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riflessioni

10 cose che i clienti degli avvocati credono vere ma non lo sono.

1) C’è una norma applicabile ad ogni situazione, la legge é un catalogo di soluzioni, basta solo sfogliarlo e trovare quella giusta. In realtà non è così, la legge prevede, spesso in maniera peraltro incompleta, non chiara, se non addirittura maldestra, un numero limitato di casi, per affrontare una situazione occorre lavorare di interpretazione e tutto diventa molto meno tassativo di quello che si pensa.

2) Un avvocato conosce tutte le leggi, sentenze e c.. No, un avvocato nella migliore delle ipotesi conosce meno del 5% del diritto, la sua professionalità consiste nel sapere sempre dove andare a cercare quello che non sa e che gli serve per il caso in questione.

3) Meglio prendere un avvocato specializzato nel mio problema. Una cosa senza alcun senso: il cliente non sa nemmeno, da un lato, a quale ramo del diritto sarebbe attinente il suo problema e, dall’altro, le specializzazioni per gli avvocati non esistono. Bisogna solo cercare un avvocato che non abbia la testa piena di segatura, e che sia un minimo corretto, mentre se non è competente sarà lui a dirtelo e a muoversi in modo che il tuo caso sia seguito in modo efficiente e funzionale, andando ad associare al fascicolo i colleghi che dispongono delle competenze necessarie. Con il mio ormai famoso hashtag, insomma, megliochiamaretiz

4) É giusto coltivare questa vertenza per una questione di principio! É una delle motivazioni meno indicate per decidere di investire su una situazione di conflitto di natura legale. Per evidenti motivi e per il fatto che il sistema giudiziario non distribuisce giustizia, ma applica la legge, una cosa che non così di rado é diversa.

5) Gli avvocati sono dei privilegiati. No, gli avvocati si alzano tutte le mattine per andare a lavorare come tutti gli altri e pagano le stesse tasse degli altri – anzi probabilmente anche di più. Possono stare in giudizio, a differenza degli altri, solo ed esclusivamente per motivi di competenza tecnica. Anche a me piacerebbe pulirmi la caldaia da solo ogni anno, ma devo farlo fare, per legge, a un tecnico che dispone della competenza relativa: é la stessa cosa.

6) Sono un cliente e come tale ho sempre ragione. No, il cliente degli avvocati é l’unico cliente che non ha sempre ragione. In una vertenza tra due persone, é evidente che una ha ragione e l’altra no, quando sono invece clienti di avvocati entrambe.

7) Se vinco le spese le paga chi perde. Forse… Intanto le devi comunque anticipare tu, poi devi a) vincere b) ottenere una condanna alle spese c) riuscire a recuperarle. Inoltre la misura in cui le recuperi potrebbe essere minore rispetto a quello che hai pagato.

8) Non serve scrivere alla controparte tanto é un idiota / pensa solo ai soldi / é un delinquente. Prima di iniziare qualsiasi vertenza, salvo casi molto particolari, bisogna sempre scrivere alla controparte dichiarando le proprie richieste, non foss’altro che per fare vedere al giudice, cui eventualmente si finisce davanti in seguito, che non si è dei cani. Inoltre molto spesso a una diffida seguono risultati inaspettati.

9) Un avvocato deve rispondere sempre al telefono quando lo chiamo. Un avvocato sempre disponibile a prendere le telefonate sarebbe uno che non fa un razzo tutto il giorno e un legale del genere non sarebbe affatto desiderabile. O, in alternativa, uno che interrompe un appuntamento, magari molto delicato, per rispondere in continuazione al telefono: questo sarebbe ancora peggio. Un bravo avvocato lavora tutto il giorno su cose estremamente importanti e delicate e non può essere interrotto.

10) Devo raccontare la mia storia da principio. No, all’esatto contrario devi iniziare proprio dalla fine, altrimenti il tuo avvocato ti ascolta per un’ora senza capire quel che stai dicendo. Guarda il video di approfondimento che trovi sul canale YouTube degli
avvocatidalvoltoumano.

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diritto

Comune e strade non carrabili: ha l’obbligo di asfaltarle?

Strada comunale non carrabile: deve intervenire il Comune? Un cittadino residente e titolare di concessione edilizia di un immobile ad uso residenziale in zona agricola, ha diffidato il Comune affinchè intervenga per rendere carrabile l’unica strada pubblica comunale che gli permetta di uscire dalla propria proprietà. Effettivamente la strada risulta da piano regolatore ma in tutti questi anni non è mai stata oggetto di interventi e/o di manutenzione straordinaria. Inoltre, si lamenta la condizione che a tutt’oggi l’unico modo per uscire dalla propria proprietò è quello di attraversare (illegalmente) il letto di un torrente. Vi chiedo se effettivamente il Comune ha l’obbligo di intervenire? Infine, sapete indicarmi se esistono delle sentenze in materia?

La prima cosa da fare è verificare, con estrema cura, attenzione e con il necessario grado di approfondimento, la effettiva natura giuridica della strada.

In materia di strade, infatti, la possibile classificazione è estremamente variegata e la sussunzione di una strada in una piuttosto che in un’altra categoria determina conseguenze rilevanti a livello giuridico.

Inoltre, classificare una strada non è quasi mai un’operazione facile o da dare per scontata, quindi occorre verificare che si tratti effettivamente di una strada comunale in senso proprio o non, invece, di un altro tipo di strada, potrebbe benissimo essere ad esempio una strada vicinale su cui insiste un uso pubblico, che in realtà è una strada privata su cui si sovrappongono posizioni di rilevanza pubblica.

Una volta determinata, con il massimo grado di precisione possibile, la probabilmente classificazione della strada, occorre, ulteriormente, studiare la situazione in cui la strada insiste e ciò sia dal punto di vista dello stato dei luoghi sia da quello della documentazione, a partire, ad esempio, dai rogiti di acquisto, che potrebbero contenere preziosi elementi a riguardo.

La situazione dei luoghi può essere rilevante per eventuali ipotesi di interclusioni, che ulteriormente potrebbero essere rilevanti per, sempre eventuali, costituzioni di servitù coattive di passaggio.

Avete fatto bene a diffidare il Comune, intanto, ad intervenire, state il probabile coinvolgimento dell’ente territoriale, se tuttavia tale iniziativa non è stata risolutiva, è richiesto un approfondimento ben maggiore.

Se credete, valutate l’acquisto di una consulenza per iniziare questo lavoro di approfondimento.

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diritto

Separazione: posso togliermi mia figlia se non ho reddito?

sono separata ancora non legalmente possono togliermi mia figlia di 10 mesi ed AFFIDARLA a lui solo perché vivo con mia madre e non abbiamo reddito? E un altra cosa così piccola può richiedere il pernotto le spetta? Io so che un minore può pernottare dal padre solo dai 3/4 anni

Sono domande purtroppo che non hanno molto senso.

La decisione circa l’affido di un figlio viene presa dal giudice considerando tutte le circostanze del caso concreto e, comunque, non è prevedibile, per cui la prima considerazione utile da fare è che in prima battuta conviene, per questo e mille altri motivi, tentare di raggiungere, con l’aiuto di un avvocato bravo e con una grande propensione alla negoziazione, una soluzione di tipo consensuale.

Ovviamente, l’assenza di reddito non è una circostanza dirimente, non può mai esserlo, specialmente da sola, va considerata l’intera situazione dei genitori alla luce dell’interesse del minore. Anche se ti consiglio di attivarti per superare questa condizione, mettendoti alla ricerca, se possibile, di un’occupazione o chiedendo comunque ai servizi sociali se ci sono dei sussidi o degli aiuti.

Anche per quanto riguarda il pernotto è un po’ il solito discorso, dipende sempre dall’interesse del minore, dalla situazione concreta e da come lo vede il giudice. Ci sono sentenze che stabiliscono a quattro anni il momento in cui può avvenire il pernotto presso il padre, ma altre sentenze, a mio giudizio più azzeccate, sostengono che dipende sempre dalla maturità del figlio.

In conclusione, ti serve un progetto completo per la gestione della crisi familiare, da far gestire ad un avvocato scelto molto oculatamente e, se possibile, anche da un mediatore familiare. Finché ti focalizzerai su singoli aspetti non realizzerai molto di costruttivo.

Il primo passo per te è scegliere un avvocato. Se non disponi di sostanze per compensarlo, forse puoi chiedere l’ammissione al patrocinio a spese dello stato.

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diritto

Affido ai servizi sociali: conviene il ricorso in cassazione?

Da 12 anni combatto per difendermi legalmente dal mio ex marito che malgrado ne ha fatte di tutte a. me e ai miei figli è sempre uscito ridendo dalle varie udienze dicendomi vai dove vuoi mio padre è un massone io ti distruggo! E così è stato dopo un rincorso in appello aa Corte di Genova per riprendermi i miei figli in affido dallo scorso anno ai serv. Soc, motivazione del Giudicee nostre dispute economiche, tenendo conto che io non ho nulla il mio ex molto molto ricco gra, je ai Giudice nel corso degli anni li ha privati di tutto. Oggi i miei figli hanno 17anni nessun Giudice ha mai accettato la richiesta che vengano sentiti, neanche in appello che ha mantenuto l’affido ai s. Soc che non solo non accettano le relazioni dell’ASL ma li minacciano se non fanno quello che loro stabiliscono, naturalmente su richiesta del padre, di chiuderli in una struttura. Cmq il giudice senza motivare con termini di legge il suo rifiuto ha lasciato me e i. miei figli senza giustizia, addirittura negando loro il tenore di vita, dicendo che sarebbero troppo viziati, quindi non ne hanno diritto! Secondo lei con lo schifo di corruzione che c è nel ostro paese se vado in cassazione, tenendo conto che non ho possibilità economiche rischio di piangere di più di quanto ho pianto? E i miei figli che hanno visto di tutto da quando avevano 5anni.he fine possono fare con un padre che pur di distruggermi li fa passare per inadeguati?

Per sapere se una sentenza di appello è impugnabile in cassazione e, ulteriormente, se, una volta accertatane la impugnabilità, ciò sia ulteriormente conveniente, bisogna prima studiare approfonditamente le due sentenze precedenti e i fascicoli relativi.

Al netto di questo, si può fare qualche osservazione generale.

Intanto, il giudizio di cassazione non è un terzo grado di giudizio, dove la materia può essere di nuovo completamente ridiscussa, come avviene, almeno tendenzialmente, in appello, ma un grado di legittimità, in cui si dibatte per lo più sull’applicazione corretta o meno delle norme giuridiche, anche se gli aspetti di fatto in qualche modo a volte rientrano.

Ovviamente, è un grado di giudizio in cui la corte giudica «a fascicolo chiuso» cioè sulla base di un fascicolo già formato e dove è escluso che si possano introdurre nuove prove, documenti, tantomeno CTU e così via.

Soprattutto, la considerazione che mi pare assorbente è il fatto che i tuoi figli abbiano già 17 anni, con la conseguenza che il prossimo anno le disposizioni in materia di affido sono destinate comunque a cadere, anche se ovviamente se ci sono altre disposizioni sul mantenimento queste permangono sino al raggiungimento dell’autosufficienza.

A seconda delle modifiche, comunque, che si riterrebbero opportune per l’interesse dei minori, si potrebbe forse anche lasciar passare in giudicato la sentenza di appello per poi presentare un’istanza di modifica condizioni, ma anche questo va valutato accuratamente.

Se vuoi approfondire la situazione, puoi, se credi, valutare l’acquisto di una consulenza. Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.

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diritto

Diagnosi errata ma causa persa: si può ricorrere in Cassazione?

volevo sapere se era possibile ricorrere in cassazione dopo aver fatto una causa in primo giudizio positiva e in appello negativa per errata diagnosi mi il mio medico curante mi aveva diagnosticato una sciatalgia rivelatasi poi un ernia discale con conseguente sindrome della cauda equina permanente che significa avermi rovinato la vita cioe io faccio 4 autocateterismi al giorno ho l intestino paralizzato e una paralisi parziale dal ginocchio in su ..i miei avvocati non hanno presentato le prove come dovevano e io vorrei sapere se si puo ricorrere in cassazione se poi vuole delle delucidazioni piu precise le spieghero meglio per favore mi aiuti a capire se posso fare ancora qualcosa grazie infinite sono disperata e arrabboata con la giustizia con i miei avvocati e con il mio medico curante e l asl della mia zone io vorrei solo giustizia

Mi dispiace per la tua vicenda e per la tua situazione.

A livello giudiziario, per vedere se possibile fare ricorso in cassazione, che non è un terzo grado di giudizio, ma una fase di legittimità, cioè relativa ad un controllo specifico su alcuni aspetti del processo per lo più riguardanti l’applicazione del diritto, bisogna necessariamente studiare i due fascicoli dei procedimenti di primo grado ed appello e le due sentenze relative.

È fondamentale inoltre, nelle cause di responsabilità medica o malpractice, la relazione del consulente medico legale che, immagino, sia stata formata ed acquisita nel corso del giudizio di primo grado, specialmente in un caso come il tuo in cui il problema è derivato, a quanto pare di capire, da una diagnosi errata.

C’è poi un altro aspetto cui accenni, che va accuratamente verificato, e cioè la mancata presentazione di prove da parte dei tuoi avvocati. Se questo fosse fondato, allora purtroppo il ricorso per cassazione servirebbe a ben poco. Infatti, coi gradi di giudizio successivi al primo non si possono sanare eventuali errori commessi dai difensori in quelli precedenti e, man mano che si procede, il caso viene deciso «a fascicolo chiuso», specialmente in cassazione dove è impensabile che vengano acquisite nuove prove (ed è difficilissimo anche in appello). Se, dunque, questo fosse il caso, l’unica azione che rimarrebbe possibile sarebbe quella per negligenza professionale nei confronti dei tuoi difensori, anche questa, naturalmente, da valutare bene.

Anche per approfondire e capire questo ultimo aspetto, comunque, è necessario studiare i due fascicoli, compresa la CTU medica, e le due sentenze.

Se vuoi farci fare questo lavoro, il prodotto da acquistare è questo, la consulenza per eventuale impugnazione. È un po’ più costoso della consulenza di base, perché per studiare tutte queste cose occorrono alcune ore di lavoro. Tieni anche presente che, nel caso, dovrai fornirci la documentazione, se riesci seguendo queste indicazioni, che ci velocizzerebbero il lavoro, altrimenti spedendoci delle copie cartacee.

Il costo, poi, del ricorso in cassazione, che potrai valutare di fare una volta che ti avremo eventualmente detto che ce ne sono i presupposti, è sempre tariffato flat e lo puoi trovare in questa scheda prodotto.

Ti raccomando, anche, di leggere le due schede di approfondimento sulla malpractice e sul ricorso in Cassazione, oltre che di iscriverti alla newsletter del blog o al gruppo Telegram per non perdere interessanti e utili post come questo.

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diritto

Mediazione all’americana se volete davvero risolvere.

Ultimamente, nella mia attività di mediatore, sia familiare che civile, mi sto sempre più convincendo che gli interventi più efficaci sono quelli «all’americana», quelli cioè dove, anziché fare un percorso di sedute, ad esempio incontri di un’oretta una volta alla settimana oppure ogni 15 giorni, ci si trova un giorno, in cui ci si è tenuti liberi appunto per tutto il giorno, alle otto o alle nove del mattino e si va avanti finché non si è trovata una soluzione. Se, alla fine della giornata, non si è arrivati ad una conclusione definitiva, si prenota presto un’altra giornata, ma non dopo una settimana o due, dopo due, massimo tre giorni.

Purtroppo, in molte situazioni, in molti problemi legali, fare incontri di un’ora a settimana è come ricomporre una frattura ad una persona senza però fargli il gesso: dopo poco la frattura si torna a scomporre. Che senso ha all’incontro successivo di nuovo ricomporgliela senza, di nuovo, fargli il gesso?

Le situazioni che arrivano nel mio studio – che assomiglia sempre di più ad una casa dove c’è dentro uno che ascolta – si trascinano da anni col metodo tradizionale di affrontare i problemi legali (a colpi, cioè, di iniziative giudiziarie), metodo che spesso conduce a bruciare ricchezza per il solo vantaggio della lite in sé, determinando danni considerevoli per tutti i protagonisti della vertenza e per i loro figli, cui quelle risorse sarebbero andate se non fossero state vanificate.

Oggigiorno, l’accesso delle persone alla mediazione è paradossalmente ostacolato proprio dalla maggiore disponibilità di mezzi di cui dispongono le persone (prima di rovinarsi, ovviamente). Perché andare in mediazione quando possiamo pagare bravi e costosi avvocati? Quanto è tragico rispondere in modo sbagliato a questa domanda. In 22 anni di esercizio della professione noto che le persone prive di mezzi riescono a risolvere velocemente le loro questioni, senza trascinarsi per anni in liti che impoveriscono e logorano sia a livello economico che mentale ed emotivo.

In molti casi, la ricchezza brucia se stessa. Fa impressione, è paradossale, ma io lo vedo quasi tutti i giorni.

Ci vuole un approccio nuovo, ci vuole la modestia delle persone di ammettere «Sono 10, 20 anni che sto facendo cazzate, forse ho sbagliato tutto, proviamo un approccio diverso».

Altrimenti i problemi non si risolveranno davvero mai, non si può – partiamo da questo! – risolvere tutto a colpi di sentenze. Sarà poco verosimile ma è così, un minimo di cooperazione e dialogo bisogna assolutamente mantenerlo e/o ricostruirlo, un giudice non può affatto darvi e non vi darà mai le risposte che non riuscite a trovare da soli, un giudice è solo un burocrate in fondo…

Tutto ciò è verissimo nelle questioni di famiglia classiche, come separazione, divorzio, affido, ma non è meno vero in tutte le altre, dove c’è sempre un fatto umano alla base del conflitto, spesso sempre annidato all’interno di una famiglia o comunque di una parentela.

Vi prego di credermi. Non parlo per sentito dire, parlo perché sono 22 anni che vedo questi scempi.

È solo dal vostro cuore che può partire la soluzione.

Per maggiori informazioni, lasciate un commento oppure scrivetemi dalla pagina dei contatti.

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diritto

3 ragioni per seguire questo blog.

1) Il primo sito giuridico nato in Italia: dal 1997.

In questi giorni ho messo mano al blog per automatizzare alcune cose e voglio cogliere l’occasione dell’annuncio di queste piccole novità per rimarcare ancora una volta le peculiarità di questo sito, che ormai rappresenta un po’ la mia creazione più importante e i motivi per seguirlo iscrivendosi alla newsletter.

Innanzitutto, questo è stato storicamente il primo sito giuridico italiano. Non in questa forma ovviamente, perché al tempo i blog non esistevano, c’erano solo siti web statici. Ai tempi si chiamava «Jura» ed era un sito destinato sia agli avvocati che agli utenti finali, anche se più sbilanciato verso i primi, al contario di quello che avviene adesso. In seguito è stato trasformato in questo blog, riportandosi man mano i contenuti che si riuscivano a trasferire nella nuova piattaforma. Tramite la wayback machine, una specie di archivio di tutti i vecchi siti web, si può vedere ancora un esemplare del vecchio «Jura», datato appunto 1997, cioè oltre venti anni fa ormai, senza dubbio alcuno il primo sito giuridico italiano. Ringrazio Giovanni Sonego, il titolare del mio «provider» di allora, per avermi mandato questo link che per me è stato come un tuffo nel passato.

2) Contenuti estesi ed originali.

Nel blog ci sono ad oggi 4.145 articoli. Si tratta di pezzi, per lo più scritti da me, ma anche da altri autori che sono intervenuti con contributi di pregio, che consistono di solito in risposte a problemi concreti posti dai lettori. Ecco perché questo non è il solito sito giuridico come se ne possono trovare ormai a migliaia su internet. Gli articoli del mio blog non sono introduzioni a nuove leggi, commenti a sentenza e altre forme di letteratura molto tradizionale del diritto, ma sono quasi sempre pareri su casi singoli, tratteggiati con uno stile unico per informalità e taglio, in grado – credo – di aprire davvero dei punti di vista diversi sul mondo del diritto e della pratica relativa.

Da questo punto di vista, non esiste un blog uguale o anche solo simile a questo. Tutti i blog e i siti giuridici hanno una impostazione molto più tradizionale. Rendendo in qualche modo un «servizio» alla generalità del pubblico, gli articoli sono in realtà utili anche a molti avvocati. Ricordiamoci che il diritto, a Roma, è nato così: dall’analisi e dalla risoluzione dei casi concreti e non, certo, dalla disamina di leggi generali.

3) Un solo post al giorno, da lunedì al venerdì.

A parte gli aspetti relativi ai contenuti, questo è l’unico sito giuridico cui valga la pena di abbonarsi perché la sua frequentazione è «sostenibile». Mentre tutti gli altri siti sfornano dozzine di nuovi post ogni giorno, magari ripetendo svariate volte gli stessi argomenti e persino contraddicendosi tra loro, questo blog pubblica solo un post al giorno, dal lunedì al venerdì, e rappresenta quindi un obbiettivo di informazione sostenibile per privati, aziende ed avvocati che vogliono restare informati sul mondo del diritto, capire come si affrontano i problemi relativi ed evitare, magari, fregature e ulteriori problemi.

Ho sempre tenuto moltissimo alla gestione del «flusso editoriale» perché, anche se internet e i blog consentono la più ampia libertà di espressione e periodicizzazione, non è affatto detto che ai lettori vadano propinati contenuti senza regolarità, anzi, tutto al contrario, ritengo che occorre, anche qui, seguire delle regole, in modo che i nuovi contenuti non siano troppi o somministrati troppo irregolarmente.

Questa è proprio la fase che, finalmente, sono riuscito ad automatizzare, installando un plugin che mi pubblica un solo post al giorno, al mattino presto. Prima di questo plugin, era la mia assistente che provvedeva a programmare i vari articoli che io e i miei collaboratori mettevamo in coda, del tutto manualmente. Ora per fortuna sono riuscito a eliminare questo blocco di lavoro, liberando energia e tempo per altre cose. Il plugin è in fase sperimentale, quindi chiedo scusa a tutti per gli eventuali problemi che dovessero verificarsi durante questo periodo, anche se, da lunedì che ho iniziato ad usarlo, sembra avere dato buona prova. Il plugin è auto-schedule posts, non aggiornato da molto tempo, ma sembra appunto funzionare.

Conclusioni.

Oggi mi sono parlato un po’ addosso e ve ne chiedo scusa, ma sono anche orgoglioso di questo lavoro che ormai sto facendo da oltre venti anni e che mi ha portato tante occasioni di guadagno nello studio legale e fuori dallo stesso, inoltre non mi va che questo sito, che credo davvero unico nel panorama, venga confuso con tutti gli altri, che comunque hanno altri pregi e caratteristiche non trascurabili, ma rimangono diversi.

Vi ringrazio per seguirmi sempre con così tanto affetto e con così tanta stima, restate con noi e fate conoscere il blog a quanti più amici possibile. Grazie.

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diritto

Restare umano: il primo dovere di un avvocato.

La prima cosa che ho intuito quando ho iniziato a fare l’avvocato è che la più importante e fondamentale sfida di ogni legale, assolutamente necessaria e che viene prima di ogni altra, è quella di diventare da un lato capace al massimo grado di interagire con la burocrazia, conoscerla a fondo e capirne le logiche anche più intime, senza però dall’altro vendersi neanche di un millimetro ad essa, restando umano, umano, umano al 100%.

Proprio questa infatti è la funzione dell’avvocato: prendere per mano una persona e guidarla attraverso i corridoi di quei castelli kafkiani che sono i tribunali non solo italiani ma di ogni stato al mondo. Fare da intermediario tra le istanze degli individui e la grande e stolida macchina giudiziaria. Un apparato nato per scongiurare il ricorso alla violenza fisica, ma che spesso finisce semplicemente per sostituire, a quel tipo di violenza, una violenza di altro tipo: quella di sentenze magari perfette in diritto, ma ingiuste nella sostanza, da cui derivano conseguenze inique e gravi per le parti.

Per fare questo, bisogna capire la logica del diritto e della giustizia con una resistenza assoluta e spietata a farsene contaminare, conservando intatta tutta la propria umanità, mettendo sempre il cuore davanti a tutto, con il cervello e la consapevolezza a fare, a loro volta, da guida.

Se mi volto indietro, o mi soffermo a guardare quello che faccio, mi pare questa sfida di averla vinta, sia per lo stile con cui faccio questa professione, sia per i contenuti, che sono spesso quelli di consigliare i miei clienti di fare tutto il possibile per evitare il ricorso alla giustizia, cercando piuttosto soluzioni alternative, anche a costo di fare compromessi e questo anche quando loro questo non vorrebbero sentirselo dire (ecco come un avvocato deve usare le famose palle, a mio modo di vedere).

Ricordiamoci sempre che il diritto è uno strumento dell’uomo, se l’uomo diventa strumento del diritto – e io l’ho visto accadere davvero molto, troppo spesso – allora c’è qualcosa nel profondo che non va.

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Problema di lavoro: cosa deciderà la Cassazione?

Ero dipendente di un’azienda che mi assunse in forza della legge 104 (sono invalido civile al 100%).
Licenziato per impossibilità da parte dell’azienda a reinserirmi a seguito dell’ accertata inidoneità alle mie mansioni lavorative. (dal centralino fui sbattuto in officina….) . Contestai il licenziamento.
Il Tribunale del lavoro di Livorno (Novembre 2015) condanna il datore di lavoro a corrispondermi una indennità pari alla retribuzione globale di fatto non percepita dalla data di licenziamento alla data di reintegrazione nel posto di lavoro. L’azienda si oppene e ricorre in appello. La corte d’Appello di Firenze (Gennaio 2017)conferma la sentanza di primo grado ed aggiunge gli interessi legali ed i contributi di legge. Pare che che l’azienda paghi (per evitare il decrteo inginutivo) ma ricorrerà in Cassazione. Con due sentenze favorevoli quali possibilità ci sono perchè gli Ermellini ribaltino le due sentenze?

È una domanda che purtroppo non ha il minimo senso, specialmente in un contesto come questo.

Si possono fare solo valutazioni generiche al riguardo di quello che potrà decidere un giudice, cassazione compresa, che peraltro, a volte, decide lo stesso caso in maniera opposta, come riportato in questo post.

Per fare queste valutazioni, è assolutamente indispensabile leggere quantomeno le due sentenze e i principali documenti contenuti nei fascicoli dei due gradi di giudizio.

Senza fare questo lavoro di approfondimento, sia pur minimo, non si possono fare valutazioni nemmeno generiche ed approssimative, ragione per cui comprendi anche tu come la tua domanda non possa purtroppo avere nessuna utilità.

La Cassazione potrà respingere il ricorso, nel qual caso diventerà definitiva la sentenza di appello, oppure potrà cassare, con o senza rinvio. Nel caso del rinvio, bisognerà fare un nuovo ed ulteriore giudizio, sempre davanti alla corte d’appello – in effetti sto scrivendo proprio in questi giorni l’atto introduttivo per un giudizio di rinvio a seguito di cassazione di una sentenza.

Purtroppo, i possibili snodi di un procedimento civile sono davvero tanti, e gli esiti non sono mai garantiti, né prevedibili se non in minima parte, ragione per cui è assolutamente indispensabile vivere con una adeguata polizza di tutela legale.

Se credi, puoi far fare questo esame e approfondimento ad un altro avvocato, così da avere una seconda opinione, ma per me sprecheresti solo del denaro, ti conviene lavorare con il legale che già conosce il caso e che ti ha seguito sino a qui, sempre che sia ovviamente cassazionista.