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Condannato in contumacia: posso fare esposto per falso?

sono stato condannato in contumacia a pagare al condominio, che avevo costruito nel 1998, 262.000 euro per difetti costruttivi, il difetto principale riguarda l’impermeabilizzazione della soletta di copertura del piano interrato,la verità è che avevo rimediato a detti difetti eseguendo lavori vari sotto la direzione del ex D.L. all’epoca della costruzione e del tecnico del condominio che alla fine,nel 2003,redige una relazione quantificando le eventuali ulteriori opere in qualche migliaio di euro.Il condominio mi cita nel 2006, per un qualche motivo non vengo in possesso della notifica, la sentenza di condanna diventa esecutiva non per notificazione ma per decorrenza dei termini nel 2013.
Vorrei conoscere se è possibile fare un esposto alla Procura della Repubblica denunciando il condominio, i periti, il loro avvocato, per la produzione di documenti falsi, il falso è dimostrato dal fatto che il condominio in questi molti anni non ha effettuato alcun lavoro e non vi sono perdite

È una cosa che andrebbe approfondita molto di più, esaminando sia la situazione in fatto sia il fascicolo del procedimento.

In via generale, si possono fare le seguenti osservazioni.

Riferisci di non aver ricevuto la notifica «per un qualche motivo». Si tratta, però, di un aspetto fondamentale, il primo che è necessario chiarire per verificare la regolarità del procedimento e della sentenza che è stata emessa al termine del medesimo.

Quindi il primo consiglio è quello di incaricare un avvocato di estrarre le copie dei documenti dal fascicolo del procedimento per vedere come ti è stato notificato l’atto introduttivo e verificare se tale forma di notifica può considerarsi valida o meno.

Ovviamente, il da farsi, in seguito, dipende dall’esito che avrà questo accertamento.

Per sapere, poi, se possibile fare un esposto per falso, che è una vera e propria denuncia, ti sembrerà incredibile ma, ancora una volta, bisogna esaminare il fascicolo e vedere esattamente cosa è stato sostenuto dal condominio e che tipi di documenti sono stati prodotti.

In generale, comunque, un reato di falso non ricorre semplicemente quando si sostiene in giudizio un fatto infondato, altrimenti in ogni causa civile ci sarebbe almeno un reato di falso, dal momento che ogni parte della stessa sostiene la verità di fatti diversi e spesso contrapposti, ma occorrono requisiti e circostanze ulteriori previsti dalle disposizioni del codice penale che prevedono diverse figure di reati di falso.

Ulteriormente, va poi considerato che, a mio giudizio, quand’anche ci fosse effettivamente un reato o più di falso e quand’anche si presentasse una denuncia e si aprisse un procedimento terminante con condanna penale dei responsabili, la sentenza civile emessa nei tuoi confronti rimarrebbe perfettamente valida ed efficace e di certo non verrebbe caducata per effetto di una sentenza penale, salva solo l’ipotesi di revocazione, uno speciale mezzo di impugnazione praticabile in alcuni casi anche contro sentenze già passate in giudicato, che è comunque tutto da valutare sulla base di quello che sarà stato accertato, sempre in ipotesi, nel procedimento penale.

In conclusione, mi sembra che ci siano davvero pochi spazi e che si tratti di una ipotesi in cui purtroppo sarebbe stato opportuno attivarsi a suo tempo.

L’unica possibilità con un minimo di concretezza sarebbe quella relativa all’invalidità della notifica, che va tuttavia studiata e approfondita con cura.

Direi che, per fare questi accertamenti, con una sentenza che ti obbliga a pagare quasi 300.000 euro, un po’ di soldi da investire per far fare questo lavoro ad un avvocato potrebbe essere opportuno appunto decidere di spenderli.

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Dopo cinque anni che ho perso un appello posso far riaprire il caso?

Ho avuto un processo civile con sentenza di primo grado a mio sfavore, ricorso in appello della controparte, sempre a mio sfavore. Sentenza esecutiva e pignoramento del quinto per rifondare la cifra. Da 5 anni pago. Non c’è possibilità di riaprire il caso?

Sarebbe bello eh?

Dopo un processo di primo grado perso, un appello ugualmente perso e 5 anni di rate pagate, arriva finalmente un avvocato con le palle che «rovescia il tavolo» e costringe la tua controparte non solo a darti ragione ma anche a restituirti tutto, magari anche senza rate.

Purtroppo, non è una cosa che possa succedere facilmente, almeno in questo universo, se si eccettuano, magari, i telefilm americani ovviamente.

Per impugnare le sentenze, sono previsti dei termini che, ovviamente, sono tassative, perché i provvedimenti giurisdizionali dopo un po’ devono diventare definitivi, altrimenti non servirebbero a niente, se ognuno li potesse rimettere in discussione all’infinito.

Se, dall’appello, sono passati già cinque anni, questi termini sono sicuramente scaduti.

Un mezzo di impugnazione che si può esperire anche dopo il passaggio in giudicato di una sentenza, quindi una volta scaduti i termini, nel tuo caso, per il ricorso in cassazione, è la revocazione delle sentenze, di cui abbiamo già parlato in questo precedente post.

I casi in cui si può fare la revocazione sono definiti dall’art. 395 del codice di procedura civile, secondo cui le sentenze possono essere impugnate per revocazione:

«1) se sono l’effetto del dolo di una delle parti in danno dell’altra;

2) se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza;

3) se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario;

4) se la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare;

5) se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione [un esempio meraviglioso dell’applicazione di questa ipotesi in questo post];

6) se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato».

Si tratta di ipotesi estremamente rare, ma se credi puoi far valutare il tuo caso da un avvocato per vedere se rientra in una di queste situazioni – per me facilmente butti via altri soldi, ma è una valutazione che devi fare tu.

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Posso impugnare una sentenza per cui sono scaduti i termini di appello?

Vorrei esporre il mio caso di licenziamento per giusta causa, che purtroppo o perso perché il giudice ha rigettato il ricorso con rito abbreviato, lo scorso dicembre 2012. Non ho presentato appello perché disperato ho voluto accettare un rimedio, di un contratto di somministrazione, non piú rinnovato, dalla stessa azienda, purtroppo con il ricatto e senza dunque transazione. MA IO SONO STATO POCO PRIMA DEL LICENZIAMENTO UNA RSA. LA DOMANDA É QUESTA SI PUÒ APRIRE IL PROCESSO DEL LAVORO AVENDO DEI ELEMNTI NUOVI, COME DIRE CHE ERO UNA RSA, ANCHE SE IL MIO SINDACATO CHE RAPPRESENTAVO IN QUEL MOMENTO NON HA PROCEDUTO CON L’art. 28. PUÓ IL SINDACATO VOLENDO PROCEDERE CON L’art 28 A DISTANZA DI TEMPO PER FAR RIMUOVERE GLI EFFETTI SUBITI ?

A mio giudizio assolutamente no.

La sentenza è passata in giudicato e, dopo il passaggio in giudicato, i processi si possono riaprire solo per motivi gravissimi e del tutto eccezionali, con il rimedio della revocazione della sentenza.

I motivi di revocazione sono previsti dall’art. 395 del codice di procedura civile, secondo cui:

«le sentenze pronunciate in grado d’appello o in un unico grado, possono essere impugnate per revocazione:
1) se sono l’effetto del dolo di una delle parti in danno dell’altra;
2) se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza;
3) se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario;
4) se la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare;
5) se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione;
6) se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato.»

Nel caso delle sentenze di primo grado, per le quali è scaduto il termine per l’appello, i motivi di cui ai numeri 4 e 5 non sarebbero comunque invocabili, ma solo gli altri.

La circostanza che hai indicato non rientra assolutamente tra queste, ma era un fatto che avevi l’onere di allegare quando hai iniziato il giudizio e se non l’hai fatto la colpa è solamente tua, o del tuo avvocato, purtroppo.

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Ecco come funziona, a volte, la giustizia italiana.

Palazzo di Cassazione

Un fatto paradossale realmente accaduto ci dà la misura di come funziona veramente la giustizia, quella italiana senz’altro, ma probabilmente anche quella di tutti gli altri paesi del mondo, e di quale sia in fondo la certezza del diritto e la sua idoneità a risolvere in modo equo i conflitti tra le persone.

Un avvocato presenta un ricorso in Cassazione e, per qualche motivo, deposita in cancelleria una copia in più di quelle che sarebbero previste.

Per un disguido del cancelliere, a quella famosa copia in più viene attribuito un diverso numero di protocollo.

Ciò fa nascere due distinti procedimenti…

La Cassazione, il giudice che dovrebbe insegnare a tutti i magistrati come si legge il diritto (funzione nomofilattica), si pronuncia così due volte: solo che in una accoglie il ricorso e nell’altra lo rigetta.

Ecco i dettagli del caso per chi vuole controllare: le sentenze della Cassazione contrastanti sono la n. 14608/2003 (RG 5886/1999) e la n. 19600/2005 (RG 7312/1999).

Tutta la vicenda è poi riassunta nella necessaria, ulteriore sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, n. 10867 del 30 aprile 2008, chiamata a pronunciarsi sulla richiesta di revocazione per contrasto di giudicati ex art. 395, n. 5, cpc..

Ricordatevi che ogni contenzioso, per quante valutazioni si possano fare anche in punta di diritto, rappresenta sempre un incognita quanto agli esiti e che si devono valutare ogni volta tutti i rischi connessi, a partire da quello relativo alle spese legali, sia proprie che dell’avversario in caso di condanna alla refezione.

via | studiolegalerudi.it