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Recesso per corso online: si può escludere?

venderò un corso online che si articola in 9 sessioni a cadenza settimanale, 1:1 o di gruppo. Gli incontri si svolgeranno su piattaforma online e verrà rilasciato anche materiale cartaceo. Vorrei sapere se è possibile nel contratto inserire una clausola che escluda il diritto di recesso.
Sul sito del MISE https://urly.it/3rfmx leggo che ci sono eccezioni quali, ad es., sezione II punto 13:
– La fornitura di contenuto digitale mediante un supporto non materiale se l’esecuzione è iniziata con l’accordo espresso del consumatore e con la sua accettazione del fatto che in tal caso avrebbe perso il diritto di recesso.
Se ho ben inteso quindi potrei scrivere nel contratto: “Al Cliente non è? riconosciuto il diritto di recesso per l’attività? di cui al presente contratto.
L’esecuzione del presente contratto deve intendersi iniziata allo svolgersi della prima sessione online.”
E’ corretto?

Forse, trattandosi di una iniziativa commerciale, ti converrebbe investire un minimo sulla redazione e formulazione dell’intero contratto, scegliendo il taglio che preferisci in base alle dimensioni economiche dell’operazione, come spiego meglio in questo precedente post.

Detto questo, le eccezioni al diritto di recesso generalmente riconosciuto per tutti i contratti conclusi a distanza o comunque fuori dai locali commerciali presentano una ratio relativa solitamente al tipo di operazione conclusa, ad esempio l’esclusione del diritto di recesso per i prodotti audiovisivi è giustificata con l’intento di evitare che, tramite il meccanismo acquisto più recesso, si possano favorire a costo zero pratiche di pirateria.

Nel tuo caso, l’esclusione sembrerebbe corretta.

Tieni presente comunque che il diritto è un bersaglio mobile, o, se vuoi, una materia viva, dove viene concesso necessariamente largo spazio all’interpretazione, così che, per quanto tu possa curare la formulazione di un contratto, non c’è mai la sicurezza assoluta della tenuta di una determinata clausola.

Ciò, lungi dal far gettare la spugna, tutto al contrario consiglia appunto di curare meglio possibile il contenuto del contratto, anche se con questa consapevolezza.

Se vuoi approfondire maggiormente, chiama il numero 059 761926 e prenota la tua prima ora di appuntamento, oppure acquista direttamente da qui.

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Annullare un ordine a San Marino: che si può fare?

si può recedere da un contratto di acquisto mobili, effettuato a san marino?
siamo stati truffati, da un sito che avendo recensioni ottime( recensioni quasi tutte false e fatte da soggetti che recensiscono tutti le stesse cose) ci ha indotto in condizioni di pressione psicologica e fisica a firmare una commissione che ritenevamo per il rendering e il progetto non per la cucina!!!!????
il tutto è accaduto il giorno 29 ottobre

Se fai una ricerca tra i vecchi post del blog, ho parlato diverse volte dell’inopportunità di intrattenere relazioni con lo stato di San Marino, perché pur avendo la sensazione di lavorare «nei prati di casa» in realtà poi, in caso di problemi, può essere estremamente difficile tutelarsi.

In quello Stato, infatti, valgono regole molto diverse dalle nostre, a volte addirittura paradossali, come quelle per cui non si possono ad esempio depositare memorie processuali prima della scadenza del termine ma nei giorni «infausti».

Se credi, sarebbe da approfondire maggiormente quello che è successo, in particolare la menzionata «pressione fisica», per vedere se ci sono i presupposti per una denuncia, in Italia, per qualche illecito anche penale.

In generale, comunque, al momento, e al netto dell’approfondimento, che potrebbe dare spunti diversi, non la vedo molto bene, devo essere onesto, per cui ti suggerirei di valutare con attenzione l’investimento in assistenza legale rispetto ai valori versati nel contratto.

Se vuoi assistenza professionale, su questo o su un altro caso, chiama il numero dello studio e fatti dare il tuo primo appuntamento, oppure acquista direttamente da qui.

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Contratto con caparra: come se ne può uscire?

mi sposo il prossimo anno e sono andata in due atelier a vedere l abito.Nel primo una tragedia,tutte cose non per me.Così ho telefonato a due altri punti vendita e chiesto esplicitamente se avevano abiti al caso mio spiegandogli il tutto.Uno aveva qualcosa e un posto disponibile due giorni dopo per cui sono andata demotivata. Al primo mi sono venute le lacrime e sono diventata paonazza….così ho scelto e versato la caparra di 200 euro.A distanza di un giorno mi sono venuti dubbi….sará quello giusto?potevo provarne altri in giro?Per cui ho intenzione di levarmi il peso ed andare anche nell’altro atelier che avevo contattato cosi da essere sicura o meno dell acquisto.La mia domanda é: se nell eventualitá trovo un abito che mi fa emozionare di più, e scelgo quello, perdo la caparra dell altro?

Non solo perdi la caparra ma rischi anche che il negoziante ti richieda l’adempimento del contratto o il risarcimento del danno oltre i termini della caparra.

Il punto è che hai stipulato un contratto rispetto al quale non hai diritto di recesso o facoltà di risoluzione, salvo che non siano previste dal contratto stesso, cosa che sarebbe la prima da verificare leggendo il modulo d’ordine.

In materia fa testo l’art. 1385 del codice civile, per cui «se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l’altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l’ha ricevuta, l’altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra. Se però la parte che non è inadempiente preferisce domandare la esecuzione o la risoluzione del contratto, il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali».

Quindi è il negoziante ad avere la scelta.

Egli può scegliere innanzitutto di chiudere il contratto trattenendo la caparra e definendola semplicemente così. Oppure può chiedere l’esecuzione: in questo caso, ti fornisce l’abito e tu paghi il prezzo intero. Ovvero chiede il risarcimento del danno subito in maniera piena ed eventualmente anche superiore alla caparra.

Il consiglio, in situazioni di questo genere, può essere solo quello di negoziare e trovare un accordo che ti consenta di uscire dal contratto senza pesanti conseguenze. Ovviamente, per fare questa negoziazione sarebbe bene che ti facessi aiutare da un bravo avvocato.

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Che faccio se la bici ordinata in negozio su catalogo non è come mi aspettavo?

ho acquistato il primo ottobre ,dando un anticipo di 100€ ,una bici Bottecchia in carbonio presso un negozio della mia citta’ ,poi arrivata il 4 novembre ho saldato con 1000 € .
Preciso che la bici l’ho vista solo su catalogo dal venditore e non sono stato informato sulle caratteristiche del materiale.
Infatti al ritiro mi accorgo di varie decolorazioni sul telaio e a mia richiesta il negoziante mi ha detto che il carbonio nero opaco e’ cosi’.
Ho ribadito che se avessi saputo cio’ non avrei acquistato per niente la bici.
quest’ultima ora la ho lasciata dal rivenditore e martedi devo ritornarvi per trovare una soluzione in quanto vorrei esercitare in questocaso di vendita in negozio il diritto di recesso per vendita su catalogo e di non aver avuto a suo tempo le dovute spiegazioni.

Il diritto di recesso per acquisti effettuati nei negozi a mio giudizio non si può fare comunque, anche nei casi in cui il cliente non ha potuto visionare il bene, ma ha solamente scelto tramite un catalogo, assumendosi quindi il rischio di una eventuale difformità dell’oggetto rispetto a quanto esposto nel catalogo stesso.

Per certi versi, si tratta sicuramente di una lacuna della legislazione esistente perché la «ratio» della previsione del diritto di recesso è quella di consentire al consumatore di restituire un bene che non ha avuto la possibilità di valutare prima, come tipicamente avviene negli ordini su internet a differenza di quelli nei negozi tradizionali, dove invece di solito il bene si può vedere e anche provare.

Sotto alcuni profili, peraltro, il consumatore che acquista a distanza è maggiormente tutelato, ragione per cui molti, anche quando potrebbero rivolgersi al negozio sotto casa, preferiscono acquistare tramite internet.

Il caso potrebbe essere maggiormente approfondito ad esempio valutando la fondatezza dell’affermazione sulla colorazione solita di quel materiale oppure sull’adeguatezza delle illustrazioni contenute nel catalogo, ma a livello giuridico non emergerebbe comunque una indicazione forte ed univoca a favore del consumatore, per cui il problema va, come spesso accade, trattato con un approccio negoziale.

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Se non mi sostituiscono il cellulare cosa posso fare?

lunedì 28 ottobre 2013 ho acquistato presso il centro commerciale Auchan uno smartphone in offerta. Essendo un regalo l’ho aperto una settimana dopo (lunedì 4 ottobre) ma una volta acceso il telefono non funzionava correttamente: a volte si bloccava entrando in certe app.
Visto che il problema non era dovuto ad un utilizzo sbagliato da parte mia, bensì era un problema di fabbrica, mercoledì mi sono recato all’Auchan per chiederne la sostituzione con un prodotto identico ma nuovo. Tuttavia mi è stato detto che Auchan non sostituisce smartphone già attivati (a cui è già stata inserita scheda sim) per questioni di privacy; successivamente ho contattato telefonicamente il centralino Auchan che mi ha riferito che, in base ad un accordo con Antitrust, Auchan ripara solamente gli smartphone e non li sostituisce… ma questo non va contro i diritti del consumo, se io chiedo che il prodotto mi venga sostituito? Come faccio a far valere i miei diritti?

Mi sembra una falsa questione, a mio giudizio se il telefono non funziona te lo devono sostituire e i termini di legge per la sostituzione ci sono tutti.

Piuttosto, dovresti approfondire la natura del vizio perché in tutti i sistemi operativi mobili più diffusi attualmente il crash delle applicazioni non è certo un fenomeno così raro e, specialmente se l’applicazione è fornita da terze parti, potrebbe non esserci nessuna responsabilità in capo al produttore del telefonino, fornitore di hardware e software.

Oppure ancora potrebbe essere un problema riconosciuto e risolto con un aggiornamento del firmware, cosa che smusserebbe molto il diritto alla sostituzione o al recesso.

In questi casi, l’unica possibilità sarebbe quella del diritto di recesso, però questo non è previsto per gli acquisti nei locali commerciali, ma solo per quelli on line.

Quanto alle modalità previste per tutelarsi, la cosa migliore è inviare una diffida tramite pec, meglio se tramite un avvocato, ma tieni presente che se non hai una forma di tutela giudiziaria le spese legali almeno all’inizio le devi anticipare tu e non è affatto detto che in seguito tu riesca a recuperarle.

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Posso recedere se la mia palestra cambia proprietario?

sono a contattarvi perchè ho un problema con la mia palestra.
A settembre 2013 ho sottoscritto un contratto biennale con una specifica clausola, ossia che il contratto fosse cedibile a terzi in ogni momento. Da una settimana siamo venuti a sapere che la palestra ha cambiato proprietà e, non solo è rimasta chiusa fino ad ora da almeno due settimane senza avvertire nessuno, ma pare che la nuova società appartenga al CONI o una cose del genere e quindi ogni anno dovremo pagare una tessera di 20 euro che prima non era contemplata. infine non mi sanno dire se la clausola della cedibilità, senza la quale, sottolineo, non avrei mai sottoscritto il contratto, sarà garantita o meno. A questo punto vi chiedo:
-1) devo pagare per forza la tessera di 20 euro?
– 2) se non mi riconosceranno la clausola di cedibilità potrò rescindere il contratto?
-3) anche nel caso conservino la clausola potrei rescindere il contratto perchè non l’ho sottoscritto con l’attuale proprietà?

Sui 20€ non ti so proprio dire, può darsi che sia necessaria come somma per spese assicurative e cose del genere, anche se dovrebbe esserci comunque da parte tua un atto di adesione volontario, non è certo una cosa che possono importi.

Analogamente, il contratto dovrebbe continuare con la nuova società di gestione della palestra, anche se bisognerebbe capire meglio cosa significa che c’è stato un cambiamento di proprietà: un conto è una cessione dell’azienda, ad esempio, un conto la chiusura della vecchia società e l’apertura di una nuova, nel qual caso potrebbe non esserci stata la trasmissione dei rapporti esistenti e potresti avere dei problemi molto più grandi di quelli da te evidenziati.

In generale, se la palestra è la stessa, compresi gli istruttori, direi che non ci sia facoltà di recesso, non credo sia considerabile come un contratto intuito personae. Ma bisognerebbe prima capire meglio cosa è successo, come dicevo nel paragrafo precedente.

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Se mi faccio metter via un vestito poi posso rifiutarmi di prenderlo?

La domanda forse è stupida e forse non dovrei neppure porla, mi domandavo nel caso in cui io vado in un negozio di abbigliamento e mi faccio mettere da parte un vestito, poi passano i mesi e io non vado a ritirarlo, parlando con la proprietaria gli dico che non lo voglio più acquistare, perché mi trovo in difficoltà economica e potendo fare a meno di quell oggetto non voglio più comperarlo. Lei, a distanza di molti mesi mi cerca e mi impone di ritirarlo!!! E’ giusto e corretto da parte del venditore imporsi per acquistare l oggetto in questione? Come devo comportarmi?

Purtroppo ha ragione la negoziante.

Il contratto l’avevate già concluso, lei il vestito lo aveva già messo da parte tanto che non l’ha potuto nemmeno vendere ad altri e ora magari finita la stagione non può nemmeno più farlo, per quale motivo dovresti poter recedere?

Non può essere a carico della negoziante la situazione di difficoltà economica in cui sei caduta successivamente.

Non hai nessun diritto, ti suggerisco un accordo amichevole.

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In presenza di alcuni problemi posso recedere subito dalla casa in locazione?

No stipulato un contratto 4+4 a marzo2013, dopo aver fermato l’immobile6mesi prima, in attesa di lasciare il mio vecchio appartamento. nei6mesi che la casa era ferma, nessuno ha provveduto a controllare lo stato generale della casa, per cui pago un affitto di 700 euro mensili. i problemi sono: 1:sono stata avvisata dell’esistenza del canone di spese condominiali (90 euro mensili)solo al momento della firma.non c’è n’è la donna delle pulizie scale n’è un amministratore da pagare, ma solo un ascensore che fa2piani. 2:una volta avviate le utenze di acqua luce ecc, il frigo e la lavastoviglie risultavano non funzionanti. il frigo è stato cambiato dopo 15 giorni dopo numerosi solleciti(e dopo aver chiamato per disperazione il tecnico, a mie spese)la lavastoviglie tutt’ora non è stata cambiata. l’impianto elettrico è malfunzionante, con diverse prese fulminate, o ke fanno contatto tra loro. dalla finestra della sala se piove entra acqua.posso recedere prima dei 6 mesi?

È un caso un po’ limite. Le spese condominiali, specialmente quando c’è un ascensore, è notorio che ci siano. Gli elettrodomestici: occorrerebbe vedere che cosa prevede il contratto e che cosa hai fatto una volta che hai verificato che non erano funzionanti nei confronti della proprietà, cioè se il locatore è stato messo in grado di intervenire e poi vedere che cosa ha fatto o meno. Analogamente per quanto riguarda l’impianto elettrico. Per le infiltrazioni di acqua, ugualmente, bisognerebbe verificare meglio e più in concreto la natura del problema.

Suggerirei come sempre un approccio negoziale.

Ti consiglio anche di leggere la nostra FAQ in materia di risoluzione o recesso per giusta causa o giusti motivi.

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Che fare se il cliente ordina un ricambio e poi non lo vuole più?

volevo sapere se dopo che l’officina ordina il pezzo di ricambio per un’autovettura il cliente cambia idea dicendo che ha trovato un pezzo vecchio di ricambio, il meccanico può comunque chiedere il pagamento del prezzo dell’ordine già fatto?

Se al momento dell’«ordine» del pezzo di ricambio da parte del cliente, che è un vero e proprio contratto, probabilmente di compravendita di cosa altrui, il cliente non si è riservato una facoltà di recesso, cioè appunto la possibilità di reperire il bene oggetto del contratto in altro modo, il cliente è obbligato a prendersi il pezzo e a pagarne il corrispettivo. Ovviamente, poi ci sono valutazioni di politica commerciale da fare: qui in Italia, non è ancora molto diffuso, ma all’estero un cliente di quasi tutti i settori del commercio può non solo dire che non vuole più un bene ordinato, ma anche, quasi sempre, restituirlo dopo averlo avuto in consegna.
Diciamo che l’officina potrebbe costringere il cliente a prendersi ugualmente il pezzo, ma occorre valutarne la convenienza.
Naturalmente, bisogna poi in concreto valutare i fatti e le circostanze del caso, se uno volesse davvero farne una questione.

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Esiste il diritto di recesso per acquisti fatti nei negozi?

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Vorrei sapere se esiste il diritto di recesso per un acquisto fatto direttamente in un negozio. In pratica ho acquistato 2 giorni fa un computer risultato poi molto rumoroso, c’è da dire che non si tratta di un computer difettoso ma è proprio nelle sue caratteristiche. Vorrei riportarlo indietro al negoziante e cambiarlo con uno meno rumoroso: posso farlo? In questo caso esiste il diritto di recesso?

Purtroppo no. Il diritto di recesso è previsto dalla legge solo per gli acquisti a distanza, dove il consumatore non ha potuto “prendere in mano” il bene, vederlo e considerarne le caratteristiche, mentre se va fisicamente in negozio si presuppone, salvo diversi accordi, che l’abbia visto e gli sia piaciuto.

Nel nostro Paese, storicamente il diritto di recesso è stato disciplinato dal Decreto Legislativo 22 maggio 1999, n. 185, entrato in vigore il 19 ottobre 1999, con cui si è data attuazione alla direttiva dell’Unione Europea n. 97/7/CE, in materia di protezione del consumatore nei contratti a distanza, nonché dal precedente Decreto Legislativo 15 gennaio 1992, n. 50, che per qualche tempo hanno continuato ad applicarsi parallelamente, a seconda di quella che era più favorevole al consumatore.

Oggi, invece, il recesso è disciplinato dagli artt. 45 e seguenti del codice del consumo, che hanno sostituito le normative previgenti.

Ad ogni modo, appunto, come si è visto la ragione che giustifica l’applicazione di tutele maggiori per chi acquista, ad esempio, via internet risiede nel fatto che, nella contrattazione a distanza, l’acquirente non può visionare il bene come nei contratti stipulati a contatto diretto con il venditore, così come quando si entra in un tradizionale negozio o centro commerciale. Per tali motivi, si riconosce un diritto di recesso dal contratto, esercitabile senza che sia dovuta alcuna motivazione e quindi, evidentemente, anche solo perché il bene che ha acquistato, una volta che l’ha visto davvero, non gli è piaciuto.

Infatti, se una persona interessata si reca presso un negozio e vuole acquistare un computer silenzioso, se vuole tutelarsi veramente se lo deve far accendere e provare o al limite farsi mettere per iscritto le caratteristiche che considera essenziali. Se il negoziante non acconsente, può rinunciare all’acquisto e tentare con un fornitore di hardware tramite internet, presso il quale è sempre e comunque previsto il diritto di recesso. Ma se lo acquista ugualmente poi non può fare nulla, perché la legge presume che chi fa acquisti alla presenza diretta del venditore si attivi per verificare per bene le caratteristiche del suo acquisto, anche se questo non sempre succede.

Piuttosto, pur non potendosi ricorrere al diritto di recesso, può darsi che sia possibile invocare la disciplina sulle qualità promesse o essenziali per l’uso cui è destinato il bene, prevista dall’art. 1497 del codice civile, ragione per cui se la silenziosità del computer è effettivamente eccessiva, tale da non consentire una sufficiente concentrazione per gli scopi lavorativi o da poter essere utilizzato concretamente per quelli ludici, perchè ad esempio non si può ascoltare bene un cd o cose del genere, si può chiedere la risoluzione del contratto.

Può, poi, trattarsi anche di un vero e proprio inadempimento o di un vizio del bene, tutte ipotesi cui corrispondono altrettante regole che consentono di sciogliere il contratto, restituire il bene e farsi restituire il prezzo, come nel caso della garanzia per difetti di conformità, oggi anch’essa confluita nel codice del consumo, o di altre garanzie, meglio descritte in un nostro precedente post, oggi in parte superato ma ancora fondamentalmente valido nel distinguere le forme di tutela. Infine, può anche darsi che sia possibile accordarsi con il rivenditore per una sostituzione con un altro prodotto: pur non essendo previsto come diritto, se il venditore ha una buona politica commerciale può darsi che decida di accontentare il consumatore.

Occorre sempre esaminare bene il caso concreto, tenendo presente che il diritto di recesso non è assolutamente l’unico istituto a tutela dei consumatori.

Per tutti questi casi, comunque, e a maggior ragione per gli acquisti tramite internet, è fondamentale ed indispensabile disporre di una adeguata forma di tutela giudiziaria, dal momento che quasi sempre il consumatore rinuncia a far valere i propri diritti considerando il costo che dovrebbe affrontare per ricorrere ad un avvocato e quello, solitamente basso, di quanto ha acquistato. Con la tutela giudiziaria questo problema è risolto perchè, se il consumatore ha ragione, le spese legali sono anticipate dalla compagnia. Una buona tutela giudiziaria costa solo circa 100€ all’anno e dovrebbero averla tutti quanti, a maggior ragione se fanno acquisti.

Naturalmente, se ce ne sono i presupposti, anche per questo tipo di questioni i consumatori possono chiedere di essere ammessi al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, per godere del quale, tuttavia, occorre non superare certi limiti di reddito. In alternativa, non disponendo di queste “opzioni tariffarie”, il consumatore può cercare un avvocato disposto a tutelarlo con il patto di quota lite o una tariffa flat, mentre non sembra potersi riporre molta fiducia nelle associazioni, dove si spende poco ma quasi sempre non si conclude niente.

Per ulteriori dettagli, ti rimando alla nostra scheda pratica in materia di tutela, in concreto, dei consumatori.