Oggi è iniziata la protesta degli avvocati contro la mediazione civile, introdotta con il Decreto Legislativo 28/2010 e destinata ad entrare in vigore, quasi totalmente, salvo sorprese, il prossimo 20 marzo.
Si tratta sicuramente di una legge per molti versi sbagliata, soprattutto dal punto di vista del metodo con cui è stato introdotto questo nuovo istituto nel nostro Paese. In questo intervento, tuttavia, non vogliamo parlare di questa riforma in generale, ma ragionare su un piano, come al solito, più concreto, considerando che assai probabilmente tra pochi giorni dovremo averci tutti a che fare operativamente e che l’utente finale, il famoso cittadino, non sa che farsene di considerazioni generali, osservazioni, critiche, auspici, financo proteste e simili, ma vuole, come sempre, sapere «come meglio muoversi» in relazione ai suoi problemi.
Qui in studio, dunque, ci siamo riuniti per prepararci ai prossimi cambiamenti e per capire, soprattutto, che cosa dobbiamo dire agli utenti, alla gente che viene da noi per farsi tutelare e seguire in un suo problema.
La prima cosa che gli utenti è giusto sappiano è che per fare la mediazione non è necessario, in linea di principio, essere assistiti da un legale. Una persona può presentarsi anche personalmente, senza avvocato. Questa è stata la scelta del nostro Parlamento. Quindi, chi ha un problema in una materia per cui è previsto l’obbligo di passare dalla mediazione, deve per prima cosa decidere se vuole farsi seguire, anche in questa fase, da un legale, sopportandone le relative spese, o meno.
Non è facile, per noi, dare consigli al riguardo, perchè ogni cosa che possiamo dire a favore dell’opportunità di munirsi di un legale anche in sede di mediazione può essere vista come un consiglio «interessato», corporativo, di categoria. Ma vogliamo ugualmente dire la nostra, a costo di venire male interpretati; riteniamo giusto dare le informazioni che riteniamo corrette a tutti, poi ognuno ne farà l’uso che riterrà migliore.
A nostro giudizio, non ha senso, probabilmente, andare in mediazione senza avvocato, almeno nella maggioranza dei casi, se non nella quasi totalità. Naturalmente, dipende dal problema che si deve risolvere e dalle caratteristiche della persona che ne è portatrice, dato che sicuramente una persona di cultura medio – alta, anche priva di preparazione giuridica, può avere certo qualche chances in più rispetto ad un’altra persona che ha avuto poche occasioni formative. Rimangono però alcuni fatti oggettivi, sui quali l’utente è bene, a nostro giudizio, che rifletta.
A) L’utente non sa quali sono i suoi diritti, ciò che gli spetterebbe per legge. La mediazione civile è obbligatoria in materie quali le divisioni, le successioni, la responsabilità civile. Si tratta di discipline particolarmente tecniche dove non si può assolutamente andare a buon senso, anche perchè la legge raramente è ispirata al buon senso nel campo civile, ma semplicemente ad una ripartizione di interessi che a volte non risponde nemmeno ad eque esigenze di contemperamento delle posizioni delle parti, ma magari a esigenze di carattere più generali, ascrivibili ad un determinato ceto di persone (come ad esempio il famoso principio possesso vale titolo, che frusta il valore della proprietà per tutelare la classe dei commercianti).
Recarsi senza legale a discettare circa l’entità di un risarcimento dovuto, ad esempio, per responsabilità medica è più o meno simile a mettersi alla guida di un aero confidando sulle nozioni apprese ai corsi per conseguire la patente B.
A queste considerazioni, si potrà obiettare che l’obiettivo della mediazione non è necessariamente quello di applicare la legge, ma di raggiungere un accordo che sia soddisfacente per entrambe le parti, ma noi ci andremmo piano con un discorso del genere. È verissimo che ognuno può fare quel che crede dei propri diritti, ma perchè abbia questa libertà crediamo che sia sempre comunque necessario che prima conosca bene quelli che sono i suoi diritti e quello a cui eventualmente rinuncia. Secondo noi, insomma, ci vuole sempre una persona che avverte l’utente di quello che gli spetterebbe, quello a cui potrebbe, pro bono pacis, rinunciare e quello che invece è meglio mantenere.
Gli accordi che si raggiungono in mediazione sono destinati a durare, sono concepiti appositamente per durare, decine di anni, potenzialmente per sempre. L’utente comune non ha l’esperienza del professionista del diritto per sapere cosa succederà tra cinque o dieci anni accettando un certo accordo piuttosto che un altro, ad esempio i riflessi sul trattamento pensionistico futuro dell’accettazione della proprietà di un immobile. Come avvocati, pensiamo dunque che una parte, se lo fa scientemente, possa anche spogliarsi di tutti i suoi beni ed anche uscire dalla mediazione nudo come San Francesco, però deve essere una scelta consapevole, adottata a seguito dei consigli e delle illustrazioni sullo «stato dell’arte» ricevuti da un professionista adeguatamente preparato.
C’è anche un’altra cosa da dire al proposito della mancanza conoscenza dei propri diritti da parte dell’utente che va in mediazione da solo e cioè che, vedendo la cosa da un punto di vista opposto, chi si reca in mediazione da solo non è nemmeno in grado di apprezzare l’eventuale bontà di una proposta ricevuta da controparte, se qualcuno non gli spiega, conoscendo la legge, che la proposta contiene buona parte, se non tutto, quello che potrebbe comunque ottenere con lo strumento giudiziario. In questi casi, il «cittadino» (mettiamo le virgolette a questa parola purtroppo oramai rovinata dagli abusi dei politici) rischia di rimanere chiuso nella sua diffidenza anche con un mediatore ed una controparte del tutto favorevoli alle sue istanze, determinando il trascinarsi inutile della vertenza per ulteriore tempo, magari anni, rendendo anche necessario il ricorso al Tribunale quando invece la cosa si sarebbe potuta evitare. Il nostro «carattere nazionale», se mai esiste una cosa del genere, ha spesso due componenti, quelle dell’egoismo, inteso non come cattiveria ma come incapacità di guardare le cose da un punto di vista sociale, e della diffidenza, aspetti che, entrambi, non faranno che aggravare quello che abbiamo appena detto.
B) L’avvocato, se è bravo, è un mediatore naturale. Noi avvocati, da sempre, siamo come l’olio tra gli ingranaggi di un motore: non facciamo niente in particolare, ma se non ci siamo il motore si ferma e poi si rompe anche. Il motore che contribuiamo a far andare avanti è, naturalmente, la società, i suoi meccanismi, le sue dinamiche. Un legale con un minimo di esperienza e sensibilità è giocoforza un discreto negoziatore, anche perchè sa perfettamente che il nostro sistema giudiziario è il contesto meno indicato per coltivarvi questioni di principio. Naturalmente, dipende sempre dall’avvocato che si sceglie, perchè non esiste un avvocato uguale all’altro. Ma questo vale per qualsiasi cosa si debba fare: la scelta del professionista, le sue capacità e inclinazioni, sono sempre fondamentali, sia che si debba mediare, sia che si debba fare una causa, avere una consulenza e così via. Per la mediazione, sicuramente l’utente deve rivolgersi a quei legali che non hanno temperamento da «guerrafondaio», che non si vergognano di raggiungere compromessi, che non sentono di dover dimostrare nulla nè al cliente, nè alla controparte, nè al mediatore, ma si accontentano di portare a casa una giusta fetta della torta. Con un avvocato così, se lo trova, l’utente può fare molto e la mediazione per lui può anche funzionare, anche se naturalmente dipende anche dal tipo di problema, dalle controparti e dai loro legali.
C) Fare la mediazione comunque costa. Non è che andando da solo, l’utente non spende niente. Spende ugualmente e magari lo fa per niente, per i motivi che abbiamo detto sopra. Una volta che si deve affrontare questa fase, e pagare per farlo, forse è meglio essere costruttivi e incaricare un avvocato, per dare più speranze a questa occasione di soluzione della vertenza.
Questi, dunque, sono i tre motivi principali per cui secondo me vale la pena, per l’utente, incaricare ugualmente un legale, nonostante non sia obbligatorio. Ognuno, comunque, valuterà.
Detto questo, il problema, se vogliamo dare un’informazione completa a tutte quelle persone che si chiedono che cosa devono fare con questa «mediazione», diventa quello del compenso del legale, da vedere sotto il profilo generale dei sistemi di tariffazione applicabili e dell’intensità del lavoro richiesto.
Al riguardo, la prima cosa da dire è che se la mediazione si vuol tentare seriamente, occorre davvero molto lavoro da parte del legale. Vediamo di capire bene questo punto che è fondamentale. Perchè, dunque, occorre molto lavoro se si tratta semplicemente di andare a far delle «chiacchiere»?
Innanzitutto, la mediazione non può durare più di 4 mesi. Quattro mesi possono sembrare a qualcuno, inesperto di vertenze, un tempo molto lungo, in realtà è uno spazio temporale molto, ma molto breve. Naturalmente, è sempre in qualche modo relativo: un conto è lavorare in mediazione sul risarcimento del danno di un tizio che ha rotto lo specchietto dell’auto di un altro, un conto è gestire una successione di una persona che aveva svariate società, immobili, assicurazioni, titoli, conti correnti e così via. Entrambe le materie sono soggette a mediazione (quella dello specchietto, per la verità, tra un anno visto il rinvio che è stato deliberato), ma si tratta di situazioni molto diverse: per la prima quattro mesi sono anche troppi, per la seconda sicuramente troppo pochi – sia sufficiente pensare alla necessità di acquisire documenti, perizia, informative e così via, tutte cose che, nonostante che la persona comune non sempre se ne renda conto, richiedono molto tempo.
Quindi, la prima cosa è che quasi sempre, quando si va in mediazione, bisogna lavorare in fretta. Occorre, sempre che si voglia fare il lavoro come si deve, presentarsi a molti incontri con il mediatore e/o con il collega di controparte, interagire quasi quotidianamente con il proprio assistito, dedicare molta parte del proprio tempo di avvocato a pensare a qualche idea di composizione della vertenza, a discuterne con il legale «avversario», anche telefonicamente, esaminare documenti. Insomma, ci vogliono davvero molte ore e un coinvolgimento anche emotivo e mentale che non si ha nei procedimenti più dilatati nel tempo. Sempre, beninteso, che si voglia fare il lavoro seriamente. Per farlo tanto per fare, in spento ossequio all’obbligo di legge, basta presentarsi all’incontro con il mediatore e poi non fare più niente. Ma in questo caso difficilmente si raggiungerà un accordo. Parliamo anche del mediatore. Questi è una figura che aiuta le parti a comunicare, ha ricevuto una preparazione specifica all’interno di un corso della durata di qualche mese, per lo più, non certo su base poliennale (salvo l’esperienza che ciascun singolo mediatore può aver maturato per conto suo), non ha insomma la bacchetta magica per far vedere ad entrambe le parti tutto in rosa e giocondamente far loro raggiungere un accordo. Probabilmente ciascuna parte non aderirà a nessun accordo sino a che il proprio legale non la consiglierà in quel senso e ogni legale, se è serio, lo farà solo quando si tratterà, tutto sommato, di un accordo discreto a che tutela abbastanza il suo assistito. Torniamo al discorso di prima: il cliente, abbastanza spesso, non si fida neanche del suo avvocato, del professionista che ha incaricato e che retribuisce; figuriamoci se può fidarsi di un mediatore, che vede come una figura che deve «subire» in base ad una legge dello Stato – ciò naturalmente salvo le dovute, e sperate, eccezioni.
In questo quadro, dunque, la nostra scelta è stata quella, come sempre, di giudicare caso per caso. La mediazione, in generale, è solo uno strumento, proprio come il telefono, il computer, internet, il Tribunale o se vogliamo anche un cacciavite, che, come sappiamo, è esattamente utile o inutile a seconda del tipo di vite su cui deve agire. Come tutti gli strumenti, ci sono casi in cui può essere utile e casi in cui non può esserlo, o è addirittura dannoso. Quindi, la nostra politica sarà proprio quella di:
- esaminare insieme al cliente il suo caso, studiandolo approfonditamente come sempre cerchiamo di fare (NB se lo studio potrà avvenire con poco lavoro, sarà gratuito, altrimenti proporremo l’acquisto di una consulenza preliminare);
- dirgli, dopo averlo studiato, se nel suo caso a nostro giudizio ci sono buone possibilità di risolvere la vertenza coltivando seriamente la fase della mediazione o se invece le probabilità di successo sono minori di quelle di insuccesso; questa comunicazione avverrà per iscritto, coerentemente con la nostra politica di massima chiarezza;
- il cliente, a questo punto, sceglierà, tenendo presenti i nostri consigli ma anche quelli di un eventuale altro legale consultato all’uopo o qualsiasi altra informazione o dato ritenga interessante od utile, come farci condurre la fase di mediazione: scegliendo tra una mediazione coltivata al massimo grado, e quindi con massimo impegno da parte nostra, cercando effettivamente di definire la vertenza in quella fase, e una mediazione, invece, sostenuta solo nel minimo indispensabile previsto dalla legge, per poi andare subito dopo in giudizio;
- a quel punto, in base alla scelta del cliente, e quindi del lavoro presumibilmente necessario, gli faremo un preventivo per la fase della mediazione, che sarà sempre con la nostra tariffa di tipo «flat», che consente all’utente di sapere finalmente che cosa va a spendere, eventualmente integrata con alcuni elementi di parametrazione al risultato, in modo da aversi una specie di premio nei casi in cui la vertenza viene effettivamente risolta in mediazione
- naturalmente le ultime due fasi potranno anche sovrapporsi ed intersecarsi, nel senso che potremo benissimo fare subito un preventivo per le due ipotesi, dopodichè il cliente rimarrà libero di accettarlo o meno, di fatto scegliendo di:
- fare la mediazione credendoci al massimo grado e impegnandoci risorse concrete;
- fare la mediazione al minimo sindacale ma pur sempre con un avvocato;
- fare la mediazione da solo (ipotesi in cui non accetta nessuno dei due preventivi).
Adesso parliamo di soldi, facendo qualche esempio di cifra, per essere concreti al massimo.
Un nostro lavoro di assistenza in una mediazione vera e «creduta» non può costare meno – ad oggi, naturalmente: in futuro l’importo potrà cambiare, come sempre si deve far riferimento al nostro listino – di 2.000 euro, cifra che può naturalmente abbassarsi o aumentare, anche sensibilmente, a seconda delle ipotesi. Oltre a questo, chiederemo anche al cliente un compenso parametrato al risultato, cioè una percentuale di quanto ricavato in denaro o altre utilità, come ad esempio il 2%, ma anche il 10% o altro, percentuale appunto variabile a seconda del caso. Il concetto è questo: è chiaro che se io, come avvocato, ti risolvo in quattro mesi, lavorando sostanzialmente come un matto sulla tua questione, un problema di divisione, servitù, acquisto immobiliare, o simili che, senza mediazione, avresti dovuto impiegare diversi anni di causa a risolvere mi devi compensare di più e non di meno: in fondo ti ho fatto avere una soluzione potenzialmente ancora migliore di quella che avresti avuto con una sentenza o un provvedimento del giudice e ti ho fatto risparmiare anni di incertezze e denari versati in spese legali.
In altri termini, l’errore che non deve mai fare l’utente è quello di sottovalutare il suo problema una volta che è stato risolto, altrimenti la mediazione non decollerà mai. Generalmente, i clienti tendono invece sempre a sottovalutare i loro problemi e a credere che basti molto poco per risolverli («è tanto chiaro!»), cosa che poi non avviene solo per un malevole scherzo del destino o per la malvagità di giudici e avvocati. In realtà, non è così. Le cose sono quasi sempre molto più complesse di quello che si immagina un utente, quando la complessità non è insita nel caso in sè può derivare dal carattere di controparte o del suo avvocato, ma, val la pena di crederlo, ci sono infiniti fattori che possono ostacolare il raggiungimento di un accordo.
In questo contesto, se i clienti, come categoria, sapranno generalmente apprezzare il lavoro di quegli avvocati che si saranno sperticati per risolvere i loro problemi in fretta e con una soluzione di buon contenuto, compensandoli adeguatamente, la mediazione avrà speranza di attecchire nel nostro Paese, con vantaggio di tutti. Se altrimenti tenderanno a sottovalutare i risultati conseguiti («se il problema si è risolto in due mesi, era sicuramente una cosa da poco»), gli avvocati vedranno sempre la mediazione come il fumo negli occhi e torneranno a lasciar pendere le cause per anni. D’altra parte chi è che vorrebbe fare un lavoro urgente e faticoso per essere compensato meno di un lavoro lento e leggero, spalmato su più anni in cui ha un introito sicuro? Non esiste un lavoratore al mondo (non tutti se ne rendono conto, ma gli avvocati sono lavoratori che si alzano tutte le mattine per andare a guadagnare il loro pane) che lo preferirebbe.
Naturalmente, quando tratteremo i singoli affari che saranno sottoposti alla nostra attenzione, ogni cosa sarà discussa con il cliente e ci sarà una nostra proposta finale che il cliente rimarrà libero di accettare o meno, in caso di accettazione si farà come sempre un chiaro contratto scritto da noi e dal cliente.
Queste, dunque, sono le prime basi operative che abbiamo abbozzato per il prossimo periodo, concretamente vedremo ogni cosa, come al solito, insieme a voi, man mano che capiteranno casi da seguire, ci sarà occasione di confrontarci, discutere, aggiustare il tiro, ragionare, lavorare insieme. Resta il fatto che la mediazione sarà una opportunità se ci crederanno non solo gli avvocati, o qualche avvocato, ma anche gli utenti.
Buona serata a tutti.