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10 cose sul decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo.

1) Il decreto é provvisoriamente esecutivo quando chi lo riceve ha un termine di 40 giorni per fare opposizione ma intanto deve pagare la somma portata del decreto altrimenti gli fanno un pignoramento.

2) Un decreto può essere ottenuto provvisoriamente esecutivo sia all’origine, al momento della sua emissione, sia in occasione della prima udienza del giudizio di opposizione.

3) Quando viene apposta la clausola di provvisoria esecutorietà, il debitore deve pagare, nonostante vi sia o vi possa essere opposizione, altrimenti rischia un pignoramento.

4) Una volta che la clausola é stata ottenuta, se ne può chiedere la sospensione, ma non anche la revoca: se prima della sospensione sono stati fatti atti esecutivi, gli stessi restano validi fino alla fine dell’opposizione – se ti hanno pignorato i soldi in banca, ad esempio, rischi di non poterli più usare per anni.

5) Se ricevi un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, di solito insieme allo stesso ricevi anche il precetto: da quel momento hai 10 giorni di tempo per pagare, salva la riduzione o elisione del termine del precetto stesso.

6) Appena ricevi un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo devi chiamare il tuo avvocato o comunque un avvocato: sospendi tutto quello che stavi facendo e dedicati al decreto finché non hai messo la materia in mano ad un avvocato.

7) Se hai un’azienda, la notifica del decreto ti arriva via PEC, quindi: non stare mai più di due o tre giorni senza controllare la PEC!

8) Per legge, le notifiche di atti giudiziari devono riportare una particolare dicitura nell’oggetto della mail: con questa stringa, puoi settare un alert per essere avvisato subito quando tra le PEC in arrivo c’è una notifica giudiziaria.

9) L’opposizione al decreto provvisoriamente esecutivo si fa con l’atto di opposizione più un ricorso a parte, per innestare un subprocedimento sull’inibitoria, cioè la richiesta di sospensione dell’efficacia esecutiva del decreto.

10) Se non fai il ricorso a parte, rischi che il creditore ti faccia un pignoramento prima della prima udienza del giudizio di opposizione!

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Causa vinta in primo grado e persa in secondo: che fare?

Ho vinto una causa civile in primo grado e il giudice condanna la mia controparte a pagare 3500 + spese. Questi soldi vengono pagati dalla controparte direttamte al mio avvocato il quale se li tiene come da accordi presi. La controparte si appella e io perdo in Secondo Grado. Il giudice sentenzia. CONDANNO MARCO A RIMBORASRE GLI APPELLANTI LE SPESE DI ENTRAMBI I GRADI DI GIUDIZIO CHE LIQUIDA DI 1000+spese PER PRIMO GRADO E 1000+spese PER IL PRESENTE GRADO. L’avvocato della mia controparte mi chiede non solo le 2000 + varie sentenziate in secondo grado ma mi chiede le 3500 + spese che il mio avvocato si e’ preso in primo grado. Mi domando cosa fare, sono rovinato.

Purtroppo il sistema giudiziario, e in particolare l’appello, ma anche altre impugnazioni, funzionano così: il giudice di successiva istanza, in questo caso quello dell’appello, nel decidere la causa in modo diverso, rivedendola, può anche cambiare la statuizione sulle spese.

Questo in fondo è anche normale perché se tendenzialmente le spese seguono la soccombenza nel caso appunto che questa soccombenza «passi di mano» deve passare anche di mano l’onere delle spese.

SpesePer quanto riguarda la misura delle spese, bisogna vedere esattamente che cosa prevede la sentenza di secondo grado che si sostituisce alla prima in toto, a quanto pare sembra che tu debba restituire quanto incassato in base alla sentenza, ormai annullata, di primo grado e corrispondere una minor somma per quel grado alla tua controparte e non invece la somma che la tua controparte aveva pagato a te in dipendenza della prima sentenza – se così fosse stato, avresti dovuto «restituire il doppio».

Non c’è molto che si possa fare nell’immediato.

Ovviamente puoi valutare il ricorso per Cassazione.

La sentenza di secondo grado però frattanto è comunque provvisoriamente esecutiva, questo significa che devi comunque ottemperarla e fare dunque i pagamenti di cui abbiamo detto sino adesso.

Si potrebbe chiedere la sospensione dell’efficacia esecutiva, che, nel caso della Cassazione, va chiesta al giudice «a monte» e cioè sempre alla corte d’appello, ma è estremamente improbabile che venga concessa, specialmente se in punto a spese legali di queste dimensioni e non per altri motivi particolari legati al contenuto della sentenza che potrebbe, se eseguita, determinare situazioni poi in seguito, anche in caso di accoglimento del ricorso in cassazione, non essere reversibili.

Quindi il quadro più probabile è che attualmente devi pagare quanto previsto dalla sentenza. Se credi che ci possano essere chances per un ricorso in cassazione, puoi valutare di farlo ma solo per poterti vedere restituita sia la ragione che le spese legali tra alcuni anni, ovviamente solo in caso di accoglimento.

Se vuoi valutare il ricorso per Cassazione, il prodotto da acquistare lo trovi in questa scheda. Il costo del ricorso, invece, puoi vederlo in questa altra scheda.

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Decreto provvisoriamente esecutivo: come impugnare?

Note dell’episodio.

Oggi ti parlo, a partire dalla domanda di un nostro ascoltatore, di come si può impugnare l’apposizione della clausola di provvisoria esecutorietà ad un decreto ingiuntivo.

Questa la massima per quanto riguarda i decreti muniti di esecutorietà dopo l’opposizione:

«L’ordinanza che concede la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto non è impugnabile neppure con ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost., trattandosi di provvedimento privo di contenuto decisorio, inidoneo ad interferire sulla definizione della causa, il quale opera in via meramente temporanea, con effetti destinati ad esaurirsi con la sentenza che pronuncia sull’opposizione. Tale ordinanza non è neppure modificabile o revocabile, e i suoi effetti sono destinati ad esaurirsi con la sentenza che pronuncia sull’opposizione e con la quale il giudice può provvedere alla revoca o meno dello stesso.» (tribunale di Torino, 29 ottobre 2018).

In questo post, invece, come reagire ad un decreto provvisoriamente esecutivo sin dall’origine.

Riferimenti.

[la risposta è nel podcast]

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Causa vinta: cosa é meglio fare?

Mia madre ha vinto una causa contro il suo ex datore di lavoro per il riconoscimento dell’indennizzo di un infortunio.
Il mio avvocato mi ha messo davanti due ipotesi:
notificare immediatamente la sentenza alla controparte e cominciare con l’azione di recupero crediti però con il pericolo che la controparte si rivolga alla corte d’appello (altri anni annosi di processo, sono già anni che ci andiamo dietro e finalmente c’è una sentenza)
oppure attendere i giorni per la quale la controparte deve fare appello senza notificare, una volta scaduti i giorni si procede con il recupero credito senza possibilità di appello in altre corti. Innanzitutto le vorrei chiedere quale delle due suggerisce, poi in seconda le vorrei chiedere:
quanto andrò a pagare per la procedura di recupero credito?

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Decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo: che fare.

Il problema del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo.

Che cosa deve fare chi riceve un decreto ingiuntivo che è stato munito di clausola di provvisoria esecutorietà e quindi un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo?

Vediamo, intanto, che cos’è un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo e, prima ancora, un decreto ingiuntivo.

Un decreto ingiuntivo è di solito un ordine di pagamento. Viene emesso dal giudice sulla base di un ricorso sommario basato su prova scritta e impone di pagare una determinata somma a chi lo riceve.

Se chi lo riceve lo ritiene ingiusto, può fare opposizione e quindi si apre una causa ordinaria per stabilire se il decreto è giusto o meno. Per ulteriori dettagli al riguardo, rimandiamo alla relativa scheda illustrativa.

Ci sono però dei casi in cui la situazione non è così semplice, perché il giudice ha stabilito che, nonostante chi riceve il decreto possa fare opposizione, intanto costui debba comunque pagare.

Questo è appunto ciò che significa che il decreto è provvisoriamente esecutivo. Viene emesso già esecutivo, quindi chi lo riceve può fare opposizione, ma intanto deve pagare e, se non paga, può essere fatto un pignoramento: un pignoramento mobiliare, un pignoramento dell’autoveicolo, del conto corrente, dell’immobile o di qualsiasi altro genere, a scelta del creditore cioè di chi ha ottenuto il decreto ingiuntivo.

Quando un decreto può essere emesso già esecutivo.

La legge ovviamente prevede che non tutti i decreti possono essere provvisoriamente esecutivi, ma possano esserlo solo quelli che vengono emessi in particolari circostanze, in cui in teoria dovrebbero esserci maggiori sicurezze sull’esistenza del credito che si fa valere con il decreto oppure ci sia un pericolo nel ritardo, cioè sia importante per il creditore agire velocemente altrimenti potrebbe perdere la possibilità di incassare il suo credito.

La disposizione di riferimento al riguardo è l’articolo 642 del codice di procedura civile, che si divide in due commi, il secondo dei quali si divide, poi, ulteriormente in due parti sensibilmente diverse tra loro.

Per quanto riguarda il primo comma, questa ipotesi è quella in cui il credito fatto valere tramite il decreto ingiuntivo è assistito da documenti di particolare forza ed efficacia come ad esempio un titolo di credito quale la cambiale o l’assegno bancario.

In questi casi il decreto ingiuntivo viene emesso provvisoriamente esecutivo anche perché la cambiale è già di per sé un titolo esecutivo e quindi in realtà la posizione del debitore non viene nemmeno effettivamente aggravata rispetto a quella che era già inizialmente in cui c’era già un titolo esecutivo azionabile a suo carico. In altri casi, è la forza del documento che consente di rendere provvisoriamente esecutivo il decreto. E’ ad esempio il caso in cui l’obbligazione di pagare la somma di denaro è contenuta in un atto pubblico, cioè un atto stipulato davanti ad un notaio.

Il secondo comma, come abbiamo anticipato, è diviso in due parti, che riguardano due ipotesi molto diverse tra loro.

La prima ipotesi è quella in cui c’è pericolo nel ritardo. Si tratta del caso, cui abbiamo già accennato, in cui il creditore, se il decreto non venisse emesso provvisoriamente esecutivo, potrebbe perdere la possibilità di recuperare il suo credito perché ad esempio il debitore si sta disfacendo di tutte le sue sostanze. Ovviamente qui per comprovare una situazione del genere il creditore deve far vedere che il debitore è un soggetto poco solvibile o comunque con dei precedenti negativi, come protesti, pignoramenti, altre ingiunzioni e così via.

La seconda ipotesi è quella in cui c’è documentazione proveniente dallo stesso debitore che è particolarmente significativa al riguardo dell’esistenza del credito che si vuole far valere e che quindi lo rende molto più probabile quanto da sola esistenza ed esigibilità del solito. Il caso tipico è quello del riconoscimento espresso di debito fatto dal debitore espressamente per iscritto.

In tutti questi casi, il decreto ingiuntivo può essere rilasciato dal giudice provvisoriamente esecutivo quindi chi lo riceve può fare sì opposizione ma intanto deve pagare, altrimenti gli può venir fatto un pignoramento.

Cosa riceve il debitore in questi casi.

In questi casi, di solito, l’unico spazio di tempo di cui dispone Il debitore è quello di 10 giorni dalla notifica dell’atto di precetto che avviene appunto sempre in queste ipotesi insieme al decreto ingiuntivo. Il debitore quindi riceve, senza che gli fosse necessariamente stato recapitato alcun altro preavviso in precedenza, un decreto ingiuntivo e un atto di precetto che gli ingiungono di pagare entro 10 giorni la somma portata dal decreto ingiuntivo.

Addirittura, il codice di procedura civile consente, in alcune ipotesi in cui si può ritenere che vi sia pericolo nel ritardo e che quindi sia necessario procedere di urgenza, di esentare il creditore anche dal termine di 10 giorni dal precetto. Purtroppo a volte cose di questo genere avvengono, devo dire che nella mia esperienza mi sono capitate diverse volte.

In questi casi, il debitore apprende che c’è un decreto ingiuntivo a suo carico direttamente al momento in cui arrivano per fargli il pignoramento, oppure quando gli pignorano il conto corrente in banca. Si tratta quindi di un modo ancora più drastico e lacerante di procedere al recupero crediti. Ovviamente, in questi casi il debitore che riceve un pignoramento immediato può fare ben poco per opporsi al pignoramento stesso e lo deve sostanzialmente subire, salvo cercare in seguito di difendersi nei modi previsti dalla legge.

I possibili rimedi.

Veniamo adesso al tema vero e proprio di questo articolo, che è quello di guardare che cosa può fare, alla fine, chi riceve un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, lasciando perdere l’ipotesi ancora più marginale in cui ci sia l’esenzione anche dal termine del precetto e che abbiamo menzionato poco fa solo per completezza di trattazione, ma dove comunque i rimedi sono più o meno gli stessi.

In linea generale, chi riceve un decreto ingiuntivo ha come abbiamo visto a propria disposizione il rimedio della opposizione a decreto ingiuntivo.

L’opposizione a decreto ingiuntivo di solito si propone con un atto di citazione con il quale viene aperto un giudizio ordinario a cognizione piena sul caso e sulla materia oggetto del decreto ingiuntivo. Il debitore, presentando l’opposizione, dichiara di non accettare la riduzione del rito a quello sommario e chiede che sul suo caso venga fatta piena luce da parte di un giudice in un giudizio pieno, perché ritiene ad esempio che il credito che è stato valutato contro di lui non sia dovuto o sia dovuto solo in parte.

Il caso tipico, ad esempio, è quello in cui un committente fa eseguire dei lavori come, sempre ad esempio, dei lavori di ristrutturazione o di intervento di tipo casalingo, l’appaltatore ritiene di aver svolto i lavori in modo corretto e vanta un credito al pagamento del suo corrispettivo mentre il committente o appaltante ritiene al contrario che nei lavori ci siano dei vizi e che quindi il corrispettivo non sia dovuto, e magari sia dovuto anche addirittura un risarcimento del danno, o che sia dovuto solo in parte. Ma gli esempi nella pratica sono davvero innumerevoli.

Quindi il primo rimedio che viene messo a disposizione del debitore che riceve un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo è l’atto di citazione o ricorso per opposizione a decreto ingiuntivo stesso.

Il problema in questi casi però è diverso e richiede un intervento ulteriore.

Non ci si può limitare solo a fare opposizione.

Se, infatti, per reagire ed opporsi ad un decreto ingiuntivo normale e cioè non provvisoriamente esecutivo è sufficiente l’atto di citazione in opposizione o ricorso a seconda dei casi, nel caso del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo questo non è sufficiente per un motivo molto semplice.

Il motivo risiede nel fatto che il decreto ingiuntivo è appunto provvisoriamente esecutivo e quindi il debitore ha bisogno che la esecutorietà provvisoria del decreto venga sospesa o, anche se questo provvedimento è di dubbia ammissibilità, revocata.

Questo perché quando si notifica un atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, ad esempio, si devono rispettare dei termini a comparire.

Ciò significa che non si può chiamare l’udienza, ad esempio, dopo una settimana, in modo che il giudice inizi subito il giudizio di opposizione e decida anche sulla sospensione della provvisoria esecutorietà del decreto, ma bisogna chiamare un’udienza nel rispetto dei termini che la legge prevede in tutti i casi in cui si instaurano delle nuove cause, per consentire alla persona nei cui confronti le cause vengono fatte valere un tempo sufficiente per preparare la propria difesa.

Quindi per la prima udienza bisogna aspettare almeno 45 giorni.

Il problema è che in questi 45 giorni, trascorsi i primi 10 giorni di cui all’atto di precetto, il creditore può promuovere, e di solito promuove, un pignoramento.

Per impedire questo, il rimedio che deve utilizzare il debitore che ha ricevuto un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo è un ricorso, che deve essere depositato subito dopo aver depositato o iscritto a ruolo la causa di opposizione a decreto ingiuntivo, con il quale chiedere la fissazione di una udienza molto più a breve termine per la sospensione dell’efficacia esecutiva del decreto.

Oppure che, ancora meglio, questa sospensione o inibitoria venga concessa inaudita altera parte, così come del resto è stata concessa la provvisoria esecutorietà del decreto.

Riassumendo, chi riceve un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo se vuole essere davvero tutelato e non subire un pignoramento che potrebbe essere fortemente ingiusto deve fare due cose e le deve fare in questo ordine:

  • notificare o depositare la opposizione a decreto ingiuntivo;
  • depositare un ricorso per la sospensione della esecutorietà del decreto ingiuntivo stesso anteriormente alla prima udienza del giudizio di opposizione.

Il ricorso per la sospensione dell’efficacia esecutiva del decreto ingiuntivo, secondo alcuni, va indirizzato al presidente del tribunale, anche perché è di solito il presidente del tribunale che firma i decreti ingiuntivi muniti di clausola di provvisoria esecutorietà poiché trattasi, evidentemente, di una materia abbastanza delicata.

In ogni caso non è così importante a chi indirizzare questo ricorso, l’importante è che sia confezionato e depositato il prima possibile indirizzandolo sia al giudice nominato per il giudizio di opposizione, o che sia nominato in futuro, perché molte volte questo ricorso si deposita prima che venga nominato il giudice, sia, se questo giudice lo ritiene, al presidente. Quindi il giudice designato se lo ritiene sarà lui a trasmettere il fascicolo al presidente affinché sia proprio quest’ultimo a decidere sulla sospensione dell’esecutorietà. Se invece ritiene di essere facoltizzato lui stesso a decidere, potrà farlo direttamente.

Purtroppo cose del genere capitano.

Questa materia la conosco abbastanza bene perché è uno dei primi grandi problemi processuali di cui mi sono trovato ad occupare all’inizio della mia carriera di avvocato, quando un’azienda mia cliente ricevette 3 decreti ingiuntivi tutti e tre provvisoriamente esecutivi da un Tribunale del Nord Italia per una somma che oggi sarebbe pari a circa €300.000 e quindi una cosa abbastanza consistente. In quel caso, dopo aver studiato i rimedi che si sarebbero potuti praticare, confezionai i tre atti di citazione in opposizione e altrettanti ricorsi per la sospensione dell’esecutorietà dei decreti ingiuntivi. In due casi su tre il giudice concesse la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo, evitando così dei pignoramenti abbastanza importanti alla parte da me assistita e ciò ovviamente molto prima della data di prima udienza del giudizio di opposizione.

Oggi, dopo 22 anni di professione da allora, mi sono capitati molti altri casi del genere, anche se per fortuna non si tratta di casi così frequenti. In queste ipotesi, la strategia processuale da adottare è sempre quella. Mi è sembrato quindi utile condividere con tutti questo approccio strategico che credo rimanga ad oggi l’unico praticabile e comunque il miglior tentativo che si può fare di difesa efficace di chi riceve un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo.

Hai ricevuto un decreto ingiuntivo?

Se hai ricevuto un decreto ingiuntivo, provvisoriamente esecutivo o meno, e vuoi un preventivo per fare opposizione e l’eventuale ricorso per la sospensione dell’esecutorietà, puoi chiedercelo compilando il modulo apposito, indicando la somma portata dal decreto è, se possibile, allegandolo. Ti faremo una quotazione di tipo flat.

Sei un avvocato e un tuo cliente ha ricevuto un decreto provvisoriamente esecutivo in una situazione particolarmente delicata? Scrivici dal modulo dei contatti per eventuali consulenze o per valutare l’assunzione di un mandato congiunto, soprattutto per la gestione della fase cautelare.

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Come non pagare una sentenza: tutte le istruzioni.

sono socio amministratore pro tempore di una piccola societa’ coperativa di trasporti abbiamo perso una causa di lavoro con un nostro dipendente lavoratore aspettiamo da un momento all’altro pignoramento dalla controparte. Come fare per non essere pignorati veicoli intestati alla societa’ coperativa tenendo presente che per fare tutti i passaggi di propieta’ dei mezzi in possesso andremmo a spendere all’incirca la stessa somma che siamo stati condannati in sentenza.

Un avvocato non può assolutamente, né in privato né tantomeno in pubblico, fornire consigli diretti a consentire ad un debitore, quale siete voi -ufficialmente, a prescindere dalle vostre ragioni di merito – di sfuggire alle legittime pretese, accertate con un titolo giudiziale, del suo creditore.

Può benissimo darsi che la sentenza sia ingiusta, non sarebbe né la prima né l’ultima, ma la regola è che comunque le sentenze, fino a che non sono eventualmente riformate da giudici di sede diversa, purtroppo si devono rispettare, salva sempre la sospensione o inibitoria da parte del giudice competente a prevederla, di solito per gravi motivi.

Quello che potreste chiedere ad un avvocato dunque sarebbe di lavorare su di un appello, sempre che ce ne possano essere i presupposti e, una volta fatto l’appello, di vedere se possibile ottenere la sospensione della sentenza impugnata.

Se, invece, i presupposti per l’appello mancassero, l’unica cosa possibile per evitare il pignoramento ed eventualmente risparmiare qualcosa sul debito che avete nei confronti del vostro ex dipendente è quello di far fare ad un legale competente, preparato e con buone attitudini negoziali, una trattativa per il raggiungimento di un accordo che preveda, in sostanza, uno sconto a fronte del pagamento immediato e magari alla rinuncia all’appello.

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Appello: per farlo è necessario adempiere la sentenza impugnata?

Ho vinto da poco una causa, la controparte è stata condannata a pagare le spese legali ( che in parte ho già anticipato) e un risarcimento a me per danni arrecati. Io non sono stata risarcita e loro hanno fatto ricorso in appello.
Ora dovrei fare il pignoramento verso terzi, altri soldi da pagare al mio avvocato che non ho. Mi chiedo: ma non avrebbero dovuto prima pagare e poi poter ricorrere in appello?

No, la proponibilità dell’appello non è e non potrebbe essere mai condizionata all’adempimento della sentenza di primo grado, sono due profili completamente diversi.

Il primo riguarda il diritto di una qualsiasi parte di chiedere il riesame della sua causa ad un giudice «superiore», l’altro riguarda l’esecuzione della sentenza di primo grado, sentenza che in appello ben potrebbe essere riformata completamente, ragione per cui sarebbe assurdo condizionare l’appello all’avvenuto adempimento della stessa.

Ovviamente, la sentenza di primo grado, nonostante la proposizione dell’appello, resta esecutiva, quindi puoi procedere con esecuzione forzata e pignoramento per conseguire quello che la sentenza prevede a tuo favore.

Fa eccezione solo in caso in cui, a seguito di apposita domanda di parte, il giudice di secondo grado, investito dell’appello, sospende, per gravi motivi, con una inibitoria la esecuzione della sentenza di primo grado.

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Sospensione in appello: può essere parziale e limitata alle spese legali.

Tutti sanno che, qualora una sentenza venga ritenta illegittima o ingiusta, si hanno disposizione gli ordinari mezzi di impugnazione previsti dal nostro ordinamento per poter far valere i propri diritti.

Cosa succede se in una sentenza di primo grado nella motivazione si dice che le spese legali devono essere compensate a causa della reciproca soccombenza, mentre nel dispositivo si condanna la parte soccombente a rifondere le spese processuali a quella vittoriosa?

La questione sulle spese processuali, è già stata oggetto di svariate dispute giurisprudenziali e dottrinali, fino alla pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione la n. 16037 del 2010, ove si è stabilito che se il giudice omette di provvedere sulle spese legali, l’unico rimedio esperibile, in assenza di un’espressa indicazione legislativa, sarà il procedimento di correzione degli errori materiali (articoli 287 e 288 c.p.c.).

Ma, non è sempre così. Una sentenza che non si pronuncia, oppure si pronuncia in maniera sbagliata sulle spese processuali, non può essere semplicemente “corretta” con l’ausilio del procedimento di correzione degli errori materiali; anzi sarà necessario in alcuni casi ricorrere agli ordinari mezzi di impugnazione (Appello o Cassazione).

La domanda che viene spontanea porsi è: quale rimedio giuridico posso invocare? Correzione errore materiale, appello, cassazione? Posso utilizzare prima l’uno poi l’altro?

Un interessante pronuncia della Corte D’Appello Bologna del 19/01/2016, ci aiuta a capire come stanno le cose.

Nel caso sottoposto ai giudici della Corte d’Appello, si evince che nella motivazione della sentenza di primo grado il Giudice compensava le spese legali in virtù della reciproca soccombenza, mente nel dispositivo lo stesso Giudice condannava la parte soccombente al pagamento delle spese processuali.

Proposta istanza di correzione dell’errore materiale, il Giudice di primo grado la rigettava, deducendo che l’istanza di correzione dell’errore materiale poteva essere invocata solo per correggere una mera svista o una disattenzione nella redazione del provvedimento, senza intaccare il contenuto sostanziale e concettuale della decisione.

Ecco che allora, nel caso in esame si è fatto ricorso all’appello, per far valere il vizio concernente la statuizione delle spese processuali, chiedendo altresì la sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza di primo grado.

I giudici dell’Appello, accolta la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza ma limitatamente alle sole spese processuali, hanno ritenuto che la statuizione sulle spese non poteva essere corretta con lo strumento dell’errore, trattandosi di un vizio che comporta una pronuncia giudiziale sulla prevalenza o meno della soccombenza.

In calce la pronuncia integrale della Corte D’Appello Di Bologna

 

REPUBBLICA ITALIANA LA CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA

Sezione 1^ Civile

Riunita in Camera di consiglio in persona dei Signori Magistrati:

dott. Fausto Casari Presidente rel.

dott. Francesco Paris oli Consigliere

dott. Riccardo Di Pasquale Consigliere

Letti gli atti del procedimento n. 2014/2015 R. G. A. C. e sciogliendo la riserva di cui all’udienza del 12/1/2016;

OSSERVA

B*** G*** propone istanza di sospensione relativamente alla sentenza del Tribunale di Modena n. 302/2015 pubblicata il 24/2/2015 con la quale, accertato il godimento esclusivo da parte sua di certi beni, quindi anche per le quote di proprietà di B*** A***, B*** S*** e V*** L***, lo si condanna a corrispondere a costoro la somma di Euro 1000 per ogni mese di godimento a far tempo dal 21/9/2006, oltre spese processuali (per Euro 9000 circa) .

Sotto il profilo del fumus, l’istanza di sospensione non è fondata quanto alla condanna al pagamento di una somma a titolo di indennità da uso esclusivo. Le censure alla appellata sentenza non appaiono infatti individuarne motivi di nullità oppure errori gravi o immediatamente apprezzabili, risultando, infatti, al sommario esame qui consentito,correttamente motivata in fatto ed in diritto.

Venendo però alla statuizione riguardante le spese processuali, dalla lettura della sentenza si ricava che parte ora appellata tardivamente, solo con la memoria depositata ai sensi dell’art. 183 c. 6 c.p.c., propose domanda di scioglimento della comunione. Per il resto il giudizio si è concluso con l’accoglimento delle domande tempestivamente proposte e dunque quella di accertamento dell’uso esclusivo, di corresponsione della relativa indennità e infine quella di rendiconto. Ebbene la la motivazione specifica che le spese “vanno compensate attesa la reciproca soccombenza, con riferimento s parte attrice quanto alla domanda di divisione”. Nel dispositivo poi si legge: “Dichiara tenuto e condanna B*** G*** a rifondere le spese processuali del presente giudizio… ”

Proposta istanza di correzione il Tribunale la rigetta osservando che quanto accaduto non è compatibile solo con l’ipotesi di un difetto di corrispondenza tra ideazione e sua rappresentazione grafica, ma anche con un giudizio di prevalenza della soccombenza di B*** G*** rispetto alla espressamente menzionata domanda di divisione.

Tutto ciò considerato ritiene allora la corte che l’istanza di sospensione debba essere accolta limitatamente alla condanna a rifondere le spese processuali.

P. Q. M.

sospende l’efficacia esecutiva della sentenza del Tribunale di Modena n. 302/2015 pubblicata il 24/2/2015 limitatamente alla statuizione riguardante le spese processuali a carico di B*** G***; invita le parti a precisare le conclusioni fissando a tale scopo l’udienza del 26/5/2020 ore 11:00.

Si comunichi

Così deciso in Bologna, Camera di Consiglio della prima Sezione civile, il 19/1/2016

 

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La sentenza di primo grado in caso di appello rimane efficace?

Praticamente a settembre 2013 io ed altri 7 colleghi abbiamo vinto una causa contro l’azienda che ci aveva licenziato ed il giudice ci ha concesso sia l’assunzione a tempo indeterminato che il risarcimento danni quantificato in 12 mensilità. Tutto bene solo che l’azienda non ci ha ancora assunto e non ci ha pagato le 12 mensilità. Va detto che l’azienda ha fatto ricorso in appello,che sarà a luglio 2015, la mia domanda è : ma in attesa dell’appello noi dobbiamo essere assunti e risarciti o no???? e se si come mai l’azienda non lo ha ancora fatto?

La sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva, questo da sempre nel campo del diritto del lavoro, ancor prima che lo diventasse per tutti i processi.

Ciò significa che la sua efficacia non viene necessariamente sospesa dalla presentazione di una impugnazione, come l’appello.

La parte che è tenuta ad eseguire la sentenza, nel vostro caso l’azienda, può tuttavia presentare una istanza di sospensione o inibitoria al giudice di appello, direi nel vostro caso la sezione lavoro della corte d’appello competente.

Sarà il giudice a valutare se ci sono i presupposti per la sospensione. Resta certo che, sino all’eventuale sospensione da parte del giudice, che può avvenire ovviamente solo a seguito di apposito ricorso in tal senso da parte dell’azienda e non può certo essere pronunciata d’ufficio dal giudice stesso, la sentenza rimane esecutiva.

Anziché chiedervi come mai l’azienda non abbia ottemperato, che è una domanda piuttosto oziosa e priva di senso, dovreste iniziare ad approfondire il tema di come una sentenza del genere potrebbe essere eseguita, che è un tema tradizionalmente piuttosto spinoso.

Su di esso, comunque, il mio consiglio è quello di far riferimento all’avvocato che vi ha seguito sinora, che conosce il vostro caso meglio di chiunque altro.

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Cosa posso fare se agisco per un credito e finisco condannato?

ho un problema per me grossissimo che mi sta sta distruggendo e mi vengono starane idee per la testa.Ero un rivenditore di mobili per la casa (chiuso nel 2009)Un cliente mi doveva dei soldi (per un arredo completo della casa) e dopo tante telefonate sono arrivato al punto di dare il tutto all’ avvocato ,ma anche il cliente ha messo il legale che mi telefono’ dicendo che io avevo promesso l’arredo in noce nazionale , ma gli spiegai che se fosse cosi sarebbero state altre cifre .Comunque alla prima udienza (detto dal mio legale senza darmi niente di scritto) avrei vinto la causa ,ma alla seconda udienza vengo condannato in contumarcia a pagare tutto l’importo al cliente .Mi e’ arrivato a casa la condanna che subito ho portato dall’ avvocato e lui mi ha risposto che molti giudici fanno cosi. Io gli ho portato ila sentenza in giugno dove mi condannano a pagare 22.000 oggi siamo a 30.000 e mi hanno pignorato la casa

Mi sembra che tu faccia una enorme confusione. Non ci sono salvo rarissime eccezioni cause che si vincono in prima udienza, nè tantomeno cause di cui si può essere certi dell’esito anche attraverso più udienze, che di solito peraltro non sono mai due ma in numero maggiore. Se tu poi eri il fornitore non capisco a che cosa ti abbia condannato il giudice, visto che l’arredo comunque lo avevi già consegnato, da quel poco che si capisce, salvo che non si tratti di un risarcimento danni, che però mi sembra in misura superiore a quel che potrebbe aversi in un caso del genere.

Non si capisce neanche cosa significhi che «molti giudici fanno così»…

Credo che ti convenga tentare di avere le migliori spiegazioni del caso dal tuo avvocato attuale, che conosce il caso meglio di chiunque altro, e, se non dovessi ottenerle, ti conviene chiedere un secondo parere, e sempre tutte le spiegazioni del caso, ad un altro legale.

In ogni caso, tieni presente sin da ora che la sentenza di primo grado, salvo rara e di difficile ottenimento sospensione in eventuale appello, è comunque esecutiva, quindi se vuoi risolvere il problema pignoramento nell’immediato non ti rimane che pagare quanto previsto dalla sentenza.