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Patteggiare è spesso la scelta migliore

Nei giorni scorsi, la Gazzetta di Modena e il Resto del Carlino hanno ripreso un procedimento penale che ho seguito e che si è concluso con un patteggiamento.

articolo Gazzetta di Modena

Per gli amici amanti degli animali (tra cui annovero certamente anche me stesso, visto che ho un cane) voglio dire subito che i cani stanno benissimo. 

Molto prima della definizione del processo penale, la cosa è stata interamente gestita con il comune interessato – il compito di tutela degli animali spetta all’ente territoriale comunale, in via principale – ed è stata trovata una destinazione per tutti i cani: alcuni sono stati dati in adozione, a persone individuate dagli ordinari proprietari, ed altri sono stati restituiti ai proprietari stessi, co alcune prescrizioni.

Purtroppo, era rimasto il procedimento penale, che è stato possibile definire tramite il rito alternativo del patteggiamento.

Si tratta di una soluzione utile in molti casi in cui si vuole definire un procedimento senza affrontare un dibattimento, a volte non solo certo per colpevolezza, ma semplicemente per comodità, per uscire da un procedimento penale che, come tale, è lungo e costoso.

Tramite patteggiamento, il procedimento in questione si è potuto concludere nel migliore dei modi: la pena pecuniaria è stata condizionalmente sospesa, questo significa che i «condannati» non dovranno pagare nulla; inoltre è stato previsto il beneficio della non menzione.

Per maggiori dettagli sul patteggiamento, rimando alla mia scheda pratica.

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Animali malnutriti, coppia condannata

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Animali in condominio: cosa dice la legge?

Cane
Parliamo di una delle innumerevoli fonti di attriti e contenziosi: protagonisti animali e condominio, in merito alla quale tentiamo di illuminare un po’ il fosco panorama.
La legge di riferimento in materia è la 220 del 2012, integrata nel giugno 2013 (per la precisione 18 giugno 2013) con l’inserimento dell’articolo 13, che si occupa di disciplinare la permanenza degli animali negli appartamenti: non è infrequente, infatti, imbattersi in regolamenti di condominio che vietano in maniera più o meno assoluta di detenere animali da compagnia in appartamento.
Ebbene, tale divieto contrasta non solo con la disposizione di cui sopra, poiché le norme del regolamento condominiale non possono vietare di possedere o di detenere gli animali da compagnia, ma anche con la nuova formulazione dell’art. 1138 del Codice Civile, che ha disposto quanto sopra.
Certamente si osserva un cambiamento anche culturale, da molti auspicato e ritenuto tuttavia ancora insufficiente, ove nel primo testo di riforma il divieto riguardava “gli animali da compagnia”, mentre proprio di recente è stato riconosciuto “un vero e proprio diritto soggettivo all’animale da compagnia nell’ambito dell’attuale ordinamento giuridico” che “impone di ritenere che l’animale non possa più essere collocato nell’area semantica concettuale delle cose” ma “deve essere riconosciuto anche come essere senziente”.
Lo ha affermato la nona sezione civile del Tribunale di Milano con il suo decreto del 13 marzo 2013 nel quale, richiamando tali principi, ha ritenuto che “il gatto, come anche il cane, deve essere considerato come membro della famiglia e per tali motivi va collocato presso il coniuge separato con regolamento di spese analogo a quello del figlio minore”.

Nel caso di cui viene ad occuparsi il Tribunale di Milano, viene stabilito che i gatti di famiglia restino a vivere nell’ambiente domestico della figlia minorenne e della moglie, che provvederà alle spese ordinarie, mentre quelle straordinarie saranno sostenute in ugual misura da entrambi i coniugi.
Così, in precedenza, il Tribunale di Varese, sempre con decreto datato 7 dicembre 2011, aveva riconosciuto ad una persona anziana e malata, soggetta all’ amministrazione di sostegno, un vero e proprio diritto soggettivo all’ animale da compagnia, assecondando il desiderio della stessa di poter frequentare il proprio cane anche dopo il ricovero in casa di riposo.
Nel caso in questione, la beneficiaria, rimasta sola e priva degli affetti familiari, ricoverata in una struttura per anziani che non ammetteva gli animali, ha ottenuto il riconoscimento del diritto di poter vedere il suo cane, da anni con lei convivente ed al quale era molto legata: il giudice ha infatti disposto che tra i compiti dell’amministratore di sostegno rientri anche la cura del cane affidato, a spese dell’assistita, attraverso la nomina di un ausiliario che abbia il compito, nella vicenda, di ospitare il cane.

Giova ricordare come il concetto di animale inteso come “essere senziente” è già contenuto nel Trattato comunitario di Lisbona del 12 dicembre 2007 (art. 13), dove si afferma che “L’Unione e gli stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti”.
Ed alla stessa logica di valorizzazione del rapporto fra uomo ed animali, anche l’articolo 30 del Codice del Turismo (Decreto Legislativo 23 maggio 2011, n. 79), che  ha sancito l’obbligo dello Stato di “promuovere ogni iniziativa volta ad agevolare e favorire l’accesso ai servizi pubblici e nei luoghi aperti al pubblico dei turisti con animali domestici al seguito”.

Insomma, la sostituzione della locuzione “da compagnia” nella stesura finale del nuovo testo dell’art. 1138 del Codice Civile  con quella dell’aggettivo animali “domestici“, non può certo essere qualificata come meramente stilistica, ma appare rispondente ad un profondo cambiamento della coscienza sociale che si rifrange poi nell’ambito giuridico.
La differenza, tuttavia, potrebbe dare vita a nuovi contenziosi dovendosi definire con esattezza quali siano gli animali che possano essere inquadrati all’interno della categoria in questione.
Tanto per fare un esempio, gli animali esotici come i serpenti possono essere detenuti senza limitazione alcuna oppure no? Il criceto o il furetto sono animali domestici?
Nel contempo bisogna sottolineare che occorre comunque rispettare le disposizioni contenute nell’ordinanza del Ministero della Salute in vigore dal 23 marzo 2009, che prevede, tra le altre, l’obbligo per i proprietari di mantenere pulita l’area di passeggio degli animali (con particolare riguardo alla raccolta delle deiezioni), nonché di utilizzare sempre il guinzaglio e, in caso di animali particolarmente aggressivi, di usare la museruola.
E’ sempre prevista, in ogni caso, la responsabilità ex art. 2052 Cod. Civ. e penale del proprietario in caso di danni o lesioni a persone, altri animali o cose.
Gli altri condomini, poi, in caso di rumori molesti o di odori sgradevoli per i quali ricorrano gli estremi per una tutela volta a far cessare la turbativa in ragione della violazione delle norme sulle immissioni intollerabili ex art. 844 Cod. Civ nonché sul minor godimento delle parti comuni, possono richiedere un provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. con conseguente cessazione della turbativa ed eventuale allontanamento dell’animale dall’abitazione (Trib. Salerno, 22.03.2004).
Gli animali, inoltre, non possono essere abbandonati per lungo tempo sul balcone o nelle abitazioni, anche se è evidente come una certa vaghezza della formulazione del disposto lascia ampi margini di opinabilità in caso di contenzioso: ciò posto, la fattispecie penale che potrebbe essere integrata è quella di cui all’articolo 727 del  Codice Penale, proprio quella che punisce l’abbandono di animali e che prevede l’arresto sino ad un anno o l’ammenda da mille a diecimila euro per chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività e per chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze.
Sul punto, la Cassazione (sentenza numero 14250/2015) ha ritenuto circostanza idonea a provare il malessere di un animale ed a configurare quindi il reato di cui sopra anche l’abbaiare incessante del cane, spia di uno stato fisico e psichico dell’animale, appunto essere senziente.
Quello che è certo è che anche coloro che non gradiscono la presenza di animali in condominio dovranno attenersi ad alcune regole di comportamento: non solo non si potrà vietare in alcun modo al vicino di casa di possedere un animale (Cass. civ. sez. II n. 3705/2011 ove “In tema di  condominio  negli edifici, il divieto di tenere negli appartamenti i comuni animali domestici non può essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali, approvati dalla maggioranza dei partecipanti, non potendo detti regolamenti importare limitazioni delle facoltà comprese nel diritto di proprietà dei condomini sulle porzioni del fabbricato appartenenti ad essi individualmente in esclusiva”), ma non si potranno neanche attuare iniziative repressive nei confronti delle colonie feline, che in base alla legge del 1991 hanno diritto alla territorialità e qualsiasi forma di allontanamento attuata nei loro confronti è da considerare appieno come maltrattamento. Tale connotazione viene però a decadere nel momento in cui si debba intervenire per comprovate motivazioni di carattere igienico- sanitario.
Importante è rilevare tuttavia come la legge del 2013 non sia retroattiva ed abbia quindi efficacia a partire dalla sua entrata in vigore, essendo quindi in alcun modo applicabile ai regolamenti condominiali approvati in precedenza: se quindi il regolamento condominiale che vietava la permanenza degli animali da compagnia è stato approvato prima del 18 giugno 2013, tale divieto non potrà essere annullato, anche se su questo specifico punto i pareri – come di consueto- non sono concordi.
Si rileva infatti una tesi restrittiva che richiama il principio di irretroattività di cui all’art. 11 comma 1 disposizioni preliminari Codice Civile secondo cui la normativa recente sarebbe efficace solo per l’avvenire con esclusione dei regolamenti di tipo contrattuale, che conserverebbero quindi la loro idoneità per così dire strutturale a prevedere limitazioni alla proprietà privata anche vietando la detenzione e il possesso degli animali da parte del condomino, trovando il loro unico limite nell’inderogabilità delle norme imperative e di interesse pubblico.
Ma si rileva anche una tesi estensiva, secondo la quale il nuovo disposto normativo comporterebbe la caducazione di ogni norma regolamentare contrastante, sia di natura assembleare che contrattuale, in ragione di una nullità sopravvenuta.
Allo stesso modo, la natura privatistica di un contratto di locazione fa sì che il locatario possa inserire una clausola di divieto alla detenzione di animale da compagnia nel proprio appartamento, clausola legittima in ragione- appunto- della natura del contratto in questione.
Senza dubbio si tratta di materia oggetto di grande fermento, nell’ambito della quale debbono comunque contemperarsi vari interessi anche potenzialmente confliggenti, ma non in grado comunque di arrestare le istanze di tanta parte della popolazione, per la quale gli animali di casa divengono sempre più membri della famiglia.
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Cani e servitù di passaggio: si possono tenere?

Viviamo in una casa in affitto,,(pagato sempre regolarmente), è abbiamo un giardino con 4 cagnolini di media taglia,,
per abbiamo una vicina di casa che ha il diritto di passaggio nel giardino,è quindi i cani gli danno fastidio,perche lei dice che non li lasciano passare,,premetto che,,il giardino e chiuso con un cancello che ho fatto io ,da un lato e un altro dall’altra parte,,entrambi di 2mt di passaggio,,chiedevo se diamo una delle chiavi che puo uscire ,dal cancello e entrare ,,saremmo apposto! oppure ci pu fare storie è addirittura fare dare via i cani?
Premetto anche che non essendoci quasi mai,,perche vengono solo 2 volte l’anno ,,il suo pezzo di giardino a volte è anche occupato dai cani,,perche una volta vi era una rete che separava le due casa,e il vicino ce la fatta spostare per passare,,altrimenti i cani non andavano nel suo

L’art. 1067 cod. civ. dispone che «il proprietario del fondo servente non può compiere alcuna cosa che tenda a diminuire l’esercizio della servitù o a renderlo più incomodo».

I proprietari del fondo servente, in questo caso, siete voi, mentre la vicina di casa è la titolare del diritto di servitù.

Le espressioni utilizzate dal codice civile sono abbastanza ampie e volutamente dirette a ricomprendere il più vasto numero di casi possibile, parlandosi espressamente di «alcuna cosa» che il proprietario del fondo servente potrebbe fare – termine molto categorico – e, inoltre, di atti che semplicemente rendono l’esercizio della servitù anche solo più scomodo, pur non impedendolo.

In sostanza, il codice vuole evitare che i proprietari del fondo servente in qualsiasi modo limitino o si ingeriscano nell’esercizio del diritto di passaggio altrui.

Da questo punto di vista, la presenza non di un solo cane, ma addirittura di quattro, peraltro di media taglia, potrebbe essere purtroppo considerato illegittimo, specialmente se la titolare del diritto di passaggio è una persona che, magari per precedenti episodi specifici di aggressione, è affetta da timore per i cani.

Ovviamente, non credo che questo possa giungere sino a costringervi a dare via i vostri animali, ma sicuramente la vicina, se si impuntasse, potrebbe chiedervi di chiuderli in casa (ricordo che in molte regioni ormai è vietato tenerli alla catena) tutte le volte che deve passare.

A questo quadro prettamente civilistico, va aggiunto anche il fatto che con un recente regolamento del ministero della sanità è stato previsto che i proprietari di cani – anche non morsicato, cioè con precedenti specifici – devono sempre essere muniti di museruola, devono cioè portarla sempre con loro – e se non lo fanno è prevista una sanzione amministrativa – e devono metterla all’animale se una persona vicina lo chiede perché si sente intimorita dall’animale, anche se nemmeno oggettivamente minacciata.

La ragione di questa disposizione regolamentare è, a mio giudizio, condivisibile; l’amore per gli animali non può essere coltivato sino a mettere a disagio le persone che, a torto o a ragione che sia, hanno paura degli stessi.

I padroni, infatti, sanno o meno se il proprio animale è mansueto, ma chi non li conosce non può saperlo davvero e, se ha paura dei cani, non si può pretendere che stia tranquillo sulla base delle generiche rassicurazioni dei padroni stessi. In altri termini, ognuno è legittimato ad avere timore per i cani e, se il disagio è effettivo (e non mantenuto solo per far dispetto), bisogna manifestare verso il medesimo un adeguato rispetto.

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Cane che abbaia e disturba: che cosa si può fare?

Il cane dei miei vicini abbaia  continuamente, è divenuto impossibile riposare o fare una qualsiasi attività in casa. C’è qualcosa che posso fare?

La Corte di Cassazione stabilisce la condanna nei riguardi del padrone, in quanto è un vero e proprio reato: disturbo della quiete pubblica (previsto all’art. 659 del codice penale).

A quanto dichiarato dagli Ermellini la responsabilità è imputabile al proprietario, il quale dovrebbe impedire il latrato costante del proprio cane quantomeno nelle ore notturne, e consentire il riposo al vicinato.

La Corte con sentenza n. 48460/2015 ha peraltro stabilito “attesa la natura di reato di pericolo presunto, la prova dell’effettivo disturbo di più persone non va necessariamente accertata mediante perizia oppure consulenza tecnica. Il giudice ben può fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, sì che risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità“.

Per ulteriori dettagli, puoi consultare comunque la scheda sulle immissioni.

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Cosa posso fare se una denuncia contro animali pericolosi non va avanti?

mia moglie percorreva a piedi la strada comunale col cane al guinzaglio quando è stata circondata da una decina di cani fuoriusciti da un campo recintato. Per miracolo lei e il nostro cane sono illesi dopo l’intervento del bracciante. Mia moglie ha tempestivamente chiamato i vigili che sono arrivati a situazione risolta e ha deciso di sporgere denuncia (dopo averne comunicato l’intenzione e preso regolare appuntamento al comando) per l’accaduto. Rilasciate le dichiarazioni al vice-ispettore, le viene detto che il comandante (assente) “valuterà” se procedere con la denuncia o meno. Allibita, mia moglie si reca dai carabinieri che le consigliano di non accanirsi contro i vigili e di rivolgersi ai carabinieri stessi in caso di nuovo accadimento, (quando loro stessi avevano indirizzato dai vigili una nostra vicina trovatasi nella medesima s ituazione.) Almeno tre persone sono state,in momenti diversi, aggredite da questo branco. Mi trovo arreso. Si può fare qualcosa?

Beh, si possono fare tante cose, ma dipende sempre dalla voglia che ha una persona di spendere tempo e denaro in questioni come queste.

A mero titolo di esempio:

  • istanza del 335 per vedere in che stato si trova il procedimento;
  • vertenza civile contro il proprietario dei cani;
  • messa in mora tramite pec al Comune / Provincia / enti di riferimento per il territorio affinché si facciano carico del problema

Come dicevo, però, dipende dal vostro interesse a coltivare una cosa di questo genere perché come tutte le vertenze legali richiede applicazione.

Certo è abbastanza deludente che le autorità non intervengano in un problema come questo che riguarda la sicurezza di tutti.

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il guardiano

il guardiano

Stamattina, verso l’alba, uno sconosciuto è entrato in casa mia e mi ha puntato una pistola contro la schiena. Per il caldo dormivo su un fianco, a torso nudo e senza coperte, e ad un tratto ho avvertito una canna gelida premuta contro di me. Potevo sentire anche il vapore caldo fuoriuscire dal ferro cavo a contatto con la mia pelle, come un respiro.

Ho alzato le mani, senza chiedere, in attesa di ordini, di richieste. Ho capito subito che non era venuto per uccidermi, altrimenti sarei stato già morto. In quegli istanti di puro terrore, ho pensato che senza mia moglie non avrei nemmeno potuto consegnargli gioielli, preziosi, banconote, niente di niente.

Ma l’intruso non diceva nulla. Dopo alcuni istanti, durati ore dentro al mio cuore, ho iniziato a voltare pian piano la testa, finché non ho visto che l’intruso non c’era più.

Sulla scena, era rimasto solo il mio cane, che evidentemente aveva sentito il pericolo ed era venuto in mio aiuto. Mi guardava preoccupato, ed è stato in quel momento che ho capito che era stato proprio lui a mettere in fuga il ladro. Allora, sfinito per il terrore, mi sono girato di nuovo, lasciandomi andare. Lui, come per consolarmi e per dirmi «stai tranquillo, ci sono qui io», mi è venuto vicino e ha premuto il suo naso contro la mia schiena.