Con questo post, inizio a parlarti di Scrivener, un software per mac, windows e iOS, con una versione in corso di sviluppo per Android, per scrivere progetti complessi e cioè solitamente libri.
Adoro Scrivener, letteralmente, perché mi ha consentito di diventare molto più produttivo come scrittore. Oggi non entrerò in dettagli a riguardo, avendo deciso di trattare un singolo aspetto per post. Mi limiterò a dire che la caratteristica più interessante di questo software, che lo differenzia da un comune elaboratore di testo come Microsoft Word ad esempio, è che ti consente di lavorare allo stesso tempo sulla struttura globale del testo, visibile a sinistra in una zona chiamata raccoglitore o binder, e sulle singole porzioni di testo. Chi scrive può in questo modo andare in continuazione «su e giù» dalla struttura globale del testo alla scrittura di singole parti e di nuovo alla struttura, ogni volta in cui lo desidera: questo rende estremamente più facile gestire testi complessi come un libro, specialmente di saggistica, ma anche di narrativa, dal momento che non sempre anche un libro di narrativa viene scritto in sequenza ma, proprio come un film, si scrivono prima scene che in realtà sono poste cronologicamente in seguito…
Scrivener, pur essendo un prodotto molto valido ed efficace per tutti coloro che, come me, scrivono, presenta una curva di apprendimento impegnativa all’inizio, proprio perché le funzionalità offerte sono tantissime ci sono altrettanti aspetti che è bene considerare e cercare di comprendere il più possibile. Ad esempio, con Scrivener posso lavorare sui miei progetti di scrittura, sui miei libri, da qualsiasi mac, e persino dal mio cellulare Android, grazie alla sincronizzazione dei progetti tramite Dropbox e ad un’ulteriore funzione, nativa di Scrivener, che è la sincronizzazione bidirezionale verso il formato, ad esempio, txt – che è ciò che mi consente di intervenire sui miei testi anche da cellulare o tablet android, per cui non sarebbe prevista un’applicazione nativa, al momento. Questo è un aspetto fondamentale per tutti gli scrittori, cui dedicherò un post a parte.
Tutti i post che scriverò prenderanno in considerazione gli ambienti in cui opero, che sono il Mac per il desktop e Android su mobile. Probabilmente quasi tutte le cose che scriverò si applicano anche alla versione Windows e iOS, ma è ovvio che è preferibile verificare volta per volta.
Come ridenominare un progetto.
Oggi parliamo di un aspetto più semplice, che riguarda come ridenominare un progetto, un’operazione che può capitare di compiere specialmente durante la scrittura di un libro quando ti vengono in mente titoli migliori per un contenuto che è rimasto invariato oppure il contenuto che inizialmente andava in una direzione ha preso poi un’altra «piega» per cui il titolo scelto originariamente non è più adatto.
In scrivener, per ridenominare un progetto bisogna chiudere l’applicazione, o almeno il progetto, quindi, se è attiva la sincronizzazione con Dropbox attendere che la sincronizzazione termini per prevenire potenziali conflitti ed errori.
Una volta terminata la sincronizzazione – chi usa Dropbox sa che di questo ci si può accertare tramite l’aspetto dell’icona dell’applicazione di Dropbox, nel mac in alto a destra – si può procedere tranquillamente a rinominare il file. Il file di progetto, con estensione .scriv, è in realtà, in macos, una directory di pacchetto, che contiene al suo interno una pluralità di files. Comunque, questo non è rilevante in questa fase, si può procedere a denominarla come se fosse un comune file.
Sempre in Scrivener, di ogni progetto viene effettuato un backup automatico. In occasione di una ridenominazione del progetto, i precedenti backup, quelli anteriori alla ridenominazione, non cambieranno nome, non esiste una funzione per procedere in questo senso. Occorre, pertanto, ricordarsi, in caso di bisogno di accedere ad un backup, quale fosse il precedente nome del progetto di cui si vogliono ripristinare i dati – questo, naturalmente, accade solo quando ci sono stati problemi di perdita dati, cosa che nel mio caso ad esempio non si è mai verificata.
Da ciò consegue che la operazione di ridenominazione di un progetto non deve essere abusata ed è meglio che non venga svolta troppe volte, pena l’ingenerare una certa confusione con i file. Tendenzialmente, a seconda poi anche delle dimensioni del progetto, si può procedere due o tre volte ad esempio per un romanzo intorno alle 200 cartelle.
I miei progetti in corso.
Spero che questo primo post su Scrivener ti abbia interessato e ti sia stato utile.
Se vuoi vedere i miei progetti di scrittura in corso, puoi collegarti a questa pagina, dove potrai anche iscriverti per essere avvisato quando i libri saranno disponibili, oltre che godere di altri vantaggi riservati ai sottoscrittori.
Iscriviti al blog per non perdere i futuri post su Scrivener, in cui parlerò degli altri aspetti interessanti di questo fantastico programma di scrittura.
Se hai domande, lasciamele, se relative all’argomento di oggi, sotto questo post con un commento, oppure mandamele, se nuove, dall’apposito modulo che trovi nel menu principale del blog.
Ho un nuovo Mac. Siccome è un MacBook da 12 l’ho chiamato mac-checucciolo. Un nuovo Mac che entra in famiglia è come un figlio. Tu che non hai mac non puoi capire. apple
In questo post, applicabile ai sistemi desktop Apple, ti insegno a configurare le macchine su cui lavori in modo da avere la stessa «scrivania» qualunque macchina tu vada ad utilizzare, se ad esempio il mac che hai in studio / lavoro o quello di casa o altri ancora, come nel mio caso in cui ad esempio solo a casa ho tre mac.
Si tratta del famoso roaming user, che rappresenta una indubbia comodità. Ad esempio, puoi tenere sulla tua scrivania i collegamenti alle cartelle delle pratiche su cui stai lavorando al momento, o quelle per cui sono previsti atti in scadenza, insomma tutto quello che richiede la tua attenzione, con la possibilità di riprendere a lavorarci sopra facendoci semplicemente clic.
Personalmente, in questo periodo, ad esempio sto tenendo sulla scrivania dei miei mac il collegamento alla cartella in cui sono contenuti tutti i miei progetti Scrivener, che sono altrettanti libri che sto scrivendo e che pubblicherò nei prossimi mesi.
Le tecnologie da utilizzare.
Per raggiungere questa configurazione di lavoro, le tecnologie occorrenti sono le seguenti:
un fornitore di cloud computing, come Dropbox, per la sincronizzazione effettiva dei files di lavoro sulle diverse macchine;
i link simbolici, che nel mio caso preferisco utilizzare da Terminale, senza crearli come alias dall’interfaccia grafica, e la possibilità di far puntare un link simbolico ad un percorso che contiene un altro link simbolico;
la sincronizzazione, prevista da mamma Apple, di tutto quello che si trova sulla Scrivania dei Mac – ed eventualmente altro – tramite iCloud, che finalmente ha iniziato, dopo anni, a funzionare un po’ decentemente.
Combinando queste tre tecnologie, ottieni una situazione in cui apri uno qualsiasi dei tuoi mac e sulla scrivania hai dappertutto le stesse cose, pronte per essere attenzionate o lavorate. Se aggiungi il collegamento ad una cartella sul mac di lavoro, lo vedrai anche su quello di casa. Quando eliminerai quello stesso collegamento, perché ad esempio non devi lavorarci più, verrà eliminato da tutte le scrivanie di tutte le tue macchine.
Comodo, no? In questo modo, hai una «scrivania distribuita» che è sempre allineata con quello che stai facendo in quel momento e che puoi usare anche come promemoria per attenzionare determinati file perché, ad esempio, sono in scadenza.
Perché usare dei link e non mettere direttamente i files di lavoro?
È preferibile non spostare mai i files di lavoro veri e propri sulla scrivania, ma solo creare dei collegamenti, i link simbolici appunto, agli stessi, per tanti motivi. Ad esempio, se stai lavorando un documento che si trova all’interno di una cartella a sua volta trovantesi «dentro Dropbox», non devi spostare questo documento fuori da Dropbox. Lo lasci dentro Drobox, dove hai una sincronizzazione di alta qualità, la possibilità comunque di raggiungere il file, in caso di bisogno, tramite la versione web e il controllo delle revisioni, mentre sulla scrivania crei un collegamento a quel file.
Immagine di essere un bibliotecario che deve lavorare su dei libri. Sulla tua scrivania non metti il libro su cui devi lavorare, ma metti un «foglietto» con scritto il nome del libro e il posto in cui lo puoi trovare (scaffale 3, lettera F). Il libro viene conservato dove è più al sicuro, più protetto, dove è accessibile anche agli altri utenti, tu hai una «scorciatoia» per accedervi tutte le volte in cui ne hai bisogno.
I collegamenti simbolici funzionano proprio così, sono files speciali che contengono informazioni per trovare altri file, che poi alla fine vengono aperti direttamente, nel senso che il sistema operativo funziona in modo tale che, cliccando su un collegamento, si apre direttamente il file cui il collegamento «punta» o è destinato.
Immagina di lavorare su un documento insieme ad un collega di lavoro, che lo tiene anche lui nel suo Dropbox. Se tu prendi il documento e lo porti sulla tua scrivania, il tuo collega non lo vede più. Ancora peggio, potrebbe vedere una sua copia, così entrambi continuereste a modificare due copie diverse dello stesso documento, finendo per combinare un gran casino quando ci sarà poi da chiudere e completare il documento.
C’è, insomma, più di un motivo per cui i documenti veri e propri devono stare in un posto e sulle scrivanie si possono mettere solo dei collegamenti agli stessi.
Creare la configurazione.
Vediamo adesso come creare questo sistema.
Il primo passo è attivare la sincronizzazione tramite iCloud. Per fare questo – il riferimento che utilizzo è una macchina con Catalina, su altre versioni potrebbe variare – bisogna aprire le Preferenze di Sistema. In alto a destra si trova la sezione «ID Apple». Cliccando sull’icona relativa, si accede alle impostazioni di iCloud. Quella in cui entrare è iCloud Drive, la prima in alto. Clicca su «Opzioni» a destra della stessa e attiva (mettendo il relativo segno di spunta) la voce «Cartelle Documenti e Scrivania». Non si può sincronizzare solo la cartella della scrivania, bisogna includere anche la cartella documenti. Poco male, è un servizio in più.
Una volta attivata questa opzione, tutti i files che verranno inseriti, o cancellati, sula scrivania o tra i documenti della macchina su cui è stata attivata e sulle altre verranno tenuti allineati, quindi aggiunti o eliminati o cambiati.
A questo punto, è sufficiente creare un link simbolico alla cartella che, ad esempio, vogliamo tenere sulla scrivania di tutti i nostri mac, restando inteso che il procedimento di cui poco prima, di attivazione della sincronizzazione iCloud, va ripetuto in tutti i mac in cui vogliamo avere la stessa scrivania.
Per creare un link simbolico, aprire il terminale e poi inserire un comando come questo. Nell’esempio, sto creando un link simbolico alla cartella «scrivener-progetti» contenuta in Dropbox appunto sulla scrivania – in modo da poter aprire la cartella e, subito dopo, il progetto di libro su cui voglio lavorare, sostanzialmente scrivendone una parte.
La cosa bella dei link simbolici è che funzionano anche se il percorso è fatto da altri link simbolici. Nel nostro esempio, la cartella Dropbox, presente nel percorso cui si «punta», in realtà non esiste, è un link simbolico alla vera cartella di dropbox, che si trova, nel mac in cui sto creando il link, in un disco esterno, che quindi ha tutto un’altro percorso.
Però è fondamentale che il percorso inserito in un mac sia uguale per tutti i mac, a prescindere da dove si trova effettivamente la cartella di dropbox in ognuno di essi.
Per questo motivo, si crea un link simbolico sopra un altro link simbolico, dopodiché la cartella dropbox può essere messa dove si vuole. Pertanto, riassumendo se la cartella di dropbox si trova su un disco esterno si crea un link simbolico, nella cartella home dell’utente, chiamato «Dropbox» e puntante al disco esterno. Dopodiché si fa il secondo link simbolico per collegare la cartella interna a dropbox che si vuole alla scrivania. In questo modo il link simbolico sulla scrivania funzionerà su tutti i mac a prescindere dalla collocazione fisica del file.
Conclusioni.
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Ti interessa un editor di testo che funziona con markdown all’interno di un qualsiasi browser web, quindi anche su dispositivi mobili, e si sincronizza con account di cloud come #dropbox o google drive, e consente addirittura di pubblicare i testi realizzati in questo modo su piattaforme come #wordpress?
A me personalmente molto, forse man mano che vedrai meglio come funziona capirai che può essere molto utile anche a te per la tua gestione documentale.
Mi ci sono imbattuto mentre ero alla ricerca di un sistema che mi consentisse di editare alcuni post «miliari» che ho sul blog, e che quindi modifico spesso, tramite altrettanti files di testo da tenere sincronizzati su tutte le mie periferiche, anche mobili. Ció in modo appunto da poter intervenire, tipicamente inserendo nuovi link, in modo molto semplice, con un linguaggio elementare come #markdown, facendo poi in modo che le modifiche venissero riportate sul blog.
In particolare, questo sistema mi serviva per le raccolte, i post di base per categoria, materia o interesse dove raccolgo i post rispettivamente più interessanti, a beneficio dei lettori del blog, dove, essendoci più di 6000 articoli ad oggi, orientarsi è sempre più difficile.
Per converso, non è agevole modificare i post direttamente dentro a #wordpress, specialmente se si lavora da un dispositivo mobile, dove l’unica soluzione possibile è l’app wordpress, che però è un po’ lenta e farraginosa, mentre quando si ha in mente un ritocco o una modifica “al volo” c’è bisogno di aprire il file relativo velocemente, ritoccarlo e richiuderlo senza perderci troppo tempo.
Stackedit mi consente di fare quello che comunque mi serviva, aggiungendo addirittura un servizio in più che può essere sempre utile quando si deve intervenire su files ma non si può configurare nulla, come ad esempio quando si sta usando un dispositivo di un altro: la possibilità di modificare i files tramite un #browser web. Puoi lavorare agli articoli che stai scrivendo anche dal computer di un amico, o di un luogo pubblico, o facendoti prestare un cellulare o un tablet…
Proviamo a immaginare di scrivere…
Andiamo comunque con ordine, immaginando, per comodità di esposizione, di creare un file di testo, un documento, tipicamente un post di #wordpress (ma ovviamente anche qualsiasi altra cosa una persona desideri), e seguendo il processo di creazione, modifica, sincronizzazione, pubblicazione.
Un esempio potrebbe essere proprio questo stesso post, che appunto ho scritto utilizzando dall’inizio alla fine #stackedit, in parte tramite #browser e in parte editando il file di testo sincronizzato dentro a Dropbox.
Come si deve fare dunque per creare un documento di testo con #stackedit?
Bisogna aprire un browser e collegarsi all’indirizzo stackedit.io, quindi cliccare sulla sezione per l’editing dei documenti. A questo punto io suggerisco di autenticarsi, con il proprio account #google, in modo da poter avere lo stesso ambiente di lavoro anche su tutte le altre periferiche che si utilizzano.
Questo è il metodo più diretto e lineare. In realtà, si può anche prendere un file di testo che esiste già nel proprio Dropbox e portarlo dentro a #stackedit facendo in modo che poi da quel momento venga sempre sincronizzato.
La sincronizzazione.
Il documento creato con stackedit da browser potrà essere sincronizzato sia con google drive che con dropbox. Una volta che sarà stata impostata la sincronizzazione con dropbox, ad esempio, tutto quello che avrai scritto nel documento tramite il browser web verrà riportato in un file di testo, appositamente creato, che ti ritroverai dentro al tuo dropbox.
La cosa bella, che rende stackedit superiore almeno in questo ad altri sistemi di creazione e modifica documenti on line come google documents, è che potrai sempre modificare il file di testo sincronizzato che si trova dentro al tuo dropbox e le modifiche verranno riportate nel documento dentro a stackedit. In questo momento, dunque, io sto scrivendo questo post all’interno del mio browser, che è #firefox. Potrei chiudere Firefox e aprire il file di testo sincronizzato corrispondente sul mio #Mac, tablet o cellulare e continuare a scrivere là dentro. Tutte le modifiche fatte da una parte o dall’altra saranno ovviamente sincronizzate e te le ritroverai sia aprendo il documento tramite il browser sia il file di testo di dropbox.
Questo è molto versatile, immagina di essere in un luogo pubblico con un computer con accesso a internet, ma senza i tuoi account o la possibilità di configurarli. Ti basterà aprire la finestra di un qualsiasi browser, autenticarti col il tuo account google e continuare a lavorare sui tuoi testi.
Viceversa, immagina di non avere la connessione a internet: niente browser, niente dropbox, niente google drive. Potrai lavorare sulla copia locale dei tuoi testi, che si sincronizzerà una volta che avrai nuovamente la connessione. Utile ad esempio tutte le volte in cui hai in mente una piccola modifica da fare, sei fuori, hai solo il cellulare e ti trovi in una zona in cui non c’è la rete. La tua creatività può proseguire, senza bisogno di attendere di nuovo la connessione di rete.
Per sincronizzare files di testo con dispositivi mobili, usando dropbox, la cui applicazione nelle periferiche mobili non effettua la sincronizzazione ma consente solo l’accesso, personalmente uso applicazioni di terze parti che fanno la sincronizzazione come dropsync.
Sincronizzazione con Google drive.
Oltre che con Dropbox, i documenti di Stackedit possono essere sincronizzati anche con Google drive. Nelle prove che ho fatto io, il documento sincronizzato non viene convertito in formato Google docs, ma conservato come semplice file di testo, quindi direi resti molto più utile la sincronizzazione con Dropbox.
Per spostare un file, basta tenere premuto a lungo e poi trascinarlo sulla cartella all’interno della quale lo si vuole inserire.
Ovviamente, stackedit può essere utilizzato con la funzione di dettatura vocale, come sto facendo io proprio in questo momento. Personalmente utilizzo la tastiera di Google, cioè Gboard, che secondo me è quella che consente più efficienza sia per la digitazione che per la dettatura e posso confermare che con stackedit funziona benissimo.
Ogni volta che crei un file nuovo devi dirgli che lo vuoi sincronizzare con Dropbox e ho Google drive, non è possibile ad esempio configurare stack edit per sincronizzare tutti i file con Dropbox ma lo devi scegliere volta per volta.
Il supporto alle revisioni.
Stackedit ha anche il supporto per le #revisioni, per cui è possibile risalire a qualsiasi versione anteriore del file.
Al supporto nativo, si aggiunge anche quello offerto da Dropbox tramite la sincronizzazione, per cui dovrebbe proprio essere possibile, seppur magari a volte con qualche sforzo, risalire alle versioni che si desidera del proprio testo.
Pubblicare su wordpress.
Introduzione.
Una volta completata la prima stesura del post, si può effettuare la pubblicazione, o, meglio, anche solo il caricamento in un sito worpress, come questo blog.
Infatti, ogni file di testo creato con stackedit possiede delle sue proprietà tra cui le categorie, i tag, ma anche lo status del post, che può essere impostato anche su pending, per l’ipotesi in cui non si voglia una pubblicazione immediata, ma si voglia intervenire in seguito, magari per inserire un’immagine, o perchè comunque c’è un flusso editoriale da rispettare come nel mio caso – come è noto, il blog pubblica un solo post al giorno dal lunedì al venerdì, per consentire una fruizione migliore a tutti i suoi lettori.
La pubblicazione su #wordpress non funziona come la sincronizzazione con dropbox: quest’ultima è bidirezionale, nel senso che qualsiasi modifica può essere applicata da entrambe le parti, stackeit o dropbox, e si ritroverà sincronizzata dappertutto. La pubblicazione su wordpress invece funziona in una sola direzione: se modifichi il file in stackedit.io (da browser o da dropbox o in altro modo), puoi aggiornare la pubblicazione e il post originariamente pubblicato col testo precedente verrà appunto aggiornato. Se, invece, modifichi il post dentro a wordpress, queste modifiche non verranno riportate in stackedit.io: anzi, se dopo aver modificato il post dentro a wordpress, lo modificherai anche dentro a stackedit.io, effettuando un aggiornamento del post da stackedit, le modifiche che avevi precedentemente fatto dentro a wordpress andranno sovrascritte e, di conseguenza, perse.
Inserire le tags.
Come ti dicevo, le tags possono essere inserite nelle proprietà del documento, andando in una apposita sezione. A me però piace marcare come «tag» le singole parole mentre le scrivo, anche perché dopo facilmente non me le ricordo. Per fare questo, si può utilizzare il simbolo del cancelletto tipico degli hashtag che si inseriscono su twitter, facebook, linkedin e altri social e usare un plugin come hasthagger che trasforma tutte le parole contenute in un post e precedute dal cancelletto in un tag del post, inserendo anche un link alla pagina che contiene tutti i post con la stessa tag, rendendo quindi l’hashtag del post sul blog funzionante come sui social. Molto comodo, sia per chi scrive che per i lettori del blog!
Gestire le immagini.
Con stackedit si possono anche gestire le immagini che dovranno comparire nel post su WordPress, proprio come l’immagine che compare in questo post, il logo di Stackedit stesso.
L’immagine va prima caricata nella galleria multimediale di WordPress, dopodiché se ne deve copiare il link.
Tornato a Stackedit, devi poi inserire l’immagine, all’altezza che vuoi, con la sintassi classica di markdown appunto per le immagini, mettendo in tale sintassi il link che avrai copiato.
Nelle proprietà del documento, si può anche impostare l’immagine in evidenza del post, usando lo stesso link che si era copiato precedentemente nella clipboard.
Attento allo status e alla data del post.
Se carichi un post su wordpress con lo stato di pending, definito nelle proprietà del documento, dopodiché dentro a wordpress lo pubblichi se poi, ulteriormente, modifichi il documento originario e vuoi sincronizzare le modifiche da stackedit a WordPress fai attenzione…
Devi modificare anche lo status dentro a Stackedit, altrimenti temo, pur senza aver mai provato, altrimenti, avendolo testato, succede che, sincronizzando, stackedit revochi anche lo stato di pubblicato al post e gli imponga di nuovo quello di post in revisione o pending, con il che il post diventerebbe irraggiungibile. Il post va messo nello stato di «publish» – e non published come si potrebbe pensare.
Un altro aspetto a cui fare attenzione nel momento in cui si modifica un documento dentro stackedit e si vogliono poi portare le modifiche nel post già pubblicato su wordpress è che si deve andare nella sezione appunto di pubblicazione e non cliccare su “publish to wordpress” ma cliccare su “publish now”, che è la voce più in alto attualmente nel menu. Nel secondo caso infatti si verifica una corretta sincronizzazione delle modifiche che vengono portate da stackedit a wordpress, nel primo caso invece stackedit purtroppo creerebbe un post duplicato.
Un’altra cosa.che viene scombinata aggiornando la pubblicazione da stackedit a WordPress è la data, se non la scrivi nelle proprietà del file. Ogni volta che aggiorni la pubblicazione, stackedit aggiorna anche la data e così sposta il post originario, almeno nell’ordine in cui compare in home page – per fortuna non cambia anche la data contenuta nel link altrimenti diventerebbe irraggiungibile.
Dopo la pubblicazione, dunque, è buona norma inserire la data tra le proprietà del documento.
Cosa non mi piace.
Ogni volta che cambi browser devi ricollegare tutti gli account ulteriori come Dropbox o WordPress. Stackedit anche se sei autenticato non li collega al tuo account google.
Il file system e relative cartelle che costruisci su stackedit si sincronizza con tutti i browser in cui apri di nuovo stackedit ma non invece con dropbox, cioè vengono copiati solo i singoli files che si ritiene di sincronizzare e tutti dentro ad una stessa cartella (o a quella diversa che decidi volta per volta). Nel momento in cui sposti un file in stackedit da una cartella «attiva» ad una cartella di archivio, perché ad esempio si tratta di un file contenente un post del blog che hai già pubblicato e su cui non devi più lavorare in futuro, poi devi andare a fare lo stesso spostamento di «archiviazione» dentro a dropbox. Sarebbe molto meglio se la sincronizzazione fosse impostabile di default per tutti i nuovi files che crei e funzionasse a livello di spazio di lavoro e cioè fosse riferita non solo ai singoli files ma anche alle cartelle in cui sono contenuti.
Non funziona bene con Firefox, che è il mio browser preferito per tanti motivi e sopratutto per il fatto che #Chrome è non offre una funzione di leggibilità ed è di molta più difficile lettura del «vecchio» Firefox – il termine «vecchio» è per chi come me ha iniziato ad usare internet ai tempi in cui c’era il glorioso netscape, che poi è in seguito diventato Mozilla Firefox. Netscape è stato il primo, storico browser.
Da usare con Chrome.
Stackedit su #Android, infatti, funziona meglio con Chrome.
Al momento, con Firefox, il browser che uso io, presenta un primo baco fastidioso: a inizio paragrafo spesso si fa fatica a inserire la prima lettera. Un altro baco riguarda il copia e incolla, che almeno su Android non funzione bene.
Consiglio quindi di usare Chrome, anche se è un browser che mi piace poco, magari salvando sulla home il collegamento alla pagina di stackedit, in modo da poterlo poi aprire come una applicazione. Anzi, aprendo stackedit con Chrome, il sito viene riconosciuto come una “app” e Android propone di “installarla” tra le altre app: se confermi, poi trovi la app, che poi è solo un collegamento, insieme alle altre e puoi ovviamente metterne una copia sulla home screen.
Installazione su Mac.
Aprendo Stackedit su Mac con Chrome, nel menu «hamburger» di Chrome in alto a destra, quello coi tre puntini uno sopra l’altro, in verticale, compare la sotto voce «Installa stackedit». Se fai questo, Stackedit viene installato sul Mac come se fosse un’applicazione locale, con tanto di icona nel dock.
Consiglio di eseguire questo setup, per poter poi aprire l’editor molto più facilmente, senza bisogno di passare direttamente da Chrome.
Una volta comparsa l’icona nella parte inferiore o destra del dock in Catalina, l’icona stessa va trascinata nella parte superiore o sinistra, dove ci sono le applicazioni che compaiono in modo stabile, altrimenti l’icona scomparirà alla chiusura del «programma».
Se cambi il nome del file in stackedit non si sincronizza. Nemmeno se cambi cartella. Sarebbe stata più funzionale una sincronizzazione di tutto il file system.
Conclusioni.
Ricordati di iscriverti al blog, per non perdere il post del giorno con consigli utili, che non trovi da nessun’altra parte.
Ne ho realizzato uno, funziona solo se hai mac – se usi ancora un pc, il mio consiglio, come noto, è quello di smettere di lavorare e fare domanda di reddito di cittadinanza – e se installi un’utility che si chiama Hazel, che personalmente adoro e uso anche per molte altre applicazioni di automazione – probabilmente te ne parlerò ancora in altri post.
Le mail devono essere in formato nativo EML. Personalmente utilizzo Apple mail, ma credo che questa automazione funzioni anche con altri client di posta, considerato che il formato mail dovrebbe seguire degli standard, ovviamente a condizione che consentano di esportare in formato nativo – Thunderbird ad esempio lo fa, tant’è vero che lo uso quando devo fare una esportazione di «massa» per scopi di archiviazione della pec, come spiego meglio in questo post, anche se con un plugin apposito.
Hazel funziona con questa logica: tu definisci delle regole da applicare a cartelle di files quando avviene un certo evento. Ad esempio, puoi stabilire una regola per cui ogni volta che un file viene ad esistere dentro ad una cartella, su quel file vengono eseguite delle operazioni.
La regola che ho fatto io funziona esattamente in questo modo: ogni volta che un file con estensione .eml viene a trovarsi sulla scrivania, tipicamente a seguito di trascinamento (drag and drop), Hazel lo prende, va a recuperare, nel corpo del messaggio, la data dello stesso e la mail del mittente, poi usa quei dati per ridenominare il file della mail, che, a questo punto, può essere spostato nella pratica relativa già denominato secondo le mie convenzioni, che mi consentono di tenere tutto in ordine.
Se hai mac, e sei disposto a procurarti una copia di Hazel, puoi usare, ed eventualmente modificare, questa regola scaricandola da qui.
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