Mi trovo in una situazione paradossale! In sede di separazione consensuale ho richiesto che il mio ex coniuge garantisse il pagamento degli alimenti per me ed i ns figli tramite fideiussione bancaria per due anni , specificando che tali condizioni sarebbero state riviste in sede di divorzio, a marzo 2014. Questa richiesta nasceva dall’ostilità del medesimo , cui ho dovuto anche pignorare i conti in più occasioni. A compensazione di tale onere a suo carico, io ho accettato di ridurmi l’assegno da 1100 euro mensili a soli 600, trasformando così una separazione giudiziale di oltre due anni in consensuale. Naturalmente egli non ha voluto trovare un accordo per divorzio consensuale e nel frattempo la fideiussione è scaduta. Di qui la sua decisione di corrispondere ad oggi i soli alimenti dei figli. Ad il mio precetto , il suo avvocato si è opposto dicendo che l’obbligo nei miei confronti si è estinto al termine della fideiussione. Ma io non ho mai espresso alcuna rinuncia! Che fare?
Leggendo tra le righe, mi sembra di capire che tu abbia notificato un atto di precetto per il pagamento del mantenimento e che il tuo ex abbia presentato opposizione all’esecuzione sostenendo che, insieme alla fideiussione, si sarebbe estinto anche il tuo diritto al mantenimento.
Ora, se questa è la situazione, io, senza vedere né il titolo che regola la vostra separazione, né la fideiussione, né il precetto, né, soprattutto ed infine, l’atto di citazione o ricorso in opposizione a precetto, che cosa ti potrei dire?
Grazie della stima, ma quando va bene riesco a fare decentemente l’avvocato, non di certo l’indovino. E peraltro credo che anche un indovino in un caso del genere avrebbe qualche problema a concretizzare…
L’unica cosa che ti posso dire è che devi rivolgerti prima possibile ad un legale per fargli esaminare la documentazione di cui sopra ed eventualmente altra correlata, per valutare il fondamento dell’opposizione presentata e agire di conseguenza, probabilmente costituendosi nel giudizio.
Può essere che si tratti di un’iniziativa giudiziaria priva di adeguate basi legali, come purtroppo ce ne sono tutti i giorni, ma è inutile parlare di «situazione paradossale» e fare altre cose generiche, mentre va invece affrontata in concreto, lavorando sul caso; mi dispiace ma altre soluzioni non ce ne sono.
mia mamma nel 2006 ha firmato in banca una garanzia per un finanziamento fatto a mia sorella. mia mamma è morta nel 2008 e mia sorella non ha più pagato il finanziamento. Io ero all’oscuro di tutto e ora la banca mi ha pignorato dei terreni di mia proprietà. Non posso fare nulla? io da mia mamma non ho ereditato nulla
Ti sembrerà incredibile, ma per poter dire qualcosa di un minimo sensato bisognerebbe esaminare gli atti di pignoramento che hai ricevuto, che avrebbero dovuto esser preceduti dalla formazione di un titolo (es. decreto ingiuntivo), che magari nel frattempo è diventato definitivo per tua inerzia, e dalla notifica di un atto di precetto.
Io direi che nel momento in cui ti pignorano dei terreni forse è il caso di uscire da una situazione in cui si è «all’oscuro di tutto», incaricare un professionista, fargli studiare la situazione, farsela spiegare e vedere insieme se e quali iniziative si possono eventualmente adottare.
Senza aver visto nulla, si può solo ipotizzare che i debiti per cui ti hanno pignorato si riferiscano ad un’altra vicenda o che ci sia stata o che sia anche solo stata supposta dal creditore una accettazione implicita dell’eredità, che avresti dovuto però contestare nei termini, oramai, specialmente se hai ricevuto la notifica di un provvedimento monitorio o decreto ingiuntivo potrebbe essere troppo tardi.
Ti consiglio di cercare prima possibile un avvocato bravo e degno di fiducia che possa seguirti come si deve.
ci è arrivata dalla banca una lettera in cui mio marito risulta essere ancora all’interno di una ditta x una quota del 24% e quindi con firme annesse, MA LUI DA QUESTA AZIENDA NE è USCITO NEL 2009 e ha firmato delle carte sia in banca e nella ditta ma di questi documenti nessuno sa niente e non vogliono dar assolutamente niente nessuno, e gli avevano detto che le firme cadevano dopo 6 mesi. oggi ci troviamo in una difficolta unica con 3 figli un mutuo di casa un fallimento azienda e io disoccupata in piu’ la banca ci chiede a noi di rientrare senza andare da prima chi ha il max delle quote e dagli altri soci. noi ci siamo trovati che dal 2009 nesuno e compreso la banca non ci ha mai inviato estratti conto della ditta niente di niente.
Purtroppo, non è sufficiente uscite da una società, azienda, ditta o quel che ti pare per non rispondere più dei debiti che erano maturati durante il periodo in cui se ne faceva parte.
Soprattutto, se tuo marito aveva firmato, come mi sembra l’ipotesi più probabile, delle fideiussioni, da queste lo stesso si sarebbe potuto liberare solo con il consenso della banca stessa, che di solito viene rilasciato raramente e comunque solo a fronte di un rientro completo del debito.
È evidente che con questi «documenti di cui nessuno sa niente» nemmeno noi possiamo farci niente. Era vostro onere conservarne con cura una copia successivamente alla firma, non avendolo fatto potete tentare solo con una richiesta di accesso al fascicolo, che vi consiglio di inviare tramite legale e non in proprio per darle più chances di efficacia.
In mancanza, comunque, di altre soluzioni purtroppo l’unico approccio consigliato è quello negoziale; da valutare anche, siccome accenni ad una situazione di esposizione abbastanza complessa, il ricorso per la composizione della crisi da sovraindebitamento.
Ho svolto un lavoro per conto di un’associazione culturale che però, con varie scuse, non mi sta pagando ed i termini sono scaduti da un bel po’. Ho anche mandato un sollecito per iscritto all’associazione nella sua sede legale, ma niente. Come mi posso muovere per recuperare i miei soldi?
Le previsioni di legge.
Vediamo innanzitutto che cosa prevede la legge al riguardo, poi vediamo come devi «calare» queste norme ed utilizzarle nella tua situazione.
Secondo l’art. 38 del codice civile, «per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione, i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione».
Da ciò discende che puoi chiedere il tuo compenso sia all’associazione, come soggetto giuridico in sé, sia alle persone che ti hanno commissionato il lavoro, agendo in nome e per conto dell’associazione stessa.
Nota che queste persone non coincidono necessariamente con i legali rappresentanti dell’associazione, come ad esempio il presidente, vicepresidente, amministratore o altro. La legge non vuole, infatti, che l’assunzione di responsabilità di obbligazioni si colleghi, genericamente, ad una carica, mentre desidera che sia coinvolto chi ha effettivamente agito, a prescindere dalla sua funzione, per conto dell’associazione.
Dal punto di vista tecnico, la responsabilità di coloro che hanno agito in nome e per conto dell’associazione sembra che si configuri come una forma di garanzia ex lege, assimilabile alla fideiussione (Cass. 86/6547, 85/1655). In questa forma di garanzia, secondo i giudici, il responsabile non gode nemmeno del beneficio della preventiva escussione del fondo comune (Cass. 87/2683, 85/2090), che infatti opera solo se espressamente previsto dalle parti o stabilito dalla legge (Cass. 84/5954). C’è comunque da ricordare che il beneficio della preventiva escussione vale ad ogni modo solo in sede esecutiva, mentre in fase di merito ci si può pacificamente munire, appunto anche nei casi in cui è previsto, di un titolo valevole per tutti i soggetti obbligati.
Un aspetto da evidenziare è che la responsabilità delle persone che hanno agito per l’associazione viene comunque meno ex art. 1957 cod. civ. se il creditore non abbia proposto le proprie domande entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale (Cass. 84/5954). In ogni caso, le persone interessate continuano ad essere responsabili sia dopo la cessazione dell’eventuale carica ricoperta all’interno dell’associazione, sia, soprattutto, anche dopo lo scioglimento dell’associazione stessa. (Cass. 65/1582).
Che cosa devi fare in concreto.
Alla luce di quanto previsto dalle leggi in materia, ti puoi rivolgere sia all’associazione sia alla persona o alle persone che ti hanno concretamente commissionato il lavoro.
Vediamo la cosa per passi successivi, come al solito, cui corrispondono diversi gradi di «gravità» del problema da trattare.
A) Il primo passo per la trattazione di quasi tutti i problemi legali è l’invio di una diffida o lettera di sollecito, che dovrà essere inviata da un avvocato e dovrà essere indirizzata sia all’associazione sia alle singole persone che sono intervenute commissionandoti il lavoro.
Un sollecito inviato da un avvocato ha un’efficacia psicologica molto più ampia di quella di una diffida che una persona redige in proprio, perché significa che il creditore ha portato la vertenza ad un livello più alto e intende, insomma, fare sul serio, altrimenti non avrebbe incaricato un legale. L’efficacia, inoltre, è in questo caso ulteriormente incrementata dalla possibilità di «tirare in ballo», del tutto legittimamente come si è visto, le singole persone che ti hanno commissionato il lavoro che, se non pagherà l’associazione, dovranno pagare con il loro patrimonio.
Dopo il primo passo, per vedere come procedere bisognerà valutarne, ovviamente, gli effetti.
B) Se il problema con la diffida non si è risolto, cioè non hanno pagato né si è raggiunto un accordo, il passo successivo è quello di valutare la solvenza dei debitori, cioè associazione e persone responsabili: è inutile investire nel recupero credito se né l’associazione col suo scarso patrimonio sociale né le persone responsabili con i loro scarsi o inesistenti patrimoni offrono possibilità di recupero! Su questo fondamentale concetto, rimando ad una attenta e approfondita lettura della nostra scheda sul recupero crediti.
C) Se la valutazione della solvenza dei debitori si è conclusa con esito positivo, o comunque con qualche speranza di recupero, il passo successivo è quello di procedere con un ricorso per decreto ingiuntivo, che sarà sia contro l’associazione sia contro le persone responsabili, che verranno dal giudice richieste di pagare in solido tra loro. Per ulteriori dettagli sul decreto ingiuntivo, rimando alla scheda di approfondimento relativa. Con questo passo, la vertenza passa da stragiudiziale, come era prima, a giudiziale e quindi occorre valutare con il giusto grado di approfondimento con il proprio legale di fiducia.
D) L’ultimo passo, cui si giunge se nonostante il decreto e la definitività dello stesso i debitori non hanno pagato, è quello della esecuzione, cioè dei pignoramenti, che potranno essere fatti, come si è visto, indifferentemente presso l’associazione o presso le persone responsabili. Consiglio anche a questo riguardo di leggere con attenzione la nostra scheda sul recupero crediti.
In generale, ognuno di questi passi o step, se compiuto con l’assistenza di un avvocato, comporta un costo, quindi il consiglio è quello di chiedere sempre un preventivo prima di partire o proseguire con ognuno di essi.
Mi è arrivato ricorso per decreto ingiuntivo da parte di una banca per una garanzia da me prestata su un mutuo chirografario per una società oggi in concordato. La domanda è: il concordato è stato omologato ed approvato dai creditori con una cifra di rimborso prevista e si sta procedendo alla liquidazione dei beni della società stessa, è giusto che il decreto ingiuntivo “parta” prima di tale parziale liquidazione? Inoltre il mutuo era anche garantito da un consorzio a garanzia, perchè non è citato nel decreto Ingiuntivo?
La prestazione di garanzia per un debito altrui determina una situazione di solidarietà passiva dell’obbligazione, ciò significa che il debitore principale, nel tuo caso cioè quello che aveva preso i soldi in prestito tramite mutuo, e il garante o fideiussore, cioè tu, siete obbligati insieme per il pagamento dell’unico debito.
In questi casi, inoltre, il creditore ha la scelta tra i vari coobbligati in solido tra loro, cioè può chiedere l’intera somma dovuta ad uno qualsiasi di essi, sarà poi quello che ha pagato a dispiegare azione di regresso verso gli altri per farsi rimborsare in base alle quota di ripartizione interne di ognuno o per l’intero, in caso di garanzia.
Se c’è anche un ulteriore garante, cioè il consorzio, comunque la banca ha scelto di chiedere i soldi a te.
Questo è legittimo salvo che nel contratto non ci siano clausole che obbligano il creditore, cioè la banca, a chiedere i soldi prima al debitore principale o all’altro garante o a chicchessia, in base a quanto concordato nel contratto stesso.
Quindi, occorrerebbe esaminare il documento di mutuo e/o di prestazione di garanzia.
Per quanto riguarda il concordato, la sottoesposizione a procedura concorsale determina la sospensione delle azioni esecutive individuali nei confronti del debitore principale, ma non anche dei garanti.
Ti consiglio comunque di rivolgerti ad un avvocato, anche per l’eventuale conservazione dei tuoi diritti di regresso, che potresti non riuscire ad attuare muovendoti troppo tardi.
ho un mutuo con una bance per l’acquisto di un immobile per cui ho svolto la mia attività di barbiere per anni. Trovandomi in crisi economica e quindi alla chiusura dell’attività con la consegna della licensa, precisando che nemmeno mia moglie lavora e mi trovo con una bambina di 11 anni. Con tutta la documentazione necessaria in banca chiedo la sospensione per un anno del mutuo, la banca mi fa sapere che i documenti sono in regola quindi è possibile sostendere il mutuo, ma… bisogna la firma del garante che in questo caso è il vecchio propietario. chiamando il vecchio proprietario e spiegando la situazione la sua risposta è stata negativa. Non vuole mettere la firma per il blocco mutuo. la banca sollecita piu volte al garante di andare in banca e firmare, ma il garante si rifiuta. mi trovo nella situazione che già poteva essere bloccato è invece sono scoperto di 3 mesi, per colpa del garante. come posso fare a risolvere il problema?
A quanto mi risulta, la normativa in vigore per la sospensione del mutuo non dovrebbe richiedere la prestazione di garanzie, per cui bisognerebbe vedere la situazione in dettaglio, per capire se si tratta di una vera e propria pratica di sospensione in base alla disciplina vigente o se si tratterebbe di una sospensione che la banca di sua volontà concederebbe anche senza i presupposti di legge, purché tuttavia vi sia la prestazione di una garanzia.
Nel primo caso, ovviamente, la richiesta di una garanzia sarebbe illegittima, mentre lo sarebbe nel secondo caso.
Naturalmente, il terzo cui si vorrebbe far prestare la garanzia non ha nessun obbligo di darla e può benissimo rifiutarsi.
Ti consiglierei di far vedere la pratica in concreto da un avvocato per capire se ci sono margini di azione.
Sono il proprietario di un appartamento e sto per fare un contratto di locazione che andrà regolarmente registrato e intestato ad una figlia il cui padre farà da garante. Quali sono le cose da fare per rendere efficace per me locatore questa clausola? Basta solo metterlo x iscritto nel contratto o devo fare una registrazione a parte, e quanto costerebbe?
Si tratta di una fideiussione, per la validità della quale la legge richiede che sia prestata in modo espresso, ma non sono richieste forme particolari, per cui basta scriverlo nel contratto stesso.
Ovviamente, per maggior sicurezza, si può incaricare un legale di valutare la formula migliore o quantomeno controllare il testo impiegato nella stesura del contratto, sia relativamente a questo aspetto che su tutti gli altri.
Mio figlio ha sottoscritto assieme a un suo coetaneo un contratto d’affitto (4+4 no studenti) in appartamento a Bologna. Il proprietario al momento della sottoscrizione ha voluto una lettera di avvallo che è stata firmata congiuntamente da me e da un amico di famiglia dell’altro ragazzo. Con la lettera io e l’altra persona ci siamo impegnati come coobbligati solidali a fianco dei conduttori. Ora mio figlio per cause di forza maggiore sopraggiunte è costretto a rinunciare all’appartamento. Il contratto prevede 6 mesi di preavviso con raccomandata. Vorrei sapere se è possibile a lui solo dare la disdetta senza che anche l’altro decida di rinunciare all’appartamento e soprattutto se alla scadenza dei 6 mesi anche io potrò ritenermi libera dall’obbligo cosolidale o quali altri passi debbo fare per non dover continuare a rispondere personalmente per l’affitto di un appartamento che non verrà più utilizzato da mio figlio.
Non è possibile liberarsi da una garanzia prestata senza il consenso della persona garantita, in questo caso il padrone di casa. Per sapere se uno dei due conduttori può intimare la disdetta indipendentemente dall’altro bisogna vedere cosa prevede sul punto il contratto e cioè se i conduttori sono obbligati in solido tra loro o meno.