mi sto separando da mia moglie. Abbiamo due bambini di 7 e 6 anni e siamo in regime di separazione dei beni. La signora è proprietaria della casa coniugale e ovviamente, intestataria del mutuo acceso per l’ acquisto di essa, visto che ha lavora a tempo indeterminato, mentre io a determinato ma comunque garante del suo finanziamento. L’ immobile è stato acquistato dopo il matrimonio, ovviamente con il mio altissimo contributo. Oggi, la signora, in sede di accordo di separazione mi chiede il pagamento totale delle rate del mutuo di una cosa di cui io non sono proprietario e dalla quale dovrò andarmene perché l’ affidamento dei figli dovrebbe assegnato a lei, visto che io sono un marittimo di professione. Può la signora in essere pretendere tale richiesta, quando io non ho neanche un tetto dove andare?
I giudizi, o comunque le pratiche, di separazione hanno per oggetto necessario i soli aspetti relativi appunto alla separazione personale dei coniugi, alla gestione dei figli e agli eventuali mantenimenti per uno dei coniugi e per i figli stessi.
Si tratta degli aspetti personali relativi alla separazione che, anche quando vengono tradotti in somme di denaro, come nel caso degli assegni periodici, non assumono natura di obbligazioni commerciali, ma rimangono obblighi di famiglia: hanno appunto natura personale e non patrimoniale.
Per questo motivo, le questioni patrimoniali, tra cui anche quella relativa alla proprietà della casa familiare e al pagamento dell’eventuale mutuo relativo, non debbono affatto necessariamente essere trattate e sistemate in occasione della separazione, ma possono benissimo essere accantonate ad un momento successivo e distinto, procedendo intanto con la separazione.
Questo è ad esempio il metodo che mi è capitato di seguire, per semplicità, in molti casi, perché la famiglia, proprio perché in crisi, ha bisogno di essere regolamentata, anche consensualmente, in tempi abbastanza brevi, mentre gli immobili, al contrario, richiedono di solito tempi molto più lunghi per la loro gestione ed accomodamenti.
Non foss’altro che per questo, dunque, potresti rifiutarti di occuparti della casa familiare in questa sede, insistendo per le altre richieste relative alla separazione.
Ovviamente, se è possibile accantonare tali questioni, per converso nulla vieta di trattarle insieme, quando è agevole e non rallenta la gestione della separazione.
Da questo punto di vista, tuttavia, non mi sembra corretto che le rate del mutuo siano addossate a te, quando la proprietà della casa rimane a lei. Anche se questo naturalmente è un aspetto che andrebbe valutato nel contesto e nel complesso di tutte le posizioni che state trattando per la separazione.
Se vuoi approfondire ulteriormente, valuta di acquistare una consulenza, anche se credo che, se hai già un avvocato che conosce bene il caso e se ne sta occupando, forse è meglio che tu chieda direttamente a lui.
Iscriviti al blog per ricevere tutti i futuri aggiornamenti.
Sono separato dal 2017, la mia ex moglie mi ha tradito con un Poliziotto della stradale di riccione che oggi vive in casa mia, dove oltre al mantenimento per le mie 2 figlie verso il 50% del mutuo (€ 350). Lui si è insediato in casa mia già dalla fine del 2017 ed ho testimoni che lo possono provare, dalla relazione del CTU è emerso che è il compagno della mia ex e le mie figlie (la grande) in uno sfogo mi ha detto che lui vive in quella casa. Ho denunce penali inventate da parte della mia ex, ho denunce penali da parte di lui, ho denunce penali per maltrattamenti sulle mie figlie e di tutto questo non c’è una prova ma solo invenzioni e false testimonianze, ma non ne riesco a venire fuori in quanto nel riminese questo soggetto è molto ammanicato. Pago 400 euro di mantenimento, 350 di mutuo e 500 di affitto, mentre la mia ex moglie lavorando in nero fa la vita della signora e mi massacra
È la situazione comune dei padri separati, purtroppo.
Oggi si ciancia in continuazione di cose come i «femminicidi», una vera e propria parola truffa della neolingua di chi ci governa, che vorrebbe indurre la falsa e marcia idea per cui l’uccisione di una donna sarebbe più grave di quella di un uomo, quando sono entrambi omicidi; si parla – inoltre – in continuazione di «violenza di genere» alludendo sempre e solo a quella contro la donna, come se la violenza contro i maschi non esistesse o, se esistente, non avesse pari gravità.
Prova ad esempio a rivolgerti ad uno dei tanti «centri antiviolenza» che si trovano sul territorio e vedi che cosa ti dicono: che, nonostante il nome generico, sono solo per le donne, mentre se tu subisci violenza ti devi sostanzialmente arrangiare diversamente.
La mascolinità tutti i media concordi vogliono fartela considerare «tossica», esattamente all’opposto di quello che è davvero, perché se c’è una cosa di cui ha bisogno la nostra società attuale sono padri forti, per poter proteggere meglio che possono la loro famiglia e i figli, mentre invece il disegno generale è quello di indebolire quanto più possibile le famiglie e i figli che ci vivono dentro.
Invece non così poche donne, purtroppo, non vedono l’ora di poter dichiarare giulive che «il vero padre dei miei figli è il mio nuovo compagno» e altre dichiarazioni consimilari – naturalmente maturate dopo che il padre biologico, sicuramente non perfetto ma pur sempre «vero» padre, è stato preso, mandato fuori casa, ridotto in miseria, amareggiato e distrutto e, sostanzialmente, reso incapace di poter prendersi cura di se stesso, prima ancora che degli altri. Ovviamente, il mantra «fai il padre!» segue subito a ruota, come se dopo aver tagliato le gambe a uno lo si potesse incitare a scrollarsi di dosso l’inedia e a correre – del resto, impossible is nothing!
Di vera e propria «character assassination» a proposito della figura del maschio parla il grande Claudio Risè nel suo bellissimo saggio, recentemente integrato e riformulato, di cui ti consiglio la lettura, Il maschio selvatico. Clicca qui per acquistare una copia.
A livello legale purtroppo, almeno al momento, è tutto corretto: la casa viene affidata alla madre perché considerata, specialmente quando i figli sono molto piccoli, il genitore più in grado di occuparsene.
Anche questo è un pregiudizio positivo ben incistato nella magistratura verso le donne, tutto al contrario di quanto la retorica contro la violenza di genere vorrebbe farci credere.
Alla collocazione dei figli, segue l’assegnazione della ex casa familiare, con tutto il corredo di mobilio. Se la casa era stata acquistata con un mutuo, il padre deve uscire di casa, pagarsi un affitto e, naturalmente, continuare a pagare il mutuo.
La povera mamma – che non è colpa sua se ha «smesso di amare», come ci informano con frequenza assillante e comunque sempre costante giornali, magazine, serie tv, opere cinematografiche e «letterarie» contemporanee – avrà pur diritto di «rifarsi una vita» (come se la vita non fosse una sola, ed eterna): così si mette in casa un altro uomo, spesso colui chattando con il quale mentre era ancora sposata – faccio il divorzista da venticinque anni e purtroppo so bene di cosa parlo – ha incredibilmente scoperto di non amare più il marito, perché – dicono – l’altro (ho sentito questa frase dozzine di volte e ogni volta che la risento vorrei ancora che mi scoppiassero le orecchie) «mi ha fatto sentire come una regina»…
Come dico sempre: non ce l’ho con le donne, sono loro che ce l’hanno con me, almeno alcune, non tutte per fortuna.
Costui di solito ovviamente approfitta volentieri dell’opportunità di un’abitazione a costo zero, dando appena una mano per il pagamento delle utenze e la gestione dei figli di un altro, che si troveranno privi dell’autorità di cui hanno bisogno e che potrebbe venire solo dal padre, e si guarda bene dal corrispondere alcunché, pur abitando nella casa, a titolo di contributo per le spese del mutuo.
Nei casi meno felici, purtroppo, si continua a sviluppare contenzioso, addirittura anche penale come nel tuo caso, addirittura in modo ipertrofico come accenni.
Per tutto questo, specialmente in un assetto sociale e in una politica / magistratura come quelli contemporanei, anche se le cose stanno sia pur lentamente cambiando, non esistono soluzioni «magiche»: ogni singolo procedimento va studiato, approfondito e affrontato con cura, come se… fosse una cosa seria, come in effetti legalmente è, perché, al di là delle ragioni effettive, può concludersi giuridicamente con un provvedimento sfavorevole che non farebbe che aggravare ancora di più la tua situazione.
Cosa si può fare, dunque?
Il primo passo è sicuramente studiare bene tutta la tua situazione, attraverso un primo colloquio che, ormai, potrebbe avvenire naturalmente tramite Skype o altri sistemi di videoconferenza, e l’esame della documentazione relativa.
Probabilmente sono da preventivare alcune ore di lavoro, un’ora non credo proprio possa essere mai sufficiente.
Se credi, puoi procedere direttamente all’acquisto di una ricarica dal nostro store legale: clicca qui per valutare.
Iscriviti al blog per ricevere tutti i giorni l’indispensabile post del giorno.
Entra nel nostro gruppo facebook dedicato al recupero della forza e dell’istinto maschile nella società contemporanea: la città dei maschi.
Con il mio ragazzo non viviamo ancora insieme e non siamo sposasti. Ora vorremmo acquistare la casa, per cui il muto lo prenderebbe il mio ragazzo, perche cosi potrei io prendere magari un’altro muto per i mobili. Vivremmo insieme, spese in comune, entrambi con lavoro e per questo voglio che l’intestazione della casa sia fatta meta’ anche a me visto che non siamo ancora sposati e voglio proteggere il mio diritto. Ci vorremmo sposare nei seguenti due anni, pero’ visto che il muto sarebbe intestato solo a lui, vorremmo mettere una clausula che nel caso della separazione prima del matrimonio, la casa rimane solo a lui. E’ questo possibile?
Non ho capito bene che cosa volete fare di preciso, la cosa migliore, visto che la situazione riguarda sia un progetto di vita con importanti aspetti personali sia beni patrimoniali di una certa consistenza, sarebbe acquistare una consulenza da un legale per elaborare un progetto adeguato per la gestione di tutto.
Nell’attesa di fare questo, che è la cosa sicuramente più consigliabile, si può osservare che per cambiare comunque la titolarità di un immobile occorre una forma di alienazione e quindi o una nuova vendita o una donazione, non è che si possa ottenere automaticamente, mettendo da qualche parte una condizione legata alla crisi familiare o di coppia, peraltro una crisi che costituisce un elemento abbastanza sfuggente per essere costituito in una condizione del contratto.
Probabilmente, volendo proprio fare una cosa di questo genere, bisognerebbe fare una convenzione a parte, ma è ancora più probabile che una volta che avrete spiegato ad un professionista quelli che sono i vostri obiettivi di tutela reciproca, in relazione a quello che può accadere le soluzioni praticabili siano diverse da questa.
In questo caso, un approfondimento sarebbe sicuramente opportuno. Valuta se vuoi acquistare una consulenza.
Non mancare di iscriverti al blog per non perdere informazioni utili rilasciate quotidianamente come questa è che non trovi da nessun’altra parte.
devo fare da garante alla mia ex moglie (madre di mio figlio di 4 anni) per l’acquisto di una casa dove andrà ad abitare con mio figlio e con la quale abbiamo fatto una separazione consensuale che prevede un riconoscimento di un assegno di mantenimento mensile di 400 euro e che lei vada ad abitare con mio figlio nella nuova casa. Come posso tutelarmi qualora lei in futuro diventasse inadempiente? Posso fare ad esempio una scrittura privata? Che mi consigliate di fare?
Se l’operazione viene svolta come avviene di solito in casi del genere, tu dovresti comparire come fideiussore nel contratto di mutuo stipulato per atto pubblico davanti ad un notaio.
In queste condizioni, non avrebbe alcun senso fare una scrittura privata a parte, dal momento che risulta già da un atto avente maggior valore di prova, l’atto pubblico stipulato davanti ad un notaio, che tu intervieni nel mutuo non in qualità di co-mutuatario, bensì di garante.
Da questa qualità di fideiussore, o garante, discende direttamente per legge che, se il mutuatario, cioè la tua ex moglie, non paga il mutuo e la banca chiede a te il pagamento nella tua qualità appunto di garante e tu effettivamente paghi, poi hai un’azione di regresso nei confronti della tua ex moglie per quello che sei stato costretto a pagare.
A questo punto, piuttosto, il problema potrebbe essere quello della solvenza della tua ex moglie, come spiego meglio nella scheda sul recupero crediti, che ti invito a leggere con attenzione, mentre a livello documentale, come contratto, non credo ci sia molto altro che si possa fare.
L’unica cosa che ti consiglierei è quella di far vedere ad un avvocato il testo del contratto di mutuo che andrai a sottoscrivere insieme alla tua ex moglie, in modo da verificare bene ed in concreto che il quadro sia effettivamente quello sopra delineato e non vengano impiegate formule o clausole che potrebbero far pensare, anche solo in parte, a conclusioni diverse. Se vuoi far fare a noi questo lavoro di controllo, assistenza e consulenza, puoi acquistare una consulenza dalla voce apposita nel menu principale del blog.
Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.
Sto con una persona che ha divorziato a giugno di questo anno, quindi due mesi fa. Durante la separazione consensuale all sua ex era stato dato un assegno di 50 euro (poi abbiamo capito perché: la pensione di reversibilità). È successa una cosa gravissima. Il suo ex marito non poteva più pagare le rate del mutuo che gravavano solo su di lui e le ha detto di pensarci per un po’ o di vendere la casa (lei lavora a nero full time e ha 50 anni ma il suo lavoro di sarta con riconoscimento e ben 6 attestati di scuole di moda e design le permetterebbero di fare molto di più ma nn vuole per ovvi motivi). Lei cosa fa? In fase di divorzio giudiziale le tolgono i 50 euro ma nn si pronunciano sul mutuo con la conseguenza che lei gli fa bloccare 1150 euro di stipendio su 1350. Aveva ed ha ancora 437 euro da pagare x una finanziaria. Doveva mangiare, pagarsi un’affitto. Insomma, inizia la depressione, l’ansia…prende malattie, ansiolitici…il suo lavoro è a rischio e ha 58 anni. È gravissimo. Non viene tutelato dal suo avvocato anzi, non si oppone al decreto e optano per un accordo, da strozzini. 250 euro al figlio maggiorenne (che aveva sempre pagato) 100 euro a lei e un quinto dello stipendio x gli arretrati. Morale? Se aggiungiamo i debiti non gli bastano neanche. HA FIRMATO PER PAURA di non poter più pagare i debiti con la findomestic, diceva che preferiva nn mangiare (ancora nn viviamo insieme ma è come se lo fosse). La mia famiglia lo aiutava. Insomma. C’e Un modo per impugnare quest’accordo fatto ovviamente sotto ricatto? Lei non ha bisogno del mantenimento, vive alla grande. Macchina, casa, vizi, e lui in miseria. In più lui deve restituire 40 mila euro a tanta gente anche ai miei perché ultimamente gli abbiamo acquistato un’auto di seconda mano perché viaggiava con i mezzi visto che nn poteva più permettersela!!! Quindi ha anche i costi dell’assicirazione, tutto avvenuto dopo la firma. Possiamo agire in qualche modo?
È un situazione molto complicata, formatasi nel corso del tempo e ora gli spazi di manovra sono piuttosto ridotti.
La prima cosa da fare sarebbe esaminare l’accordo che è stato sottoscritto a suo tempo, nell’impossibilità, in questa sede, di farlo, posso fare solo alcune osservazioni generali.
La transazione non si può ovviamente impugnare per «ingiustizia», né sostenendo genericamente di averla sottoscritta per paura, specialmente se parliamo di un uomo «adulto e vaccinato». Naturalmente, non discuto che ciò sia quello che è avvenuto nella realtà, quello che bisogna capire è che se ammettessimo che tutti potessero firmare contratti e poi elegantemente sottrarvisi, sostenendo di aver firmato solamente «per paura» o in preda ad altre emozioni poco piacevoli, tanto varrebbe non fare più nessun contratto, perché ogni contratto non avrebbe più valore vincolante.
Insomma, quando si raggiunge un accordo e si firma, suggellandola, una transazione, bisogna pensarci bene, perché è un contrattolegalmente vincolate, di fronte al quale ci sono davvero pochi margini di manovra. È vero che in alcuni casi molto circoscritti le transazioni possono essere impugnate, ma non mi sembra questo essere il vostro caso.
Al di là dell’accordo, peraltro, mi pare che ci sia stata una gestione finanziaria inadeguata per molti anni e in diverse occasioni.
Quando una persona si trova in situazioni del genere, lo strumento che si consiglia di valutare solitamente è quello della composizione della crisi da sovraindebitamento, una specie di «fallimento privato», mutuato dall’esperienza statunitense della bankrupcy (hai mai visto la scena finale del film «A civil action» con John Travolta? In quel caso è lui, un avvocato, a finire in bancarotta), in cui il debitore mette sul piatto tutto quello che ha o può avere e si cerca di raggiungere, eventualmente con l’intervento di un giudice, un accordo coi creditori, che dovranno accettare di essere soddisfatti solo in parte e, magari, col tempo.
Questo strumento naturalmente non fa miracoli, rappresenta un istituto con il quale si interviene per gestire una situazione di insolvenza, di grave difficoltà, cercando di mettere in fila tutte le cose, per quanto possibile, che già non sarebbe poco.
È importante capire che tutto quello che è avvenuto a questo uomo, per quanto ingiusto e portatore di conseguenze negative e persino inique per lui, è perfettamente legittimo. Il debito con la finanziaria l’ha contratto lui, il mutuo l’ha contratto lui, dall’altra parte ci sono dei creditori che hanno diritto di essere pagati. Quindi, in linea generale, il diritto non vi assiste, non vi può aiutare.
L’unico modo in cui può venirvi incontro, in cui ci può essere un aiuto, è tramite l’attivazione di una di queste procedure di sovraindebitamento, una volta che ne saranno stati accertati i presupposti.
Per avere maggiori informazioni sul sovraindebitamento, puoi leggere innanzitutto la scheda apposita e dedicata. Poi se vuoi un preventivo per la valutazione di fattibilità, puoi chiedercelo compilando il modulo apposito nel menu principale del blog. Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani, anche per evitare problemi del genere in futuro.
Per quanto riguarda invece i problemi personali di ansia, depressione e simili, fate attenzione a non agganciare mai in assoluto e per non nessun motivo il vostro stato emotivo all’andamento di pratiche legali o giudiziarie, perché questo si tradurrebbe sicuramente in una tragedia per voi. È bene che quest’uomo lavori con uno psicologo o un counselor su questi problemi, se non dispone di risorse per compensarli può rivolgersi al servizio pubblico. Anche qui non sto parlando di ciò che è giusto, ma di ciò che sicuramente conviene fare.
chiedo un consiglio per il mio compagno. separato consensualmente da 3 anni, in sede di separazione lui e la ex moglie hanno convenuto che lei rimanesse a vivere nella casa coniugale, con la bimba di 4 anni, e che lui andasse a vivere altrove, affidamento congiunto. pagano il mutuo contratto insieme prima del matrimonio, dividendo equamente la rata al 50% totale circa 600€ e inoltre lui passa alimenti per la bambina per circa 300€ mese, per differenze salariali, oltre a pagare anche metà delle spese condominiali. la bimba passa metà del suo tempo con il papà e con la mamma. ma mentre la mamma vive in un tre locali, il papà vive a casa dei nonni, con la bimba. ora il papà vorrebbe divorziare, ma ci chiedevamo se fosse possibile chiedere al giudice di disporre la vendita della casa e che ognuno poi viva come crede, per liberare il papà dal mutuo e permettergli di vivere una situazione educativamente corretta nella quotidianità con la bimba.
Non è possibile, il giudice della separazione non può intervenire, tantomeno d’imperio su aspetti proprietari o dominicali.
È una cosa che potete ottenere solo attraverso negoziazione con la madre, che, ovviamente, trovandosi, di riflesso, in una posizione di vantaggio, perché gode interamente di una casa che è solo per metà sua, non è così facile che possa accettare.
Ma non è detto che sia impossibile, in molte situazioni il coniuge interessato acconsente ad una vendita e una ripartizione del ricavato, magari perché vuole sistemare definitivamente la questione e comprarsi una casa che, per quanto magari più piccola, possa essere di sua proprietà esclusiva.
La risposta, dunque, è che, come al solito, non esistono strumenti magici e immediati, ma ci si può solo provare.
Quello che dovete fare è incaricare un bravo e onesto avvocato che, magari approfittando della necessità di fare il divorzio, provi a trattare anche la questione della vendita della casa.
Se volete un preventivo dal nostro studio, potete compilare il modulo apposito nel menu principale del blog.
Divorzio: senza prova dell’accollo, anche la moglie deve corrispondere metà rate del mutuo stipulato da entrambi per l’ex casa coniugale
Con la recente ordinanza n. 1072/2018 (depositata il 17 gennaio 2018), la Corte di Cassazione interviene in riforma della pronuncia della Corte d’Appello di L’Aquila, con la quale i giudici di merito in sede di appello sulla sentenza di divorzio avevano modificato la decisione di primo grado e posto a carico del marito il pagamento dell’intera quota delle rate del mutuo, pur stipulato da entrambi, anche dopo la pronuncia della separazione e, per l’effetto, lo scioglimento del regime patrimoniale di comunione legale dei coniugi.
La decisione della Corte d’Appello si basava sulla presunta volontà del marito di farsi carico di questo incombente per intero, volontà desunta dal provvedimento presidenziale provvisorio con cui il Tribunale aveva stabilito le condizioni economiche del divorzio.
In sede di ricorso per Cassazione, l’ex marito contesta tale decisione per violazione, tra gli altri, degli artt. 1273, 1322, 1326, 1362 e 1299 c.c, lamentando in particolare l’erroneità di dedurre un impegno così importante quale l’accollo per intero delle rate del mutuo (in luogo della quota ordinariamente dovuta come cointestatario, cioè il 50%) in via meramente presuntiva, senza che tale volontà risultasse nè dagli atti difensivi nè dai verbali di udienza e nemmeno da altro atto.
Questa prospettazione ha trovato pieno accoglimento nella pronuncia della Suprema Corte: «[…] Non v’è dubbio, in primo luogo, che la prova dell’accollo non potesse desumersi dalle mere premesse di un provvedimento (peraltro temporaneo e destinato ad esaurire i suoi effetti col passaggio in giudicato della sentenza di divorzio) che non solo non conteneva alcuna statuizione a riguardo, ma ometteva di dare atto delle modalità attraverso le quali l’odierno ricorrente aveva manifestato l’effettiva volontà di assumere per l’intero, in via definitiva, l’obbligazione di pagamento: la prova in questione avrebbe, piuttosto, dovuto essere tratta da elementi documentali (dichiarazioni di G., verbali delle (anse di separazione e divorzio), eventualmente avvalorati (anzichè, come nel caso, palesemente smentiti) dal successivo comportamento processuale delle parti. […]».
Ciò sottolineando peraltro anche un ulteriore profilo di incongruità della sentenza d’appello, ossia la mancata valutazione del rigetto della domanda di pagamento integrale del mutuo a carico dell’ex marito: «[…] Risulta, inoltre, del tutto anodino (e sostanzialmente incomprensibile) il successivo passaggio motivazionale, con il quale la corte del merito si è limitata a rilevare che il capo della sentenza di divorzio che aveva rigettato la domanda di M. di corresponsione di un assegno divorzile non incideva sulla propria decisione, ma ha omesso totalmente di considerare che detta sentenza, dopo aver escluso (in contrasto con quanto da essa accertato) che il provvedimento presidenziale avesse tenuto conto dell’impegno assunto da G. di pagare in via esclusiva il mutuo gravante sulla casa coniugale, aveva anche respinto l’ulteriore domanda della signora, volta ad ottenere che l’obbligo di pagamento delle rate del mutuo fosse posto a carico esclusivo dell’ex coniuge. […]».
Pertanto la Cassazione conferma come dopo la separazione le rate del mutuo vadano pagate in egual misura dai cointestari e se così non fosse chi adempie per intero va rimborsato dall’altro, fatta salva una specifica e precisa volontà di accollo da parte dell’ex coniuge (che deve essere dimostrata). Oppure, che tale obbligo di pagamento venga posto a carico sì di uno degli ex coniugi, ma in funzione di misura sostitutiva dell’assegno divorzile (nel caso di specie non accordato).
Un conoscente ha stipulato con me un contratto di mutuo senza interessi con pagamento per 48 mesi, senza indicazione interessi moratori. Dopo 24 mesi questa persona ha smesso. Ho fatto causa e sono riuscito a far riconoscere il mancante. Ho visto suweb che anche tra privati, dal 2013 sarebbe possibile chiedere anche interessi legali di MORA.
Le chiedo gentilmente: 1) se è vero che gli interessi di mora si applicano anche tra privati come il mio caso; 2) come leggo (“È stato aggiunto anche un nuovo 5o comma all’art. 1284 del Codice civile, il quale specifica che alla domanda giudiziale è equiparato l’atto con il quale si promuove il procedimento arbitrale.”). Cosa si intende per data della domanda giudiziale, in quanto sembrerebbe che valga solo per azioni post 23/9/2014 (la mia è di agosto come richiesta di precetto del mancante)
Il problema qui è che avresti dovuto chiedere gli interessi in questa misura al momento in cui hai iniziato la causa per far riconoscere l’adempimento ed ottenere la condanna del debitore alla restituzione. La causa di solito si inizia con la notifica di un atto di citazione o con il deposito di un ricorso, ordinariamente per ingiunzione (decreto ingiuntivo), ma anche ex art. 702 bis cod. proc. civ..
Se, adesso, la sentenza è già passata in giudicato, vale tendenzialmente il principio per cui «il dedotto copre anche il deducibile», per cui non puoi adesso fare una nuova domanda relativa solo alla differenza tra saggio applicato in sentenza e saggio più favorevole.
Ad ogni modo, ulteriormente, qualora la sentenza non fosse passata in giudicato, per il principio della domanda non credo proprio che potresti impugnarla per farla modificare in grado di appello, perché manca il requisito della soccombenza: il giudice, sempre se ho ben capito, ti ha riconosciuto gli interessi nella misura che tu avevi chiesto; ergo, se tu avessi voluto una diversa misura, avresti dovuto farne domanda tu a suo tempo, mentre non puoi farlo adesso, che il processo è finito.
Non vale eccepire che questa misura di interessi è quella prevista dalla legge, il giudice non ha alcun potere d’ufficio in una materia come questa, deve essere la parte che presenta le sue richieste a chiedere quello che è previsto dalla legge a suo favore, mentre il giudice si limita a valutarne il fondamento o meno.
Cercando di vedere il lato positivo della vicenda, direi che puoi ritenerti fortunato ad avere non solo avuto un esito favorevole del procedimento, ma anche ad essere riuscito ad incassare il capitale, magari con gli interessi legali. Di questi tempi, non è affatto poco.
Ho prestato dei soldi al mio ex tre anni fa con un assegno circolare ma senza contratto scritto, con la promessa che me li avrebbe restituiti il mese dopo. Ad oggi mi ritrovo con nemmeno un quarto della cifra e a dover elemosinare i miei soldi scrivendogli ogni santo giorno o quasi. La risposta é sempre che quando li avrá me li dará, ma intanto fa la bella vita, si é comprato una bella macchina nuova (non intestata a lui), é andato a vivere da solo, viaggia etc. E io mi sento davvero presa in giro! So che ho tempo 10 anni (a questo punto 7) per intraprendere una causa. Non ho una prova scritta del prestito ma ho diversi msg telefonici in cui si parla del debito e in cui lui ammette la sua esistenza, bonifici con causale “restituzione prestito” e corrispondenza date dei msg “ho fatto un bonifico” e dell’accredito sul conto. Come posso agire? Quanto può venirmi a costare una causa simile e come sono i tempi? Grazie mille! Sono disperata!
Quando uno si rivolge a me dicendo di essere disperato mi fa sempre sorridere, perché lo so già perfettamente: nessuno che non fosse disperato si rivolgerebbe mai ad un essere considerato viscido, inutile e parassitario come un avvocato.
A parte questo, è un recupero crediti come gli altri, con tutti i problemi del caso, in punto a prove e solvenza.
Rimandando per i profili generali alla scheda sul recupero crediti, faccio le seguenti osservazioni particolari.
Non mi sembra così vero che non ci sia prova scritta del credito: forse hai la copia dell’assegno, hai i suoi messaggi, hai le causali dei bonifici parziali di restituzione. Probabilmente sarebbe sufficiente per ottenere un decreto ingiuntivo.
Quanto alla prescrizione, non è mica una condanna: puoi interromperla anche facendo inviare una diffida da un legale, o inviandola anche tu stessa se te la senti, co cui richiedi la restituzione. In questo caso, ricomincia a decorrere da capo e puoi rinnovarla ogni volta che vuoi. Sta solo a te tenere vivo il tuo credito.
Come puoi agire, dunque? Il primo passo è sicuramente quello di far inviare una diffida da un avvocato. Dopodiché, lo strumento più utilizzato è il ricorso per decreto ingiuntivo, per il quale ti manderò il preventivo con mail a parte; alternative interessanti potrebbero essere il ricorso ex art. 702 bis cod. proc. civ. o l’istanza di mediazione facoltativa, cosa quest’ultima che ultimamente sto utilizzando molto spesso con ottimi risultati.
A livello di prevenzione, raccomando a tutti quelli che si trovano in situazioni come la tua di redigere sempre una scrittura privata, per maggior sicurezza. E di munirsi di un contratto di protezione, proprio per evitare queste ed altre imprudenze, che poi possono costare care.
Sono separata da circa 6 mesi è rimasta nella casa di mia proprietà con la bambina di 7 anni ! Percepisco oltre all assegno per la bambina anche un assegno per me che essendo io disoccupata mi serve per far fronte al mutuo a me intestato . Frequento un uomo da qualche tempo che ha una figlia della stessa età della mia è tra noi 4 si è ‘ instaurato veramente un rapporto idilliaco ! Vorrei sapere con esattezza quante notti al mese o a settimana questi ultimi possono dormire ( senza ovviamente porre la residenza) a casa mia senza dare al mio ex marito la possibilità di togliermi la parte di assegno di mantenimento spettante a me per il mutuo ! Al momento lui dorme qui soltanto 4 notti al mese quando le rispettive figlie sono dall’ex coniuge ed un paio di volte al mese con sua figlia … Ma sono terrorizzata dal fatto che il mio ex possa documentarsi ed avviare un ricorso ! Al momento non avrei proprio i mezzi per provvedere a pagare il mutuo!
A me onestamente non sembra giusto, e nemmeno legittimo, che il tuo ex marito, con il quale non condividi più né la vita, né il letto, che ora condividi invece con un altro uomo, ti paghi un immobile, che è poi destinato a restare di tua esclusiva proprietà.
Il mantenimento a favore dell’ex coniuge ha la funzione di concretizzare una forma di solidarietà tra coniugi che permane anche dopo la crisi familiare in considerazione del contributo dato, in costanza di matrimonio, anche dal coniuge più debole al menage, come ad esempio tipicamente nel caso delle mogli casalinghe con mariti lavoratori, ma serve appunto al mantenimento, cioè a vivere tutti i giorni, quindi per il cibo, l’alloggio, le utenze e così via, non, invece, ad accumulare un patrimonio, costituendosi beni immobili, magari a spese di chi, dovendone sopportare le spese relative, deve invece corrispondere un canone di locazione per poter godere di un’abitazione.
È vero che questa distinzione, chiara a livello concettuale, è destinata a sfumare nella pratica, nel momento in cui l’immobile che viene acquistato è la prima casa di abitazione, corrispondente ad un bisogno primario sia dell’ex coniuge che dei figli, ma rimane pur vera e rilevante, tanto che i due concetti non si possono interscambiare come se niente fosse.
In ogni caso, non esiste ovviamente nella legge la indicazione di un criterio preciso in presenza del quale si ha una nuova convivenza, idonea come tale a determinare la caducazione dell’assegno di mantenimento, ma si tratta di una situazione di fatto che viene valutata discrezionalmente dal giudice in base alle circostanze, senza poter fare nemmeno esclusivo riferimento al numero di notti in cui c’è il pernotto, che è un certo un argomento destinato ad esaurire l’intero fenomeno.
Forse la cosa migliore sarebbe parlare sia con il tuo nuovo compagno, sia con il tuo ex marito, per poter arrivare a dividere il mutuo col tuo nuovo compagno, se desideri costruirti una nuova vita con lui, eventualmente abbassando il mantenimento dovuto dal tuo ex marito o elidendolo del tutto, a seconda delle circostanze.