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riflessioni

12 cose sul danno da vacanza rovinata.

1) C’è quando il livello di servizio che il cliente trova sul posto é nettamente differente rispetto a quanto promesso o inesistente.

2) Gli esempi sono i più svariati: immobili sporchi o infestati da insetti, mancanza parziale o totale di acqua corrente, elettricità, trasporti e navette e così via.

3) Un caso particolare é il fenomeno dell’overbooking: le società di trasporti vendono più biglietti di quanto siano i posti disponibili, col risultato che alcuni clienti rimangono a piedi.

4) In tutti questi casi c’è innanzitutto un inadempimento da parte del soggetto che ha promesso i servizi di viaggio, con tutti i diritti conseguenti in capo al cliente.

5) Siccome, però, la vacanza «serve» alle persone per recuperare le proprie energie, viene riconosciuto anche un danno ulteriore di tipo esistenziale, che va oltre il mero risarcimento dell’inadempimento.

6) Chi perde una vacanza, infatti, quasi mai riesce a recuperarla in altro modo, essendo troppo tardi per prenotare di nuovo o per mancanza, in attesa di rimborso, della disponibilità economica.

7) Addirittura non così poche persone contraggono un finanziamento personale per poter andare in ferie.

8) Il primo passo per chiedere il risarcimento da vacanza rovinata é fare scrivere una diffida da un bravo avvocato di fiducia.

9) Il compenso per l’invio della diffida, se non hai una polizza di tutela legale, é a tuo carico; se «vinci» la vertenza potrà esserti rimborsato dal responsabile del danno, ma non è garantito o
garantibile.

10) In ogni caso, é meglio far spedire la diffida prima possibile, per non incorrere in eventuali decadenze: se riesci, anche quando sei ancora in viaggio, oppure appena ritorni. Decidi subito se vuoi coltivare la vertenza o meno.

11) Spesso le società responsabili delle vacanze rovinate offrono dei buoni sconto per l’acquisto di ulteriori pacchetti viaggio a mo’ di risarcimento: non sei tenuto ad accettarlo e di solito é
sconsigliabile farlo.

12) Ti puoi tutelare contro queste evenienze sin da ora in due modi: a) stipula una polizza di tutela legale; b) iscriviti e resta iscritto al blog degli avvocati dal volto umano, per ricevere gratuitamente contenuti come questo che ti danno indicazioni su come affrontare le varie situazioni legali.

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diritto

Auto acquistata non consegnata: che fare?

ho acquistato un’auto a km zero e in pronta consegna con la promessa (orale) del concessionario che l’avrei ritirata in 10 gg. Nel contratto (spedito da me via pec) e sulla fattura (ricevuta subito, saldando integralmente il veicolo) sono riportati marca, modello e num. di telaio. Dopo un mese di rinvii gli ho diffidati (via pec) ad adempiere in 15 gg ma mi hanno nuovamente spostato la consegna di altri 30 gg dicendomi che l’auto, essendo una demo, era “non consegnabile” in tempi brevi. Ho chiesto (sempre via pec) la restituzione integrale di quanto pagato invocando l’annullabilità del contratto in cui non vi era menzione dello status di “demo” del veicolo e, in ogni caso la valenza del diritto di recesso (l’auto è stata acquistata da remoto, fuori dal concessionario).
Quale via è sarebbe più veloce/economica? Un decreto ingiuntivo o una denuncia per frode, che per evitare condanne, spingerebbe il concessionario a risarcirmi del dovuto?

Il primo passo per trattare una situazione del genere è una diffida tramite avvocato.

Come ho già detto centinaia di volte, una diffida in proprio trasmette un messaggio disfunzionale, un po’ come dire «non sono abbastanza interessato a questa vertenza da incaricare un legale di occuparsene», di fronte al quale ogni controparte tende a rassicurarsi e a crogiolarsi ancora di più nella propria inerzia.

auto d'epocaPrima di pensare a rimedi fantascientifici, bisognerebbe tentare di utilizzare quelli classici, appunto iniziando da una diffida, formulata a regola d’arte (si tratta in fondo di una diffida ad adempiere), da un bravo avvocato.

Quando al decreto ingiuntivo, non credo proprio sia praticabile in un caso del genere. Per ciò che concerne, invece, la frode: dove sarebbe la frode? Potrebbe al massimo esserci una truffa, ma occorrono «artifizi e raggiri» che vadano al di là di un semplice inadempimento come quello di cui sembra trattarsi nel tuo caso.

Io resterei nel contesto di quello che si pratica di solito in casi del genere, prima di pensare a «velocizzare» forse è meglio pensare in generale al modo migliore in cui affrontare il problema, mentre i tempi si possono valutare comunque in seguito.

Non c’è bisogno che ricordi ancora una volta come velocità e qualità siano due termini antitetici, specialmente nel lavoro artigianale, come è in fondo quello della trattazione dei problemi legali.

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Compenso a percentuale per recupero crediti?

ho iniziato a gennaio un corso di formazione presso un privato che si è rivelato poi un’Associazione culturale (non era chiaro dall’inizio). Tramite quota associativa fittizia di 1 Euro le persone potevano iscriversi al corso per soli soci, costo totale oltre 2000 Euro. Il corso, dopo le prime lezioni e il pagamento di oltre metà del costo totale, è stato sospeso causa Covid e riprenderà tra alcuni mesi. Io non potrò partecipare per altri impegni presi precedentemente e vorrei la restituzione di almeno una parte del denaro versato. Ho inviato lettera raccomandata citando art. 1463 cod civile ma l’organizzatore non ritiene di dover restituire nulla. E’ possibile un recupero credito con contratto a percentuale?

È molto difficile ipotizzare di tariffare a percentuale un recupero credito di questo genere, per diversi motivi che può essere utile spiegare bene.

Innanzitutto, la sorte capitale è piuttosto bassa. Anche riconoscendo allo studio una percentuale sensibilmente alta, ad esempio il 50%, il massimo che si realizzerebbe sarebbe di circa 1000€, cosa che, specialmente se si rende necessario un recupero giudiziale, senza poter utilizzare il procedimento più veloce per ingiunzione, e, inoltre, specialmente nel caso in cui fosse necessario servirsi di un corrispondente in loco, rappresenterebbe un compenso largamente incipiente in proporzione al lavoro che sarebbe necessario.

Un’altra considerazione da fare è quella per cui ci sarebbero comunque delle spese da affrontare per contributo unificato, marche, eventuale registrazione decreto e così via, che sono da tenere in conto perché comunque non sarebbero coperte da un compenso a percentuale, che è sempre al netto di tutte le spese vive da affrontare per portare avanti la pratica.

Infine, c’è un’alea o rischio al momento piuttosto alta, nel senso che un’associazione culturale potrebbe benissimo non presentarsi solvente, col rischio appunto di fare un’intera causa o procedura di recupero senza poi trovare nulla di pignorabile con la conseguenza che la sentenza o il titolo possono tranquillamente essere appesi al muro, in apposita cornice, a futura memoria.

Se consideri adeguatamente tutte queste circostanze comprendi che per un avvocato lavorare a queste condizioni è sostanzialmente improponibile, sarebbe come presentarsi alla Mercedes per prendere un’auto con dieci euro. Le persone ipotizzano cose di questo genere solo perché non si rendono conto di cosa significhi e cosa comporti a livello lavorativo e di spese sostenere un recupero crediti in determinate situazioni.

Quello che puoi fare è far inviare da un avvocato una lettera di diffida, dal momento che la diffida di uno studio legale ha sicuramente una efficacia maggiore di quella di un privato, che, spesso è purtroppo controproducente, perché trasmette il messaggio esattamente opposto e cioè «non sono disposto ad investire in questa posizione», che è un messaggio di fronte al quale la controparte si mette ovviamente bella tranquilla.

Se la diffida non dovesse avere seguito fattivo, l’unica sarebbe vedere se possibile utilizzare il sistema del ricorso per ingiunzione, ma anche qui con estrema prudenza.

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Spese legali e diffida stragiudiziale: sono dovute?

la mia compagna causa Covid 19 non lavora e non ha visto un soldo da marzo, nemmeno la Cassa Integrazione. E’ indietro con l’affitto di due mensilità e le spese condominiali per un importo di 1350 euro. I proprietari tramite avvocato hanno inviato lettera di intimazione al pagamento di tale somma. Questo avvocato che considero uno sciacallo, ha chiesto 300 euro di spese come suo onorario per la lettera (15 righe…). Cosa si può fare per contestare tale importo?

Ovviamente il numero di righe della lettera non ha niente a che fare con l’importo che può essere stato chiesto a titolo di spese legali, dipendendo tale aspetto da tutto un insieme di circostanze tra cui la natura della questione, il valore della stessa e così via.

Peraltro, la tua compagna pur versando in una situazione comprensibile, legalmente ha sostanzialmente torto: non è moralmente colpa sua l’inadempimento, ma il contratto rimane valido e vincolante, anche se per il periodo dell’epidemia sono stati sospesi gli sfratti, come ho riportato in questo altro post.

Peraltro, è discusso che in fase stragiudiziale le spese possano essere ripetute, cioè chieste indietro come ha fatto il creditore in questo caso. Inoltre, credo che se riusciste a raggiungere un accordo sul pagamento del capitale questa voce potrebbe esservi abbuonata o scontata, appunto comunque in via negoziale.

Quindi il suggerimento è sicuramente quello di tentare di negoziare con il padrone di casa tramite il suo avvocato; per il momento magari provate a muovervi da soli senza incaricare un altro avvocato, altrimenti per una somma tutto sommato contenuta come questa rischiate di andare a spendere molto appunto in spese legali.

Una polizza di tutela legale, come sempre, sarebbe stata utile; su questo tema, cui sono come sai molto affezionato, puoi ascoltare anche questa puntata di radio solignani podcast, in cui finalmente posso esprimermi come si deve a riguardo.

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Se l’acquirente non vuol fare il definitivo.

>Sono la parte “venditrice ” di un immobile nel cui preliminare redatto dal notaio è specificato che l’immobile non possiede la concessione edilizia ma che è posto in sanatoria con tutte le oblazioni gia da me pagate, che eventuali future spese riguardo la concess. saranno a mio carico e con la documentaz idonea dell’imm tant’è che il notaio ha preparato il rogito. La parte “compratrice” (firmato il preliminare e versandomi una caparra firmatoria ) adesso si rifiuta di presenziare al rogito sostenendo di volere la concessione edilizia che non ha richiesto quando ha firmato il preliminare. Tengo a precisare che voglio liberarmi le mani da questa situazione chiedendo anche un rimborso per la mancata vendita, come posso operare?

Mi sembra molto strano che il notaio abbia detto che si può procedere al rogito, dal momento che per legge, per effettuare operazioni di qualsiasi genere sui beni immobili, parlando in generale è necessario che ci sia il titolo abilitativo a pena di nullità.

Per poter dire di più, bisognerebbe approfondire la situazione, studiando la stessa e le carte relative. Se il notaio ha detto almeno in un primo momento che si può procedere ugualmente slla compravendita può darsi che ci si trovi in una eccezione alla regola generale che ho appena ricordato – mi sembrerebbe ancora più strano che un notaio avesse preparato un rogito di compravendita in una situazione in cui il rogito non si può fare.

Resta il fatto che per decidere la strategia migliore da adottare in un caso come questo rimane necessario uno studio preliminare, per capire se effettivamente il rifiuto del promissario acquirente può avere qualche giustificazione o no.

Una volta fatto questo approfondimento, e nell’eventualità che si sia visto che il rifiuto del promissario acquirente è ingiustificato, almeno con buone probabilità, quello che bisogna fare è inviare una diffida ad adempiere al promissario acquirente.

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Immobile commerciale sempre pieno di umidità: che fare?

ho un’attività di rappresentanza di testi scolastici con deposito e sono in affitto . da circa tre anni (un anno dopo il nostro ingresso nel locale ) il proprietario del locale adiacente ha dato in affitto il proprio spazio a una ditta che fa lavaggio auto. Sulla parete che separa il nostro locale dal locale del lavaggio c’è tantissima umidità al punto che l’intonaco si stacca cadendo sui ripiani dove noi abbiamo i libri Un anno fa circa hanno eseguito i lavori di impermeabilizzazione nel fondo del lavaggio ma l’umidità continua ad essere , pezzi importanti di intonaco che si staccano , quindi tutti i ripiani sulla parete interessata sono inutilizzabili (circa 10/12 metri di muro per un’altezza di 2 metri ) il proprietario ha in corso denunce e varie liti legali con il proprietario del locale adiacente , ci ha promesso che farà di nuovo i lavori di ripristino ma intanto noi abbiamo disaggio e difficoltà a lavorare, posso chiedere danni? una diminuzione del canone?

Certamente sembrano esserci adeguate basi di fatto per poter richiedere una diminuzione del canone e magari il risarcimento del danno subito.

Per la diminuzione del canone, è noto che non si può praticamente autonomamente, ma va o concordata o prevista da un giudice all’interno di una causa civile, che però molti rinunciano a fare perché trattandosi di locazioni spesso non vale la pena coltivarle in sede giudiziale. Se la riduzione non è concordata, o prevista da un giudice, nel momento in cui, a forza di ridurre ogni mese una parte di canone, si arrivano a superare le due mensilità, il proprietario dell’immobile può intimare lo sfratto.

L’inadempimento, quantomeno parziale, a mio giudizio c’è, considerando che l’immobile non viene mantenuto in stato da servire all’uso cui è destinato, specialmente considerando lo smercio di materiale librario, anche se a riguardo bisognerebbe vedere cosa dice esattamente il contratto di locazione.

Attenzione che nelle locazioni commerciali lo sfratto non è sanabile come in quelle civili, non esiste il termine di grazia e non giova nemmeno pagare dopo l’intimazione dello sfratto perché vale il principio della cristallizzazione dell’inadempimento.

Per quanto riguarda la voce, ulteriore, di danno, va ricordato che ogni danno di cui si chiede il ristoro deve essere, salvo i casi in cui è ammessa la valutazione equitativa, puntualmente comprovato e dimostrato. Nel vostro caso, trattandosi di un danno economico, bisognerà pur avere qualche elemento a sostegno.

Quello che vi consiglierei di fare è di mettere per iscritto le vostre richieste mediante una diffida tramite avvocato, dopodiché si potrà valutare in base alla risposta, o alla mancata risposta, della proprietà, restando inteso che mi sembra comunque una situazione in cui il metodo principe è quello della negoziazione volta alla ricerca di un accordo.

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Serramenti consegnati non a norma: che fare?

ho subito una truffa -nell’appartamento a milano -ero e sono tutt’ora ammalato di cancro ai polmoni – mi hanno installato dei serramenti valore 15000.00 euri in pvc bianco senza descrivere di cosa contengano se sono nocive alla salute senza documenti di accompagno -senza marcatura CE -non rispondenti alla legge 02/02/2010-cosa faccio

Mi dispiace per la tua situazione.

Se ritieni che l’azienda appaltatrice ti abbia fornito del materiale non idoneo, devi, per prima cosa, contestare il relativo inadempimento.

Per fare questa contestazione, occorre una diffida, tramite lettera raccomandata a/r o posta elettronica certificata, in cui si indicano le «mancanze» o «vizi» della fornitura in maniera sufficientemente minuziosa da consentire di identificarli per bene.

Fai attenzione perché per la denuncia dei vizi in una compravendita o appalto o altro contratto la legge prevede dei termini entro cui la denuncia stessa deve, a pena di decadenza, essere fatta.

Per fare questa diffida, non sarebbe, a rigore, necessaria l’assistenza di un legale, potresti in teoria fartela anche da solo, ma io te lo sconsiglio per molteplici motivi, i più importanti dei quali sono:

  • l’alto rischio che tu possa finire per scrivere cose che poi potrebbero essere utilizzate contro di te;
  • il rischio, comunque concreto, che tu possa scrivere la denuncia in modo inidoneo;
  • la molta minor «forza» che un intervento personale presenta rispetto all’intervento di un legale: chi scrive da solo trasmette alla controparte il messaggio di non essere disposto ad investire sulla vertenza, cosa che può portare la controparte, in ultima analisi, a trascurarla.

Se vuoi far spedire a noi la diffida, puoi vedere i termini e i condizioni in questa pagina. Altrimenti, puoi chiedere un preventivo ad un altro avvocato.

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Prodotti deteriorabili e recupero crediti: come procedere?

Qualche tempo fa mi è capitato di assistere un’impresa individuale – più nello specifico, un’impresa agricola – la quale mi ha domandato di recuperare dei crediti per il mancato pagamento di fatture derivanti dalla vendita di latte.

Dopo aver redatto e inviato a mezzo p.e.c. – trattandosi la debitrice di società con obbligo di indirizzo di posta certificata elettronica – messa in mora al fine di sollecitare il pagamento di quanto spettante senza che fosse pervenuto un riscontro dalla debitrice, ho dato corso al mandato conferitomi, proseguendo con il recupero mediante ricorso per decreto ingiuntivo.

Una volta iniziato a redigere il ricorso, mi sono posto il dubbio relativo alla possibilità di chiedere, insieme all’ingiunzione di pagamento, la provvisoria esecutività del decreto ai sensi dell’art. 642 c.p.c.

Questo in quanto l’oggetto della compravendita riguardava svariate quantità di latte: l’art. 62, co. IV, del D. Lgs. n. 231/2002 definisce il latte – o meglio, tutti i tipi di latte – come prodotti alimentari deteriorabili; il coma III del medesimo articolo prevede che il pagamento del prezzo della vendita di prodotti agricoli alimentari debba essere effettuato entro il termine legale di 30 giorni se si tratta di alimenti deteriorabili e di 60 giorni per tutti gli altri prodotti alimentari.

In entrambi i casi sopra citati, il termine di pagamento decorre dall’ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura e gli interessi decorrono automaticamente dal giorno successivo alla scadenza del termine.

Nel mio caso, l’emissione delle fatture risalivano ai mesi di febbraio/marzo 2017 senza che, ovviamente, fosse pervenuto il pagamento richiesto.

Cosa succede se il compratore risultasse inadempiente?

Come si è detto, trattandosi di prodotti deteriorabili per i quali la normativa prevede un pagamento di 30 giorni – quindi alquanto accelerato, proprio per la particolarità dei beni oggetto di cessione – la mancata corresponsione entro il termine legale dovrebbe costituire titolo per l’ottenimento di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo.

Tale interpretazione è confortata dalla previsione di una procedura accelerata per il recupero del credito, evidenziata dall’art. 10 della Direttiva 2011/7/UE, ove agli Stati membri viene assicurato che un titolo esecutivo possa essere ottenuto anche mediante una procedura accelerata e indipendente dall’importo del debito, di norma, entro novanta giorni di calendario dalla data in cui il creditore ha presentato un ricorso o ha proposto una domanda dinanzi l’autorità giurisdizionale o un’altra autorità competente, ove non siano contesti il debito o gli aspetti procedurali.

Trattandosi di merce deteriorabile, quindi, il ritardato pagamento è da considerarsi in sé fonte di grave pregiudizio per la creditrice che inoltre, nel caso specifico, trattasi di azienda agricola che “vive” della produzione e della vendita dei propri prodotti agricoli.

Riportando dette motivazioni nelle premesse del ricorso, ho richiesto la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo che il Tribunale di Varese mi ha infine concesso.

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Gelateria non puntuale coi canoni: che fare?

ho affittato un locale commerciale ad una gelateria. Da mesi (ormai anni…) il canone non solo è sempre ritardato ben oltre la scadenza contrattuale del primo di ogni mese ma è sempre una frazione del dovuto. Ad esempio, il 10 dicembre ho ricevuto il 40% del canone dello stesso mese mentre a gennaio non ho ancora ricevuto niente (probabilmente mi arriverà un’altra frazione della mensilità di dicembre…). Sono mesi che sollecito per iscritto il rispetto del contratto, anche perché per motivi personali ho chiesto un prestito alla banca e quanto sopra mi crea un danno rispetto al piano di ripagamento con l’istituto. C’è poi un secondo aspetto.
Alcuni mesi fa i titolari dell’attività mi hanno inviato una raccomandata chiedendomi una riduzione del canone, giustificando poi i loro ritardi con la crisi economica e con il fatto che per loro è primario pagare i propri dipendenti per non mettere le loro famiglie sulla strada.
Adesso però ho scoperto che proprio nello stesso periodo, gli stessi soggetti hanno aperto altre 5 gelaterie in zone limitrofe… A questo punto le chiedo: – In merito al continuo ritardo e frazionamento dei canoni si può parlare di inadempimento contrattuale (il conduttore per pagare… paga … ma come gli pare) ,applicando magari il principio della cristallizzazione dell’inadempimento da lei spesso richiamato? – In considerazione del fatto che mi hanno mentito per iscritto sulla motivazione dei loro ritardi, chiedendo oltretuttto la riduzione del canone, ci sono i presuposti per grave violazione della buona fede contrattuale?

Stai complicando una situazione in realtà abbastanza semplice e che non solo non vale la pena rendere più complessa di quello che è, ma che va mantenuta nella sua linearità, pena l’ingestibilità della stessa.

Molto semplicemente, appunto, nel momento in cui, tra ritardi e pagamenti parziali ed eventuali altre voci (tra cui oneri condominiali, ad esempio), si dovesse verificare una morosità superiore all’ammontare di due mensilità di canone, potresti intimare uno sfratto per morosità.

A questo riguardo, non è tanto rilevante il principio della cristallizzazione dell’inadempimento, che eventualmente potrai invocare in seguito, qualora il conduttore tentasse maldestramente di sanare la morosità dopo l’intimazione dello sfratto, ma il fatto che il creditore può sempre rifiutare pagamenti parziali, anche se probabilmente questa è una regola di cui non avrai nemmeno bisogno, dal momento che, se il tuo inquilino procede regolarmente in questo modo, facilmente ha presto accumulato inadempimenti già sufficienti per lo sfratto.

Il tema della buona fede è davvero eccessivo in una situazione come questa, oltre che non strategico dal momento che attualmente il tuo scopo principale dovrebbe essere quello di recuperare la disponibilità dell’immobile per poterlo concedere di nuovo in godimento ad un altro conduttore più regolare nei pagamenti, mentre, solo in seconda battuta, puoi pensare al recupero dei canoni non pagati e all’eventuale risarcimento danni, nel cui novero rientrerebbe la violazione del dovere di buona fede – è molto importante capire che mentre per lo sfratto e il recupero crediti si dispone di una procedura agevolata e più veloce a livello processuale, non così per il risarcimento danni.

Il prossimo passo, per te, è quello di scegliere un buon avvocato. Se vuoi un preventivo da parte del nostro studio, puoi chiedercelo compilando il modulo apposito.

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Appartamento con poca acqua: ne risponde il proprietario?

ho affittato un appartamento con la possibilità di subaffittare una parte come affittacamere
ho avuto spese per mettermi in regola e anticipato 4 mesi di affitto
da subito ho segnalato al proprietario una grossa carenza di acqua dai rubinetti e poca acuqa calda per fare doccia aspetto circa 20 minuti
ha fatto sostituire (facendosi mal consigliare) la caldaia senza risultati
non riesco a affittare come affittacamere per questo motivo (dopo due segnalazioni cominciano a girare voci che è impossibile lavarsi anche solo il viso)
poss citare in giudizio il proprietario e chiedere risarcimento danni visto che mi sarei pagata l’affitto con quella entrata in 4 mesi e non è stato possibile?

I presupposti sembrerebbero esserci.

Se lo scopo di esercitare l’attività di affittacamere era espressamente menzionato nel contratto, come mi sembra di capire, dalla tua descrizione, che fosse, allora l’immobile che ti è stato concesso in godimento si può dire che non era probabilmente idoneo all’uso cui era – appunto espressamente per contratto – destinato, con la conseguenza che si ha inadempimento del locatore.

Anche perché se è vero che un inquilino può in qualche modo tollerare una minor potenza dell’impianto idrico, eventualmente trovato un accordo con il proprietario, è assolutamente inaccettabile per chi affitta una camera per un giorno o due, che deve avere la possibilità di fare la doccia, lavarsi e così via.

Ti suggerirei di verificare, con l’aiuto di un bravo avvocato, più in concreto l’esistenza di questi presupposti dopodiché, in caso affermativo, puoi provare a chiedere il risarcimento del danno al proprietario.

Fai comunque una attenta valutazione dei pro e dei contro del coltivare una vertenza di questo genere, dal momento che i valori economici in ballo immagino non siano molto alti, mentre le spese legali, al contrario, potrebbero esserlo.

Generalmente, una cosa di questo genere la vedo bene a livello stragiudiziale, mentre se le trattative non dovessero avere buon esito sarebbe da valutare con molta attenzione il passaggio alla fase giudiziale.