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Arredi trattenuti illegittimamente: che fare?

Ho disdetto per fine ottobre un negozio in affitto a Prato e fatto ritirare la merce da amico ma gli arredi erano rimasti con accordo con proprietario che avrei provveduto più avanti allo sgombero, visto la lontananza e i miei impegni, previo essere avvisato di nuovo affitto. Il negozio invece è stato venduto, senza darmene avviso, ad una persona che, contattata da me dopo insistenze sull’ex proprietario dice di averlo comprato proprio xké arredato coi mie arredi e luci. Ora per farmi andare a ritirarli vuole € 300 in contanti per il disturbo di aprirmi il negozio ancora vuoto. Il vecchio proprietario si defila e ambedue mi sfidano a far loro causa, pur avendo tentato una transazione per un minimo risarcimento. Nel frattempo i miei arredi e luci sono lì. Come devo fare per recuperarli o poter chiedere un risarcimento ad ambedue? Devo andare a denunciare alle Autorità la richiesta soldi in contanti per farmi entrare in negozio dal nuovo proprietario e il “furto” dei miei arredi e luci?

Se non hai ancora richiesto la restituzione dei tuoi beni per iscritto, circostanziando la situazione, con una diffida tramite avvocato stai, dal punto di vista giudiziario, parlando del nulla più assoluto, considerando che tutto si è svolto, sino ad ora, solo verbalmente tra voi.

Quindi il primo passo, anche per fare poi una eventuale denuncia querela, è sempre quello di far inviare, da un bravo avvocato, una diffida in cui chiedi la restituzione dei tuoi arredi, illegittimamente trattenuti, richiamando, se del caso, gli accordi intervenuti tra voi e anche la discutibile circostanza della pretesa di 300€ per aprire il negozio, su cui devi fare ogni riserva.

Una volta fatto questo, dovrai valutare se e come coltivare la vertenza in base al modo in cui le controparti – la diffida va spedita sia al vecchio proprietario che al nuovo – reagiranno.

Purtroppo, se non disponi di una polizza di tutela legale, le spese di assistenza legale dovrai anticiparle tu, senza nessuna garanzia di poterle poi recuperare in seguito.

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Immobile commerciale sempre pieno di umidità: che fare?

ho un’attività di rappresentanza di testi scolastici con deposito e sono in affitto . da circa tre anni (un anno dopo il nostro ingresso nel locale ) il proprietario del locale adiacente ha dato in affitto il proprio spazio a una ditta che fa lavaggio auto. Sulla parete che separa il nostro locale dal locale del lavaggio c’è tantissima umidità al punto che l’intonaco si stacca cadendo sui ripiani dove noi abbiamo i libri Un anno fa circa hanno eseguito i lavori di impermeabilizzazione nel fondo del lavaggio ma l’umidità continua ad essere , pezzi importanti di intonaco che si staccano , quindi tutti i ripiani sulla parete interessata sono inutilizzabili (circa 10/12 metri di muro per un’altezza di 2 metri ) il proprietario ha in corso denunce e varie liti legali con il proprietario del locale adiacente , ci ha promesso che farà di nuovo i lavori di ripristino ma intanto noi abbiamo disaggio e difficoltà a lavorare, posso chiedere danni? una diminuzione del canone?

Certamente sembrano esserci adeguate basi di fatto per poter richiedere una diminuzione del canone e magari il risarcimento del danno subito.

Per la diminuzione del canone, è noto che non si può praticamente autonomamente, ma va o concordata o prevista da un giudice all’interno di una causa civile, che però molti rinunciano a fare perché trattandosi di locazioni spesso non vale la pena coltivarle in sede giudiziale. Se la riduzione non è concordata, o prevista da un giudice, nel momento in cui, a forza di ridurre ogni mese una parte di canone, si arrivano a superare le due mensilità, il proprietario dell’immobile può intimare lo sfratto.

L’inadempimento, quantomeno parziale, a mio giudizio c’è, considerando che l’immobile non viene mantenuto in stato da servire all’uso cui è destinato, specialmente considerando lo smercio di materiale librario, anche se a riguardo bisognerebbe vedere cosa dice esattamente il contratto di locazione.

Attenzione che nelle locazioni commerciali lo sfratto non è sanabile come in quelle civili, non esiste il termine di grazia e non giova nemmeno pagare dopo l’intimazione dello sfratto perché vale il principio della cristallizzazione dell’inadempimento.

Per quanto riguarda la voce, ulteriore, di danno, va ricordato che ogni danno di cui si chiede il ristoro deve essere, salvo i casi in cui è ammessa la valutazione equitativa, puntualmente comprovato e dimostrato. Nel vostro caso, trattandosi di un danno economico, bisognerà pur avere qualche elemento a sostegno.

Quello che vi consiglierei di fare è di mettere per iscritto le vostre richieste mediante una diffida tramite avvocato, dopodiché si potrà valutare in base alla risposta, o alla mancata risposta, della proprietà, restando inteso che mi sembra comunque una situazione in cui il metodo principe è quello della negoziazione volta alla ricerca di un accordo.

Se vuoi consultare la nostra offerta per la diffida, ti puoi collegare a questa pagina.

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Servitù di passaggio da allargare e mantenere: come gestirla?

Da oltre 20 anni ho acconsentito il passaggio con mezzi agricoli e veicoli a motore a favore di un fondo dove esiste una malga che esercita l’alpeggio. Al conduttore di questo fondo ho anche (contestualmente alla servitù di passaggio) dato in affitto per il pascolo il terreno di mia proprietà dove esiste la strada privata di cui sopra. Le chiedo gentilmente se posso limitare il passaggio solo in dipendenza del contratto di affitto o se in futuro per mutate esigenze del titolare del fondo dominante (apertura di un agriturismo) sono costretto a concedere il transito anche ad altri? Che responsabilità mi possono essere inputate in caso di incidenti su tale strada (è in forte pendenza e priva di parapetti) come posso cautelarmi? Su un lato esiste una recinzione con filo spinato, le mucche a volte invadono la carreggiata costringendomi a soste pericolose, posso pretendere che, a sue spese, il proprietario del fondo dominante metta una identica recinzione?

La situazione riguarda aspetti relativi alla gestione di una servitù, quali il suo contenuto e la ripartizione degli oneri di manutenzione, che nel codice civile sono regolati solo in modo molto generale, tale per cui non è sempre facile calare i principi codicistici nei singoli casi cui essi devono essere applicati.

In virtù di questo, il primo approccio per la trattazione di una situazione del genere deve essere assolutamente negoziale, con l’obiettivo di tentare di raggiungere un accordo destinato a definire ogni aspetto che vi interessa. Facendolo in questo modo, peraltro, si può formalizzare l’accordo con un apposito documento, munito di valore legale, che come tale è in grado di prevenire future discussioni una volta per tutte.

In linea generale, si può comunque dire che il contenuto di una servitù non può di solito essere allargato o aggravato. Proprio perché la servitù rappresenta un’eccezione alla pienezza della proprietà privata, ciò che la servitù consente di fare non può essere liberamente esteso perché questo determinerebbe una ulteriore, ingiusta e considerata sconveniente «compressione» della proprietà privata – del fondo servente ovviamente.

Così se la servitù è stata concessa per il passaggio a piedi, non automaticamente si estende al passaggio con veicoli e non, ulteriormente, al passaggio con mezzi agricoli.

Naturalmente, in materia il primo problema è quello di interpretare il contenuto originario della servitù, dal momento che i titoli che prevedono le servitù – e sempre che ve ne siamo, considerato che si può trattare benissimo di servitù esistenti per usucapione o destinazione del padre di famiglia, nel qual caso l’interpretazione è ancora più difficile – sono di solito abbastanza generici, limitandosi ad esempio a prevedere una vaga «servitù di passaggio» senza specificare con quali modalità.

Ugualmente, per quanto riguarda le spese il codice civile prevede una ripartizione delle stesse tra il proprietario del fondo servente e quello dominante, ma con una disposizione talmente generica e, anche in questo caso, bisognosa dell’intervento di un interprete da non costituire certo un criterio univoco e preciso. Si tratta dell’art. 1069 cod. civ., secondo cui «il proprietario del fondo dominante, nel fare le opere necessarie per conservare la servitù, deve scegliere il tempo e il modo che siano per recare minore incomodo al proprietario del fondo servente. Egli deve fare le opere a sue spese, salvo che sia diversamente stabilito dal titolo o dalla legge. Se però le opere giovano anche al fondo servente, le spese sono sostenute in proporzione dei rispettivi vantaggi».

Man mano che il discorso prosegue, e diventa sempre più incerto e traballante il quadro di riferimento, dunque, si conferma la bontà dell’impostazione strategica che ti ho consigliato inizialmente, cioè quella di cercare di raggiungere un accordo.

Il primo passo è quello di far spedire da un avvocato, da scegliere con cura e con una buona propensione alla mediazione, una lettera in cui si aprono le trattative sul punto, chiedendo tra l’altro la realizzazione dell’altra parte di recinzione e specificando che occorre comunque prendere alcune decisioni relativamente alla manutenzione della strada e all’eventuale sottoscrizione, in comune, di una polizza assicurativa per i danni che dovessero derivare a terzi, oltre che per tutti gli altri aspetti del caso.

Ti consiglio quindi di incaricare un avvocato. Se vuoi un preventivo da parte nostra, puoi richiedercelo compilando il modulo apposito nel menu principale del blog. Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.

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Sovraindebitamento: quando si hanno troppi debiti.

Sto con una persona che ha divorziato a giugno di questo anno, quindi due mesi fa. Durante la separazione consensuale all sua ex era stato dato un assegno di 50 euro (poi abbiamo capito perché: la pensione di reversibilità). È successa una cosa gravissima. Il suo ex marito non poteva più pagare le rate del mutuo che gravavano solo su di lui e le ha detto di pensarci per un po’ o di vendere la casa (lei lavora a nero full time e ha 50 anni ma il suo lavoro di sarta con riconoscimento e ben 6 attestati di scuole di moda e design le permetterebbero di fare molto di più ma nn vuole per ovvi motivi). Lei cosa fa? In fase di divorzio giudiziale le tolgono i 50 euro ma nn si pronunciano sul mutuo con la conseguenza che lei gli fa bloccare 1150 euro di stipendio su 1350. Aveva ed ha ancora 437 euro da pagare x una finanziaria. Doveva mangiare, pagarsi un’affitto. Insomma, inizia la depressione, l’ansia…prende malattie, ansiolitici…il suo lavoro è a rischio e ha 58 anni. È gravissimo. Non viene tutelato dal suo avvocato anzi, non si oppone al decreto e optano per un accordo, da strozzini. 250 euro al figlio maggiorenne (che aveva sempre pagato) 100 euro a lei e un quinto dello stipendio x gli arretrati. Morale? Se aggiungiamo i debiti non gli bastano neanche. HA FIRMATO PER PAURA di non poter più pagare i debiti con la findomestic, diceva che preferiva nn mangiare (ancora nn viviamo insieme ma è come se lo fosse). La mia famiglia lo aiutava. Insomma. C’e Un modo per impugnare quest’accordo fatto ovviamente sotto ricatto? Lei non ha bisogno del mantenimento, vive alla grande. Macchina, casa, vizi, e lui in miseria. In più lui deve restituire 40 mila euro a tanta gente anche ai miei perché ultimamente gli abbiamo acquistato un’auto di seconda mano perché viaggiava con i mezzi visto che nn poteva più permettersela!!! Quindi ha anche i costi dell’assicirazione, tutto avvenuto dopo la firma. Possiamo agire in qualche modo?

È un situazione molto complicata, formatasi nel corso del tempo e ora gli spazi di manovra sono piuttosto ridotti.

La prima cosa da fare sarebbe esaminare l’accordo che è stato sottoscritto a suo tempo, nell’impossibilità, in questa sede, di farlo, posso fare solo alcune osservazioni generali.

La transazione non si può ovviamente impugnare per «ingiustizia», né sostenendo genericamente di averla sottoscritta per paura, specialmente se parliamo di un uomo «adulto e vaccinato». Naturalmente, non discuto che ciò sia quello che è avvenuto nella realtà, quello che bisogna capire è che se ammettessimo che tutti potessero firmare contratti e poi elegantemente sottrarvisi, sostenendo di aver firmato solamente «per paura» o in preda ad altre emozioni poco piacevoli, tanto varrebbe non fare più nessun contratto, perché ogni contratto non avrebbe più valore vincolante.

Insomma, quando si raggiunge un accordo e si firma, suggellandola, una transazione, bisogna pensarci bene, perché è un contratto legalmente vincolate, di fronte al quale ci sono davvero pochi margini di manovra. È vero che in alcuni casi molto circoscritti le transazioni possono essere impugnate, ma non mi sembra questo essere il vostro caso.

Al di là dell’accordo, peraltro, mi pare che ci sia stata una gestione finanziaria inadeguata per molti anni e in diverse occasioni.

Quando una persona si trova in situazioni del genere, lo strumento che si consiglia di valutare solitamente è quello della composizione della crisi da sovraindebitamento, una specie di «fallimento privato», mutuato dall’esperienza statunitense della bankrupcy (hai mai visto la scena finale del film «A civil action» con John Travolta? In quel caso è lui, un avvocato, a finire in bancarotta), in cui il debitore mette sul piatto tutto quello che ha o può avere e si cerca di raggiungere, eventualmente con l’intervento di un giudice, un accordo coi creditori, che dovranno accettare di essere soddisfatti solo in parte e, magari, col tempo.

Questo strumento naturalmente non fa miracoli, rappresenta un istituto con il quale si interviene per gestire una situazione di insolvenza, di grave difficoltà, cercando di mettere in fila tutte le cose, per quanto possibile, che già non sarebbe poco.

È importante capire che tutto quello che è avvenuto a questo uomo, per quanto ingiusto e portatore di conseguenze negative e persino inique per lui, è perfettamente legittimo. Il debito con la finanziaria l’ha contratto lui, il mutuo l’ha contratto lui, dall’altra parte ci sono dei creditori che hanno diritto di essere pagati. Quindi, in linea generale, il diritto non vi assiste, non vi può aiutare.

L’unico modo in cui può venirvi incontro, in cui ci può essere un aiuto, è tramite l’attivazione di una di queste procedure di sovraindebitamento, una volta che ne saranno stati accertati i presupposti.

Per avere maggiori informazioni sul sovraindebitamento, puoi leggere innanzitutto la scheda apposita e dedicata. Poi se vuoi un preventivo per la valutazione di fattibilità, puoi chiedercelo compilando il modulo apposito nel menu principale del blog. Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani, anche per evitare problemi del genere in futuro.

Per quanto riguarda invece i problemi personali di ansia, depressione e simili, fate attenzione a non agganciare mai in assoluto e per non nessun motivo il vostro stato emotivo all’andamento di pratiche legali o giudiziarie, perché questo si tradurrebbe sicuramente in una tragedia per voi. È bene che quest’uomo lavori con uno psicologo o un counselor su questi problemi, se non dispone di risorse per compensarli può rivolgersi al servizio pubblico. Anche qui non sto parlando di ciò che è giusto, ma di ciò che sicuramente conviene fare.

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Affitto di azienda con beni mancanti: che fare?

problema affitto ramo azienda bar pasticceria, nel laboratorio pero mancano la meta dei macchinari stabiliti,
perche hanno una causa per mancata restituzione macchinari dati in comodato, ho avuto pazienza poi
ho stabilito che fino a quando non mi danno i macchinari non pago piu l’affitto, perche mi e stato arrecato un danno di limitata possibilita produttiva. posso essere obbligata a pagare almeno una picoola parte oppure posso continuare a non pagare?
la societa che mi ha affittato ha problemi con dei fornitori che stanno pignorando l’affitto, ma se io non pago mi e stato detto che possono (i creditori) chiedere la risoluzione del contratto

La situazione andrebbe approfondita molto di più, per capire quali sono le cause, materiali e/o giuridiche, della mancata consegna e messa a disposizione della parte di beni che manca, da valutare rigorosamente confrontando la consistenza reale con quella descritta nel contratto di affitto.

A parte questo, più in generale si può dire che in ogni caso, come abbiamo già detto centinaia di volte, non è mai prudente interrompere il pagamento del canone sic et simpliciter, senza formalizzare il cambio di atteggiamento in qualche modo.

In questi casi, e sempre che ce ne sia il fondamento, si esercita l’eccezione di inadempimento, cioè il vecchio principio per cui inadimplenti non est adimplendum.

Quando si dispiega questa eccezione, è bene inviare all’altra parte una lettera scritta, con raccomandata a ricevuta di ritorno o posta elettronica certificata, con cui si indicano i motivi dell’inadempimento e quindi la sua giustificazione, in modo se non altro da comprovare la propria buona fede.

Stai molto attenta perché negli affitti di azienda non sono previsti termini di grazia, e molti giudici ritengono che valga il principio della cristallizzazione dell’inadempimento, cioè se anche paghi dopo l’intimazione dello sfratto o comunque l’iniziativa giudiziaria della proprietà volta a conseguire la risoluzione lo sfratto rimane valido.

Ti consiglio di far scrivere questa lettera da un bravo avvocato.