Oggi abbiamo inviato la lettera aperta di protesta, concepita da Legalit ma allargata a tutti coloro che hanno a cuore la qualità dell’informazione, a Repubblica e Altroconsumo, in relazione alle cose assolutamente inesatte e lontane dalla realtà contenute nell’articolo «Avvocati, poca concorrenza. Fino a 600 euro per il primo colloquio» pubblicato su Repubblica.it il 12 luglio 2011 e relativa inchiesta di Altroconsumo contenuta nel numero 450 di luglio 2011. Segue il testo della lettera, naturalmente chi vuole può inserire il proprio parere in calce tramite un commento come al solito.
Siamo membri della più antica comunità giuridica presente su internet, con oltre 500 iscritti, ed abbiamo deciso di scrivere questa lettera aperta di protesta sia per i contenuti che per i metodi con cui le vostre testate, in questa ed altre occasioni, hanno affrontato il tema della professione forense; la presente lettera, pur provenendo, quanto ad iniziativa, da noi di Legalit, è comunque stata aperta all’adesione di chiunque si riconoscesse nel suo spirito e nel suo tenore.
In primo luogo desideriamo lamentare il fatto che al giorno d’oggi non sia veramente ammissibile pubblicare un (almeno preteso) pezzo di informazione sulla rete internet senza fornire agli utenti e ai lettori la possibilità di esprimere il proprio parere tramite l’inserimento di un commento in calce; lo fanno tutti i blog e le pagine informative, non si capisce perché non lo possa e anzi debba fare una testata che vuole essere prestigiosa come Repubblica; una volta rimossi gli interventi volgari o fuori luogo, crediamo che ognuno dovrebbe poter esprimere la propria opinione su un tema così importante e fondamentale come la qualità dei servizi di assistenza legale nel nostro Paese. O forse si preferisce il giornalismo vecchia maniera, di tipo «cattedratico», in cui uno parla e tutti gli altri lo stanno ad ascoltare, con la mera formula del prendere o lasciare?
Veniamo adesso ai contenuti. È veramente oramai un fatto notorio che nel nostro Paese il numero degli avvocati iscritti all’albo sia in larga misura eccessivo. Le vostre stesse testate hanno riportato dozzine di volte questo dato, anche se poi non è stato valorizzato, a nostro giudizio, in modo corretto. Ad ogni modo, riteniamo che questo medesimo dato sia una realtà oramai indiscutibile e nemmeno bisognosa di dimostrazione.
Ora, come si faccia, in un sistema in cui i soggetti che si affacciano sul mercato dei servizi di assistenza legale sono molti più di quanto è stimato necessario, a sostenere che c’è «poca concorrenza», è davvero un mistero che dovreste spiegare, a noi, ma soprattutto ai consumatori, ai cittadini, agli utenti.
Forse la cosa si spiega con il fatto che, su 210.000 avvocati iscritti agli albi in Italia ne avete interpellati … 19. Ma allora che serietà può avere una indagine di questo genere, in un settore professionale dove ogni avvocato, giustamente, è diverso dall’altro e ragiona in modo anche molto distante dal collega? Forse Repubblica vorrà rispondere che la responsabilità è di Altroconsumo, ma se una grande testata serve ancora a qualcosa, e c’è davvero da dubitarne, è proprio quello di filtrare le notizie, dare un’opinione, in altre parole sottoporle a vaglio critico e presentarle in maniera corretta al lettore. Non è possibile prendere un’inchiesta (si fa per dire) fatta da una associazione di consumatori (su questa definizione pure ci sarebbe molto da dire, ma lasciamo perdere) coinvolgente 19/210.000 avvocati per poter lanciare un titolo quale «Avvocati, poca concorrenza. Fino a 600 euro per il primo colloquio».
Sotto un altro profilo, di professionalità giornalistica, non crediamo si possa fare un’ «indagine giornalistica» sfruttando solo una fonte, senza darsi pena di interpellare la controparte, ad esempio sentendo il CNF, l’OUA, qualche sindacato o anche qualche avvocato. Viola la prima regola del giornalismo che vuole che ogni notizia riporti le opinioni avverse.
La scorrettezza principale a livello informativo è comunque quella di valorizzare gli estremi tariffari, senza dare alcuna indicazione sui valori intermedi usati dal “panel” di maggioranza. E’ probabile che, a parte i “matti” (sia 500 sia 7000 è da matti per una separazione de plano), la gran parte dei professionisti abbiano preventivato valori molti vicini a quello di routine (credo 1600), che è un valore molto ragionevole. In questo senso, non è vero che la concorrenza non funzioni: il prezzo medio per prestazioni standard è appiattito, salva la libertà delle parti di andare nello studio più azzimato o in quello più scalcagnato. In altri termini, l’ampiezza di range dei preventivi ricevuti, non è di per se’ sintomo di poca concorrenza, casomai di grande differenziazione; e il cliente è libero, secondo le regole di concorrenza, di scegliere, per lo stesso servizio, il legale più economico. L’articolo fa un’analisi parziale e limitata ai casi eclatanti, non prende in alcuna considerazione il panel maggioritario.
A parte ciò, gli utenti sono già abbastanza spaventati quando devono ricorrere ad un legale, senza bisogno che i media facciano terrorismo psicologico di questo genere, anche perché in quasi tutti i casi rivolgersi ad un legale è l’unico modo per poter risolvere un problema. Di fatto, noi avvocati firmatari della presente lettera aperta, pur avendo alle spalle anni e anche decenni di esercizio della professione, non abbiamo mai caricato 600 euro per un primo colloquio, anzi, molti di noi non sono andati oltre i classici 100 euro correnti. Molti di noi fanno preventivi di spesa gratuiti per gli utenti e praticano tariffe di tipo «flat», sfruttando le riforme Bersani.
Forse il senso di questo giornalismo di scarsa qualità, che spunta adesso come un fungo, è da rinvenire nei progetti di quel governo e quelle lobbies industriali, bancarie e assicurative che a parole tanto ostacolate e che vorrebbero abolire l’esame di Stato e l’ordinamento professionale, come si stava cercando di fare nella misteriosa prima versione della manovra di Luglio. Facendo entrare tutti indiscriminatamente, così, secondo voi, si avrebbe finalmente vera concorrenza a beneficio degli utenti?
Discutibile, opinabile, ma se vogliamo parliamone, purché sia a carte scoperte. Chiediamo che la nostra lettera sia riportata, per esteso o anche in estratto, sulle vostre pubblicazioni e si dia conto delle nostre opinioni, assolutamente contrarie a quanto manifestato nei vostri interventi.
Firme
avv. Tiziano Solignani – foro di Modena
dott. Marco Giacomello – foro di Bologna
avv. Raffaele Boccia – foro di Nola
avv. Antinisca Sammarchi – foro di Modena
avv. Fabio Patricolo – foro di Bologna
avv. Annalisa Grillo – foro di Modena
avv. Monica Bursi – foro di Modena
avv. Umberto Negri – foro di Torino
avv. Pio Giorgio di Leo – foro di Foggia
avv. Emilio Curci – foro di Bari
avv. Mario Reiner – foro di Trieste
avv. Ferdinando Zannini – foro di Ancona
avv. Walter Rossi – foro di Firenze
dott.Vincenzo Colarocco -foro di Bologna
avv. Marco Massara – foro di Lucca
avv. Gatti Leone – foro di Brescia
avv. Gianni Cataldi – foro di Bari
avv. Enrico Gorini – foro di Rimini
dott.ssa Marisa Pacilio – dopo 15 anni di iscrizione all’Albo, obbligata a gettare la toga per non aver mai chiesto 600 euro a colloquio, lavora in Austria come giurista d’impresa
avv. Franca Massa – foro di Modena
avv. Renato Savoia – foro di Verona
avv. Daniela Fresia – Foro di Mondovì
avv. Michele Peri – foro di Modena
dott. Salvatore Gianluca Sotera – foro di Modena
avv. Francesco Cassanelli Stami – foro di Modena
avv. Corrado Lorenzo Amoroso – foro di Milano
dott. Lorenzo Costanzini – foro di Modena
avv. Susanna Gallo – foro di Genova
avv. Ilaria Ghirotti – Foro di Padova
avv. Luca Turinelli – foro di Trento
avv. Peter Lewis Geti – foro di Catania
avv. Antonia Genovese – foro di Bari
avv. Alfredo Scarlata – foro di Monza
2 risposte su “lettera aperta a Repubblica e Altroconsumo”
non voglio dilungarmi sull'argomento, sul praticantato e su come spesso avvengono le iscrizioni agli albo, credo che argomentando ci si possa disperdere, poiché ogni asserzione può essere opinabile. Abbiamo bisogno di libertà, libertà delle professioni, libertà delle nostre decisioni, ma soprattutto, in tutta questa libertà, una giusta e ponderata meritocrazia. Sono per l'abolizione degli albi professionali , poiché limitano la nostra libertà di espressione e di esercizio .
Avv. Giulio Pezzotta – foro di Varese