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Fallimento: è possibile cancellarlo?

vorrei sapere il costo totale per la cancellazione di un fallimento che è stato dichiarato nel Settembre del 2005 e chiusosi nel 2015. Il fallimento è stato dichiarato dal Tribunale di Pordenone, ma io sono nata a Napoli.
Vorrei inoltre, se possibile, sapere la tempistica per la pratica in questione.

Purtroppo, in situazioni come queste, prima di poter fare un preventivo, bisogna fare un lavoro preliminare di approfondimento, per valutare se e come è possibile rimuovere le conseguenze negative di un fallimento.

gomma cancellazioneBisogna insomma studiare il fascicolo e la situazione in modo completo prima di poter dire qualsiasi cosa. Può darsi che non ci sia niente da fare, come accade in alcuni, limitati, casi, come può darsi che si possa intervenire con una delle soluzioni messe a disposizione dalla legge in modo diverso a secondo del tipo di fallimento, epoca, momento in cui ci si trova.

Per questi motivi, chi è interessato a questo tipo di soluzioni può acquistare una consulenza preliminare per fare questo esame al fine di verificare quel che si può fare.

Ovviamente, bisognerà fornire la documentazione del caso, per la qual cosa si consiglia di seguire sempre le indicazioni contenute in questo post di riferimento.

Per quanto riguarda le tempistiche, purtroppo parliamo di fantascienza: non esistono tempi di riferimento standard, ma solo rimedi che si possono adottare, dopodiché ogni tribunale ha i suoi tempi…

Se vuoi valutare la consulenza, clicca qui.

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Vecchio fallimento: cosa risulta ora?

nel 2008 sono stato dichiarato fallito . ero il socio accomandatario di una SAS fallita
il cui fallimento si è concluso nel 2016 . Al casellario giudiziale sono ancora iscritto?
cosa devo fare? ho aperto una impresa con il regimo forfettario . cosa rischio?

Ti ringrazio per la grande stima che nutri nei miei superpoteri, ma in realtà non ho alcun modo di sapere che cosa risulta al casellario giudiziale nei tuoi confronti.

Il primo passo per trattare la tua situazione è proprio fare una interrogazione per vedere che cosa risulta al casellario, chiedendo il rilascio di un certificato.

Per quanto riguarda l’impresa che hai già aperto, direi che queste siano domande che avresti dovuto porti, insieme ai professionisti che ti hanno seguito nell’avvio dell’attività, al momento della progettazione della stessa e non in seguito.

Però, certo, tardi resta sempre meglio che mai, secondo il noto adagio anche popolare. In ogni caso, il raggio d’indagine va ristretto e bisogna capire meglio quali sono i tuoi timori e qual è il tipo di attività che svolgi attualmente.

Se vuoi fare questo approfondimento, è necessario un lavoro probabilmente di qualche ora. Valuta l’acquisto di una delle nostre ricariche: clicca qui.

Se invece preferisci, si può fare intanto anche solo una prima consulenza: clicca qui.

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Cancellazione dal registro dei falliti: come procedere?

Vorrei avviare una pratica per la cancellazione di un fallimento dal casellario, essendo un fallimento del 1990. Vorrei indicazioni da Voi come cominciare la procedura ed un contatto

Per la cancellazione di un nominativo dal registro dei falliti, abbiamo pubblicato un apposito post che spiega come funziona la relativa pratica, che puoi trovare qui e che ti invito a leggere attentamente.

Nel post, troverai anche un esempio di ricorso e di provvedimento emesso, in seguito, di cancellazione.

Per questo tipo di pratica, abbiamo definito un apposito «prodotto» nel nostro store legale, la sezione ecommerce del sito, che puoi trovare qui. Da questa pagina, puoi vedere cosa costa attualmente questo pacchetto, o servizio, e, nel caso ti possa interessare, procedere direttamente all’acquisto.

Non importa dove risiedi tu e quale sia il tribunale competente: possiamo svolgere queste pratiche in ogni parte d’Italia grazie ai nostri corrispondenti. Ovviamente, il costo è sempre quello indicato nella scheda prodotto, essendo il corrispondente a carico nostro e quindi compreso nel preventivo.

Se vuoi maggiori chiarimenti, chiedici pure, altrimenti valuta la documentazione che ti ho «linkato». Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.

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Rimozione dal CAI: si può fare il ricorso ex art. 700?

La disciplina dell’assegno bancario, così come novellata dal D. Lgs. n. 507/1999.

 

Occorre preliminarmente rilevare che con l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 507/1999 (il quale ha introdotto radicali modifiche al testo della L. n. 386/1990, novellandolo), la disciplina dell’assegno bancario, ed in particolare quella concernente le sanzioni conseguenti agli illeciti precedentemente rilevanti penalmente, ha subìto una importante e radicale riforma.

 

La normativa di cui si è detto da una parte ha depenalizzato le fattispecie costituite dall’emissione di assegni senza autorizzazione e senza provvista (v. artt. 1 e 2 della L. n. 386/1990), introducendo, in sostituzione di quelle penali, sanzioni amministrative che debbono essere applicate dal Prefetto territorialmente competente; dall’altra ha introdotto un meccanismo di “prevenzione”, e nel contempo di “autotutela”, del sistema bancario imperniato sulla “revoca” del traente, colpevole di uno degli illeciti di cui si è detto, dal potere di emettere assegni su qualsiasi banca o ufficio postale.

 

Il predetto sistema, e segnatamente la “revoca” generale dell’autorizzazione ad emettere assegni, è incentrato sul funzionamento di un apposito archivio informatico centralizzato (meglio noto come C.A.I.), gestito e controllato dalla Banca d’Italia, nel quale vengono iscritti i nominativi di coloro che si sono resi responsabili dell’emissione di assegni senza autorizzazione della banca trattaria o senza provvista. Con l’iscrizione del nominativo nell’archivio di cui si è detto, da eseguirsi a cura della banca trattaria interessata, si determina automaticamente la revoca del traente, benché a tempo determinato (sei mesi), da tutte le autorizzazioni ad emettere assegni presso qualunque banca o ufficio postale (si veda l’art. 9, commi 3 e 4 della L. n. 386/1990, così come modificato dall’art. 34 del D. Lgs. n. 507/1999). La revoca, pertanto, non è limitata – così come avveniva in passato, sulla base della pregressa normativa – alla sola azienda presso cui era stato tratto l’assegno, ma è generale e riguarda l’intero mercato bancario nazionale.

 

I presupposti della legge per l’iscrizione nell’archivio C.A.I. istituito presso la Banca d’Italia.

 

I presupposti dettati dalla legge per l’iscrizione nell’archivio della Banca d’Italia (C.A.I.), tuttavia, sono diversi a seconda che si tratti di emissione di assegni senza autorizzazione della banca trattaria ovvero di emissione di assegni senza provvista o con provvista insufficiente.

 

Ed infatti, mentre nel primo caso (mancanza di autorizzazione del trattario; v. art. 1 L. n. 386/90) – ritenuto dal legislatore più grave, e per tale ragione sanzionato più gravemente (si veda l’art. 5 della stessa legge, così come novellata dal D. Lgs. n. 507/99) – il traente non può evitare l’iscrizione del suo nominativo nell’archivio informatico più volte citato, e tale iscrizione deve essere eseguita entro il decimo giorno dalla presentazione del titolo al pagamento, nell’ipotesi di mancanza o insufficienza della provvista (v. art. 2 L. n. 386/90) il traente è ammesso a sanare l’illecito mediante il pagamento dell’assegno, oltre gli interessi, la penale, etc., anche nelle mani del portatore, entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione del titolo (v. art. 8 della L. n. 386/90, così come modificato dall’art. 33 del D. Lgs. n. 507/99) e in questo modo a evitare sia l’applicazione delle sanzioni amministrative sia l’iscrizione del suo nominativo nell’archivio informatico di cui all’art. 10 bis della L. n. 386/90 (così come novellato nel ’99).

 

Durante la decorrenza del predetto termine – sessanta giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione del titolo (si veda il secondo comma, lett. b, dell’art. 9 della L. n. 386/90, così come modificato dall’art. 34 del D. Lgs. n. 507/99) – e, comunque, non prima del termine di cui al terzo comma dell’art. 9 bis della stessa legge, la banca trattaria non può effettuare l’iscrizione in oggetto.

 

Qualora il traente provveda entro i predetti termini al pagamento tardivo di cui si è detto e ne fornisca la prova alla banca trattaria, quest’ultima non potrà iscrivere nel C.A.I. il nominativo del traente e nei confronti di quest’ultimo non verranno applicate le sanzioni amministrative stabilite agli artt. 4 e segg. della L. n. 386/90.

 

Conseguenze della illegittima iscrizione da parte della banca nell’archivio C.A.I..

 

Qualora la banca trattaria non dovesse rispettare il suddetto termine di 60 giorni per l’iscrizione all’archivio C.A.I., la medesima iscrizione risulterebbe illegittima e contraria alle norme di legge, con conseguenze dannose per il soggetto coinvolto.

 

Nel caso il soggetto iscritto fosse un professionista i danni potrebbero essere di entità considerevole.

 

Infatti, si è già messo in evidenza che l’iscrizione nell’archivio informatico centrale istituito presso la Banca d’Italia, ai sensi dell’art. 36 del D. Lgs. n. 507/99, determina la revoca generale nei confronti del traente segnalato da ogni autorizzazione ad emettere assegni presso qualunque banca o ufficio postale.

 

Si intuisce, pertanto, che una conseguenza di questo genere, provocando la fuoriuscita del soggetto “iscritto” dall’intero circuito bancario nazionale, costituisce una misura altamente penalizzante e squalificante, specie per quei soggetti appartenenti alla categoria di lavoratori autonomi che utilizzano come mezzo normale di pagamento l’assegno.

 

In una ipotesi del genere, poiché la banca ha recato un danno ingiusto nei confronti dell’iscritto, quest’ultimo potrebbe proporre un’azione di merito contro il medesimo istituto di credito intesa ad accertare l’illegittimità dell’iscrizione del suo nominativo nel C.A.I. e la condanna dello stesso istituto al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi a causa del ritardo nella cancellazione laddove esso si rifiutasse di provvedervi spontaneamente.

 

Occorre rilevare che poiché il tempo necessario per la definizione dell’eventuale instauranda causa di merito – posto che la durata media di un giudizio dinanzi al Tribunale non può essere preventivata in un tempo inferiore ai 4-5 anni – rischia di vanificare irreparabilmente le ragioni del danneggiato, questi si trova costretto ad agire in via d’urgenza ex art. 700 c.p.c., al fine di ottenere immediatamente la cancellazione del suo nominativo dall’archivio informatico centralizzato della Banca d’Italia, la cui permanenza rischia di compromettere irreparabilmente la posizione bancaria e professionale dello stesso.

 

Poiché chi ha proceduto alla iscrizione di cui si chiede la cancellazione è la banca trattaria, ed essendo che solo essa ha il potere e l’onere di provvedere alla predetta cancellazione, la stessa deve intendersi unico ed esclusivo soggetto legittimato passivamente nell’istaurando procedimento.

 

Ammissibilità del ricorso ex art. 700 c.p.c. per la cancellazione del nominativo dall’archivio C.A.I..

 

a scanso di equivoci, è il caso di rilevare che l’invocabilità del provvedimento d’urgenza di cui all’art. 700 c.p.c. è sicuramente ammissibile nel caso di specie. Tale ammissibilità, oltre a discendere dai principi generali e dalla mancanza di alcun rimedio cautelare esperibile in sua sostituzione, è data da una consolidata giurisprudenza di merito (orientamento quasi unanime dei tribunali) che ha deciso di garantire al cliente della banca, che sia stato da quest’ultima illegittimamente segnalato alla C.A.I. come “cattivo pagatore”, di ottenere un’immediata cancellazione e rettifica della segnalazione stessa. La tutela – e qui l’aspetto saliente – può essere richiesta non attraverso un’ordinaria causa (e, quindi, coi suoi tempi e i relativi costi), ma ricorrendo alla cosiddetta tutela d’urgenza. È quello che i tecnici chiamano “Ricorso all’articolo 700 del codice di procedura civile”.

 

A ribadire questo orientamento è stato, da ultimo, il Tribunale di Milano con una recente sentenza.

 

Gli indubbi vantaggi di questa interpretazione sono di aver riconosciuto al cittadino, ormai con orientamento condiviso da quasi tutti i tribunali, la sussistenza a monte di quei requisiti (gravità e urgenza) per il ricorso alla tutela d’urgenza nel caso in cui l’illegittima segnalazione effettuata dalla banca “macchi” la reputazione professionale del correntista e ne pregiudichi le relative attività professionali.

 

Competenza territoriale.

 

Passando al profilo della competenza territoriale, è, invece, appena il caso di rimarcare che a fronte del medesimo petitum, consistente nella domanda di cancellazione del nominativo dall’archivio C.A.I., possono profilarsi due distinte ipotesi di causa petendi:

  • illecito trattamento dei dati personali;
  • insussistenza dei presupposti richiesti dalla legge ai fini dell’iscrizione nell’archivio C.A.I..

A queste ipotesi corrisponde l’applicazione di diversi criteri di competenza territoriale, rispettivamente per la prima, il foro esclusivo e inderogabile di cui agli articoli 152 del D. Lgs. n. 196/2003 e 10 del D. Lgs. n. 150 /2011, per la seconda, invece, il foro generale o facoltativo individuato ai sensi e per gli effetti degli articoli 18, 19 e 20 c.p.c..

 

L’istanza cautelare “ante causam” – dovendo essere presentata ex art. 669 ter, comma 1, c.p.c. al giudice competente a conoscere del merito – in ipotesi di fori alternativi può essere proposta davanti ad uno dei giudici astrattamente competenti, tra i quali, ad esempio, quello vertente innanzitutto in materia di responsabilità extra-contrattuale (in quanto l’azione cautelare è in alcuni casi palesemente strumentale alla domanda risarcitoria ex art. 2043 c.c. fondata sulla sostenuta illegittimità della richiamata segnalazione al C.A.I.), non può non farsi rientrare il Tribunale del luogo in cui il ricorrente assume di essere stato danneggiato in ragione del criterio del “forum commissi delicti” di cui all’art. 20 c.p.c., giacché è in tale luogo che si sarebbero realizzate le ricadute negative della segnalazione e, segnatamente, le eventuali lesioni al diritto di immagine del medesimo soggetto prodotte dalla segnalazione medesima (cfr. Tribunale di Foggia, sez. I, 19.12.2003; Tribunale di Napoli, sez. distaccata di Frattamaggiore, 17.12.2007).

 

Senza dimenticare che l’eventuale illegittimità del comportamento assunto dalla banca può atteggiarsi pure come violazione dei canoni di diligenza, di correttezza e di buona fede richiesti nello svolgimento di ogni rapporto obbligatorio secondo le norme generali di cui agli art. 1176, 1715, 1374 e 1375 c.c., con la conseguente configurazione di un tipo di responsabilità anche contrattuale, che legittima il ricorso all’ulteriore parametro ex art. 20 c.p.c. del luogo in cui è sorta l’obbligazione.

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Cancellazione dall’elenco falliti: un esempio

Oggi ti voglio riportare un provvedimento di cancellazione dell’iscrizione di una persona nel registro dei falliti che abbiamo ottenuto recentemente dal tribunale di Potenza.

Riceviamo spesso richieste di cancellazione di queste iscrizioni e richieste di chiarimenti riguardo alle stesse, così ho pensato che potesse esserti utile vedere un esempio di provvedimento a riguardo.

In questo caso, il procedimento è durato circa sei mesi, ma ti ricordo che i tempi sono variabili a seconda della sede del tribunale competente, che è determinato per legge e non si può scegliere a proprio piacimento.

Se tu o un tuo familiare o una persona che conosci avete bisogno di una pratica come questa, potete valutare il prodotto relativo, descritto in questa scheda del nostro store legale.

La pratica relativa è poi meglio descritta in questa pagina.

«TRIBUNALE DI POTENZA

Il Giudice dell’Esecuzione dott.ssa Flavia Del Grosso,

letta la richiesta presentata nell’interesse di xxx, depositata in data 22.1.2018, volta ad ottenere l’ordine di cancellare dal sistema informativo del casellario l’iscrizione della sentenza pronunciata dal Tribunale di Melfi in data xxx n. xxx, che aveva dichiarato il fallimento della xxx e, conseguentemente, dell’istante quale socio illimitatamente responsabile;

letti gli atti, osserva quanto segue:

Va in primo luogo premessa l’illegittimita? sopravvenuta dell’iscrizione nel casellario giudiziale della sentenza dichiarativa di fallimento (per effetto della pronuncia della Corte Costituzionale n. 39/2008 e del D.P.R. n. 313/02 come modificato dal D. lgs n. 169/07), e va altresi? ribadito che la competenza sulle questioni concernenti le iscrizioni e i certificati del casellario giudiziale spetta Tribunale del luogo ove ha sede l’ufficio nel cui ambito territoriale e? nato l’interessato (v. art. 40 D.P.R. cit., sostanzialmente richiamante l’abrogato art. 689 c.p.p.).

Ritenuto che l’attribuzione all’autorita? giudiziaria della competenza a decidere sulle controversie in materia di iscrizione comporti altresi? il potere di ordinare l’eliminazione delle annotazioni che non possono essere iscritte o che vanno eliminate, va poi detto che nel caso in esame, relativo all’iscrizione di sentenza dichiarativa di un fallimento ormai chiuso, va senz’altro ordinata l’eliminazione di detta iscrizione (v. in tal senso, Cass. Pen. Sez. I, Sent. n. 8317 del 16.12.09).

Ed invero, ripercorrendo le successive modifiche apportate nel tempo alla specifica materia, occorre partire dal testo previgente della legge fallimentare, che faceva derivare automaticamente dalla dichiarazione di fallimento e dalla conseguente iscrizione nel pubblico registro dei falliti la perdita dei diritti civili del fallito fino alla definitivita? della sentenza di riabilitazione civile e alla pronuncia giudiziale di cancellazione dell’iscrizione nel registro. Mai essendo stato istituito il Pubblico registro dei falliti, la predetta pubblicita? era realizzata dall’iscrizione nell’Albo dei falliti e dall’iscrizione della sentenza nel casellario giudiziale.

Il D. lgs n. 5/2006, nel tracciare una riforma organica del fallimento, ha novellato anche in relazione a tali aspetti specifici, sopprimendo l’albo dei falliti, e sostituendo l’istituto della riabilitazione civile del fallito con quello dell’esdebitazione, con immediati riflessi anche sul regime delle iscrizioni nel casellario giudiziale. In particolare, la vecchia normativa (che prevedeva l’iscrizione per estratto dei provvedimenti giudiziari che dichiarano il fallimento; di quelli di omologazione del concordato fallimentare, di chiusura del fallimento e di riabilitazione del fallito) doveva ritenersi implicitamente abrogata per la parte che menzionava riscrizione della riabilitazione.

La disciplina transitoria prevedeva tuttavia che i ricorsi per dichiarazione di fallimento e le domande di concordato fallimentare depositate prima dell’entrata in vigore del decreto, nonche? le procedure di fallimento e concordato fallimentare pendenti alla stessa data, andassero definiti secondo la legge anteriore.

Si rendeva pertanto necessario l’intervento correttivo del Digs 169/07, che abrogava, tra l’altro, le norme del D.P.R. 313/02 riferite all’iscrizione nel casellario della sentenza di fallimento, in particolare quelle che disciplinavano l’iscrizione dei provvedimenti giudiziari inerenti alla dichiarazione di fallimento; l’eliminazione dell’iscrizione della sentenza dichiarativa di fallimento solo in caso di revoca definitiva dello stesso; la non inseribilita? nei certificati della sentenza dichiarativa di fallimento in caso di riabilitazione; la non iscrizione nel certificato penale richiesto dall’interessato (e dalle pubbliche amministrazioni) delle sentenze di fallimento.

Il D. lgs n. 169/07 precisava poi che per le procedure concorsuali aperte dal 16.01.06, il richiamo, contenuto nel D.P.R. n. 313/02 alla riabilitazione doveva intendersi riferito alla chiusura del fallimento, e che le nuove disposizioni si applicavano ai procedimenti per dichiarazione di fallimento pendenti ovvero aperti successivamente.

La C. Cost, con la sentenza n. 39/2008, ha dichiarato poi l’illegittimita? costituzionale dell’art. 50, R.D. 267/42 (che istituiva il pubblico registro dei falliti collegando la permanenza delle incapacita? connesse allo status di fallito alla predetta iscrizione) e dell’art. 142 (che subordinava la cancellazione dell’iscrizione de qua e la cessazione delle incapacita? solo alla definitivita? della sentenza di riabilitazione) evidenziando il contrasto con l’art. 3 Cost, della previsione che determinati effetti sanzionatori del fallimento permanessero anche “dopo la chiusura del fallimento (…’’senza correlarsi alla protezione di interessi meritevoli di tutela”).

Successivamente, anche il problema concernente l’asserita impossibilita? di cancellare dal Casellario giudiziale l’iscrizione di pregresse sentenze dichiarative di fallimento se non in caso di revoca, veniva portato all’attenzione della Corte costituzionale, che rilevava tuttavia la possibilita? di un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme, alla luce delle modifiche legislative via via intervenute.

Ed in effetti, valutando organicamente la nuova disciplina, puo? considerarsi pacifico da un lato che le sentenze dichiarative di fallimento non debbano piu? essere iscritte nel casellario giudiziale (essendo la pubblicita? in ogni caso assicurata dall’iscrizione nel registro delle imprese), e dall’altro che a carico del fallito non possano piu? conseguire effetti personali che si protraggano anche dopo la chiusura del fallimento.

Si osserva peraltro che l’abrogazione della riabilitazione civile priva di fatto il fallito della possibilita? di conseguire un’attestazione di comportamenti idonei a bilanciare l’annotazione del fallimento. In conclusione, il permanere, per i fallimenti pregressi e dopo la loro chiusura, di un’iscrizione pregiudizievole (ancorche? priva di effetto) ma non eliminabile, appare ingiustificato e inutilmente discriminatorio.

Trasferendo queste considerazioni sul piano concreto, si osserva che ristante e? nato a Melfi, ma che il Tribunale dello stesso Comune e? stato soppresso, per cui la competenza a decidere sull’istanza appartiene al Tribunale di Potenza.

Si rileva, inoltre, che in data 14.3.2001 il suddetto Tribunale di Melfi omologava con sentenza n. xxx il concordato fallimentare a chiusura della procedura in oggetto (cff certificato della cancelleria della sez. fallimentare del Tribunale di Potenza in atti).
Per tutto quanto sopra esposto, dunque, la domanda puo? trovare accoglimento, dovendosi pertanto ordinare l’eliminazione dal Casellario giudiziale della iscrizione della sentenza di fallimento del ricorrente xxx.

PQM

dispone che dal certificato del casellario giudiziale relativo a xxx, nato a Melfi il xxx, sia cancellata l’iscrizione relativa alla sentenza pronunciata dal Tribunale di Melfi in data xxx n. xxx che aveva dichiarato il fallimento del xxx quale socio

illimitatamente responsabile della xxx. Si comunichi a cura della Cancelleria.

Potenza, 13.2.2018

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Iscrizione nella centrale rischi: può essere dannosa?

dovrei rilevare l’attività di mio suocero, una srl unipersonale aperta da dieci anni; nella Centrale Rischi della Banca d’Italia risulta “Garanzia non attivata: Rapporti non contestati” per una fidejussione bancaria che ho prestato a favore della ditta di mio marito (una srl unipersonale con fallimento chiuso nel 2008); volevo sapere se questa segnalazione può comportare problemi con la nuova società.

È una domanda un po’ troppo generica per avere molta utilità, avresti dovuto essere più specifica e dire, ad esempio, quali sono le operazioni, almeno le prime o le più importanti, che devi compiere una volta che avrai preso in carico la società.

Ad ogni modo, in generale si può dire che questo codice non significa molto.

Rapporti non contestati significa semplicemente che il credito dovrebbe essere esigibile, garanzia non attivata che a suo tempo la fideiussione non è stata escussa, non so bene a questo punto per quale motivo, dal momento che il fallimento avrebbe in effetti potuto avere interesse ad escuterla.

Se il fallimento, peraltro, è già stato chiuso, ormai addirittura da dieci anni, è probabilmente da escludere che la garanzia possa essere attivata ora. È vero che con la chiusura del fallimento, riprendono – salvo esdebitazione o altri istituti speciali – vigore le azioni individuali dei creditori rimasti insoddisfatti, ma, al netto dei motivi per cui la garanzia non è stata escussa a suo tempo (che, come accennato, sarebbero da valutare), comunque potrebbero esserci altri fatti estintivi, come ad esempio, per eccellenza, la prescrizione decennale.

In dipendenza di quello che dovrai fare con la nuova società, si potrebbe però determinare l’opportunità di valutare se possibile rimuovere questa iscrizione, cosa cui si dovrebbe poter procedere nel momento in cui il credito non è più esigibile per qualsiasi motivo come ad esempio quelli indicati nel paragrafo precedente.

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Fallimento risultante dopo recesso da amministratore: che fare?

Ho un problema con la banca che non mi vuole aprire più un conto corrente perché mi risulta un fallimento un una azienda in cui io non ero unico amministratore e in cui avevo il 25% delle quote, la società è stata messa in liquidazione perché è stato fatto un decreto ingiuntivo d parte di un fornitore che vantava un credito, premesso che io non ero più amministratore da diversi anni e che mi ero dimesso mandando come previsto dallo statuto una comunicazione (raccomanda) alla sede legale alla camera di commercio allo studio che gestiva la contabilità e alla sede operativa. Questa non è stata presa in carico per alcuni motivi, poi la stessa cosa è stata fatta in un secondo momento presso un’altra camera di commercio dove l’amministratore in carica e di fatto aveva spostato la sede legale, fatto sta che io risulto ancora in carica e mi risulta un fallimento con un procedimento in corso con problemi sulla mia attività imprenditoriale. Come posso fare? mi può essere di aiuto?

Ci possiamo sicuramente guardare, approfondendo la situazione in diritto e soprattutto in fatto, ovviamente senza alcuna garanzia, purtroppo, di riuscire ad ottenere un risultato perché dipende proprio da quello che troveremo mentre ricostruiamo quello che è successo.

Tu dici che la prima raccomandata di dimissioni o recesso non è stata presa in carico per «alcuni motivi», senza però dire di quali motivi si tratterebbe, quando invece è proprio questo l’aspetto che si dovrebbe iniziare ad approfondire.

Può darsi che tu risulti ancora in carica per motivi corretti, oppure che questa risultanza sia un errore dovuto alla mancata annotazione del tuo recesso esercitato correttamente.

Per cui la prima cosa da fare è esaminare la documentazione del caso, in modo completo, e vedere che cosa se ne può inferire.

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