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Indennità di maternità richiesta indietro: va restituita?

Ho ricevuto una lettera da parte dall’INPS, che mi richiede corrisposte indennità di maternità non spettanti, mi si dice inoltre di un’altra avviso spedito nel 2014 mai ricevuto…ho partorito nel 2012,non sapevo nulla di questo indebito…come devo comportarmi?

[la risposta è nel podcast]

con l’intervento dell’avv. Fabrizio Scalisi

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A.T.P. ex art. 445 bis c.p.c.: si può ampliare la domanda originaria?

Con una significativa pronuncia, che tenta di fare chiarezza sulla “spinosa” questione in ordine alla “genericità” della domanda di invalidità civile, il giudice della Sezione Lavoro del Tribunale di Catania, nel procedimento R.G. 8142/18, ha autorizzato parte ricorrente all’ampliamento della domanda giudiziaria, consentendo l’estensione della medesima fino all’indennità di accompagnamento, inizialmente non richiesta con l’atto introduttivo della causa.

Il Giudice ha stabilito che, considerata la natura “intrinsecamente” generica della domanda di invalidità civile, che non distingue le specifiche prestazioni, vadano pedissequamente rispettati i principi di cui all’ art. 149 dis. att. c.p.c.., il quale apre alla possibilità che il requisito sanitario sorga nel corso del giudizio, solo successivamente al deposito del ricorso introduttivo.

Tale ordinanza, peraltro, va a raccordarsi perfettamente con una posizione già espressa dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza 10457/1999.

La soluzione appena esposta, oltre a soddisfare evidenti ragioni di economia processuale, va nella direzione di tutelare adeguatamente il ricorrente, consentendo al medesimo di ottenere adeguata valutazione della propria condizione senza la necessità di proporre una nuova domanda all’INPS.

In via analogica, per le medesime ragioni di natura sostanziale in ordine al carattere “generico” della domanda di invalidità civile ( che non distingue tra assegno di invalidità,  pensione di inabilità e indennità di accompagnamento) dovrebbe altresì ritenersi impugnabile  un verbale di “revisione”, che, seppur migliorativo rispetto al verbale di primo accertamento (è il caso di un 80% di invalidità preceduto da un 70%), venga comunque ritenuto insufficiente dal richiedente (che, ad esempio, ritenga di avere i requisiti per ottenere l’indennità di accompagnamento).

Nulla, infatti, avrebbe impedito alla competente Commissione Medica, in sede di revisione, di riconoscere l’indennità di accompagnamento qualora avesse ritenuto sussistente il relativo requisito sanitario.

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L’INPS sbaglia: è giusto che paghi il pensionato?

Dopo la morte di mio padre avvenuto il 17 luglio 2016, l’ inps ha dato a mia madre la pensione di reversibilità di mio padre, senza togliere la pensione sociale che già percepiva. Pertanto ad aprile 2018 l’ inps richiede a mia madre un indebito di €2.125. Come mai l’ ente ha concesso la reversibilità senza togliere l’ assegno sociale? E’ giusto che su una pensione di 611.00€ mensili debba pagare una rata mensile di €88,54?

[la risposta è nel podcast]

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Verbale autotutela INPS: e le spese legali?

Nel contenzioso di invalidità civile, L’INPS è tenuta al pagamento delle spese processuali anche quando, in seguito al deposito dell’istanza di accertamento tecnico preventivo, l’Istituto si “ravvede” e riconosce la prestazione inizialmente negata depositando verbale di autotutela.

Così ha stabilito con ordinanza la Sezione Lavoro del Tribunale di Catania, in applicazione del principio della “soccombenza virtuale”.

La decisione trae origine dall’istanza del ricorrente che, dopo aver ottenuto in sede amministrativa il riconoscimento del “100 % di invalidità” senza diritto all’indennità di accompagnamento, impugnava il relativo verbale dinanzi al Tribunale di Catania.

In seguito all’instaurazione del giudizio, prima dell’udienza fissata per il giuramento del nominato C.T.U., l’INPS rivedeva il proprio giudizio e depositava in autotutela verbale nel quale riconosceva al ricorrente l’indennità di accompagnamento. In udienza, il difensore di parte ricorrente, preso atto della cessazione della materia del contendere, insisteva però nella condanna alle spese dell’INPS, in applicazione del principio della soccombenza virtuale. Il Tribunale di Catania, con ordinanza, accoglieva parzialmente tale richiesta:

“…rilevato che il procedimento è stato rimesso dal G.o.t. al presente Giudice per l’adozione delle statuizioni conseguenti all’emanazione, da parte dell’Inps, del provvedimento in autotutela del **.**.2018, con il quale è stato riconosciuto che la ricorrente è invalida ultrasessantacinquenne con diritto all’indennità di accompagnamento; ritenuto quindi venuto meno l’oggetto del contendere; rilevato che il difensore del ricorrente ha comunque domandato la condanna dell’Inps al pagamento delle spese del procedimento in applicazione del principio della soccombenza virtuale; ritenuto che, alla luce della documentazione sanitaria in atti e del provvedimento adottato in autotutela dall’ente previdenziale, sia possibile formulare un fondato giudizio prognostico in ordine alla fondatezza della domanda, per cui le spese di lite, complessivamente liquidate nella misura di euro ***, vanno poste a carico dell’Inps resistente; ritenuto, però, che – in considerazione del corretto comportamento dell’ente previdenziale che, sebbene in ritardo e dopo la notifica del ricorso per ATP, ha riconosciuto il requisito sanitario preteso dalla ricorrente – le medesime spese debbano essere compensate nella misura di 1/3, mentre i rimanenti 2/3 vanno posti a carico dell’Inps;

P.q.m.

dichiara la cessazione della materia del contendere; compensa le spese di lite nella misura di 1/3;

condanna l’Inps al pagamento, in favore della parte ricorrente, dei restanti 2/3 delle spese del procedimento, per l’importo di euro ***, oltre a I.V.A., C.P.A. e rimborso forfetario delle spese generali, come per legge, ove dovuti, disponendone la distrazione in favore del procuratore che se ne è dichiarato antistatario, avv.***”

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Pensione di invalidità: spetta anche al cittadino UE?

La Corte di Cassazione con ordinanza n. 21901/2018 ha ribadito che la pensione di invalidità spetta solo al cittadino residente all’interno del territorio nazionale.

La Suprema corte si è espressa positivamente sul ricorso dell’INPS avverso la sentenza che aveva stabilito la condanna dell’Ente previdenziale a elargire la pensione di invalidità civile agli eredi dell’interessato. La Corte d’Appello aveva bocciato le tesi dell’Inps, condannando l’Istituto a pagare la pensione.

Nel dettaglio, l’Inps aveva eccepito la mancata residenza in Italia, ampiamente provata, dell’avente diritto. Di conseguenza, secondo l’Istituto, l’interessato e i suoi eredi non avrebbero avuto nessun diritto di pretendere il pagamento dei ratei di pensione di invalidità.

Il fondamento normativo di tale posizione è stato individuato nell’art. 10 bis del Regolamento CEE del 14 giugno 1971 (come modificato dal regolamento n. 1247/1992), il quale stabilisce che la residenza sul territorio dello Stato è un requisito costitutivo del diritto a percepire la pensione in discussione.

Ottiene dunque autorevole conferma il principio che la pensione di invalidità come le altre prestazioni non aventi carattere contributivo sono erogate esclusivamente nello Stato membro dove i soggetti interessati risiedono.

In tal modo la Suprema Corte ha cristallizzato il già affermato principio della “inesportabilità” in ambito comunitario delle prestazioni in danaro non contributive, derivante dal citato art. 10-bis, comma 1, del Regolamento CEE n. 1247/1992 che sancisce il divieto di esportare in ambito comunitario le prestazioni speciali in denaro, siano esse assistenziali o previdenziali, non aventi carattere contributivo, erogabili quindi solo nello Stato membro ove gli interessati risiedono.

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Figlia di 21 anni a carico: posso scaricare le spese mediche?

sono divorziata e ho tre figli tra cui una di 21 anni non lavora e non va a scuola per motivi gravi di salute il padre ha dato sempre un sussidio che ora ha variato senza andare da un Giudice di pace e i soldi che portava direttamente a casa mia visto che mia figlia ha la residenza dove abito io con il mio attuale marito sposati in comune e ha preso nel suo stato di famiglia me e mia figlia abbiamo il diritto di scaricare gli scontrini fiscali di farmaci, visite ecc visto che il mio ex marito a parte il sussidio mia figlia è stata cresciuta da me il mio attuale marito e lui convive beato con la sua convivente

Purtroppo, questo è un problema non tanto di competenza di un avvocato: è materia fiscale / previdenziale su cui bisognerebbe interpellare un fiscalista, cioè un commercialista, un ragioniere o un sindacato.

Quello che ti posso dire è che può essere che il fiscalista abbia bisogno di vedere qual è il titolo che regola il divorzio, cioè la sentenza o accordo in house (convenzione di negoziazione assistita) che ha determinato lo scioglimento del matrimonio e il conseguente regime in ordine ai figli, anche se tale regime al momento è decaduto, avendo tua figlia ormai superato la maggiore età.

Un’altra cosa che volendo si può dire è che il mantenimento pagato per un figlio non può essere variato a piacimento, trattandosi peraltro di materia indisponibile, ma deve essere sempre corrisposto nella misura determinata dal titolo che lo regola. Attenzione però che, se è vero che il diritto è imprescrittibile, è vero che i singoli ratei cadono in prescrizione dopo 5 anni.

Ovviamente, non è competente il giudice di pace per questo genere di vertenze, che appunto riguardano materia di famiglia che è indisponibile, ma il tribunale.