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Transazione e spese legali: chi le paga?

mi trovo in questa situazione;
A maggio del 2022 con il mio legale siamo giunti ad un accordo con il mio ex datore di lavoro, in quanto a seguito di dimissione non mi ha corrisposto le spettanze relative lo stipendio, ferie, roll 14esime, rateo 13esima ecc.
Per un ammontare di quasi 9000 euro.
A seguito di decreto ingiuntivo e pignoramento ( dal quale non abbiamo ottenuto nulla, in quanto i conti in rosso) si è giunti ad un accordo nel quale il debitore si impegnava a risarcire in modo dilazionato compreso le spese del mio legale.
I pagamenti per i primi 3 mesi sono avvenuti e nemmeno in modo regalare, negli ultimi due mesi silenzio totale, non ho ricevuto nessun bonifico.
Ad oggi il legale mi chiede di dover saldare entro giorno 10 l’importo ( che avrei dovuto pagare io, dietro pagamento spettante da parte dell’ex datore di lavoro)
Come ci si comporta in questo casi?
Se non ho ricevuto le somme devo obbligatoriamente pagare il tutto entro quella data?

In una situazione come questa, mi sentirei di fare le seguenti osservazioni.

  1. Innanzitutto, comprendo perfettamente la situazione che stai affrontando.
  2. Il decreto ingiuntivo e il pignoramento hanno permesso di giungere ad un accordo per il risarcimento delle spettanze dovute.
  3. La parte debitrice ha onorato i 3 mesi di pagamento, ma da due mesi a questa parte nulla è stato più ricevuto.
  4. La data fissata dal tuo legale per il pagamento delle somme dovute deve essere rispettata.

  5. Tuttavia, considerando la situazione, è possibile provare a contattare l’ex datore di lavoro, cercando di ottenere una dilazione del pagamento.

  6. Se l’ex datore di lavoro non risponde o non è disposto ad accogliere la richiesta, potresti valutare l’eventualità di una causa civile, nella quale verranno riconosciuti i tuoi diritti.

  7. Nel frattempo, se non riesci a trovare un accordo con l’ex datore di lavoro, potresti richiedere un finanziamento al tuo istituto bancario per saldare il debito con il tuo legale.

  8. In alternativa, potresti valutare la possibilità di un finanziamento a breve termine tramite un istituto finanziario specializzato.

  9. In ogni caso, è importante che tu sia in regola con il pagamento delle spese del tuo legale.

  10. Ti consiglio quindi di contattare immediatamente il tuo legale per discutere insieme la situazione.

Se vuoi essere assistito da me nel negoziare col tuo legale, chiama lo studio al numero 059 761926 e prenota il tuo primo appuntamento, concordando giorno ed ora con la mia assistente.

Puoi anche acquistare on line direttamente da qui: in questo secondo caso, sarà lei a chiamarti per concordare giorno ed ora della nostra prima riunione sul tuo caso. Aprendo questo link, senza obbligo di acquisto, puoi anche visualizzare il costo.

Naturalmente, se vivi e lavori lontano dalla sede dello studio – che è a Vignola, provincia di Modena, in Emilia, questo primo appuntamento potrà avvenire tramite uno dei sistemi di videoconferenza disponibili, o anche tramite telefono, se lo preferisci. Per inviarmi i documenti, potrai usare questa semplice guida.

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riflessioni

10 cose sulla malasanità o responsabilità professionale medica.

1) Quando un medico compie un errore, può esserci un illecito sia civile che penale.

2) Chi é rimasto vittima di un errore medico, dunque, può agire sia per il risarcimento del danno (civilmente) che con una querela (penalmente).

3) Di solito é preferibile agire solo in sede civile, riservando la presentazione di una querela solo a ipotesi particolarmente gravi.

4) I medici e le strutture sanitarie sono coperte da assicurazione: é la compagnia a corrispondere il risarcimento del danno, per questi motivi vale quasi sempre la pena di curare la pratica di risarcimento.

5) La pratica inizia con l’invio della richiesta di risarcimento danni da parte dell’avvocato che di solito é una diffida inviata via PEC.

6) La diffida serve, tra le altre cose, ad ottenere una risposta dal responsabile del danno con l’indicazione della compagnia assicurativa con cui trattare il danno, oltre che ad interrompere la prescrizione.

7) O prima o subito dopo l’invio della richiesta danni, il danneggiato deve sottoporsi ad una consulenza medicolegale presso un medico legale di sua fiducia, che valuterà se il danno é risarcibile (an) ed a quanto ammonta (quantum).

8) Non tutte le volte che si subisce un danno a seguito di un trattamento sanitario c’è un danno risarcibile: occorre che ci sia una responsabilità specifica del medico, che ha commesso un errore – fare questo accertamento é compito del medico legale.

9) Una volta acquisita la consulenza medico legale si proverà a trattare il danno con la compagnia di assicurazione: in caso di accordo verrà sottoscritta un’apposita transazione.

10) In mancanza di accordo, i procedimenti più indicati per richiedere il danno in giudizio sono la CTU preventiva ex art. 696 bis cod. proc. civ. e, se non sufficiente, il 702 bis cod. proc. civ.

Per maggiori informazioni, contattami in privato.

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diritto

Indennità post convivenza: è dovuta?

vorrei sapere se la mia ex-compagna ha diritto ad essere ricompensata del contributo per la casa post separazione di fatto (non eravamo ne sposati ne co-abitanti legali). Inizialmente abitavamo in affitto e condividevamo tutte le spese a meta. Ho poi comprato una casa – prendendo mutuo e pagando tutti lavori.
Una volta trasferiti nella nuova casa, la mia compagna ha continuato a contribuire alle spese relative alla casa con un contributo pari piu o meno quanto era la sua meta dell’affitto in precedenza ma meno della meta della rata del mutuo e circa 1/3 delle spese per la casa una volta incluse anche spese condoiminiali. Ora siamo separati e sto vendendo la casa: la mia ex dice che dovrebbe esser rimborsata – almeno in parte – di questo contributo sul mutuo che mi ha dato. E’ corretto? Come dovrebbe essere calcolato questo rimborso?

Non ci sono criteri precisi per una situazione come la vostra, anche perché ogni situazione è diversa.

Da un lato è vero che lei ti ha aiutato a pagare il mutuo, ma se tu non avessi acquistato una casa lei quei soldi che ha pagato a te per pagare il mutuo li avrebbe comunque pagati come affitto.

D’altro canto è vero che a te adesso rimarrà la proprietà di un immobile mentre a lei non rimarrà nulla…

In sostanza, l’unica possibile soluzione è quella equitativa, cioè una valutazione di buon senso, equilibrio ed equità sulla base della volontà di definire i rapporti tra di voi.

Potete provare a definire da soli una somma a tale riguardo, oppure potete rivolgervi ad un mediatore o ad un avvocato, per aiutarvi, dopo aver esposto il caso ed ascoltato entrambe le versioni, a determinare una cifra considerabile accettabile da tutti e due.

È abbastanza importante che, una volta raggiunto l’accordo su questa eventuale cifra di liquidazione, venga redatta, approvata e sottoscritta una apposita scrittura privata con la quale sia stabilito che, con il pagamento di questa somma, ogni rapporto tra di voi resta definitivamente definito, senza possibilità di richieste dall’uno nei confronti dell’altro.

In questa scrittura, si potrebbero inserire le eventuali altre questioni rimaste fuori.

Se vuoi un preventivo per l’assistenza da parte nostra, puoi chiedercelo compilando il modulo apposito che trovi nel menu principale del blog.

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diritto

Citazione per un sinistro dopo anni: che fare?

a seguito di un sinistro automobilistico occorso nel 2015 da me vinto con ragione, ora il colpevole, dopo 5 anni, mi cita in giudizio per avere 356.000 euro di danni, affermando che i carabinieri e i periti hanno sbagliato a fare i rilievi, presentando una controperizia e scrivendo, nell’atto di citazione, una valanga di falsità.
Nelle conclusioni dell’atto si chiede di riconoscere la mia responsabilità nell’incidente e per l’effetto condannare la mia assicurazione e me stesso “nelle rispettive qualità e in solido tra loro” al pagamento del danno.
Mi devo preoccupare? Devo assumere un legale? In caso di perdita in giudizio pagherò io o la mia assicurazione? Quanto mi costerà?

Da te «vinto» significa solo – immagino – che ne hai incassato un risarcimento, pagato dalla compagnia della tua controparte, senza che sul punto fosse, prima di adesso, intervenuta una causa civile.

guasto autoSe così è, la transazione che hai raggiunto con la compagnia non vincola la controparte che può benissimo opinare diversamente e chiedere alla magistratura di accertare che i fatti sono andati diversamente se non al contrario, ovviamente indicando le prove a sostegno.

Questa causa che lui ti ha intentato dovrebbe, peraltro, essere gestita dalla tua compagna di assicurazione, che, come riporti tu stesso, dovrebbe essere stata citata insieme a te, con azione diretta, con richiesta di condanna in solido.

Credo pertanto che tu possa lasciar gestire la cosa alla tua compagnia di assicurazione. In caso di condanna, che dipende sempre dall’istruttoria e cioè dalle prove che sono state indicate e saranno formate nel corso del procedimento, la pronuncia sarà in solido, quindi nei tuoi confronti e della compagnia di assicurazione, che dovrebbe provvedere a pagare quanto eventualmente previsto dal giudice.

Se vuoi, si può approfondire ulteriormente con un’apposita consulenza, partendo dall’esame dell’atto di citazione, ma onestamente non credo che possa valerne la pena. Se vuoi valutarne l’acquisto, puoi comunque vedere la pagina relativa: clicca qui.

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Arredi trattenuti illegittimamente: che fare?

Ho disdetto per fine ottobre un negozio in affitto a Prato e fatto ritirare la merce da amico ma gli arredi erano rimasti con accordo con proprietario che avrei provveduto più avanti allo sgombero, visto la lontananza e i miei impegni, previo essere avvisato di nuovo affitto. Il negozio invece è stato venduto, senza darmene avviso, ad una persona che, contattata da me dopo insistenze sull’ex proprietario dice di averlo comprato proprio xké arredato coi mie arredi e luci. Ora per farmi andare a ritirarli vuole € 300 in contanti per il disturbo di aprirmi il negozio ancora vuoto. Il vecchio proprietario si defila e ambedue mi sfidano a far loro causa, pur avendo tentato una transazione per un minimo risarcimento. Nel frattempo i miei arredi e luci sono lì. Come devo fare per recuperarli o poter chiedere un risarcimento ad ambedue? Devo andare a denunciare alle Autorità la richiesta soldi in contanti per farmi entrare in negozio dal nuovo proprietario e il “furto” dei miei arredi e luci?

Se non hai ancora richiesto la restituzione dei tuoi beni per iscritto, circostanziando la situazione, con una diffida tramite avvocato stai, dal punto di vista giudiziario, parlando del nulla più assoluto, considerando che tutto si è svolto, sino ad ora, solo verbalmente tra voi.

Quindi il primo passo, anche per fare poi una eventuale denuncia querela, è sempre quello di far inviare, da un bravo avvocato, una diffida in cui chiedi la restituzione dei tuoi arredi, illegittimamente trattenuti, richiamando, se del caso, gli accordi intervenuti tra voi e anche la discutibile circostanza della pretesa di 300€ per aprire il negozio, su cui devi fare ogni riserva.

Una volta fatto questo, dovrai valutare se e come coltivare la vertenza in base al modo in cui le controparti – la diffida va spedita sia al vecchio proprietario che al nuovo – reagiranno.

Purtroppo, se non disponi di una polizza di tutela legale, le spese di assistenza legale dovrai anticiparle tu, senza nessuna garanzia di poterle poi recuperare in seguito.

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Sovraindebitamento: quando si hanno troppi debiti.

Sto con una persona che ha divorziato a giugno di questo anno, quindi due mesi fa. Durante la separazione consensuale all sua ex era stato dato un assegno di 50 euro (poi abbiamo capito perché: la pensione di reversibilità). È successa una cosa gravissima. Il suo ex marito non poteva più pagare le rate del mutuo che gravavano solo su di lui e le ha detto di pensarci per un po’ o di vendere la casa (lei lavora a nero full time e ha 50 anni ma il suo lavoro di sarta con riconoscimento e ben 6 attestati di scuole di moda e design le permetterebbero di fare molto di più ma nn vuole per ovvi motivi). Lei cosa fa? In fase di divorzio giudiziale le tolgono i 50 euro ma nn si pronunciano sul mutuo con la conseguenza che lei gli fa bloccare 1150 euro di stipendio su 1350. Aveva ed ha ancora 437 euro da pagare x una finanziaria. Doveva mangiare, pagarsi un’affitto. Insomma, inizia la depressione, l’ansia…prende malattie, ansiolitici…il suo lavoro è a rischio e ha 58 anni. È gravissimo. Non viene tutelato dal suo avvocato anzi, non si oppone al decreto e optano per un accordo, da strozzini. 250 euro al figlio maggiorenne (che aveva sempre pagato) 100 euro a lei e un quinto dello stipendio x gli arretrati. Morale? Se aggiungiamo i debiti non gli bastano neanche. HA FIRMATO PER PAURA di non poter più pagare i debiti con la findomestic, diceva che preferiva nn mangiare (ancora nn viviamo insieme ma è come se lo fosse). La mia famiglia lo aiutava. Insomma. C’e Un modo per impugnare quest’accordo fatto ovviamente sotto ricatto? Lei non ha bisogno del mantenimento, vive alla grande. Macchina, casa, vizi, e lui in miseria. In più lui deve restituire 40 mila euro a tanta gente anche ai miei perché ultimamente gli abbiamo acquistato un’auto di seconda mano perché viaggiava con i mezzi visto che nn poteva più permettersela!!! Quindi ha anche i costi dell’assicirazione, tutto avvenuto dopo la firma. Possiamo agire in qualche modo?

È un situazione molto complicata, formatasi nel corso del tempo e ora gli spazi di manovra sono piuttosto ridotti.

La prima cosa da fare sarebbe esaminare l’accordo che è stato sottoscritto a suo tempo, nell’impossibilità, in questa sede, di farlo, posso fare solo alcune osservazioni generali.

La transazione non si può ovviamente impugnare per «ingiustizia», né sostenendo genericamente di averla sottoscritta per paura, specialmente se parliamo di un uomo «adulto e vaccinato». Naturalmente, non discuto che ciò sia quello che è avvenuto nella realtà, quello che bisogna capire è che se ammettessimo che tutti potessero firmare contratti e poi elegantemente sottrarvisi, sostenendo di aver firmato solamente «per paura» o in preda ad altre emozioni poco piacevoli, tanto varrebbe non fare più nessun contratto, perché ogni contratto non avrebbe più valore vincolante.

Insomma, quando si raggiunge un accordo e si firma, suggellandola, una transazione, bisogna pensarci bene, perché è un contratto legalmente vincolate, di fronte al quale ci sono davvero pochi margini di manovra. È vero che in alcuni casi molto circoscritti le transazioni possono essere impugnate, ma non mi sembra questo essere il vostro caso.

Al di là dell’accordo, peraltro, mi pare che ci sia stata una gestione finanziaria inadeguata per molti anni e in diverse occasioni.

Quando una persona si trova in situazioni del genere, lo strumento che si consiglia di valutare solitamente è quello della composizione della crisi da sovraindebitamento, una specie di «fallimento privato», mutuato dall’esperienza statunitense della bankrupcy (hai mai visto la scena finale del film «A civil action» con John Travolta? In quel caso è lui, un avvocato, a finire in bancarotta), in cui il debitore mette sul piatto tutto quello che ha o può avere e si cerca di raggiungere, eventualmente con l’intervento di un giudice, un accordo coi creditori, che dovranno accettare di essere soddisfatti solo in parte e, magari, col tempo.

Questo strumento naturalmente non fa miracoli, rappresenta un istituto con il quale si interviene per gestire una situazione di insolvenza, di grave difficoltà, cercando di mettere in fila tutte le cose, per quanto possibile, che già non sarebbe poco.

È importante capire che tutto quello che è avvenuto a questo uomo, per quanto ingiusto e portatore di conseguenze negative e persino inique per lui, è perfettamente legittimo. Il debito con la finanziaria l’ha contratto lui, il mutuo l’ha contratto lui, dall’altra parte ci sono dei creditori che hanno diritto di essere pagati. Quindi, in linea generale, il diritto non vi assiste, non vi può aiutare.

L’unico modo in cui può venirvi incontro, in cui ci può essere un aiuto, è tramite l’attivazione di una di queste procedure di sovraindebitamento, una volta che ne saranno stati accertati i presupposti.

Per avere maggiori informazioni sul sovraindebitamento, puoi leggere innanzitutto la scheda apposita e dedicata. Poi se vuoi un preventivo per la valutazione di fattibilità, puoi chiedercelo compilando il modulo apposito nel menu principale del blog. Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani, anche per evitare problemi del genere in futuro.

Per quanto riguarda invece i problemi personali di ansia, depressione e simili, fate attenzione a non agganciare mai in assoluto e per non nessun motivo il vostro stato emotivo all’andamento di pratiche legali o giudiziarie, perché questo si tradurrebbe sicuramente in una tragedia per voi. È bene che quest’uomo lavori con uno psicologo o un counselor su questi problemi, se non dispone di risorse per compensarli può rivolgersi al servizio pubblico. Anche qui non sto parlando di ciò che è giusto, ma di ciò che sicuramente conviene fare.

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Prendo i soldi tra 6 anni: l’avvocato lo pago subito?

ho ottenuto un credito che però mi pagheranno fra sei anni. il compenso dell’avvocato comprendeva una parte fissa e una parte variabile legata a una percentuale del credito ottenuto. la mia domanda è: può il legale chiedermi il compenso della parte variabile prima che io venga materialmente pagato? O deve aspettare l’esecuzione del pagamento.

È impossibile rispondere ad una domanda del genere senza vedere il contratto che hai stipulato con il tuo avvocato in materia di compensi.

Si possono, dunque, solo fare alcune osservazioni di carattere generale.

Innanzitutto, per un compenso di questo genere è comunque necessario un contratto scritto, altrimenti si applicano i parametri forensi, cioè i criteri di tariffazione valevoli «di default» quando non è stato pattuito un sistema diverso. Ogni pattuizione sui compensi che deroga dal regime dei parametri può avvenire solo per iscritto, se fatta in altra forma non è valida.

Per quanto riguarda la questione specifica, non esiste una regola a riguardo, né nel codice civile, né nella legge professionale, né nel codice deontologico, che sono testi normativi molto più generici, specialmente con riguardo al compenso determinato in ragione percentuale, che rappresenta una novità di pochi anni fa per il nostro Paese.

In assenza di regole sul punto, ovviamente sarebbe bene che il contratto avesse previsto questo aspetto, ma è evidente che un esito del genere magari poteva non essere prevedibile, dal momento che solitamente le vertenze si concludono al loro termine, anche quando terminano transitivamente, oppure è previsto un piano di pagamento ma su un termine più breve.

Difficilmente, immagino, che il contratto possa prevedere qualcosa di specifico, ma va comunque letto e interpretato con attenzione, perché ci possono essere clausole che, pur non riguardando questo tema specifico, sono rilevanti rispetto ad esso, appunto sotto un profilo ermeneutico.

Probabilmente non resta che ragionare in base ai principi generali.

Il compenso a percentuale non è, concettualmente, un patto di quota lite.

Questo significa che il risultato ottenuto dal cliente rileva solo come parametro per la determinazione del compenso dell’avvocato, ma non concreta, né integra, né costituisce la «cosa» su cui può soddisfarsi direttamente l’avvocato.

Infatti, la quota lite è vietatissima dal codice deontologico, perché ritenuta poco dignitosa.

Insomma, un avvocato e un cliente non concordano, quando fanno un patto di compensi a percentuale sul ricavato, che si spartiranno quello che il cliente eventualmente riuscirà a portare a casa ma – è una distinzione concettuale che nella pratica sfuma spesso ma comunque esiste – che il compenso dell’avvocato per il lavoro da lui svolto venga determinato con riferimento non al tempo (ore) spese sulla materia, non sulla base dei parametri, non a forfait, ma sulla base del recuperato o ottenuto, anche solo in via transattiva.

Queste considerazioni vanno accostate al fatto che il tuo avvocato il suo lavoro lo ha già svolto, portandoti alla conclusione della transazione che in qualche modo desideravi, comunque hai accettato, in ogni caso sembra essere vantaggiosa per te. Questo lavoro va pagato, in linea di principio, subito, dal momento che il credito da compenso da contratto d’opera non è soggetto ad un alcun termine e sorge man mano che il lavoro viene svolto.

Il criterio per determinare il quantum del compenso dell’avvocato è fornito da quello che hai recuperato o recupererai ed è indicato nella transazione e corrisponde, sostanzialmente, al valore dell’affare.

Questo è tanto vero che molti contratti di determinazione del compenso a percentuale stabiliscono che, ad esempio, anche in caso di revoca o rinuncia al mandato il compenso si determinerà in base comunque a quello che è il valore dell’affare o a quello che sarà ottenuto dal cliente con un successivo avvocato.

Insomma, con il contratto di determinazione del compenso a percentuale il cliente ha spesso l’impressione di entrare in una vera e propria società con il proprio avvocato, dove si dividono vantaggi e perdite (o situazioni sfavorevoli), mentre in realtà la nostra legislazione è piuttosto contraria a che questo avvenga, almeno in maniera così netta, e, di fatto, ciò non si verifica.

Ora, è chiaro che molto sta anche alla correttezza delle parti del contratto, non so di quali cifre si parli e quali siano le circostanze, ma forse si può trovare un accomodamento che ti consenta di pagare il tuo legale senza dover tirare fuori denaro di tasca tua, o almeno concordare anche nel tuo caso un piano rateale.

La questione non è comunque definibile in modo netto, ma se dovessi proprio scegliere una risposta alla tua domanda originaria ti direi che secondo me, in diritto, è più facile che la soluzione sia che tu purtroppo intanto devi pagare il tuo legale che ha svolto compiutamente il suo lavoro, poi ovviamente si possono cercare accomodamenti tra voi che rendano la situazione più leggera e praticabile per tutti.

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Regresso imposta di registro: c’è tutela legale?

Alcuni anni fa si optò per la chiusura definitiva di una vertenza stipulando un atto di transazione autorizzato da DAS (sentenza primo grado a mio favore).
In detto atto è convenuto che la controparte assolva al pagamento dell’imposta di registro della sentenza.
La controparte non ha provveduto all’impegno preso e nei primi giorni di aprile è pervenuta al sottoscritto una richiesta di pagamento dell’imposta di registro dall’A.E.
Si è inoltrata denuncia assicurativa a DAS chiedendo il suo patrocinio ma DAS non lo concede adducendo il fatto che “oggetto della vertenza è la tassa di registro e tasse, imposte e tributi ineriscono a materia esclusa dalla copertura assicurativa”.
Nelle condizioni di polizza è riportato che DAS non assume a proprio carico il pagamento di oneri fiscali ma ciò non ha alcuna inerenza con la richiesta di patrocinio presentata.
Nella denuncia si chiede assistenza legale per far sì che controparte adempia a un impegno preso nell’atto di transazione.

Sono d’accordo con te, il caso dovrebbe essere oggetto di copertura da parte della compagnia di tutela legale.

Infatti, la vertenza riguarda non l’eventuale impugnazione o comunque consulenza riguardo ad una imposta – quella di registro – da pagare, ma l’adempimento della transazione come tu stesso hai indicato oppure comunque l’azione di regresso che, se pagherai l’imposta, effettuerai nei confronti dell’altro debitore in solido – che, a mente della transazione sottoscritta, è tenuto a corrispondere tale importo totalmente.

Il problema attuale, dunque, non interessa la materia fiscale, che giustamente le polizze di tutela legale tendono a escludere sempre, dal momento che problematiche di questo genere sono troppo diffuse per poter essere gestite tramite uno strumento del genere, anche perché si indurrebbero gli utenti a fare ricorsi anche senza adeguate basi legali, dal momento che sarebbero «gratuiti», ma questioni che sono di natura civilistica.

Con DAS, che è una compagnia di grande qualità che ho consigliato a tanti clienti e che ho utilizzato con soddisfazione molte volte, non ho mai avuto problemi ad ottenere copertura, credo che sia solo questione di illustrare adeguatamente, più nel dettaglio tecnico, la situazione al liquidatore che si occupa del caso.

Diciamo che ad una prima approssimazione potrebbe sembrare una questione fiscale, ma una volta che si approfondisce un attimo si capisce che è una problematica di tipo civile.

Se vuoi assistenza da parte nostra per questa cosa, puoi chiedere un preventivo compilando il modulo apposito nel menu principale del blog, non so se ne possa tuttavia valere la pena.

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Mancato pagamento ultima rata: che può succedere?

mesi fa ho ricevuto un decreto ingiuntivo a quale è seguito precetto (luglio 2016)..sono riuscita a bloccare l’esecuzione accordandomi in pagamenti dilazionati fino a gennaio 2017. Io però l’ultima rata di gennaio nn posso pagarla. Cosa può succedere?

Se ho ben capito, l’accordo transattivo che avevi raggiunto con il creditore riguardava solo i termini di pagamento e non anche l’ammontare del tuo debito per capitale, interessi e spese legali, dal momento che parli solo di «pagamenti dilazionati».

In questo caso, resta dovuto solo l’importo dell’ultima rata.

Per questo importo, può essere – salvo che la transazione non avesse efficacia novativa, cosa che si potrebbe tentare di appurare solo esaminandola – azionato il decreto ingiuntivo, con ulteriori spese di esecuzione, nelle forme solitamente previsti per il recupero crediti, sulle quali ti invito a leggere la scheda relativa.

Può essere sconveniente per il creditore promuovere un’esecuzione per un importo residuo che magari può essere basso – purtroppo non dici nemmeno di quanto è, quindi dobbiamo tirare a indovinare. In considerazione di ciò, forse puoi avere discrete chances di fare una nuova negoziazione con il creditore per vedere di ottenere una ulteriore dilazione che ti consenta di pagare anche questa ultima rata.

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Se ho raggiunto un accordo con chi mi ha denunciato ma non ho al momento i soldi per pagare come posso fare?

Nel periodo di fine Giugno 2013, sono andato in vacanza in Rep. Ceca con un amico, il giorno dopo il mio arrivo, ho preso la sua macchina, le sue carte di credito, il suo pc e cellulare e sono ripartito senza di lui per rientrare in Italia. Durante il viaggio di rientro ho usato le sue carte di credito per un importo complessivo di 7/800 euro. Una volta rientrato in Italia a distanza di due giorni sono stato rintracciato da parte della squadra mobile di Bolzano, in quanto lui aveva fatto la denuncia. Hanno ritrovato l’auto, ma il pc e il cellulare sono andati persi nel rientro. Sono stato al tribunale di Bolzano ed ho richiesto l’ex 355 cpp, dal quale risulta un indagine nei miei confronti per appropriazione indebita. Questa persona ha preso più volte contatto con me e ha detto che per 2.000 Euro ritira la denuncia. Al momento io non sono in g rado di pagare questa cifra perché non lavoro. Cosa rischio se non riesco a rimborsarlo prima del processo?

Innanzitutto, occorrerebbe fare una valutazione sulla procedibilità d’ufficio o meno del reato che ti è stato contestato, che va vista in concreto, in relazione alle eventuali circostanze del fatto, e pertanto documenti del fascicolo del procedimento (quelli, ovviamente, ostensibili) alla mano, al fine di valutare se il procedimento prosegue d’ufficio o se la querela è in effetti rimettibile.

Se la querela fosse rimettibile, il fatto di non poter pagare adesso la somma che controparte accetterebbe potrebbe essere superato stipulando una scrittura privata di accordo e chiedendo un paio di rinvii sino al pagamento effettivo.