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Anomalie bancarie: come procedere.

Ho bisogno di sapere si vi occupate di diritto bancario, mi hanno pignorato tutto quello che avevo, nonostante avessi speso una valanga di denaro x legali disonesti che si sono dimostrati solo dei sciacalli. Avevo una piccola azienda di termoidraulica che dava lavoro a 15 persone, durante la crisi ho cercato di resistere pagando gli stipendi, ma alla fine ho dovuto lasciare tutto x le banche che chiedevano il rientro immediato, da quel momento mi hanno rovinato, segnalazioni e chiusura dei c/c. Inoltre il capannone in leasing con la xxx bank ben nota x i raggiri da loro applicati ho dovuto restituire con delle opere di miglioramento non riconosciute. Mi chiedevo se potreste controllare i c/c e contratti di leasing, se possiamo recuperare qualcosa, ho fatto fare delle pre-analisi dove si riscontrano delle irregolarità come usura e anatocismo. Ripeto non ho più disponibilità economiche.

Ci occupiamo regolarmente di anomalie bancarie.

Il metodo che seguiamo, grossomodo, è il seguente:

A) Valutazioni preliminari o «preperizia». Facciamo innanzitutto una valutazione preliminare, per vedere se nel caso in questione ci sono probabilmente gli estremi per un’azione di restituzione e/o risarcimento da anomalie bancarie. Questa fase è gratuita.

B) Perizia vera e propria più apertura della vertenza con lettera o diffida alla banca. Si procede a questa fase solo se la valutazione precedente è positiva, ovviamente. In questo caso viene redatta una perizia più approfondita e dettagliata, che indica la somma che in ipotesi la banca sarebbe tenuta a restituire e se ne fa la richiesta con una lettera ufficiale dello studio legale. Questa fase, purtroppo, è a pagamento. Si può valutare anche un compenso a percentuale, se le valutazioni preliminari lo consentono: questo bisogna valutarlo caso per caso.

C) Nel caso in cui l’istituto bancario cui è stata richiesta la restituzione non vi provveda spontaneamente, o in modo integrale o mediante un accordo raggiunto con una breve trattativa, bisogna procedere alla gestione giudiziale della vertenza. Per questo tipo di cause, è prevista la mediazione obbligatoria, che può essere una buona opportunità per definire la vertenza, se coltivata bene. In alternativa, oppure in seguito, si può fare (noi lo facciamo spesso), un ricorso ex art. 696 bis per CTU preventiva, per maggiori dettagli sul quale ti rimando alla relativa scheda. Dopo la mediazione e/o la CTU preventiva, se ancora la vertenza non è stata definita, si deve fare la causa di merito, nelle forme del rito ordinario o, specialmente se è stata fatta la CTU preventiva, in quelle del 702 bis. Anche qui si valuta caso per caso. Qui si parla di molta attività, molto lavoro da svolgere, di solito a pagamento, sulla base di un previo preventivo valutato dal cliente; anche qui si può valutare un compenso a percentuale, ma considera che anche nel caso del compenso a percentuale le spese documentate sono sempre a carico del cliente.

Come vedi, questo tipo di vertenze sono affrontate con un principio di gradualismo e cercando di svolgere solo l’attività e il lavoro effettivamente necessari per portarle a termine, passando alla fase successiva solo nel caso in cui non si sia riusciti a gestire la vertenza in modo adeguato in quella precedente.

Considera che se hai subito pignoramenti probabilmente l’istituto di credito aveva a suo tempo ottenuto decreti ingiuntivi che sono poi divenuti definitivi per mancata opposizione o rigetto della stessa o anche solo provvisoriamente. Quello che importa capire al riguardo è che la questione che andresti a sollevare nei confronti della banca è nuova e non può con molta probabilità cambiare l’esito dei procedimenti già pendenti, ma solo, nel caso di accoglimento, determinare un credito a tuo favore nei confronti della banca stessa.

Un altro istituto che puoi valutare è la composizione della crisi da sovraindebitamento, su cui rimando per maggiori dettagli alla scheda relativa.

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Decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo: che fare.

Il problema del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo.

Che cosa deve fare chi riceve un decreto ingiuntivo che è stato munito di clausola di provvisoria esecutorietà e quindi un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo?

Vediamo, intanto, che cos’è un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo e, prima ancora, un decreto ingiuntivo.

Un decreto ingiuntivo è di solito un ordine di pagamento. Viene emesso dal giudice sulla base di un ricorso sommario basato su prova scritta e impone di pagare una determinata somma a chi lo riceve.

Se chi lo riceve lo ritiene ingiusto, può fare opposizione e quindi si apre una causa ordinaria per stabilire se il decreto è giusto o meno. Per ulteriori dettagli al riguardo, rimandiamo alla relativa scheda illustrativa.

Ci sono però dei casi in cui la situazione non è così semplice, perché il giudice ha stabilito che, nonostante chi riceve il decreto possa fare opposizione, intanto costui debba comunque pagare.

Questo è appunto ciò che significa che il decreto è provvisoriamente esecutivo. Viene emesso già esecutivo, quindi chi lo riceve può fare opposizione, ma intanto deve pagare e, se non paga, può essere fatto un pignoramento: un pignoramento mobiliare, un pignoramento dell’autoveicolo, del conto corrente, dell’immobile o di qualsiasi altro genere, a scelta del creditore cioè di chi ha ottenuto il decreto ingiuntivo.

Quando un decreto può essere emesso già esecutivo.

La legge ovviamente prevede che non tutti i decreti possono essere provvisoriamente esecutivi, ma possano esserlo solo quelli che vengono emessi in particolari circostanze, in cui in teoria dovrebbero esserci maggiori sicurezze sull’esistenza del credito che si fa valere con il decreto oppure ci sia un pericolo nel ritardo, cioè sia importante per il creditore agire velocemente altrimenti potrebbe perdere la possibilità di incassare il suo credito.

La disposizione di riferimento al riguardo è l’articolo 642 del codice di procedura civile, che si divide in due commi, il secondo dei quali si divide, poi, ulteriormente in due parti sensibilmente diverse tra loro.

Per quanto riguarda il primo comma, questa ipotesi è quella in cui il credito fatto valere tramite il decreto ingiuntivo è assistito da documenti di particolare forza ed efficacia come ad esempio un titolo di credito quale la cambiale o l’assegno bancario.

In questi casi il decreto ingiuntivo viene emesso provvisoriamente esecutivo anche perché la cambiale è già di per sé un titolo esecutivo e quindi in realtà la posizione del debitore non viene nemmeno effettivamente aggravata rispetto a quella che era già inizialmente in cui c’era già un titolo esecutivo azionabile a suo carico. In altri casi, è la forza del documento che consente di rendere provvisoriamente esecutivo il decreto. E’ ad esempio il caso in cui l’obbligazione di pagare la somma di denaro è contenuta in un atto pubblico, cioè un atto stipulato davanti ad un notaio.

Il secondo comma, come abbiamo anticipato, è diviso in due parti, che riguardano due ipotesi molto diverse tra loro.

La prima ipotesi è quella in cui c’è pericolo nel ritardo. Si tratta del caso, cui abbiamo già accennato, in cui il creditore, se il decreto non venisse emesso provvisoriamente esecutivo, potrebbe perdere la possibilità di recuperare il suo credito perché ad esempio il debitore si sta disfacendo di tutte le sue sostanze. Ovviamente qui per comprovare una situazione del genere il creditore deve far vedere che il debitore è un soggetto poco solvibile o comunque con dei precedenti negativi, come protesti, pignoramenti, altre ingiunzioni e così via.

La seconda ipotesi è quella in cui c’è documentazione proveniente dallo stesso debitore che è particolarmente significativa al riguardo dell’esistenza del credito che si vuole far valere e che quindi lo rende molto più probabile quanto da sola esistenza ed esigibilità del solito. Il caso tipico è quello del riconoscimento espresso di debito fatto dal debitore espressamente per iscritto.

In tutti questi casi, il decreto ingiuntivo può essere rilasciato dal giudice provvisoriamente esecutivo quindi chi lo riceve può fare sì opposizione ma intanto deve pagare, altrimenti gli può venir fatto un pignoramento.

Cosa riceve il debitore in questi casi.

In questi casi, di solito, l’unico spazio di tempo di cui dispone Il debitore è quello di 10 giorni dalla notifica dell’atto di precetto che avviene appunto sempre in queste ipotesi insieme al decreto ingiuntivo. Il debitore quindi riceve, senza che gli fosse necessariamente stato recapitato alcun altro preavviso in precedenza, un decreto ingiuntivo e un atto di precetto che gli ingiungono di pagare entro 10 giorni la somma portata dal decreto ingiuntivo.

Addirittura, il codice di procedura civile consente, in alcune ipotesi in cui si può ritenere che vi sia pericolo nel ritardo e che quindi sia necessario procedere di urgenza, di esentare il creditore anche dal termine di 10 giorni dal precetto. Purtroppo a volte cose di questo genere avvengono, devo dire che nella mia esperienza mi sono capitate diverse volte.

In questi casi, il debitore apprende che c’è un decreto ingiuntivo a suo carico direttamente al momento in cui arrivano per fargli il pignoramento, oppure quando gli pignorano il conto corrente in banca. Si tratta quindi di un modo ancora più drastico e lacerante di procedere al recupero crediti. Ovviamente, in questi casi il debitore che riceve un pignoramento immediato può fare ben poco per opporsi al pignoramento stesso e lo deve sostanzialmente subire, salvo cercare in seguito di difendersi nei modi previsti dalla legge.

I possibili rimedi.

Veniamo adesso al tema vero e proprio di questo articolo, che è quello di guardare che cosa può fare, alla fine, chi riceve un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, lasciando perdere l’ipotesi ancora più marginale in cui ci sia l’esenzione anche dal termine del precetto e che abbiamo menzionato poco fa solo per completezza di trattazione, ma dove comunque i rimedi sono più o meno gli stessi.

In linea generale, chi riceve un decreto ingiuntivo ha come abbiamo visto a propria disposizione il rimedio della opposizione a decreto ingiuntivo.

L’opposizione a decreto ingiuntivo di solito si propone con un atto di citazione con il quale viene aperto un giudizio ordinario a cognizione piena sul caso e sulla materia oggetto del decreto ingiuntivo. Il debitore, presentando l’opposizione, dichiara di non accettare la riduzione del rito a quello sommario e chiede che sul suo caso venga fatta piena luce da parte di un giudice in un giudizio pieno, perché ritiene ad esempio che il credito che è stato valutato contro di lui non sia dovuto o sia dovuto solo in parte.

Il caso tipico, ad esempio, è quello in cui un committente fa eseguire dei lavori come, sempre ad esempio, dei lavori di ristrutturazione o di intervento di tipo casalingo, l’appaltatore ritiene di aver svolto i lavori in modo corretto e vanta un credito al pagamento del suo corrispettivo mentre il committente o appaltante ritiene al contrario che nei lavori ci siano dei vizi e che quindi il corrispettivo non sia dovuto, e magari sia dovuto anche addirittura un risarcimento del danno, o che sia dovuto solo in parte. Ma gli esempi nella pratica sono davvero innumerevoli.

Quindi il primo rimedio che viene messo a disposizione del debitore che riceve un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo è l’atto di citazione o ricorso per opposizione a decreto ingiuntivo stesso.

Il problema in questi casi però è diverso e richiede un intervento ulteriore.

Non ci si può limitare solo a fare opposizione.

Se, infatti, per reagire ed opporsi ad un decreto ingiuntivo normale e cioè non provvisoriamente esecutivo è sufficiente l’atto di citazione in opposizione o ricorso a seconda dei casi, nel caso del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo questo non è sufficiente per un motivo molto semplice.

Il motivo risiede nel fatto che il decreto ingiuntivo è appunto provvisoriamente esecutivo e quindi il debitore ha bisogno che la esecutorietà provvisoria del decreto venga sospesa o, anche se questo provvedimento è di dubbia ammissibilità, revocata.

Questo perché quando si notifica un atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, ad esempio, si devono rispettare dei termini a comparire.

Ciò significa che non si può chiamare l’udienza, ad esempio, dopo una settimana, in modo che il giudice inizi subito il giudizio di opposizione e decida anche sulla sospensione della provvisoria esecutorietà del decreto, ma bisogna chiamare un’udienza nel rispetto dei termini che la legge prevede in tutti i casi in cui si instaurano delle nuove cause, per consentire alla persona nei cui confronti le cause vengono fatte valere un tempo sufficiente per preparare la propria difesa.

Quindi per la prima udienza bisogna aspettare almeno 45 giorni.

Il problema è che in questi 45 giorni, trascorsi i primi 10 giorni di cui all’atto di precetto, il creditore può promuovere, e di solito promuove, un pignoramento.

Per impedire questo, il rimedio che deve utilizzare il debitore che ha ricevuto un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo è un ricorso, che deve essere depositato subito dopo aver depositato o iscritto a ruolo la causa di opposizione a decreto ingiuntivo, con il quale chiedere la fissazione di una udienza molto più a breve termine per la sospensione dell’efficacia esecutiva del decreto.

Oppure che, ancora meglio, questa sospensione o inibitoria venga concessa inaudita altera parte, così come del resto è stata concessa la provvisoria esecutorietà del decreto.

Riassumendo, chi riceve un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo se vuole essere davvero tutelato e non subire un pignoramento che potrebbe essere fortemente ingiusto deve fare due cose e le deve fare in questo ordine:

  • notificare o depositare la opposizione a decreto ingiuntivo;
  • depositare un ricorso per la sospensione della esecutorietà del decreto ingiuntivo stesso anteriormente alla prima udienza del giudizio di opposizione.

Il ricorso per la sospensione dell’efficacia esecutiva del decreto ingiuntivo, secondo alcuni, va indirizzato al presidente del tribunale, anche perché è di solito il presidente del tribunale che firma i decreti ingiuntivi muniti di clausola di provvisoria esecutorietà poiché trattasi, evidentemente, di una materia abbastanza delicata.

In ogni caso non è così importante a chi indirizzare questo ricorso, l’importante è che sia confezionato e depositato il prima possibile indirizzandolo sia al giudice nominato per il giudizio di opposizione, o che sia nominato in futuro, perché molte volte questo ricorso si deposita prima che venga nominato il giudice, sia, se questo giudice lo ritiene, al presidente. Quindi il giudice designato se lo ritiene sarà lui a trasmettere il fascicolo al presidente affinché sia proprio quest’ultimo a decidere sulla sospensione dell’esecutorietà. Se invece ritiene di essere facoltizzato lui stesso a decidere, potrà farlo direttamente.

Purtroppo cose del genere capitano.

Questa materia la conosco abbastanza bene perché è uno dei primi grandi problemi processuali di cui mi sono trovato ad occupare all’inizio della mia carriera di avvocato, quando un’azienda mia cliente ricevette 3 decreti ingiuntivi tutti e tre provvisoriamente esecutivi da un Tribunale del Nord Italia per una somma che oggi sarebbe pari a circa €300.000 e quindi una cosa abbastanza consistente. In quel caso, dopo aver studiato i rimedi che si sarebbero potuti praticare, confezionai i tre atti di citazione in opposizione e altrettanti ricorsi per la sospensione dell’esecutorietà dei decreti ingiuntivi. In due casi su tre il giudice concesse la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo, evitando così dei pignoramenti abbastanza importanti alla parte da me assistita e ciò ovviamente molto prima della data di prima udienza del giudizio di opposizione.

Oggi, dopo 22 anni di professione da allora, mi sono capitati molti altri casi del genere, anche se per fortuna non si tratta di casi così frequenti. In queste ipotesi, la strategia processuale da adottare è sempre quella. Mi è sembrato quindi utile condividere con tutti questo approccio strategico che credo rimanga ad oggi l’unico praticabile e comunque il miglior tentativo che si può fare di difesa efficace di chi riceve un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo.

Hai ricevuto un decreto ingiuntivo?

Se hai ricevuto un decreto ingiuntivo, provvisoriamente esecutivo o meno, e vuoi un preventivo per fare opposizione e l’eventuale ricorso per la sospensione dell’esecutorietà, puoi chiedercelo compilando il modulo apposito, indicando la somma portata dal decreto è, se possibile, allegandolo. Ti faremo una quotazione di tipo flat.

Sei un avvocato e un tuo cliente ha ricevuto un decreto provvisoriamente esecutivo in una situazione particolarmente delicata? Scrivici dal modulo dei contatti per eventuali consulenze o per valutare l’assunzione di un mandato congiunto, soprattutto per la gestione della fase cautelare.

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Mancato pagamento ultima rata: che può succedere?

mesi fa ho ricevuto un decreto ingiuntivo a quale è seguito precetto (luglio 2016)..sono riuscita a bloccare l’esecuzione accordandomi in pagamenti dilazionati fino a gennaio 2017. Io però l’ultima rata di gennaio nn posso pagarla. Cosa può succedere?

Se ho ben capito, l’accordo transattivo che avevi raggiunto con il creditore riguardava solo i termini di pagamento e non anche l’ammontare del tuo debito per capitale, interessi e spese legali, dal momento che parli solo di «pagamenti dilazionati».

In questo caso, resta dovuto solo l’importo dell’ultima rata.

Per questo importo, può essere – salvo che la transazione non avesse efficacia novativa, cosa che si potrebbe tentare di appurare solo esaminandola – azionato il decreto ingiuntivo, con ulteriori spese di esecuzione, nelle forme solitamente previsti per il recupero crediti, sulle quali ti invito a leggere la scheda relativa.

Può essere sconveniente per il creditore promuovere un’esecuzione per un importo residuo che magari può essere basso – purtroppo non dici nemmeno di quanto è, quindi dobbiamo tirare a indovinare. In considerazione di ciò, forse puoi avere discrete chances di fare una nuova negoziazione con il creditore per vedere di ottenere una ulteriore dilazione che ti consenta di pagare anche questa ultima rata.

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Revocatoria del fondo patrimoniale: perderò la casa?

sono una mamma di 34 anni con due bimbi di 10 e 6 anni.
Mio marito ha fatto da garante in una SRL dove amministratore era suo zio e lui un normale operai :ora ditta non è fallita ma è in Concordato .
Una delle banche con la quale ha firmato delle fideussioni ha messo due decreti ingiuntivi sulla sua casa,nostra abitazione,con un mutuo di 19 anni ancora da pagare!
Abbiamo fatto il fondo patrimoniale e la vendita della suddetta casa a me e lui usufruttario.ora la banca chiede la revoca di ciò
La mie domande sono: conviene ancora pagare il mutuo?
La Banca aspetta i 19 ANNI di mutuo?
La casa ha un ipoteca fondiaria ed è ancora di un altra banca.
Il procedimento che hanno attuato è un 602 bis…..entro quanto dovremo lasciare la casa?

Non ho capito quasi niente, per farlo dovrei vedere la documentazione del caso, per cui mi limito ad alcune osservazioni generali che magari possono essere utili, restando inteso che la cosa che dovreste fare visti i valori in gioco sarebbe andare prima possibile da un legale degno di fiducia per farvi assistere.

Se non disponete di entrate o di un patrimonio sufficienti per compensare un professionista adeguatamente, forse potete chiedere l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, sempre che ce ne siano i presupposti, ovviamente.

Il procedimento ex art. 602 bis cod. proc. civ. è un procedimento di tipo sommario che in teoria dovrebbe durare meno di quello ordinario, ma non è affatto detto e, in questi primi di applicazione, la tempistica è stata molto diversa a seconda del tribunale.

Piuttosto, un’azione revocatoria è una cosa abbastanza delicata, per cui dovreste costituirvi e difendervi in questo procedimento nel modo più efficace possibile.

La domanda circa la convenienza di continuare a pagare o meno il mutuo non ha senso se non si comprende bene la situazione e non si capisce come affrontarla o trattare più in generale il problema.

Molto probabilmente, l’unico approccio possibile è quello negoziale o di instaurazione di una trattativa, anche per questa cosa è assolutamente indispensabile l’aiuto di un bravo avvocato.

In conclusione, non ci sono affatto, come sicuramente sapete anche voi, soluzioni «pronte» per una situazione così difficile ed ormai degenerata, ci si può solo provare a lavorare sopra per vedere di riuscire a gestirla nel modo migliore, cercando ove possibile di risolverla o quantomeno di contenere i danni con un accordo che possa avere una qualche utilità per voi.

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Dei debiti della mia compagna deceduta rispondo io?

sarei a chiedere un una precisazione sui debiti in caso di morte
Convivevo con la mia compagna da 5 anni nella stessa residenza con casa di mia proprieta’
Purtroppo a Marzo del 2014 e’ deceduta per un tumore e ho scoperto che non aveva pagato il bollo della sua ‘auto per due anni 2010 2012 la vettura e’ stata venduta nel 2013 prima della morte.
In qualita’ di compagno convivente sono tenuto a pagare ? puo venire l’ufficiale giudiziario a pignorarmi i mobili di casa nella mia residenza ?
Non ha figli solo una sorella come parente diretta.

Tu non sei chiamato all’eredità della tua compagna, lo saresti stato se foste stati sposati, ma in caso di famiglia di fatto tra partner non si hanno fenomeni successori, salvo che non vi sia un testamento, di cui rimarrebbe tutta da valutare la validità e la portata, in ogni caso.

L’ufficiale giudiziario sarebbe potuto venire in casa tua se la tua compagna fosse stata ancora in vita, nel qual caso ci sarebbe stato il problema di distinguere tra beni dell’uno e dell’altro, con la conseguenza che facilmente beni tuoi sarebbero stati pignorati.

Essendo deceduta questo problema non dovrebbe più esserci, però fai attenzione che di fatto le cose potrebbero muoversi ugualmente e potresti doverti trovare nella condizione di dimostrare che non c’è nulla che possa essere fatto a tuo carico ad esempio impugnando un pignoramento allegando un certificato di morte e cose del genere.

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Se non pago le spese condominiali mi pignorano la multiproprietà?

Ho un debito di 1.200 euro, accumulato in più anni, per spese condominiali di una multiproprietà. Spese non pagate per mancato ricevimento (richiesto ogni volta) dello stato di ripartizione delle spese stesse.
Gradirei sapere:
1- in caso di pignoramento a seguito decreto ingiuntivo, si rifarebbero sulla multiproprietà o anche, nella eventualità di un mancato od insufficiente ricavo dalla vendita della stessa, su altri beni immobiliari di mia proprietà?

La scelta del bene da aggredire e della forma di pignoramento spetta al creditore.

Probabilmente, verrebbero scelti altri beni di più immediata realizzazione, se non direttamente il tuo stesso conto corrente bancario, che potrebbe essere «capiente» per una somma del genere.

Difficilmente verrebbe sottoposta a pignoramento la tua «quota temporale» della multiproprietà, per la molto più difficile collocazione sul mercato, specialmente all’interno di una procedura esecutiva.

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Chi rinuncia all’eredità può acquistare uno dei beni dell’asse successivamente messo all’asta?

mia cognata e’ deceduta, mentre la sorella e la madre hanno rinunciato all’eredita’, mio marito (erano gli unici tre eredi) ha accettato.
In seguito abbiamo scoperto che mia cognata oltre ad avere dei debiti aveva anche un grosso mutuo con garanzia ipotecaria sulla casa.
Ora le chiedo in caso mio marito non pagasse piu’ il mutuo e la casa venisse messa all’asta l’altra mia cognata (quella rinunciataria) potrebbe acquistarla?

Direi proprio di sì.

L’art. 571, comma 1°, cod. proc. civ. dice che «ognuno, tranne il debitore, è ammesso a offrire per l’immobile pignorato».

La giurisprudenza ha aggiunto che questa disposizione va interpretata in modo letterale, senza possibilità di applicazione analogica: infatti «nell’espropriazione forzata immobiliare è legittimato a fare offerte all’incanto e offerte di aumento di sesto anche il coniuge del debitore esecutato in regime di comunione legale dei beni, poiché la norma che esclude la legittimazione del debitore esecutato è eccezionale, non suscettibile di applicazione per analogia» (Cass. civ. 02.02.1982 n. 605, Foro It., 1982, I, 1979, Giust. Civ., 1982, I, 1250).

C’è da notare che la banca non è affatto obbligata a promuovere un’esecuzione di tipo immobiliare nei confronti di tuo marito, potendo preferire altri mezzi di realizzazione.

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Pubblicato il decreto legge di Mr. Renzie sulla giustizia.

Post «straordinario» del blog di sabato mattina per un primo, sommario, commento su una attesa novità legislativa.

Ieri è stato infatti finalmente pubblicato il tanto atteso decreto legge di Sua Vacuità Renzie sulla giustizia, quello che dovrebbe portare la durata dei processi civili in primo grado ad un anno, oltre ad altre cose mirabolanti.

Ovviamente, il decreto, che si può leggere qui, non contiene nulla di tutto questo e non cambierà assolutamente in niente i tempi del processo, che dipendono da ben altri fattori, ma contiene per lo più idee tanto gratuite quanto pretenziose e ridicolmente inverosimili per lo smaltimento dell’arretrato, come quella dello spostamento in sede arbitrale delle cause pendenti, una cosa che tutte le parti avrebbero potuto fare anche prima di questo decreto, e che potrebbero fare anche oggi, se solo desiderassero regalare 20, 30 o anche 40.000 euro ad uno o più avvocati per sfornare una decisione (lodo) di qualità tecnica molto inferiore ad una sentenza.

Ma ci sono anche piccoli aggiustamenti, come sempre, di cui si dovrà tenere conto nella pratica giuridica di tutti i giorni, come la modalità di iscrizione a ruolo dei pignoramenti, e anche oggettive opportunità, che, col tempo, potrebbero dare i loro frutti, anche se non certamente in misura nemmeno lontanamente paragonabile a quelli annunciati da Sua Vacuità, sia per gli avvocati che per gli utenti, come ad esempio le modalità di ricerca telematica dei beni da pignorare o la gestione della situazioni familiari in cui non ci sono figli da gestire davanti all’ufficiale di stato civile, senza avvocato e senza tribunale.

Di quest’ultima cosa, che non entra in vigore subito ma il trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione del decreto (art. 12, comma 7), parleremo, come da abitudine di questo blog, che a differenza di altri non parla a cazzo di istituti prima che vengano a far parte effettiva delle nostre leggi, solo se e solo quando appunto sarà vigente.

Va ricordato che il decreto legge può decadere, cosa improbabile, ma soprattutto essere modificato, cosa molto più probabile, per cui non ha senso sperticarsi in analisi di disposizioni che potrebbero cambiare, anche sensibilmente, profilo.

Per il momento, accontentiamoci di leggere il testo del decreto, vedremo man mano le varie novità.

Post Scriptum: qui una bella intervista di Travaglio a Davigo, che dimostra con estrema chiarezza come le riforme di Renzie siano solo un bluff mentre gli interventi dovrebbero essere ben altri, facendone alcuni esempi. Mi dissocio unicamente dal punto in cui parla degli avvocati come «potente lobby», una cosa assolutamente infondata, come risulta dallo stesso testo del provvedimento che toglie l’esclusiva di assistenza per parte delle separazioni; su questo, Davigo cade vittima di un luogo comune tanto trito quanto infondato.

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Se la mia casa è andata all’asta quando dovrò andar via?

In settembre 2013 la mia casa e andata all’asta vi chiedo gentilmente una risposta in mail : quando tempo ho per lasciare la casa
È impossibile poterlo dire senza vedere i documenti, almeno i principali, del procedimento di esecuzione, anche perché l’espressione «andata all’asta» è assolutamente generica e non indica se è stata, ad esempio, solo pignorata, già messa in vendita o addirittura già venduta ad un acquirente finale. Mi pare di capire che tu non abbia un avvocato, ma questa è una cosa sconsigliatissima quando si subisce un procedimento di esecuzione immobiliare. So bene che uno dei problemi che si hanno nell’incaricarlo sta proprio nel fatto che, se a uno pignorano la casa, significa che non si trova in buone acque dal punto di vista finanziario, ma esiste l’istituto del patrocinio a spese dello Stato, che si può usare anche per questo tipo di procedure (e questo lo so per esperienza diretta). Ti consiglierei quindi, sempre che il procedimento non si sia già concluso, di nominare un avvocato dopo esserti fatto ammettere al beneficio del patrocinio a spese dello Stato. Questo avvocato saprà rispondere alle domande che gli formulerai relativamente ad ogni aspetto del procedimento.

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quando si hanno dei debiti che non si riesce a pagare chi sceglie il tipo di pignoramento?

ho dei debiti presso due finanziarie per entrambe di due finanziamenti e due carte di credito per un tot di tutto di 29000€ (sarebbero più o meno 15000€ per finanziaria). Lavoro a tempo indeterminato con stipendio netto al mese di 850€, inoltre sono comproprietaria del 30% dell’abitazione causa successione per morte di uno dei genitori. Fra qualche mese non riuscirò più a far fronte ai miei debiti e sono preoccupata su quello che posso andare in contro. Leggendo sui vari siti posso andare incontro ad una cessione del V da parte del giudice (che sinceramente andrebbe benissimo per me) ma la mia preoccupazione più grande è quella del pignoramento della casa e che mi possano lasciare “senza tetto”. Come posso muovermi? Che consiglio mi potete dare?

La scelta della forma di pignoramento spetta al creditore, purtroppo. In compenso vedo improbabile che il creditore, per una somma di questo genere, scelga di pignorare una quota di proprietà del 30% di una abitazione che, come tale, è assai difficilmente collocabile sul mercato – a fronte di spese necessarie per l’esecuzione molto alte. Direi che sia più probabile il pignoramento dello stipendio, in fondo, anche se non può certo esserci sicurezza al riguardo.

Prova a dare un’occhiata alla «nuova» legge sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento, che trovi anche in questo blog. Io, ad oggi, devo ancora studiarmela per bene, ma può darsi che ci trovi qualcosa che ti può essere utili.