina decadenza, e ordinatori, quelli previsti più come indicazione che altro o comunque allo spirare dei quali non si verifica nessuna conseguenza per chi non li ha rispettati. Proprio per questo, un famoso processualista propose di chiamare questi ultimi, quelli ordinatori, termini «canzonatori», perché sono un po’ una presa in giro.

Il codice di procedura civile è disseminato di termini per i giudici, che non sempre vengono rispettati, come ad esempio quello previsto per il deposito della sentenza.

Questa non vuol essere una critica per i magistrati, che sono davvero enormemente sotto organico per il lavoro che devono svolgere, tanto che in molti casi il rispetto dei termini è in realtà umanamente impossibile.

Fatte queste premesse, quali possono essere i possibili rimedi?

In caso di ritardi esagerati, un utente può valutare un esposto al CSM, l’organo che ha potestà disciplinare sui magistrati e può anche arrivare, nei casi davvero più gravi, come quello rimasto famoso di Edi Pinatto, procedere alla radiazione.

Nel tuo caso, a mio giudizio non ci sono proprio i presupposti per un’iniziativa del genere. Quello che puoi tentare di fare è solo un’istanza di sollecito, ma non c’è alcuna garanzia che possa servire a qualche cosa. Purtroppo il sistema giudiziario civile italiano è colassato decenni fa e le cose non sono in fase di miglioramento, anzi, tutto al contrario di quello che dice, volta per volta, il governo.

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Come non pagare una sentenza: tutte le istruzioni.

sono socio amministratore pro tempore di una piccola societa’ coperativa di trasporti abbiamo perso una causa di lavoro con un nostro dipendente lavoratore aspettiamo da un momento all’altro pignoramento dalla controparte. Come fare per non essere pignorati veicoli intestati alla societa’ coperativa tenendo presente che per fare tutti i passaggi di propieta’ dei mezzi in possesso andremmo a spendere all’incirca la stessa somma che siamo stati condannati in sentenza.

Un avvocato non può assolutamente, né in privato né tantomeno in pubblico, fornire consigli diretti a consentire ad un debitore, quale siete voi -ufficialmente, a prescindere dalle vostre ragioni di merito – di sfuggire alle legittime pretese, accertate con un titolo giudiziale, del suo creditore.

Può benissimo darsi che la sentenza sia ingiusta, non sarebbe né la prima né l’ultima, ma la regola è che comunque le sentenze, fino a che non sono eventualmente riformate da giudici di sede diversa, purtroppo si devono rispettare, salva sempre la sospensione o inibitoria da parte del giudice competente a prevederla, di solito per gravi motivi.

Quello che potreste chiedere ad un avvocato dunque sarebbe di lavorare su di un appello, sempre che ce ne possano essere i presupposti e, una volta fatto l’appello, di vedere se possibile ottenere la sospensione della sentenza impugnata.

Se, invece, i presupposti per l’appello mancassero, l’unica cosa possibile per evitare il pignoramento ed eventualmente risparmiare qualcosa sul debito che avete nei confronti del vostro ex dipendente è quello di far fare ad un legale competente, preparato e con buone attitudini negoziali, una trattativa per il raggiungimento di un accordo che preveda, in sostanza, uno sconto a fronte del pagamento immediato e magari alla rinuncia all’appello.

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Appello: per farlo è necessario adempiere la sentenza impugnata?

Ho vinto da poco una causa, la controparte è stata condannata a pagare le spese legali ( che in parte ho già anticipato) e un risarcimento a me per danni arrecati. Io non sono stata risarcita e loro hanno fatto ricorso in appello.
Ora dovrei fare il pignoramento verso terzi, altri soldi da pagare al mio avvocato che non ho. Mi chiedo: ma non avrebbero dovuto prima pagare e poi poter ricorrere in appello?

No, la proponibilità dell’appello non è e non potrebbe essere mai condizionata all’adempimento della sentenza di primo grado, sono due profili completamente diversi.

Il primo riguarda il diritto di una qualsiasi parte di chiedere il riesame della sua causa ad un giudice «superiore», l’altro riguarda l’esecuzione della sentenza di primo grado, sentenza che in appello ben potrebbe essere riformata completamente, ragione per cui sarebbe assurdo condizionare l’appello all’avvenuto adempimento della stessa.

Ovviamente, la sentenza di primo grado, nonostante la proposizione dell’appello, resta esecutiva, quindi puoi procedere con esecuzione forzata e pignoramento per conseguire quello che la sentenza prevede a tuo favore.

Fa eccezione solo in caso in cui, a seguito di apposita domanda di parte, il giudice di secondo grado, investito dell’appello, sospende, per gravi motivi, con una inibitoria la esecuzione della sentenza di primo grado.

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Casa familiare: posso obbligare il mio ex a venderla?

sono separata da 3 anni (giudiziaria). Ho l’affido esclusivo dei miei tre figli , di cui 2 minorenni.
Il mio ex non passa assegni di mantenimento. E’ residente all’estero . Mi è stata assegnata la casa coniugale . la casa è di sua proprietà , ma il mutuo è cointestato. Da anni non pago il mutuo e la casa è stata pignorata e probabilmente messa all’asta. Ho cercato di convincere il mio ex a firmare per vendere casa( avevo anche gli acquirenti) ma non ne vuole sapere. E’ possibile obbligare il mio ex marito , visto le condizioni di notevole difficoltà in cui io e i miei figli ci troviamo, a vender la casa ? e se si come?

Non è né possibile né, ormai, probabilmente sarebbe conveniente.

L’unica cosa che avresti potuto fare prima del pignoramento era chiedere la divisione dell’immobile, dapprima in via stragiudiziale, poi tramite la obbligatoria fase di mediazione e quindi mediante la divisione, appunto, giudiziale.

Un’altra cosa che avresti potuto fare era pignorare tu stessa la sua quota di immobile per il credito degli alimenti, ma non credo che questa cosa ti avrebbe potuto giovare perché probabilmente c’era già un’ipoteca di primo grado con, di conseguenza, precedenza sul tuo pignoramento.

Peraltro, la divisione giudiziale si sarebbe potuta anche attuare tramite vendita all’asta dell’immobile, con successiva divisione del ricavato, a discrezione del CTU e del giudice, con la conseguenza che ora non vale nemmeno la pena di rammaricarsi più di tanto.

Se fossimo in una fase in cui il problema è più acerbo, ti consiglierei di cercare di andare a recuperare un po’ di dialogo con tuo marito tramite alcune sedute di mediazione familiare, ma ormai il problema è in fase un po’ troppo avanzata, anche se sicuramente la mediazione ti farebbe bene per altri aspetti.

L’assistenza di un avvocato nella fase dell’esecuzione immobiliare comunque potrebbe esserti molto utile per evitare di subire danni superiori a quelli che già purtroppo sei destinata a subire per varie ragioni, tra cui l’andamento del mercato degli immobile e la presumibile bassa somma di realizzo tramite la vendita all’asta, per cui valuta di munirti di un bravo legale.

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Pignoramento: si può sapere quanto tempo ci vuole?

Per motivi di demansionamento, mancato pagamento e versamento contributi ho vinto in primo grado e in appello ma non conosco i termini ed il mio avvocato sembra un latitante… Nella prima decina del mese di febbraio 2016 L ufficiale giudiziario ha depositato la documentazione presso la cancelleria del giudice esecutivo la valutazione mobiliare e immobiliare … Non trovando nei vari art di procedura civile la tempistica della convalida di questi atti chiedo a Lei se mi può illuminare in questo mio tormento in oltre se è possibile sapere ed in qual modo possa venire a conoscenza dei beni che L ufficiale giudiziario ha trovato utili per il mio risarcimento .

Per la milionesima volta: non esistono tempi standard di riferimento in relazione alle procedure giudiziarie italiane.

Vorrei tanto dirvi che esistessero, e probabilmente ci potrei ampliare sopra l’attività del mio studio, ma purtroppo non è così.

Ci sono infinite variabili date dalla persona che se ne occupa, dalla sede che segue il procedimento, dal carico di lavoro momentaneo.

L’unica cosa che si può dire è che, in generale, il sistema giudiziario italiano è colassato completamente da almeno due decadi, per cui non ti puoi aspettare rapidità né puoi essere sorpresa, purtroppo, nel caso in cui si verifichino ritardi assurdi.

È proprio per questo che una delle pratiche che facciamo di più come studio è quella di equa riparazione, per approfondimento sulla quale ti rimando alla scheda relativa.

In questo contesto, però, una cosa che non mi piace molto è il rapporto che hai con il tuo avvocato, dove c’è evidentemente – senza dire per colpa di chi – un deficit di comunicazione.

Il tuo avvocato sarebbe l’unica persona che, conoscendo il tuo caso, la sede giudiziaria presso cui opera, le persone che stanno seguendo la procedura, potrebbe darti sia pur vaghi lumi sullo stato della pratica.

Questo significa che devi investire in comunicazione con lui. Prova a mandargli una mail o una pec e vedere se ti fornisce i chiarimenti che ti servono in ordine allo stato della pratica.

In generale, comunque, stante quando sopra ti consiglio di focalizzarti non sui tempi, che rappresentano comunque una variabile molto poco dipendente da noi, ma sui contenuti, cioè sui risultati e nel merito.

Leggi anche con attenzione la scheda sul recupero crediti, con particolare riguardo al concetto di solvenza.

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Casa venduta all’asta: possono in seguito chiedermi altri soldi?

La storia riguarda me e il mio attuale ex marito. Sposati nel 2001 (divorziati il 15 marzo scorso), nel 2001 abbiamo aperto a suo nome un’attività commerciale nel settore della telefonia (ancora attiva) e nel 2002 abbiamo acquistato un’abitazione accendendo un mutuo con Banca Sella. Nel corso degli anni, i problemi economici hanno creato posizioni debitorie nei confronti di Equitalia, Unicredit e la stessa Banca Sella. Il mio ex marito (al quale era intestata la casa ed era la sua prima e unica abitazione) non ha più potuto pagare il mutuo. L’anno scorso la casa è stata venduta all’asta da Equitalia, Unicredit e Banca Sella, mettendo in mezzo a una strada noi genitori e i nostri 4 figli minori. Ad oggi, al mio ex marito sono state recapitate due raccomandate: Equitalia chiede 63 mila euro e Unicredit 38mila perché non si ritengono soddisfatte dal ricavato dell’asta.

Per legge, qualora il creditore non sia effettivamente soddisfatto nell’interezza del suo credito, dopo la procedura esecutiva immobiliare, così come dopo qualsiasi altra che si sia rilevata insoddisfacente, conserva ovviamente il diritto a procedere esecutivamente, con nuove ed ulteriori procedure.

Proprio per risolvere problematiche di questo genere, recentemente è stata varata la legge sul sovraindebitamento, conosciuta anche come «salva suicidi», per maggiori informazioni sulla quale rimando alla lettura della apposita scheda.

Avete già visto che purtroppo da certi «buchi» non se ne esce mai, ragione per cui vi consiglio caldamente di valutare la possibilità offerta dalla legge sul sovraindebitamento che, anzi, si sarebbe potuto tentare di attivare anche prima, cercando di salvare la casa.

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Pignoramento del conto: si può fare denuncia se ha causato danni?

Conto corrente bloccato a seguito di un atto di pignoramento. Impossibilitato a prendere la pensione di invalidità e l’indennità di accompagnamento per circa 9 mesi (aprile 2014 – dicembre 2014, fatto sbloccare dal Giudice Esecutore…). Conseguenze: affitto casa non pagati (con richiesta di restituzione dell’abitazione), così anche finanziaria, ENI, ENEL, Telecom. Da aggiungere che sono stato mollato anche da chi mi assisteva. Ho potuto risolvere, in parte, rivolgendomi ad un’altra finanziaria che mi ha concesso 4.000€. Morale: ulteriore indebitamento, impossibilitato a pagare un debito causato da “un mero errore” della ASL di Pescara. Attualmente ho di nuovo il conto bloccato e la storia ricomincia…Potrei fare denuncia per danni (economici, fisici e morali)? Se sì, come?

Bisogna vedere sulla base di che cosa è stato fatto il pignoramento.

Se, ad esempio, è stato eseguito sulla base di un titolo esecutivo formatosi validamente, ci sono pochi aspetti di cui ti puoi lamentare.

Tieni presente, ad esempio, che se il titolo esecutivo è un decreto ingiuntivo che ti è stato regolarmente notificato e che tu non hai opposto nei 40 giorni previsti dalla legge, non puoi comunque sollevare questioni di merito che avresti dovuto far valere con l’atto di opposizione.

Insomma, se anche il decreto ingiuntivo fosse stato all’origine “ingiusto”, per il fatto di non aver fatto opposizione hai perso il diritto di impugnarlo validamente, perché la legge ti consente un tempo limitato entro cui far valere le tue ragioni.

Una volta che esiste un titolo esecutivo formalmente valido, le uniche lamentele residue che si possono fare riguardano il pignoramento stesso, cioè ad esempio se fatto per una somma eccessiva rispetto al credito per cui si procede o con modalità illegittime.

La responsabilità per un pignoramento illegittimo può essere duplice: del creditore procedente e dell’ufficiale giudiziario che vi ha proceduto. Si tratta, infatti, di un atto complesso, alla cui formazione partecipano entrambi questi soggetti.

Per vedere se il pignoramento è stato legittimo o meno, bisogna fare un accertamento in concreto, studiando il fascicolo. Per fare questo lavoro, è necessario un avvocato, che dovrà spendere diverse ore sul caso, con conseguente necessità di compensarlo. A naso, e su di una base genericamente statistica, essendo molto raro che atti di pignoramento di questo genere contengano problemi che possano essere fonti di responsabilità, non credo che valga la pena commissionare un lavoro del genere, ma spetta ovviamente a te valutarlo.

A parte questo, c’è da dire che probabilmente mancherebbe il nesso di causalità tra il pignoramento del conto corrente e gli ulteriori inadempimenti che hai concretizzato, perché non è “colpa” del creditore procedente se le tue uniche sostanze sono in quel conto, ma solo una concausa; inoltre, bisognerebbe vedere quali iniziative hai preso per ottenere uno sblocco, anche solo parzialmente, dal giudice dell’esecuzione e quindi, più in generale, il tuo atteggiamento.

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Debiti di mio padre: rischio qualcosa se convivo con lui?

Attualmente io vivo ancora in casa con la mia famiglia, e mio padre non ha mai fatto presente le entrate/uscite dei propri guadagni.
Anche mia madre, essendone la moglie da 30 anni, ne è completamente all’oscuro. Da sempre.
Ultimamente sono già arrivate ben due raccomandate da equitalia, quindi è possibile che non paghi sicuramente qualcosa. Ho domandato, ma zero risposte.
Per volere di mia mamma sono co intestataria del cc di mio padre, e raramente a casa arrivano comunicazioni bancarie. L’ultima di due finanziamenti corposi (ignoti), uno invece per una tv (non necessaria!).
Le faccio presente che mio padre percepisce anche la pensione, che non ci sta tanto con la testa, e che non sappiamo cosa spende e spande per conto suo. E vorrei sapere se è obbligato a dare conto di ciò che fa, essendo in un nucleo famigliare e se posso agire legalmente e in che modo. E se posso avere info dalla banca in merito all’estratto conto che non vedo MAI.

Dovete capire che il diritto, e pure gli avvocati, sono strumenti limitati, a volte molto. Se fate confusione nelle vostre vite, non è che poi vi potete svegliare un giorno e pretendere che rivolgendovi ad un avvocato per quanto bravo vi possa sistemare tutto in poco tempo…

Fatta questa doverosa premessa, devo dirti che mancano nella tua descrizione del caso alcuni particolari importanti, il primo dei quali ovviamente la tua età anagrafica, e che quindi, comunque, posso darti solo indicazioni di carattere generale.

Una prima cosa da dire è che il tuo patrimonio e quello di tuo padre sono separati e ognuno di voi può gestirli in totale autonomia senza dover rendere conto in nessun modo all’altro. Sulla stessa successione di tuo padre, hai solo una aspettativa non giuridicamente tutelata, cioè tuo padre potrebbe decidere di spendere, sinché vive, tutti i suoi soldi, senza che tu possa farci nulla, salvo pochi, limitati e circoscritti casi.

Dato ciò, ti conviene innanzitutto separare concretamente i tuoi asset da quelli di tuo padre, visto che non conosci né puoi conoscere come si gestisce. Fatti quindi un conto corrente per conto tuo, mi sembra abbastanza elementare.

Sappi poi che rischi, in caso di pignoramento mobiliare, che vengano staggiti anche beni tuoi, senza possibilità poi di proporre una valida forma di opposizione. Leggi al riguardo con attenzione la nostra scheda sul comodato di beni mobili.

Al di là di questo, forse è il caso di recuperare un po’ di dialogo con tuo padre e in generale i tuoi genitori, che ti può essere utile anche per aspetti diversi da quelli patrimoniali. Magari valuta di andare da un mediatore familiare.

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Pignoramento del conto corrente: cosa si può fare?

Ho ricevuto due giorni fa un atto di pignoramento via posta un cartoncino verde in cui mi si dice che il plico bisogna ritirarlo presso il comune, è legale o c’e’ violazione della privacy? Cosa c’entra il comune (il contenzioso e’ con delle finanziarie per rate non pagate)? Poi ho avuto il conto corrente dove accredito lo stipendio bloccato, per sbloccarlo bisogna attendere l’udienza del giudice che probabilmente deciderà per la cessione del quinto? Io con cosa vivrò fino a quel giorno? Con quali soldi pagherò il mutuo?

Si tratta di una notifica avvenuta, del tutto legittimamente, ai sensi dell’art. 140 del codice di procedura civile. Quando il destinatario della notifica non è in casa, è previsto che l’ufficiale giudiziario lo avvisi sia lasciandogli un biglietto sulla porta, sia spedendogli una raccomandata in cui gli comunica di aver tentato di eseguire la notifica, depositando l’atto da notificare presso gli uffici del comune di riferimento.

Non c’è nessuna violazione della privacy, perché l’atto viene depositato in busta chiusa presso il comune e la ricezione di una notifica non è in sé un atto in grado di incidere negativamente sulla reputazione del destinatario. D’altra parte, nel momento in cui l’ufficiale giudiziario non trova il destinatario presso l’abitazione da qualche parte l’atto lo deve depositare, non si può certo pretendere che ritorni presso la casa sino a che il destinatario non è in casa…

Prima dell’atto di pignoramento, peraltro, dovresti aver in precedenza ricevuto un decreto ingiuntivo e, in seguito, un atto di precetto, atti entrambi i quali preludevano ed esplicitamente preannunciavano il pignoramento, che non puoi ora lamentare di aver ricevuto a sorpresa.

Per quanto riguarda riguarda il blocco delle somme sul tuo conto corrente, se non disponi di altre risorse e non puoi attendere l’udienza per la dichiarazione del terzo, che non dovrebbe essere peraltro molto distante se fissata in ossequio ai termini di legge, l’unica cosa che puoi fare è una istanza di sblocco parziale al giudice dell’esecuzione, cosa per la quale tuttavia purtroppo è necessario, almeno a mio giudizio, che ci sia l’assistenza di un avvocato.

Fai attenzione però al fatto che non è affatto detto che si applichi, al pignoramento del conto corrente, il limite del quinto, dal momento che l’orientamento dominante in giurisprudenza, con poche eccezioni, è quello per cui lo stipendio, una volta percepito e versato sul conto corrente, si «confonde» con il resto del patrimonio del debitore, con la conseguenza che si può pignorare per intero.