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Vicino che lamenta immissioni per il cane: che cosa fare?

ho un problema che non vorrei andasse ad incrinare troppo i rapporti con il proprietario dell’appartamento sotto al mio. Io sono in affitto. Abito al primo piano e ho un solo balcone che affaccia sul giardino – a suo dire privato (il contratto di affitto non ne fa menzione) su cui batte ogni volta che si prende l’argomento, per cui a me viene fatto pesare se spazzolo il mio cane e cadono giù i peli. Oggi mentre spazzolavo all’interno del balcone il cuscino del cane mi ha ripresa dicendo che nn lo posso fare perchè “E’ PROPRIETA’ PRIVATA”. Gli ho fatto notare che ero sul mio balcone non ero appoggiata nemmeno sulla ringhiera. Ora mi chiedo…il balcone nn fa parte della casa? Nn ci pago la Tari? La superficie calpestabile è di mia pertinenza? Posso fare quel che voglio o mi devo sentire la solita solfa? Aggiungo che c’è una finestra in un’altra stanza che nn insiste sulla sua proprietà e vorrebbe che io da lì facessi tutto ma sotto c’è un letto e non è di facile utilizzo.

Il balcone del condominio, salvo rare eccezioni, costituisce parte di proprietà individuale e non parte comune, almeno per i prospetti interni, per cui al suo interno puoi, in linea di principio, fare quello che vuoi.

Il problema temo siano le immissioni di peli che probabilmente lamenta il vicino di sotto.

Qui non c’è molto da dire di giuridico, basta semplicemente adottare quegli accorgimenti necessari per evitare che vi siano immissioni di questo genere sulle consistenze immobiliari altrui.

Se il vicino dovesse avanzare pretese, invece, in assenza di immissioni, ti consiglierei di spedirgli una diffida tramite un avvocato in cui ribadisci la correttezza del tuo comportamento e che, in fatto, tutte le operazioni si svolgono all’interno delle consistenze di cui hai la disponibilità in modo da non generare immissioni nelle proprietà altrui.

Questa diffida si potrebbe valutare di inviare in copia anche all’amministratore del condominio, chiedendo che l’argomento venga inserito nella prossima riunione dell’assemblea.

Se vuoi approfondire ulteriormente la questione, o incaricarmi di scrivere la diffida, chiama ora lo studio al numero 059 761926 e prenota il tuo primo appuntamento, concordando giorno ed ora con la mia assistente; puoi anche acquistare direttamente da qui: in questo caso, sarà poi lei a chiamarti per concordare giorno ed ora della nostra prima riunione sul tuo caso; a questo link, puoi anche visualizzare il costo.

Naturalmente, se vivi e lavori lontano dalla sede dello studio – che è qui, a Vignola, provincia di Modena, in Emilia – questo primo appuntamento potrà tranquillamente avvenire tramite uno dei sistemi di videoconferenza disponibili, o anche tramite telefono, se lo preferisci. Ormai più della metà dei miei appuntamenti quotidiani sono videocall.

Guarda questo video per sapere meglio come funzionerebbe il lavoro con me.

Ti lascio alcuni consigli finali che, a prescindere dal problema di oggi, ti possono sempre essere utili.

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Fatti una assicurazione del capo famiglia.

Da decenni predico la necessità per tutti, specialmente se sono genitori o, più semplicemente, hanno animali, di munirsi di una copertura assicurativa per i danni che possono essere cagionati dai membri della famiglia, animali compresi.

Costa, in media, 150€ all’anno; si tratta dunque di una spesa molto contenuta.

Purtroppo, in Italia questa forma di assicurazione al momento non è obbligatoria, ma riesci a pensare ai danni che può fare un bambino piccolo, che non ha ancora sviluppato la prudenza e l’oculatezza di cui dispone di solito un adulto, o un cane magari di grossa taglia che sfugge al tuo controllo?

In questi giorni purtroppo la cronaca ci offre l’esempio di una persona anziana che sfortunatamente ha perso la vita in seguito ad un incidente in bicicletta causato da un bambino di 5 anni, con conseguente responsabilità del padre, che – si noti bene – non è solo penale, ma anche civile: il padre dovrà risarcire del danno gli eredi della donna.

Se il padre non è munito di assicurazione del capo famiglia, dovrà risarcire il danno con denaro proprio.

Dai retta al tuo amichevole avvocato di quartiere:

1) fatti una assicurazione del capo famiglia;

2) fatti una assicurazione di tutela legale (altra polizza non obbligatoria, ma che invece dovrebbero avere tutti);

3) collegati e iscriviti subito al blog degli avvocati dal volto umano per ricevere altri preziosi consigli «salva deretano» come questo, che nessun altro ti dà: 👉 blog▫️solignani ▫️it

4) salva i tuoi amici e i tuoi familiari: manda loro una copia di questo post in modo che possano proteggersi adeguatamente anche loro.

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Cane del vicino e immissioni: che fare?

vivo in condominio ed è simile a una casa di corte. La mia vicina di casa, per entrare in casa sua, deve passare davanti al mio balcone. Poi c’è un cancellino che separa il mio balcone dal suo, lei ha un cane. Tutti i giorni il cane fa i bisogni sul suo balcone e secondo me non è igienico. Ho parlato con l amministratore ma nulla cambia. Che cosa posso fare?

È un problema di immissioni e il primo passo per trattare un problema di questo genere è sempre far inviare una diffida tramite un avvocato.

Naturalmente, se si pensasse che potrebbero esserci profili ulteriori rispetto a quelli di vicinato, come ad esempio di maltrattamento del cane o di rischi per la salute pubblica, che non mi pare emergano dalla tua descrizione del caso, si potrebbe valutare di coinvolgere gli enti preposti alla tutela di questi interessi.

In mancanza, direi che rimanga una vertenza tra privati, per cui la diffida mi pare sia proprio lo strumento da utilizzare, almeno in questa fase.

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Patteggiare è spesso la scelta migliore

Nei giorni scorsi, la Gazzetta di Modena e il Resto del Carlino hanno ripreso un procedimento penale che ho seguito e che si è concluso con un patteggiamento.

articolo Gazzetta di Modena

Per gli amici amanti degli animali (tra cui annovero certamente anche me stesso, visto che ho un cane) voglio dire subito che i cani stanno benissimo. 

Molto prima della definizione del processo penale, la cosa è stata interamente gestita con il comune interessato – il compito di tutela degli animali spetta all’ente territoriale comunale, in via principale – ed è stata trovata una destinazione per tutti i cani: alcuni sono stati dati in adozione, a persone individuate dagli ordinari proprietari, ed altri sono stati restituiti ai proprietari stessi, co alcune prescrizioni.

Purtroppo, era rimasto il procedimento penale, che è stato possibile definire tramite il rito alternativo del patteggiamento.

Si tratta di una soluzione utile in molti casi in cui si vuole definire un procedimento senza affrontare un dibattimento, a volte non solo certo per colpevolezza, ma semplicemente per comodità, per uscire da un procedimento penale che, come tale, è lungo e costoso.

Tramite patteggiamento, il procedimento in questione si è potuto concludere nel migliore dei modi: la pena pecuniaria è stata condizionalmente sospesa, questo significa che i «condannati» non dovranno pagare nulla; inoltre è stato previsto il beneficio della non menzione.

Per maggiori dettagli sul patteggiamento, rimando alla mia scheda pratica.

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Animali malnutriti, coppia condannata

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Comodato precario di fondo rustico: come avere la restituzione?

Mia madre, proprietaria di terreno agricolo, ha concesso ad un conoscente il suddetto in comodato d’uso gratuito (senza durata predeterminata!!) con regolare registrazione presso l’Agenzia delle entrate. Ora, per motivi personali, mia madre vorrebbe rescindere tale contratto, come bisogna procedere? Basta una semplice raccomandata A/R inviata al comodatario (art. 1810 c.c) oppure bisogna passare per l’Agenzia delle entrate? Quanto tempo bisogna dare al comodatario per lasciare il bene? infine, se non provvede a lasciare il terreno entro il termine cosa succede con i suoi beni presenti all’interno, casetta in lamiera, gazebo, attrezzi da lavoro ma ancor peggio i suoi animali?

Il comodato fatto senza determinazione di durata è possibile e legittimo e si chiama precario.

In questo tipo di comodato, il proprietario può richiedere in qualsiasi momento la restituzione della cosa. Secondo il codice civile, non sarebbe previsto nemmeno un adeguato preavviso, dal momento che si tratta di un contratto pur sempre gratuito, ma a mio giudizio almeno tre mesi, per correttezza, è bene lasciarli, anche in considerazione della natura immobiliare ed agricola, cioè produttiva, dell’oggetto del comodato.

Il primo passo quindi è mandare la richiesta di restituzione del bene ai sensi dell’art. 1810 del codice civile che giustamente hai citato anche tu.

Volendo tutelarsi al massimo grado, si potrebbe valutare di intimare, parallelamente, anche una licenza per finita locazione, applicabile anche al comodato secondo una recente sentenza del Tribunale civile Mantova, 15 maggio 2018.

In mancanza, e qualora il comodatario non liberasse l’immobile, si dovrà poi procedere con un giudizio ex art. 447 bis cpc (rito locatizio) per riottenere la disponibilità dell’immobile, libero da persone, cose e animali.

Se avete fondati sospetti che il comodatario possa restare inottemperante alla richiesta di restituzione, vi consiglio di valutare la licenza per finita locazione.

Per quanto riguarda la lettera di «disdetta» o più propriamente la richiesta di restituzione, ti sconsiglio di farla da solo, mentre ti consiglio di farti assistere da un bravo avvocato. Il rischio di scrivere cose inesatte o addirittura per voi dannose è sempre troppo alto in contesti del genere. Se vuoi un preventivo da parte nostra, puoi chiedercelo compilando il modulo apposito nel menu principale del blog.

Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.

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Animali in condominio: cosa dice la legge?

Cane
Parliamo di una delle innumerevoli fonti di attriti e contenziosi: protagonisti animali e condominio, in merito alla quale tentiamo di illuminare un po’ il fosco panorama.
La legge di riferimento in materia è la 220 del 2012, integrata nel giugno 2013 (per la precisione 18 giugno 2013) con l’inserimento dell’articolo 13, che si occupa di disciplinare la permanenza degli animali negli appartamenti: non è infrequente, infatti, imbattersi in regolamenti di condominio che vietano in maniera più o meno assoluta di detenere animali da compagnia in appartamento.
Ebbene, tale divieto contrasta non solo con la disposizione di cui sopra, poiché le norme del regolamento condominiale non possono vietare di possedere o di detenere gli animali da compagnia, ma anche con la nuova formulazione dell’art. 1138 del Codice Civile, che ha disposto quanto sopra.
Certamente si osserva un cambiamento anche culturale, da molti auspicato e ritenuto tuttavia ancora insufficiente, ove nel primo testo di riforma il divieto riguardava “gli animali da compagnia”, mentre proprio di recente è stato riconosciuto “un vero e proprio diritto soggettivo all’animale da compagnia nell’ambito dell’attuale ordinamento giuridico” che “impone di ritenere che l’animale non possa più essere collocato nell’area semantica concettuale delle cose” ma “deve essere riconosciuto anche come essere senziente”.
Lo ha affermato la nona sezione civile del Tribunale di Milano con il suo decreto del 13 marzo 2013 nel quale, richiamando tali principi, ha ritenuto che “il gatto, come anche il cane, deve essere considerato come membro della famiglia e per tali motivi va collocato presso il coniuge separato con regolamento di spese analogo a quello del figlio minore”.

Nel caso di cui viene ad occuparsi il Tribunale di Milano, viene stabilito che i gatti di famiglia restino a vivere nell’ambiente domestico della figlia minorenne e della moglie, che provvederà alle spese ordinarie, mentre quelle straordinarie saranno sostenute in ugual misura da entrambi i coniugi.
Così, in precedenza, il Tribunale di Varese, sempre con decreto datato 7 dicembre 2011, aveva riconosciuto ad una persona anziana e malata, soggetta all’ amministrazione di sostegno, un vero e proprio diritto soggettivo all’ animale da compagnia, assecondando il desiderio della stessa di poter frequentare il proprio cane anche dopo il ricovero in casa di riposo.
Nel caso in questione, la beneficiaria, rimasta sola e priva degli affetti familiari, ricoverata in una struttura per anziani che non ammetteva gli animali, ha ottenuto il riconoscimento del diritto di poter vedere il suo cane, da anni con lei convivente ed al quale era molto legata: il giudice ha infatti disposto che tra i compiti dell’amministratore di sostegno rientri anche la cura del cane affidato, a spese dell’assistita, attraverso la nomina di un ausiliario che abbia il compito, nella vicenda, di ospitare il cane.

Giova ricordare come il concetto di animale inteso come “essere senziente” è già contenuto nel Trattato comunitario di Lisbona del 12 dicembre 2007 (art. 13), dove si afferma che “L’Unione e gli stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti”.
Ed alla stessa logica di valorizzazione del rapporto fra uomo ed animali, anche l’articolo 30 del Codice del Turismo (Decreto Legislativo 23 maggio 2011, n. 79), che  ha sancito l’obbligo dello Stato di “promuovere ogni iniziativa volta ad agevolare e favorire l’accesso ai servizi pubblici e nei luoghi aperti al pubblico dei turisti con animali domestici al seguito”.

Insomma, la sostituzione della locuzione “da compagnia” nella stesura finale del nuovo testo dell’art. 1138 del Codice Civile  con quella dell’aggettivo animali “domestici“, non può certo essere qualificata come meramente stilistica, ma appare rispondente ad un profondo cambiamento della coscienza sociale che si rifrange poi nell’ambito giuridico.
La differenza, tuttavia, potrebbe dare vita a nuovi contenziosi dovendosi definire con esattezza quali siano gli animali che possano essere inquadrati all’interno della categoria in questione.
Tanto per fare un esempio, gli animali esotici come i serpenti possono essere detenuti senza limitazione alcuna oppure no? Il criceto o il furetto sono animali domestici?
Nel contempo bisogna sottolineare che occorre comunque rispettare le disposizioni contenute nell’ordinanza del Ministero della Salute in vigore dal 23 marzo 2009, che prevede, tra le altre, l’obbligo per i proprietari di mantenere pulita l’area di passeggio degli animali (con particolare riguardo alla raccolta delle deiezioni), nonché di utilizzare sempre il guinzaglio e, in caso di animali particolarmente aggressivi, di usare la museruola.
E’ sempre prevista, in ogni caso, la responsabilità ex art. 2052 Cod. Civ. e penale del proprietario in caso di danni o lesioni a persone, altri animali o cose.
Gli altri condomini, poi, in caso di rumori molesti o di odori sgradevoli per i quali ricorrano gli estremi per una tutela volta a far cessare la turbativa in ragione della violazione delle norme sulle immissioni intollerabili ex art. 844 Cod. Civ nonché sul minor godimento delle parti comuni, possono richiedere un provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. con conseguente cessazione della turbativa ed eventuale allontanamento dell’animale dall’abitazione (Trib. Salerno, 22.03.2004).
Gli animali, inoltre, non possono essere abbandonati per lungo tempo sul balcone o nelle abitazioni, anche se è evidente come una certa vaghezza della formulazione del disposto lascia ampi margini di opinabilità in caso di contenzioso: ciò posto, la fattispecie penale che potrebbe essere integrata è quella di cui all’articolo 727 del  Codice Penale, proprio quella che punisce l’abbandono di animali e che prevede l’arresto sino ad un anno o l’ammenda da mille a diecimila euro per chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività e per chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze.
Sul punto, la Cassazione (sentenza numero 14250/2015) ha ritenuto circostanza idonea a provare il malessere di un animale ed a configurare quindi il reato di cui sopra anche l’abbaiare incessante del cane, spia di uno stato fisico e psichico dell’animale, appunto essere senziente.
Quello che è certo è che anche coloro che non gradiscono la presenza di animali in condominio dovranno attenersi ad alcune regole di comportamento: non solo non si potrà vietare in alcun modo al vicino di casa di possedere un animale (Cass. civ. sez. II n. 3705/2011 ove “In tema di  condominio  negli edifici, il divieto di tenere negli appartamenti i comuni animali domestici non può essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali, approvati dalla maggioranza dei partecipanti, non potendo detti regolamenti importare limitazioni delle facoltà comprese nel diritto di proprietà dei condomini sulle porzioni del fabbricato appartenenti ad essi individualmente in esclusiva”), ma non si potranno neanche attuare iniziative repressive nei confronti delle colonie feline, che in base alla legge del 1991 hanno diritto alla territorialità e qualsiasi forma di allontanamento attuata nei loro confronti è da considerare appieno come maltrattamento. Tale connotazione viene però a decadere nel momento in cui si debba intervenire per comprovate motivazioni di carattere igienico- sanitario.
Importante è rilevare tuttavia come la legge del 2013 non sia retroattiva ed abbia quindi efficacia a partire dalla sua entrata in vigore, essendo quindi in alcun modo applicabile ai regolamenti condominiali approvati in precedenza: se quindi il regolamento condominiale che vietava la permanenza degli animali da compagnia è stato approvato prima del 18 giugno 2013, tale divieto non potrà essere annullato, anche se su questo specifico punto i pareri – come di consueto- non sono concordi.
Si rileva infatti una tesi restrittiva che richiama il principio di irretroattività di cui all’art. 11 comma 1 disposizioni preliminari Codice Civile secondo cui la normativa recente sarebbe efficace solo per l’avvenire con esclusione dei regolamenti di tipo contrattuale, che conserverebbero quindi la loro idoneità per così dire strutturale a prevedere limitazioni alla proprietà privata anche vietando la detenzione e il possesso degli animali da parte del condomino, trovando il loro unico limite nell’inderogabilità delle norme imperative e di interesse pubblico.
Ma si rileva anche una tesi estensiva, secondo la quale il nuovo disposto normativo comporterebbe la caducazione di ogni norma regolamentare contrastante, sia di natura assembleare che contrattuale, in ragione di una nullità sopravvenuta.
Allo stesso modo, la natura privatistica di un contratto di locazione fa sì che il locatario possa inserire una clausola di divieto alla detenzione di animale da compagnia nel proprio appartamento, clausola legittima in ragione- appunto- della natura del contratto in questione.
Senza dubbio si tratta di materia oggetto di grande fermento, nell’ambito della quale debbono comunque contemperarsi vari interessi anche potenzialmente confliggenti, ma non in grado comunque di arrestare le istanze di tanta parte della popolazione, per la quale gli animali di casa divengono sempre più membri della famiglia.
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Cani e servitù di passaggio: si possono tenere?

Viviamo in una casa in affitto,,(pagato sempre regolarmente), è abbiamo un giardino con 4 cagnolini di media taglia,,
per abbiamo una vicina di casa che ha il diritto di passaggio nel giardino,è quindi i cani gli danno fastidio,perche lei dice che non li lasciano passare,,premetto che,,il giardino e chiuso con un cancello che ho fatto io ,da un lato e un altro dall’altra parte,,entrambi di 2mt di passaggio,,chiedevo se diamo una delle chiavi che puo uscire ,dal cancello e entrare ,,saremmo apposto! oppure ci pu fare storie è addirittura fare dare via i cani?
Premetto anche che non essendoci quasi mai,,perche vengono solo 2 volte l’anno ,,il suo pezzo di giardino a volte è anche occupato dai cani,,perche una volta vi era una rete che separava le due casa,e il vicino ce la fatta spostare per passare,,altrimenti i cani non andavano nel suo

L’art. 1067 cod. civ. dispone che «il proprietario del fondo servente non può compiere alcuna cosa che tenda a diminuire l’esercizio della servitù o a renderlo più incomodo».

I proprietari del fondo servente, in questo caso, siete voi, mentre la vicina di casa è la titolare del diritto di servitù.

Le espressioni utilizzate dal codice civile sono abbastanza ampie e volutamente dirette a ricomprendere il più vasto numero di casi possibile, parlandosi espressamente di «alcuna cosa» che il proprietario del fondo servente potrebbe fare – termine molto categorico – e, inoltre, di atti che semplicemente rendono l’esercizio della servitù anche solo più scomodo, pur non impedendolo.

In sostanza, il codice vuole evitare che i proprietari del fondo servente in qualsiasi modo limitino o si ingeriscano nell’esercizio del diritto di passaggio altrui.

Da questo punto di vista, la presenza non di un solo cane, ma addirittura di quattro, peraltro di media taglia, potrebbe essere purtroppo considerato illegittimo, specialmente se la titolare del diritto di passaggio è una persona che, magari per precedenti episodi specifici di aggressione, è affetta da timore per i cani.

Ovviamente, non credo che questo possa giungere sino a costringervi a dare via i vostri animali, ma sicuramente la vicina, se si impuntasse, potrebbe chiedervi di chiuderli in casa (ricordo che in molte regioni ormai è vietato tenerli alla catena) tutte le volte che deve passare.

A questo quadro prettamente civilistico, va aggiunto anche il fatto che con un recente regolamento del ministero della sanità è stato previsto che i proprietari di cani – anche non morsicato, cioè con precedenti specifici – devono sempre essere muniti di museruola, devono cioè portarla sempre con loro – e se non lo fanno è prevista una sanzione amministrativa – e devono metterla all’animale se una persona vicina lo chiede perché si sente intimorita dall’animale, anche se nemmeno oggettivamente minacciata.

La ragione di questa disposizione regolamentare è, a mio giudizio, condivisibile; l’amore per gli animali non può essere coltivato sino a mettere a disagio le persone che, a torto o a ragione che sia, hanno paura degli stessi.

I padroni, infatti, sanno o meno se il proprio animale è mansueto, ma chi non li conosce non può saperlo davvero e, se ha paura dei cani, non si può pretendere che stia tranquillo sulla base delle generiche rassicurazioni dei padroni stessi. In altri termini, ognuno è legittimato ad avere timore per i cani e, se il disagio è effettivo (e non mantenuto solo per far dispetto), bisogna manifestare verso il medesimo un adeguato rispetto.

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Cane che abbaia e disturba: che cosa si può fare?

Il cane dei miei vicini abbaia  continuamente, è divenuto impossibile riposare o fare una qualsiasi attività in casa. C’è qualcosa che posso fare?

La Corte di Cassazione stabilisce la condanna nei riguardi del padrone, in quanto è un vero e proprio reato: disturbo della quiete pubblica (previsto all’art. 659 del codice penale).

A quanto dichiarato dagli Ermellini la responsabilità è imputabile al proprietario, il quale dovrebbe impedire il latrato costante del proprio cane quantomeno nelle ore notturne, e consentire il riposo al vicinato.

La Corte con sentenza n. 48460/2015 ha peraltro stabilito “attesa la natura di reato di pericolo presunto, la prova dell’effettivo disturbo di più persone non va necessariamente accertata mediante perizia oppure consulenza tecnica. Il giudice ben può fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, sì che risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità“.

Per ulteriori dettagli, puoi consultare comunque la scheda sulle immissioni.

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Recinzione più alta per i cani: come si può fare in condominio?

Ho una casa di proprietà all’interno di un complesso residenziale. La recinzione esistente è alta 1,70m e dato che ho 5 cani ho pensato di innalzarla di circa 40cm per la nostra sicurezza e per quella dei vicini.
Come previsto alcuni condomini si sono lamentati della modifica in quanto da regolamento condominiale “è vietato modificare o innalzare la recinzione esistente”, imponendomi di rimuoverla, pena azione legale.
Al di là del fatto che un altro condomino ha un innalzamento simile, vorrei chiedere se esiste una legge per chi possiede animali domestici, che fa eccezione rispetto al regolamento condominiale? Se sì, può indicarmi quale e dove trovarla?

Una eccellente soluzione sarebbe fare in modo che i tuoi cani morsicassero uno dei condomini, o anche un terzo, in modo che fossero classificati come cani morsicatori. In questo caso, interverrebbe il servizio veterinario dell’ASL locale e verrebbe emessa un’ordinanza che ti obbliga ad innalzare la recinzione, obbligo di fronte al quale i tuoi condomini non credo potrebbero sollevare obiezioni.

Scherzi a parte, che però ci sono utili per capire e inquadrare meglio il caso in diritto, la situazione andrebbe studiata ed approfondita meglio, a partire dalla valutazione della natura negoziale o assembleare del regolamento condominiale, anche se rimango sempre convinto che, trattandosi di una situazione condominiale, dove sono importanti i rapporti di buon vicinato, la cosa migliore sarebbe sempre quella di raggiungere un accordo e quindi una soluzione di tipo conciliativo, per quanto difficile possa essere e per quanta pazienza possa richiedere.

Ti suggerirei di far scrivere una lettera da un legale, evidenziando i motivi a favore della legittimità dell’innalzamento della recinzione, che non sono pochi, tra cui appunto la prevenzione di danni a terzi così come sopra sia pure scherzosamente accennato, con toni però bonari e concilianti, in modo che la questione possa essere definita amichevolmente.

Ti sconsiglio sia di scrivere da sola che di ignorare la questione, fai un piccolo investimento per farti aiutare da un bravo avvocato in questa situazione.

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Maltrattamento animali e licenza di caccia

1 anno fa circa lavorando presso un negozio di animali sono stato incaricato di trasportare dei cuccioli di cane,insieme all’autista trasportatore,ad un controllo in strada della polizia stradale i cuccioli sono risultati piu’ piccoli e li hanno sequestrati,io spiegando i fatti non essendo ne il trasportatore ne il venditore,la polizia mi ha detto che sarei solo stato chiamato come persona informata dei fatti,invece successivamente mi e’ stata notificata una denuncia per maltrattamenti ad animali ed uso di documenti falsi,recatomi da un avvocato,mi ha detto che totto anche se con tempi molto lunghi dovrebbe risolversi per il meglio,il problema a suo parere e’ nato dato che il trasportatore gia’ aveva simili denuncie.lui mi ha un po rassicurato sulla viceneda, anche se ci sara’ una causa da affrontare,mi chie do adesso se questo comportera’ il non rinnovo della licenza da caccia,finche’ questa situazione non sara’ chiarita.

Nessuno lo può sapere purtroppo.

Le decisioni che prende la pubblica amministrazione in casi come questi, come ho scritto già dozzine di volte nel blog, sono prettamente discrezionali.

Questo significa che la legge offre ampio spazio all’autorità che volta per volta deve decidere (Prefetto, Questore, ecc.) di attribuire o meno più o meno peso alle circostanze del fatto che interessano l’istante.

Questo è normale, perché ci sono reati molto diversi tra loro, ad esempio il tuo è un caso di eventuale maltrattamento di animali e non lo possiamo mettere sullo stesso piano con quello, in ipotesi, che è indagato per associazione a delinquere, magari di stampo mafioso.

Però, se è vero che queste decisioni non possono non essere lasciare elastiche e configurate come tali dalla legge, lo «svantaggio» del sistema è che la pubblica amministrazione può in sostanza ragionare come gli pare quando fa queste valutazioni e al cittadino non rimane, in caso di diniego, che tentare il ricorso al TAR.

Quindi l’unica cosa che puoi fare è presentare la domanda di rinnovo e valutare in sede amministrativa eventuali problemi che dovessero insorgere; in caso di diniego, poi, dovrai valutare ulteriormente il ricorso alla giustizia amministrativa, appunto il ricorso al TAR con un avvocato di fiducia.