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Assegno unico per figlio non matrimoniale: a chi spetta?

Se la ex compagna nella domanda di assegno unico ha messo 100%, per avere la restituzione di quanto dovuto si deve fare causa alla ex o bisogna chiederli all’INPS?

In questa domanda, è omesso un dato fondamentale per poter dare una risposta: bisogna sapere, infatti, se l’affido – parlo di affido perché scrivi testualmente «ex compagna», quindi intuisco che si tratti di un figlio nato da una convivenza o famiglia di fatto – è stato normato dal tribunale o no.

Se è stato normato dal tribunale, bisogna vedere in quale modo e con quale formula, cioè se affido condiviso, come è più consueto, o esclusivo.

In caso di affido condiviso, l’orientamento prevalente è che l’assegno unico spetti ad entrambi i genitori in ragione del 50%.

Soprattutto, se l’affido non è fosse stato normato, il mio suggerimento sarebbe di preoccuparsi di questo più che della percezione del 50% dell’assegno unico, perché, come predico da decenni, una ex famiglia di fatto non normata può dare, in qualsiasi momento, davvero molti problemi.

Dunque, se l’affido non fosse ancora stata normato, ti direi di incaricare un avvocato per vedere, dapprima, se possibile normarlo con una soluzione di tipo consensuale o congiura, tramite un ricorso sottoscritto da entrambi i genitori, dove potreste regolare anche la cosa dell’assegno unico, o, in caso fosse impossibile, agire anche in contenzioso per ottenere un provvedimento appunto destinato a regolare l’affido.

Nel caso in cui l’affido non fosse stato normato, la mia lettura della normativa a riguardo è che spetta ad entrambi i genitori nella misura del 50% ciascuno; in questo caso, a mio giudizio, può essere più funzionale tentare di richiederlo all’INPS semplicemente dimostrando la tua qualità di genitore, vedendo poi man mano quali sono gli adempimenti richiesti o le eccezioni formulate dall’istituto, agendo poi di conseguenza in relazione agli stessi.

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Si possono cambiare le condizioni di separazione o divorzio con ricorso congiunto?

la mia ex moglie residente all’estero, avendo ora la possibilità di percepire la pensione sarebbe disposta a rinunciare al mio assegno mensile a fronte di una somma una tantum molto ragionevole. I rapporti sono ottimi e c’è disponibilalità a erovare una soluzione.

Bisogna fare un ricorso congiunto per la modifica delle condizioni di separazione o divorzio, come mi pare sia nel vostro caso.

Essendo un ricorso non contenzioso, cioè firmato da entrambi, i costi e i tempi sono molto ridotti.

Se vuoi un preventivo, puoi chiederlo compilando il modulo apposito raggiungibile dall’intestazione del blog.

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come fare la delibazione dopo aver ottenuto la nullità del matrimonio religioso

Nel giugno 2011 ho finalmente ottenuto la nullità alla sacra rota del mio matrimonio durato circa 1 anno. Ad oggi ancora non ho eseguito il riconoscimento dell’atto per lo stato (se così posso chiamarlo). So che dovrei contattare un avvocato (ma non so che tipo di avvocato) e inoltrare il tutto all tribunale dell Aquila. Premetto che non ho mai ricevuto i famigerati alimenti anch se x patto tra noi gli alimenti erano dei soldi che lui (€20000) doveva ridarmi in seguito ad un mio prestito il tutto messo nero su bianco di anzi al mio avvocato. Dopo quasi 10 anni (sposata nel 26/10/2002- separazione 10/01/2004) questi soldi non mi sono stati ridati e non l ho più contattato per ciò quindi metà culpa. Le chiedo i costi, seppur indicativi x il procedimento al tribunale dell’ Aquila, (senza il quale non posso risposarmi in comune?) che avvocato contattare i tempi se ho speranza di riprendere i miei soldi.

Il procedimento da fare è quello di delibazione, sul quale c’è una nostra scheda pratica che ti invito a consultare per maggiori dettagli. Il preventivo te l’ho spedito per mail. Come vedrai, il giudice competente non è il tribunale ma la corte d’appello. Anche in questo caso, sarebbe bene riuscire a presentare un ricorso congiunto.

Per quanto riguarda la questione della somma di denaro, la stessa non è chiara e bisognerebbe vedere naturalmente il documento in cui l’avreste messa «nero su bianco». Essa è comunque una questione che, nonostante qualche vago collegamento con la materia alimentare, non ha niente a che vedere con il giudizio di delibazione e che non può essere trattata al suo interno ma che, semmai, va vista in una vertenza o procedimento a parte.

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la ex moglie può chiedere un mantenimento dopo 10 anni dal divorzio?

Mi sono risposata lo scorso anno con un uomo con due figlie maggiorenni. La prima è autonoma economicamente. La seconda vive con la madre e lavora saltuariamente. La sua ex moglie ha da poco perso il lavoro. Mio marito oltre a pagare il mantenimento della ragazza sta pagando anche il mutuo della casa di sua proprietà dove vive la sua ex consorte con la figlia. Recentemente, avendo contratto diversi debiti per un cambio lavorativo non determinato da sua volontà, ha chiesto alla ex moglie di ridurre l’assegno di mantenimento per la figlia SOLO nei mesi in cui percepisce uno stipendio superiore alle 800.00 €). La figlia è consenziente. L’ex moglie ha risposto minacciandolo di chiedere gli alimenti anche per lei.
Chiedo: 1- Può l’ex moglie chiedere gli alimenti dopo 10 anni dal divorzio e dopo che si è creato nuova famiglia. (Io ho due figlie maggiorenni non atutosufficienti interamente a carico mio ). 2- Può chiedere di ridurre il mantenimento della figlia quando lavora?

La risposta alla prima domanda è che bisogna vedere se ce ne sono i presupposti, che sono quelli previsti in via generale dalla legge. Su tale piano, e a livello approssimativo, di solito è necessario un peggioramento della situazione del coniuge che richiede l’assegno divorzile rispetto a quella che si aveva al momento del divorzio, per cui la prima cosa da valutare sarebbe questa. Ad ogni modo, se la figlia è maggiorenne, sia pur se ancora convivente con la madre, direi che si possa pensare a presentare un ricorso congiunto padre e figlia per la modifica delle condizioni previste in sede di divorzio, dal momento che, se è pur vero che la madre continua ad essere legittimata in modo concorrente, rimane il fatto che la posizione giuridica è, almeno a mio giudizio, ormai nella piena titolarità della figlia, in quanto maggiorenne. In questo ricorso, se a suo tempo non era stato previsto, si può anche chiedere che l’assegno per la figlia venga pagato direttamente in capo alla figlia stessa, senza passare più tramite la madre.