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Servitù prediali: serve la mediazione prima di fare la causa?

Per l’allargamento di una strada comunale, 40 anni fà, il Comune occupò alcuni miei terreni; poiché non é stato emesso il decreto di esproprio ho fatto causa al TAR. Il Commissario ad acta ha provveduto a quanto stabilito in sentenza. Ora ho scoperto che insieme ai lavori di sistemazione della strada sono stati anche costruiti dei canaloni che convogliano le acque piovane dalla cunetta della strada ad un fiumara sottostante. I canaloni sono interrati ed attraversano i miei terreni su cui sono stati costruiti dei pozzetti di ispezione che fuoriescono di circa 25 cm dal terreno. Nel faldone relativo alla sistemazione della strada non vi è alcun riferimento a questi canaloni né ho mai ricevuto avvisi in tal senso. Poiché il Comune é sordo alle mie richieste di “costituire una servitù”, chiedo cortesemente di indicarmi se é conveniente che io li inviti ad una “mediazione volontaria” o devo rivolgermi direttamente al Tribunale civile.

È molto probabilmente una situazione di mediazione obbligatoria.

Le materie per le quali è prevista la mediazione obbligatoria, infatti, sono ad oggi le seguenti:

  • condominio;
  • diritti reali;
  • divisione;
  • successioni ereditarie;
  • patti di famiglia;
  • locazione;
  • comodato;
  • affitto di azienda;
  • risarcimento del danno da responsabilità medica;
  • risarcimento del danno da diffamazione a mezzo stampa o con altro mezzo;
  • contratti assicurativi, bancari e finanziari;
  • inadempimento di obbligazioni contrattuali connesso all’emergenza Covid-19.

Le servitù prediali rientrano nel novero dei «diritti reali» costituiti su cosa altrui, per cui a loro volta rientrano nelle situazioni per cui è prevista la mediazione per poter poi adire il tribunale.

Più in generale, il caso è abbastanza complesso e richiede un adeguato approfondimento.

Ti consiglierei di fare al più presto questo lavoro con un avvocato di tua fiducia, anche per capire le varie possibili strategie di azione, come spiego meglio in questo post.

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Sentenza 7045 Consiglio di Stato: testo e primo commento.

medico covid

Con questo post, ti allego il testo completo della sentenza 7045 del Consiglio di Stato del 20 ottobre scorso, che ha respinto definitivamente il ricorso di un gruppo di sanitari, chiarendo che, almeno a suo modo di vedere, il decreto 44 non presenta profili di incostituzionalità.

Ti consiglio di leggere con attenzione la sentenza, soprattutto la seconda parte. 

Puoi scaricarla cliccando qui:

20211020-7045CdS.pdf

Per commentare la stessa, questa volta ho fatto un video, che puoi vedere qui di seguito

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diritto

Green pass: attento anche a chi promette di aiutarti.

Un post brevissimo, ma necessario.

Se un avvocato ti chiede dei soldi per fare ricorso contro il
greenpass, ti sta inculando.

Il greenpass é previsto da un atto legislativo e politico, il decreto
legge appunto, e non da un DPCM, che é un atto di alta
amministrazione, che, come tale, é probabilmente impugnabile al TAR
come atto amministrativo.

Se il decreto legge 105 é incostituzionale, questa é una circostanza
che non si può fare valere con un ricorso: il comune cittadino,
infatti, non può accedere alla Corte costituzionale, possono farlo
solo i magistrati in un procedimento in corso, dove il decreto deve
essere applicato.

Stesso discorso per il celebre ricorso alla CEDU: richiede il previo
esaurimento dei mezzi di impugnazione interni e non può mai servire ad
annullare un atto avente forza di legge dello Stato italiano.

Ma allora l’avvocato Sventracessi con studio a Scarcagneto sul Minchio
che dice che con il suo ricorso si può evitare il green pass?

Ti ho già risposto molto chiaramente su questo.

Il green pass é solo la prima inculata; ci saranno molte persone che,
per tentare di evitarla, andranno incontro alla celebre seconda
inculata.

Cerca di non essere una di quelle.

Engioi.

Riferimenti

Conclusioni

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Il TAR boccia il meritoinguinale. Condividi …

Il TAR boccia il meritoinguinale.
Condividibilissimo, if you ask me.

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pillole

«anche il Tar dell’Emilia Romagna annulla l …

«anche il Tar dell’Emilia Romagna annulla
l’ordinanza regionale che ha chiuso la scuola superiore in presenza sino a sabato 23 gennaio»

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diritto

Consiglio di Stato decreta esclusione da concorso: che fare?

ricorso al tar per un concorso pubblico dovuto all’ eliminazione dopo la prova scritta. Attraverso la cautelare eseguo la prova pratica ed orale, superandole .La commissione continua a dare un giudizio negativo ..Sono in graduatoria con riserva, continuo con il consiglio di stato il quale 5 giorni fà definisce la sentenza , respingendo il ricorso.
La prova scritta non è stata valutata e poi altri candidati hanno lasciato 3 domande in bianco a differenza mia che ho risposto a tutti e 10 i quesiti

Il caso, purtroppo, non è descritto con la precisione che sarebbe stata necessaria per poterlo inquadrare e comprendere adeguatamente.

Si capisce che il TAR in sede di sospensiva ti ha consentito in via cautelare di poter svolgere le prove successive, ma quando dici che queste prove le superi ma il giudizio della commissione è ancora negativo non è chiaro che cosa sia successo, di fatto.

Non è chiaro, poi, come si sia passati dal TAR al Consiglio di Stato, che è il giudice di secondo grado, e su che cosa abbia pronunciato: se sull’istanza cautelare, su impugnazione della controparte (considerato che era stata a te favorevole), che mi sembra improbabile, o nel merito della sentenza, che mi sembra piuttosto veloce, considerati i tempi standard.

Ad ogni modo, se si tratta di una pronuncia di merito e da parte del Consiglio di Stato, la questione è ormai definita, non ci sono altri gradi di giudizio esperibili.

Se ritieni di essere stata vittima di una giustizia da parte dello Stato italiano, l’unica cosa che puoi valutare è il ricorso alla CEDU, per il quale ti rimando alle varie pagine del blog che lo approfondiscono maggiormente e alla pagina prodotto dove puoi trovare l’indicazione del costo già pacchettizzato.

Tieni solo ben presente che non è sufficiente che tu abbia subito un’ingiustizia, per quanto palese e «condivisibile»: anche il ricorso alla CEDU deve essere fondato in diritto, cioè nel tuo caso deve esserci stata la violazione delle norme contenute nella convenzione che ha istituito la CEDU.

Dal ricorso CEDU puoi ottenere solo un risarcimento del danno, difficilmente puoi ottenere quello cui miravi con il ricorso interno e cioè la partecipazione / superamento del concorso.

Se vuoi approfondire, prima di acquistare il pacchetto per il ricorso CEDU, ti consiglio di valutare la consulenza pre impugnazione, dove potremo approfondire e verificare l’esistenza di adeguate basi legali.

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diritto

Ottemperanza: se la Pubblica Amministrazione non esegue le sentenze.

mio figlio ha vinto una causa al Consiglio di Stato a Dicembre 2018 contro il Comune di Roma ma ad oggi nonostante vari solleciti fatti dal nostro avvocato, ancora non ha ricevuto il rimborso di circa 7000 €.
Cosa si può fare?
Esiste un ufficio nei Comuni al quale mi posso presentare di persona

Dopo aver vinto una causa amministrativa al TAR o al Consiglio di Stato, per ottenere l’adempimento di quanto previsto dalla sentenza o altro provvedimento favorevole ci sono due strade:

1) continuare a dialogare con l’ente che dovrebbe fare quanto previsto, sollecitando e valutando insieme ai suoi rappresentanti, a volte anche per accordi sui dettagli, oppure

2) instaurare il giudizio di ottemperanza.

Di solito, si inizia col il punto 1 e si procede al 2 solo nel momento in cui si raggiunge ragionevolmente la convinzione che è inutile proseguire «con le buone» e che è meglio procedere subito con l’ottemperanza.

Questo naturalmente è solo uno schema tipico, nel senso che la relazione in cui questi metodi stanno tra loro può cambiare: si può fare subito l’ottemperanza, se non si vuole perder tempo, si possono usare entrambi gli approcci contemporaneamente, si può continuare a «trattare» anche dopo l’instaurazione del giudizio di ottemperanza.

Il giudizio di ottemperanza è regolato oggi dall’art. 114 del codice del processo amministrativo, alla cui lettura ti rimando per maggiori approfondimenti, che ha reso superflua in diritto la previa diffida ad adempiere, cosa che personalmente invece consiglio quasi sempre di fare ugualmente.

Il giudizio di ottemperanza si può proporre solo entro dieci anni dalla sentenza, analogamente all’esecuzione civile che va in prescrizione col decorso del termine decennale.

Se vuoi un preventivo per il giudizio di ottemperanza, puoi chiedercelo compilando l’apposita voce nel menu principale del blog. Per eventuale assistenza nella negoziazione con l’ente tenuto all’adempimento, puoi valutare uno dei nostri pacchetti di ricarica.

Una consulenza di approfondimento, invece, a mio giudizio non varrebbe la pena di farla, anche se ovviamente noi restiamo a disposizione.

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Sentenza di patteggiamento e appalti pubblici.

In caso di patteggiamento con pena sospesa è possibile continuare a partecipare agli appalti pubblici?

La vedo molto grigia.

La sentenza di patteggiamento è, per legge, equiparata ad una sentenza di condanna.

Lo prevede la parte finale del comma 1 bis dell’art. 445 del codice di procedura penale, secondo cui appunto «Salve diverse disposizioni di legge, la sentenza è equiparata a una pronuncia di condanna».

Questa disposizione è stata introdotta nel codice nel 2003. In precedenza, la giurisprudenza si era occupata del tema giungendo ad esiti contrastanti. La Corte costituzionale, con sentenza n. 251 del 1991, aveva infatti esplicitamente affermato che questa sentenza «non ha le caratteristiche proprie di una sentenza di condanna basata sull’accertamento pieno della fondatezza dell’accusa penale».

Queste pronunzie tuttavia ormai sono superate dal chiaro dettato legislativo vigente.

Ovviamente, sono fatte salve eventuali diverse disposizioni di legge che prevedano eccezioni, però, nel caso degli appalti pubblici non sembrano esserci.

Anzi, i giudici per lo più tendono a ragionare nel senso della esclusione dalle gare per chi ha una condanna con pena applicata a seguito di patteggiamento (ex multis, T.A.R. Piemonte, sez. II, 4/2/1999, n. 59)

Se vuoi approfondire ulteriormente, valuta di acquistare una consulenza, anche se non credo che possa valerne la pena.

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Il PAT e… altri animali fantastici.

Questo post è per quegli avvocati che, come me, oltre al civile, fanno anche amministrativo e, abituati al processo civile telematico, devono sfortunatamente imparare come funziona anche un altro processo telematico, quello amministrativo.

Scrivo questo post, infatti, dopo una settimana consumata, sia pure a intervalli, a studiare il PAT, acronimo di processo amministrativo telematico, e una mattinata intera spesa a depositare il fascicolo di un ricorso al Consiglio di Stato a Roma.

Per il PAT, ci sono infatti molte peculiarità, che si manifestano sin da prima dei depositi, già al momento della notifica.

In teoria, chi ha disegnato il PAT avrebbe potuto renderlo corrispondente, o quantomeno simile, al PCT, che ormai quasi tutti gli avvocati conoscono abbastanza bene e con i cui strumenti ormai siamo quasi tutti avvezzi. In realtà, il PAT è stato invece ridisegnato completamente per suo conto, con regole sue proprie, con la conseguenza che è impossibile praticare il processo amministrativo senza studiare completamente daccapo il funzionamento del PAT. In altri termini, la conoscenza del PCT è pressochè inutile e biusogna prendere confidenza con regole e strumenti completamente diversi.

Per il PAT, ci sono già ottime guide on line, alcune delle quali da me ampiamente saccheggiate ed alle quali rimando per praticità. Il senso di questo post è quello di essere un’introduzione d’insieme al PAT, più che altro per quegli avvocati che fanno quasi esclusivamente civile e si trovano solo raramente alle prese con pratiche di diritto amministrativo, al fine di evitare loro di commettere errori che potrebbero costare salati.

Senza, dunque, parlare del PAT in generale, mi limito a segnalare alcune peculiarità «interessanti» e rilevanti da questo punto di vista.

La prima cosa da tenere bene in considerazione è che, anche per quanto riguarda la notifica, almeno secondo alcune sentenze, la firma non può avvenire in formato Cades, ma deve essere fatta in formato PADeS BES. Anche se alcune pronunce, come ad esempio questa (ma, in tal caso, c’era comunque stata la costituzione avversaria), sono possibiliste sulla validità, comunque, della firma in formato Cades, è preferibile firmare con il formato previsto, per evitare antipatiche eccezioni. Altre pronunce infatti sono più rigorose, come ad esempio questa.

Per firmare in formato PADeS BES si può usare Acrobat, Reader o DC, oppure anche il semplice Dike, selezionando la relativa opzione. La firma in formato Cades era quella che aggiungeva l’estensione .p7m alla fine del nome dei files, rendendoli più difficilmente leggibili, ma consentendo di capire a colpo d’occhio (guardando la cartella dei files) se un determinato file era già stato firmato o meno. Con il formato PADeS, invece, l’estensione del file rimane quella originaria, di solito PDF, e per vedere se un determinato file è stato firmato bisogna aprirlo o verificarlo, sempre con Acrobat o Dike o altri programmi simili. Qui in studio da me abbiamo adottato la prassi di mettere l’hashtag #pades nel nome di un file dopo averlo firmato appunto con il formato PADeS BES, anche se ovviamente prima di usare il file confidando sulla presenza della firma facciamo sempre un apposito controllo. L’hashtag nel nome serve per dirci che probabilmente il file è già firmato, ma meglio sempre controllare.

Una volta fatta la notifica del ricorso, via pec (come faccio ormai da anni, essendo stato un pioniere in questo senso sin dal 2012 con tante notifiche fatte e mai un’eccezione subita) o tramite posta cartacea, bisogna effettuarne il deposito. Questo vale sia per il Consiglio di Stato, di cui mi sono occupato stamattina, che per i TAR: nella giustizia amministrativa le cause si introducono sempre, che io sappia, con il sistema del ricorso, che poi richiede la fase successiva del deposito.

Per il deposito del ricorso amministrativo, non si può, come ormai avrete già capito, usare SLPct ma è stato predisposto un sistema completamente diverso, che si basa sulla compilazione di un modulo messo a disposizione sul sito di riferimento giustiziaamministrativa.it. Si tratta, ovviamente, di un modulo «dinamico», da compilare tramite il programma Acrobat opportunamente configurato e che, alla fine, consente anche di apporre la firma. Il file PDF così ottenuto, tramite compilazione del modulo e successiva firma, deve essere poi inviato tramite pec, ma questo avviene anche con il PCT cui siamo tutti abituati, dall’account pec del professionista, ovviamente l’indirizzo di destinazione dipende dal giudice competente, anche in questo caso l’elenco degli indirizzi va reperito sul sito della giustizia amministrativa.

Qui il lavoro da fare è sia configurare Acrobat per la apposizione della firma sia capire meglio come va compilato il modulo. A riguardo esistono, come cennato, alcune ottime guide tra cui scegliere.

Per la configurazione di Acrobat sul mac, sistema operativo che personalmente utilizzo con soddisfazione da anni, ho utilizzato questa guida. Per la compilazione del modulo di deposito, ho utilizzato invece le istruzioni messe a disposizione sul sito di riferimento, che al momento si trovano in questa sezione.

Una cosa molto importante da dire è che essendo il modulo di deposito un modulo dinamico lo devi scaricare ogni volta che fai un deposito, perché viene costantemente aggiornato e bisogna sempre usare l’ultima versione disponibile. Scordati, quindi, di scaricarne una copia e metterlo in mezzo ai tuoi soliti modelli: puoi conservare il link alla sezione da cui scaricarlo, poi dovrai farne il download volta per volta.

Buon divertimento con il PAT!

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Criteri erronei per occupazione alloggi della Difesa: come rimediare?

siamo utenti “sine titulo” di alloggi del Ministero Difesa per i quali è stato emanato il DM 16 marzo 2011 “Rideterminazione dei canoni di occupazione…..”.L’art.2 comma 1 di tale DM prevede, tra le altre cose che la superficie convenzionale dell’alloggio ai fini della rideterminazione del canone ,venga calcolata ai sensi del DPR 138/98..art.3 comma 1 all.”C”.Tale allegato stabilisce le percentuali di superficie da applicare per i i “gruppi R” che ,tra l’altro sono chiaramente individuati dall’All. “B” allo stesso DPR : 100% vani principali,50% vani accessori indiretti comunicanti con i vani principali, 25% per quelli non comunicanti; le stesse percentuali sono indicate dall’Agenzia del Territorio in ambito nazionale.Il Ministero Difesa, applica ai box degli utenti( gruppi R/4 All.B del DPR) la percentuale del 100% con danno economico per gli utenti.E’ commesso abuso d’ufficio o cos’altro?

A prescindere dal merito, non credo che un problema del genere possa essere trattato opportunamente chiedendo l’applicazione di norme penali, che presenterebbero peraltro, in un caso del genere, il problema di non poco conto della individuazione del soggetto responsabile.

Mi pare che sia, piuttosto, un problema da trattare con gli strumenti previsti per le tematiche di tipo amministrativo, per cui, in prima battuta, intervento nel procedimento amministrativo e, qualora questo non conducesse ad un risultato soddisfacente, impugnazione al TAR, tribunale amministrativo regionale, competente e, in caso di provvedimento negativo, impugnazione, dopo le debite valutazioni ovviamente, al Consiglio di Stato.

La prima cosa da fare, dunque, sarebbe esaminare il provvedimento o la prassi, risultante sicuramente da relativa documentazione, con cui il ministero della difesa applica ai vani tecnici la percentuale del 100%; qualora i termini per l’impugnazione del provvedimento fossero già spirati, si potrebbe forse valutare di tentare di presentare una istanza di rimborso della differenza, vedendo se possibile intervenire su quella.