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Spese+strada+comune: come dividerle?

>per le spese manutenzione strada vicinale, siamo 12 famiglie distanti fra loro. La strada è lunga km 1, 750
Dobbiamo fare calcoli come nei condomini o pagare per la distanza della strada da percorrere fino alle rispettive abitazioni?

Anche nei condomini, in realtà, se un servizio é destinato ad avere un’utilità diversa per i diversi condomini, le spese di manutenzione si ripartiscono tenendo tale aspetto in considerazione.

In materia, dispone infatti l’art. 1123 del codice civile come segue:

«Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione. || Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne».

Un caso tipico di spesa ripartita non a millesimi ma in proporzione all’uso che se ne può fare data la situazione dei luoghi e strutturale del condominio é quella per l’ascensore, che varia a seconda dei piani.

Analogamente, potreste operare per la vostra strada, considerando che é destinata a servire i frontisti in maniera diversa a seconda di dove sono ubicate le case.

Suggerirei di fare un accordo scritto in modo che tale criterio venga «fissato» e seguito poi in tutte le occasioni successive, per evitare ogni volta di ridiscuterlo, valutando anche l’ipotesi di trascriverlo, eventualmente insieme ad altre pattuizioni ulteriori per il miglior godimento e la gestione della strada vicinale.

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10 cose sulla servitù di passaggio.

1) Puoi ottenere il diritto di passaggio su un terreno altrui se non hai altro modo di raggiungere la strada pubblica e quindi il tuo immobile é intercluso.

2) L’impossibilità di raggiungere il tuo immobile può essere assoluta, cioè totale, o relativa, quando potresti sì raggiungerlo, ma solo con una strada molto scomoda o piccola, per la quale non passano ambulanze o vigili del fuoco.

3) L’impossibilità di raggiungere il tuo immobile, inoltre, può essere anche sopravvenuta, per effetto ad esempio di fenomeni naturali: la strada di cui disponevi é franata e non può più essere ripristinata.

4) Se ti trovi impossibilitato a raggiungere il tuo terreno e ti serve una servitù di passaggio il primo passo é chiederla al proprietario o ai proprietari dei fondi sui quali devi passare con una lettera o diffida di un avvocato.

5) Se i tuoi vicini sono disposti a concederti la servitù, si può sottoscrivere un preliminare di accordo con il quale si dettano le condizioni; poi devi andare da un notaio per costituirla con atto pubblico.

6) L’atto pubblico serve per la opponibilità della servitù a terzi: se il tuo vicino te la concede, ma poi vende il suo fondo e manca la trascrizione, chi acquista può toglierti legittimamente il passaggio.

7) Se i tuoi vicini, invece, non ti concedono la servitù, devi fare una causa per ottenerla dal giudice con una sua sentenza.

8) La causa puoi valutare di farla con il procedimento sommario ex art. 702 bis cod. proc. civ., specialmente se la situazione dei luoghi e le altre circostanze sono semplici da ricostruire e ben
rappresentate documentalmente.

9) Ai tuoi vicini, in caso di costituzione della servitù, spetta una indennità, cioè una somma di denaro che li compensa per il fastidio cagionato dalla servitù.

10) Nel caso della costituzione con accordo, l’indennità é determinata appunto di comune accordo, negli altri casi é stabilita dal giudice, di solito sulla base delle indicazioni del CTU.

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Servitù: come farne accertare l’esistenza?

Quindici anni acquistai un villino il cui giardino consisteva di due lotti, di cui uno rimase di proprietà del venditore e fu dopo qualche anno venduto a un costruttore. Quando quest’ultimo scavò le fondamenta di un bifamiliare, si accorse che la condotta fognaria della mia abitazione attraversava la sua proprietà, e quindi la adattò in modo tale da aggirare la nuova costruzione mantenendola funzionale e interamente nascosta alla vista. Ad oggi un’unità del bifamiliare costruito è stata venduta, l’altra, sotto al cui giardino passa la mia condotta, è ancora invenduta. Per ora non si sono presentati problemi di sorta ma, avendo letto un vostro articolo sul sito, mi domando se sarebbe opportuno attivarmi per non correre il rischio di vedermi un domani contestato il diritto all’attuale servitù di fatto (ad esempio se un domani volessi vendere la mia casa) e in che modo potrei farlo.

La servitù probabilmente esiste, se non altro per destinazione del padre di famiglia, e non è – fai attenzione – «di fatto», ma pienamente di diritto, anche se non formalizzata in modi specifici.

tubazioni impiantiQuesti modi potrebbero essere due: o una causa di accertamento e/o costitutiva (actio confessoria) oppure un atto negoziale, da fare per atto pubblico davanti ad un notaio, per la trascrivibilità, in cui l’esistenza viene riconosciuta dal proprietario del fondo servente.

In entrambi i casi si tratta di investimenti di qualche migliaia di euro quantomeno, quindi valuta attentamente.

Il primo passo, in entrambi i casi, sarebbe l’invito, tramite diffida, rivolto alla controparte per il riconoscimento della servitù, poi dipende dall’atteggiamento che assume la controparte stessa.

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Ponte costruito su suolo altrui: come muoversi?

Sono proprietario e residente di una casa con terreno confinante a una strada di servitù (accordo stipulato con firma nel 97 tra proprietari e comune) per potervi accedere ho costruito un ponte con autorizzazione del comune, ora il proprietario del mezzo fosso rivendica soldi perché non ho chiesto a lui il consenso/permesso. Come devo comportarmi?

Ti conviene sicuramente trovare un accordo con lui, definendo una somma accettabile per definire la questione.

Il punto è che l’autorizzazione del comune non può in alcun modo pregiudicare i diritti dei terzi, cioè i diritti di proprietà o di altro genere di cui sono titolare altre persone nell’area in questione. L’autorizzazione comunale riguarda solo gli aspetti urbanistici, di sicurezza, viabilità, idrogeologici e così via, ma è evidente che per occupare aree di proprietà altrui occorre sempre il consenso del titolare del relativo diritto.

È vero che esiste una disposizione, che è l’art. 840, comma 2°, del codice civile, secondo cui «il proprietario del suolo non può opporsi ad attività di terzi che si svolgano a tale profondità nel sottosuolo o a tale altezza nello spazio sovrastante, che egli non abbia interesse ad escluderle» però mi pare che l’applicazione di tale principio ad un ponte, che bisognerebbe comunque vedere nelle sue caratteristiche concrete, sia discutibile, anche se certamente una regola così può avere una sua importanza nelle trattative volte alla determinazione di una somma da corrispondere per definire la questione.

Trattandosi di questioni fondiarie ed immobiliari, ti consiglio, per la conduzione delle trattative con il vicino, di incaricare un bravo avvocato, portato alla mediazione, per raggiungere presto e bene una soluzione soddisfacente. Da valutare anche se trascrivere la scrittura con cui formalizzerete l’accordo con il vicino, per renderla opponibile a terzi successivi acquirenti dell’area in questione, nel qual caso occorrerà purtroppo un passaggio dal notaio.

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Trascrizione di separazione e divorzio: meglio per accordi in house.

Ricevendo una pec dal mio amato comune di Serramazzoni, di cui sono originario per parte di madre, come sa chi mi conosce, che mi assicura circa l’avvenuta trascrizione di una separazione, rifletto sul fatto che un vantaggio degli accordi in house è proprio la molta maggior accuratezza con cui avviene la trascrizione nei registri dello stato civile delle vicende di separazione e divorzio.

Nel vecchio sistema, non era affatto raro che o per omissione della cancelleria o per ommissione del comune i provvedimenti non venissero trascritti. Anche un mese fa circa, facendo un accordo in house per un divorzio, mi è capitato il caso di una coppia che si era separata oltre dieci anni or sono e la cui separazione non era mai stata trascritta. In quel caso, è stato trascritto direttamente l’accordo di divorzio.

Devo dire che mi sono capitati anche un paio di casi in cui, scoperto il problema, da un ignaro utente che voleva semplicemente risposarsi, la cancelleria ha avuto la brillante idea di dare la colpa all’avvocato. Questa è una cosa che molti trovano comoda e ben praticabile, dal momento che le genti tendono a credere che effettivamente ciò che di negativo accade sia sempre colpa degli avvocati, del resto è vero che, se un delinquente viene messo in galera, è merito dei magistrati, se viene invece scarcerato è sempre colpa degli avvocati.

In realtà, l’onere di trasmettere copia della sentenza di separazione o divorzio al comune per le previste trascrizioni non è affatto degli avvocati, nel caso di procedimento giudiziale, ma, all’esatto contrario, della cancelleria del tribunale in cui si sono consumati.

Negli accordi in house, invece, l’onere è ovviamente, in questo caso, degli avvocati, dal momento che non c’è un passaggio in tribunale. Sono anzi prestabiliti dei termini e delle sanzioni molto rigorose per il caso di inosservanza.

Nel nostro studio, inviamo una copia autentica dell’accordo di separazione e divorzio il giorno stesso in cui lo ritiriamo dalla Procura della Repubblica competente, con la prescritta autorizzazione. Solitamente, la trasmissione avviene via pec, alcuni comuni anzi lo consentono solo tramite pec, mentre altri ancora consentono sia il deposito in forma cartacea. Dopo alcuni giorni dall’invio, comunque, riceviamo una comunicazione di avvenuta trascrizione, che a quel punto chiude e completa la pratica.

Questo è un altro motivo per preferire la strada degli accordi in house dovendo fare separazione o divorzio. Per tutti coloro che si trovano a percorrere la via classica, consiglio di controllare, dopo un paio di mesi dalla conclusione del procedimento, che la trascrizione sia avvenuta, sollecitando la cancelleria in caso contrario.

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Casa familiare assegnata all’ex: come ottenere la divisione

Separato da 3 anni (separazione giudiziale) con assegnazione della casa mio figlio e alla mia ex. Matrimonio in separazione dei beni con casa e mutuo a mio nome. Da 2 anni non pago il mutuo, la casa non é stata ancora ne’ pignorata ne’ messa all’Asta. Ho cercato di convincere la mia ex a firmare per vendere la casa e dividere la somma ricavata, ma non ne vuole sapere nulla. Esiste un modo per poter vendere la mia casa? Se si, come?

Ne abbiamo parlato dozzine di volte nel blog, per cui ti invito a fare una ricerca nei vecchi post, che, ad oggi, sono oltre quattromila, un discreto deposito di domande / risposte giuridiche dove ormai è facile trovare risposta a molti dubbi, dal momento che tante domande sono ricorrenti.

In sintesi, le possibilità che hai sono le seguenti.

Innanzitutto, puoi vendere la tua quota di proprietà, che non ho capito se è intera o in comunione con tua moglie, però chi acquista dovrà rispettare il vincolo di destinazione impresso sull’immobile costituito in casa familiare a favore di tuo figlio, quindi non sa quando potrà prenderne possesso perché dipende da quando tuo figlio uscirà di casa. Molto difficilmente puoi collocare sul mercato un bene del genere, specialmente in un momento come questo.

Se la casa è in comunione, puoi chiedere la divisione giudiziale per tentare di «realizzare» la tua quota, ma anche in questo caso, anzi qui a maggior ragione, è evidente che è difficile che vi possano essere terzi interessati, per di più in seno ad una procedura forzosa, ad acquistare una quota di un bene su cui c’è comunque un vincolo di destinazione.

Il punto è che comunque la casa familiare finché tuo figlio non è diventato autosufficiente è destinata a restare al suo servizio, partendo da questo concetto puoi capire come i margini di manovra per poter realizzare qualcosa da quel bene siano molto limitati.

L’unico metodo per trattare situazioni di questo genere, e anche questo ormai l’avrò detto centinaia di volte, è quello della trattativa: devi negoziare, con l’aiuto di un bravo avvocato o mediatore familiare (non puoi affatto negoziare da solo…), con la tua ex per trovare una soluzione concordata. Se l’immobile è in comunione, potete venderlo e dividere il ricavato, la sua porzione di ricavato però deve essere sufficiente, magari con una piccola aggiunta, per consentirle di ottenere la disponibilità di una nuova casa in cui andare ad abitare.

Qui starà poi a te valutare quanto sei disposto ad allentare i cordoni della borsa per uscire almeno da questa situazione, facendo non quello che è giusto, ma quello che ti conviene, un’altra cosa che predico spesso…

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Servitù di paesaggio o panorama: come si acquista?

6 anni fa ho acquistato una casa al piano terra con un giardinetto. Il motivo dell’acquisto è stata la vista che si aveva dal giardino. La casa che c’era nella curva più sotto (io abito in collina) è stata ristrutturata aggiungendo un piano, limitando notevolmente la mia vista(che era davvero splendida) su tutta la città.
Ho verificato ed hanno i regolari permessi per effettuare i lavori.
La mia casa però ha senza alcun dubbio perso di valore (perizia effettuata da un architetto) perchè il suo fero punto forte era proprio il giardino con la relativa vista.
Ho qualche possibilità di essere risarcita? Ho scritto loro attraverso una semplice racocmandata per esporre il problema al proprietario dell’immobile, ma non ho ricevuto alcuna risposta.

Non credo che tu possa utilmente coltivare una cosa del genere. Avresti dovuto attivarti al momento dell’acquisto, per la stipula di un eventuale contratto costitutivo di una servitù di paesaggio o servitù di panorama con il proprietario della casa più a valle.

Per capire questo, è necessario fare un discorso un po’ tecnico.

Il codice civile non riconosce espressamente questo tipo di servitù, ma i giudici in alcune sentenze l’hanno sostanzialmente prevista, come servitù negativa cioè diretta ad impedire la soprelevazione o comunque la privazione del panorama a chi già ne gode.

Questa servitù di panorama è dunque considerata di natura negativa, perché appunto consente al titolare di vietare al proprietario di un altro fondo di fare qualcosa, nel nostro caso la soprelevazione (Cass. 25 marzo 1995, n. 3556 e n. 3370; Cass. 13 febbraio 1995, n. 1563; Cass. 9 febbraio 1995, n. 1456; Cass. 3 maggio 1993, n. 5126).

Il punto è che le servitù negative sono ulteriormente considerate, dalla maggior parte dei giudici, servitù non apparenti (Cass. 2458/1972; Cass. 1764/1972; Cass. 119/1974; Cass. 8744/1993).

Il punto, in conclusione, è che le servitù non apparenti non possono essere acquistate per usucapione (Cass. Civ., Sez II, 14 Aprile 2000, n. 4816).

Questo significa che se anche la situazione tra le vostre due case si fosse protratta così, prima della soprelevazione fatta dalla villa a valle, per oltre 20 anni, tu non potresti aver acquisito nessun diritto, cosa che invece si sarebbe potuta verificare se la servitù fosse stata usucapibile.

Questo orientamento è giustificato, a mio modo di vedere. Se si ammettesse l’acquisto per usucapione di una servitù negativa, le persone potrebbero perdere diritti e facoltà semplicemente per la mera inerzia nell’esercitarli. È vero che si possono perdere diritti per prescrizione, ma è tutto un altro paio di maniche. Se uno è proprietario di un immobile, non può essere costretto a decidere, ad esempio, entro 20 anni se sopraelevare, costruire o meno, altrimenti il vicino acquista una servitù negativa… È evidente che il proprietario può decidere quando vuole se fare o meno queste cose, senza che i confinanti possano al riguardo pregiudicarlo.

Secondo dunque la maggior parte dei giudici, la servitù di paesaggio non può essere costituita a titolo originario tramite usucapione o destinazione del padre di famiglia, ma solo tramite un apposito contratto, che peraltro deve essere scritto a pena di nullità e trascritto nei registri immobiliari ai fini dell’opponibilità ad eventuali terzi acquirenti del fondo servente.

A questo orientamento sembrano fare eccezione due pronunce della cassazione (Cass. 10.250/1997 e 2973/2012) nelle quali si sostiene che, in presenza di opere visibili e permanenti, ulteriori rispetto a quelle che consentono la veduta, anche la servitù di panorama possa essere acquisita per usucapione e destinazione del padre di famiglia. Non si capisce però quali potrebbero essere queste «opere ulteriori» (un terrazzo, una balconata, un «osservatorio»?) e a me personalmente – devo dire – convince molto di più l’orientamento dominante, per le ragioni che ho già detto.

Queste due sentenze potrebbero consentire di approfondire, ma ritengo che difficilmente possa essere conveniente per te far fare ad un avvocato un lavoro di questo genere, che comporta un certo investimento, essendo necessarie comunque diverse ore di studio.

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Matrimonio in Chiesa prima della delibazione: è trascrivibile?

Il Tribunale Ecclesiastico ha dichiarato la nullità di un matrimonio nell’anno 2014. L’interessato si è risposato solo in Chiesa nello stesso anno 2014. la Corte di Appello ha delibato la sentenza nell’anno 2016. Si può trascrivere incomune l’atto di matrimonio? Il Comune sostiene di no in quanto gli sposi non hanno mantenuto lo stato libero dal momento del matrimonio al momento della richiesta di trascrizione

Temo abbiano ragione i funzionari dell’ufficio di stato civile del comune interessato.

Prima di fare qualsiasi valutazione al riguardo, bisognerebbe innanzitutto vedere con quali formalità è stato celebrato il matrimonio cattolico, se cioè concordatario – cosa che non mi pare possibile, perché all’epoca per lo Stato italiano non c’era lo stato libero dello sposo – o se solo religioso, come ad esempio il matrimonio che ho celebrato io stesso, e che richiede l’autorizzazione del Vescovo.

Questo potrebbe essere appunto il primo problema, cioè la mancanza della natura concordataria del matrimonio celebrato illo tempore. I due matrimoni non sono affatto corrispondenti, ci sono alcune formalità nel matrimonio concordatario, come la lettura degli articoli del codice civile, che sono indispensabili per la trascrivibilità, che nel matrimonio solo religioso non hanno luogo.

Anche ammettendo che fosse stato celebrato un matrimonio formalmente trascrivibile e che vi sia la prova di questo, tuttavia non mi sento di dar torto agli ufficiali di stato civile in quanto mi pare che manchino i presupposti per trascrivere un matrimonio del genere.

Credo che l’unica sia celebrare un matrimonio civile, che resterà regolato anche per quanto riguarda le invalidità dell’atto, dal diritto civile italiano, come accade in tutti gli altri paesi del mondo in cui non vige il sistema concordatario, dove ognuno fa il «doppio» matrimonio.

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Adozione da parte di coppia omosessuale: è possibile?

Una vera e propria rivoluzione, almeno così, da più parti (facile immaginare quali) si è acclamato. La stepchild adoption per una coppia omosessuale!

Due donne, una grande passione, un amore pronto a trasformarsi in genitorialità, ad evolversi e trovare la propria forma più elevata e, senz’altro, più duratura, attraverso un figlio.

E’ solo di qualche giorno fa la diffusione della notizia relativa all’avvenuta trascrizione anche in Lombardia (realmente avvenuta nello scorso OTTOBRE), in seguito ad attento vaglio della Corte d’Appello di Milano (secondo grado rispetto al Tribunale dei Minorenni in questo caso) dell’ordinanza emessa, da un Organo, all’uopo preposto, in Spagna, che decretava l’adozione della bambina dalla sua “non madre biologica”: una ragazzina dodicenne, ora, anche dinanzi alla Legge Italiana, è figlia adottiva di due madri.

C’è un precedente estremamente significativo, che è quello della Corte d’Appello di Torino, e non possiamo omettere di ricordare anche quello recentissimo del Tribunale di Roma.

Di certo, questo da Milano è un provvedimento destinato (come i precedenti citati) a suscitare molte polemiche, ma andiamo con ordine.

Le due genitrici in questioni si erano sposate, anni fa, dopo convivenza more uxorio in Spagna, ed una di loro aveva, mediante fecondazione eterologa generato una bambina.

Purtroppo, esse sono poi addivenute alla determinazione di divorziare, raggiungendo anche, malgrado tutto, un accordo sulle condizioni di collocazione abitativa e sugli aspetti relativi al mantenimento di quella che, nel (rispetto al nostro, senz’altro maggiormente fervente e moderno) contesto iberico, era la LORO figlia.

É significativo qui riportare testualmente ciò che scrivono i Giudici (facciamone i nomi! Il Presidente del Collegio della Sezione Minori e Famiglia della Corte d’Appello di Milano, Dott.ssa Bianca La Monica, e l’Estensore Dott.ssa Maria Cristina Canziani): la ragazze “è stata adeguatamente amata, curata, mantenuta, educata ed istruita da entrambe le donne che hanno realizzato l’originario progetto di genitorialità condivisa, nell’ambito di una famiglia fondata sulla comunione materiale e spirituale di due persone di sesso femminile” é stata così dai Giudici che scrivono queste parole proprio ordinata la cosiddetta “Adozione Piena o Legittimante”, ovvero quel tipo di adozione per la quale il rapporto genitoriale è identico a qualsiasi altro genitore, proprio come se da quella persona si fosse “davvero nati”.

La Corte d’Appello d’altronde in parte motiva fa espresso riferimento alla normativa italiana ed europea, ed afferma -con decisione- che non è “contrario all’ordine pubblico un provvedimento straniero che abbia statuito un rapporto di adozione piena tra una persona non coniugata e il figlio riconosciuto del partner, anche dello stesso sesso“. Perché, in primo luogo, va valutato “l’interesse superiore del minore al mantenimento della vita familiare.

Va precisato con attenzione, come punto fondamentale, che l’atto di matrimonio tra le due signore in Spagna, così come la seguente sentenza di divorzio, non hanno trovato ingresso (pur richiesto) e non hanno quindi alcuna validità in Italia.

Tuttavia, ed è questo ciò che davvero conta, HA PIENAMENTE EFFICACIA ed esplica perciò OGNI EFFETTO al medesimo ricollegato l’ACCORDO raggiunto dalle due madri in ordine alla quotidianità ed alle decisioni straordinarie relative alla figlia: ovvero le condizioni che le due donne si sono date per essere reciprocamente e nei confronti della figlia, GENITORI, quelle sì, quelle sono pienamente VALIDE, ora, grazie alla descritta decisione, in Italia.

I Giudici della Corte d’Appello hanno osservato che la bambina “ha vissuto con entrambe sin dalla nascita, per quasi dieci anni (…) che da loro è stata allevata, curata e mantenuta e che con loro ha evidentemente costruito stabili e forti relazioni affettive ed educative“. Alla bimba, dunque, va riconosciuto, come scrive la Corte,il “diritto fondamentale di continuare a godere dell’apporto materiale e affettivo delle due persone che da molti anni si sono assunte la responsabilità genitoriale nel suo interesse“. E se la madre adottiva deve avere “tutti i doveri e i diritti che derivano dalla filiazione naturale”, la piccola, concludono i giudici, “può godere, con sicuro vantaggio, del sostegno materiale non solo della madre adottiva, ma anche dei parenti della stessa”.

IL MINORE -ed il suo interesse sovraordinato- PRIMA DI TUTTO, ecco che finalmente si spalancano le porte a questo principio, che sta, gradualmente, attraverso queste illuminate decisioni, venendo fuori sempre di più e sempre con maggior forza. I.M.H.O. è la COMPLESSITA’ della NOSTRA SOCIETA’ che prende il sopravvento. Semplicemente perchè non è detto, e non è scontato che una madre ed un padre necessariamente siano l’interesse migliore e preferibile per il figlio. Almeno, così non era nel caso della bambina lombarda.

Urge, da moltissime parti e da lungo tempo sollecitato, un intervento dirimente nella normativa italiana ed in quella europea, più in generale, al fine di rendere compatibili le eccessivamente dissonanti note e disarmonie legislative, in materia, tra le Leggi dei Paesi Europei. E’ davvero ora. Anche perchè è iniquo dover riflettere su un aspetto molto significativo: quello economico. Chi ha le risorse, l’elasticità mentale e fisica e, in generale, la possibilità per potersi recare in paesi che, pur se europei, sempre stranieri sono percepiti, e poi, anche giudizialmente (e si sa che non è gratis) far valere le ragioni proprie e dei propri figli? Non certo la maggioranza degli europei.

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Se trascrivo il provvedimento di assegnazione della casa familiare l’immobile diventa impignorabile?

ho una incresciosa situazione debitoria in corso e vorrei salvare il mio immobile, che è la mia casa di cui sono proprietaria con mutuo gravato da ipoteca di 1° grado, da un probabile pignoramento da una finanziaria. Vorrei sapere se il fatto che la sentenza di affidamento del bambino, che prevede affido condiviso con domiciliazione prevalente presso la madre, può essere iscritta nei registri immobiliari per tutelarci dalla vendita all’asta dell’immobile.

La trascrizione del provvedimento di assegnazione della casa familiare lo rende opponibile ai terzi e io consiglio sempre tutti i miei clienti di provvedervi perché può rappresentare una tutela molto importante.

Questo non significa, tuttavia, che l’immobile diventi impignorabile ed invendibile, anzi l’immobile può essere ugualmente assoggettato a pignoramento e venduto all’asta, solamente chi lo acquista non potrà prenderne possesso sino alla decadenza del provvedimento di assegnazione.

Ciò determina, naturalmente, una molta minore appetibilità del bene sia come bene da pignorare sia successivamente da collocare sul mercato all’interno del procedimento di vendita forzosa.