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diritto

Come gestire una convivenza?

Abito a casa del mio compagno da quasi 3 anni, non abbiamo figli e vorremmo dichiara la convivenza presso il comune Milano di dichiarando:
– coabitazione ma io vorrei mantenere residenza anagrafica nel mio appartamento
– tutela reciproca in caso di malattia, ricovero, incapacità di intendere e volere (vorrei che in caso di disgrazia fosse lui a prendere decisioni per me e non mio padre o i miei zii, i miei unici parenti)
– separazione dei beni e gestione in cui ognuno partecipa alle spese comuni in base alle proprie possibilità
(A questo aggiungeremmo testamento olografo per designare il partner come legittimo erede delle proprietà)
Come dobbiamo procedere?

Lo strumento da utilizzare per la parte centrale di quello che volete fare è l’accordo di convivenza, direi tuttavia che sia «obbligatorio» che vi rivolgiate ad un legale: facendo da voi il rischio di scrivere e fare affidamento su cose che poi non hanno tenuta legale è piuttosto alto.

La coabitazione e la convivenza, infatti, mantenendo la residenza anagrafica da un’altra parte a mio giudizio non si può assolutamente fare, tanto più in presenza di un vincolo affettivo e, ancor di più, di un accordo di convivenza.

Il tema successorio è un aspetto da vedere a parte e che non può essere trattato in sede di regolamentazione della convivenza, se non a livello solo temporaneo di – chiamiamolo così – diritto del convivente superstite sulla casa familiare.

Insomma, è molto giusta la tua premura di regolamentare i vari aspetti che riguardano la vostra vita in comune, ma non ci sono soluzioni magiche, nè la possibilità di scrivere un unico documento in cui disciplinare ogni cosa con la speranza che tale documento sia valido: come spesso accade, bisogna sedersi con un bravo professionista, esaminare insieme a lui quello che si vorrebbe fare e trovare, nei casi in cui è possibile, la formula più adeguata per farlo.

Se vuoi affidarmi questo incarico, chiama il numero dello studio 059 761926 per concordare data e ora del primo appuntamento, che ovviamente può essere anche online tramite videochiamata, oppure acquista direttamente da qui.

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riflessioni

15 cose sul divorzio.

1) É il secondo passaggio necessario, dopo la separazione, per sciogliere un matrimonio in Italia, dove non esiste il divorzio diretto.

2) Può essere chiesto dopo sei mesi, se la separazione é stata consensuale, o dopo un anno, se giudiziale – originariamente il termine era di cinque anni, poi sceso a tre, poi ai termini attuali con la legge sul divorziobreve.

3) Nella pratica, quasi nessuno chiede il divorzio appena scadono i sei mesi, di solito i coniugi aspettano un anno o due.

4) Se aspettare qualche anno può andar bene, é consigliabile non andare oltre i due o tre dal primo termine utile, anche perché ci potrebbero essere conseguenze legali negative se non si fa il divorzio.

5) Se uno dei due coniugi separati, ad esempio, muore prima di fare il divorzio, l’altro coniuge, quello rimasto in vita, ne diventa erede.

6) Il divorzio può essere realizzato consensualmente, tramite un accordo in house, quando i coniugi concordano sulle condizioni, oppure giudizialmente, quando è impossibile raggiungere un accordo ed é necessario far decidere ad un giudice.

7) Il divorzio tramite accordo delle parti é molto più veloce e meno costoso di quello giudiziale, per cui vale sempre la pena fare qualche tentativo – oltre alle trattative tra avvocati può essere utile qualche seduta di mediazionefamiliare.

8) In generale, é molto più facile che una coppia litighi in sede di separazione che in fase di divorzio, dove abbastanza spesso si fa la fotocopia, con piccoli aggiustamenti, di quello che si era fatto al momento della separazione.

9) Il divorzio con accordi in house può essere tariffato a corpo per l’intero lavoro, mentre un divorzio giudiziale viene tariffato flat o a forfait ma su base annuale: si paga un tot per ogni anno di durata della causa.

10) La fase delle trattative, quella fase preliminare in cui le parti si confrontano, con l’aiuto di uno o più avvocati, per vedere se possibile raggiungere un accordo sulle condizioni, viene di solito tariffata su base oraria.

11) Al momento attuale, presso il mio studio un divorzio in house costa 1.500€ per tutto il lavoro (somma che i coniugi possono dividersi tra loro), un giudiziale 1800€ per ogni anno e ogni ora di trattazione 100€ – oltre accessori di legge e cioè IVA e cassa avvocati; la convenienza del divorzio in house é evidente.

12) Il divorzio in house si può fare anche in videoconferenza, se ad esempio uno o entrambi i coniugi risiedono all’estero – ne ho già fatti diversi e sono stati tutti autorizzati o muniti di nulla osta dalla Procura.

13) Se uno dei due coniugi risiede all’estero, ma non si può fare il divorzio in house perché non si accorda sulle condizioni ed é necessario procedere con un divorzio giudiziale, é sufficiente fare la notifica all’estero.

14) Se uno dei coniugi é irreperibile, il divorzio si può fare ugualmente con la notifica ex art. 143 cod. proc. civ, ma prima di poter procedere in questo senso è tassativamente necessario fare tutte le ricerche possibili per trovarne la residenza, anche tramite l’impiego di un’agenzia investigativa, altrimenti la notifica é nulla e potrebbe mandare tutto in vacca anche dopo anni o decenni.

15) Fatta la separazione, i coniugi possono riconciliarsi con una semplice pratica all’ufficio di stato civile, senza bisogno di avvocato; dopo il divorzio, non c’è più possibilità di riconciliarsi, per cui quei coniugi che ricominciano a stare insieme possono solo o risposarsi o costituire una famiglia di fatto, con o senza un accordo di convivenza.

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diritto

Casa familiare assegnata: se mi trasferisco la perdo?

sono separata con 3 figli minori. l’affidamento é congiunto con prevalenza a me e con diritto di abitazione nella casa coniugale di esclusiva proprietà del mio ex. Ho cambiato residenza con i figli, spostandomi nello stesso comune in una casa in affitto, con il consenso scritto del padre. Il mio ex dopo 15 gg dalla separazione aveva trasferito la sua residenza dalla casa di abitazione, a quella della madre, ma senza di fatto mai spostarsi realmente. Ora, a 3 mesi dal mio trasferimento e a 5 dalla sentenza, lui “occupa” ancora la casa coniugale ospitando la sua nuova fiamma. E tutto corretto quello che lui sta facendo? Ho ancora qualche diritto sulla casa coniugale, essendo che nessuno dei 2 ha la residenza lì?

Se ho capito bene, in sede di separazione, che non ho capito nemmeno se sia stata giudiziale o consensuale, hai ottenuto l’assegnazione della casa familiare, in realtà di proprietà del padre.

Successivamente a questo, per un accordo tra di voi, hai deciso di trasferirti in un’altra abitazione, formalizzando questa decisione con una scrittura privata dalla quale risulta il consenso, sul punto, del padre.

In questo contesto, a mio modo di vedere hai perso il diritto che avevi sulla casa familiare, per rinuncia spontanea, avendo tu deciso di andare a vivere altrove.

Tutte le questioni sulla residenza anagrafica non hanno a questo riguardo alcuna rilevanza, dal momento che la residenza effettiva, anche a livello giuridico, è nel posto e nella casa in cui una persona abita effettivamente, cosa che a volte si può comprovare, ad esempio, con l’avvenuta ricezione di corrispondenza come raccomandate e simili, mentre le risultanze anagrafiche sono solo una presunzione semplice, che fa fede solamente fino a prova contraria.

Ovviamente, la situazione può anche essere approfondita ulteriormente, ma non credo proprio che ne possa valere la pena, onestamente.

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diritto

Come cambiare residenza al marito

Vorrei togliere mio marito dalla residenza nella casa in affitto di in quanto è domiciliato all’estero da quasi due anni, non abbiamo rapporti,

Così non si capisce niente di utile ai fini della gestione della situazione.

Se non avete rapporti nel senso che la comunione di vita tra di voi è cessata, la residenza è poco rilevante: devi valutare una pratica di separazione personale, perché la discrepanza tra situazione legale e fattuale è molto più ampia di quella di una «sbavatura» sulla residenza.

Se invece si tratta di altro, che non è dato di capire, allora si può valutare il discorso della residenza, che, in ogni caso, di solito nel caso di matrimonio si trova a coincidere nei due coniugi.

Ti suggerisco di approfondire adeguatamente la situazione con l’aiuto di un legale di fiducia. Se credi, valuta l’acquisto di una consulenza.

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diritto

Posso dare alla mia ex moglie la residenza qui da me?

Sono separato consensualmente dal 2012 e da allora ogni mese do alla mia ex.moglie Euro 450,00 come concordato con il giudice. La mia ex aveva residenza in un alloggio di proprietà che ha venduto il
22 febbraio 2019 ed è proprietaria di un altro alloggio affittato a “canone concordato 3+2” con cedolare secca (400 mese) che scade nel 2021. Ha ora necessità di prendere una residenza e potrebbe prenderla da me (abbiamo un rapporto civile) o da mia figlia ma vorrebbe sapere cosa comporta e se può avere lo stato di famiglia autonomo e se si cosa deve fare?

Per avere stati di famiglia diversi bisogna abitare, ossia avere la residenza, in due immobili diversi, con un numero civico diverso, o un numero di interno diverso, mentre non si possono separare a piacimento se le persone risiedono nella stessa, identica, unità.

Questo naturalmente vale sia per l’ipotesi in cui prenda la residenza da te che da tua figlia.

Più in generale, peraltro, la legge vuole che la residenza anagrafica venga fissata dove una persona abita davvero, mentre tutte le dichiarazioni in contrasto con la realtà dei fatti non sono solo illegittime, ma possono comportare conseguenze negative non prevedibili, una delle quali ad esempio potrebbe essere una notifica validamente eseguita nell’indirizzo di residenza «fittizia» ma di cui la persona destinataria non prende, di fatto, conoscenza, subendo le conseguenze di un procedimento civile, penale o amministrativo completamente a sua insaputa.

Dal punto di vista della separazione, unire le vostre tue residenze potrebbe costituire un domani il fondamento di un’eccezione di ripresa della convivenza da parte di tua moglie, idonea a contrastare, come tale, la tua eventuale domanda di divorzio, considerando che la ripresa della convivenza, resa verosimile dalla coabitazione, determina’l’annullamento della separazione.

Se vuoi approfondire ulteriormente, considera di acquistare una consulenza, anche se io non credo che onestamente possa valerne la pena.

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diritto

Legame di affinità: cessa con la morte?

devo chiedere la residenza presso la mia matrigna vedova, all’anagrafe mi hanno detto che devo scrivere Non sussistono rapporti di coniugio, parentela, affinità, adozione, tutela o vincoli affettivi con i componenti della famiglia già residente in quanto mio padre è deceduto. Ho fatto delle ricerche in rete che dicono che c’è affinità, è giusto ? Lo chiedo perché se fosse vero quello mi hanno detto all’anagrafe si creerebbero due nuclei distinti e in tale caso io potrei chiedere l’esenzione del ticket per reddito

L’affinità è la relazione che lega un coniuge ai parenti dell’altro coniuge.

Un legame non di sangue, dunque, ma mediato da un matrimonio con effetti civili.

Secondo il codice civile, «L’affinità non cessa per la morte, anche senza prole, del coniuge da cui deriva, salvo che per alcuni effetti specialmente determinati. Cessa se il matrimonio è dichiarato nullo, salvi gli effetti di cui all’articolo 87 n. 4» (art 78, comma 3°).

Se ho ben capito, questa donna, che definisci la tua «matrigna», aveva sposato tuo padre, determinando la nascita di un rapporto di affinità tra di voi.

Dal momento che dici che ora è vedova, immagino che tuo padre sia nel frattempo purtroppo deceduto, ma il rapporto di affinità, a mente del codice civile, permane tra di voi.

Per quanto riguarda le disposizioni di stato civile, si tratta di aspetti che andrebbero approfonditi: ti consiglio di parlarne con i funzionari dell’ufficio di stato civile e, solo se del caso, di acquistare una consulenza da un avvocato per un adeguato approfondimento.

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Residenza e anagrafe: si può avere in un posto diverso?

Sto comprando casa insieme alla mia compagna, e stiamo cercando di capire se abbiamo le carte in regola per poter usufruire del bonus “giovani coppie” (detrazioni fiscali sull’acquisto di mobili per gli under 35). L’agevolazione è riservata alle coppie coniugate e alle coppie conviventi more uxorio da almeno tre anni, e quest’ultimo caso è proprio il nostro; conviviamo da quattro anni in affitto cointestato, abbiamo condiviso ogni spesa, etc.
Il punto è che non abbiamo preso la residenza, risultiamo ancora residenti con i nostri rispettivi genitori. Questo può complicare le cose? La residenza anagrafica è vincolante per la condizione di convivenza? Se autocertifichiamo la convivenza ai fini di un ipotetico (nonchè estremamente probabile) controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate, quale documentazione può aiutarci ad avvalorare la nostra posizione in maniera inoppugnabile?

La residenza è definita dal codice civile, all’articolo 43, come il «luogo in cui la persona ha la dimora abituale», cioè quello in cui abita effettivamente.

Questa situazione è integrata da due presupposti, uno oggettivo, consistente nell’abitare effettivamente in un determinato immobile, e uno soggettivo, consistente a sua volta nell’intenzione di adibire tale immobile a propria abitazione principale.

Le risultanze anagrafiche non hanno valore costitutivo della residenza, cioè non sono necessarie o sufficienti per determinare dove è effettivamente la residenza di una persona, ma hanno solo valore di presunzione semplice: servono a comprovare, finché non ne viene data la prova contraria, che la residenza di una persona si trova in un determinato luogo.

Quindi ognuno può risultare anagraficamente residente in un posto, ma avere la vera residenza in un altro.

Come si dimostra la effettiva residenza in contrasto con le risultanze anagrafiche? La prova può essere data con qualsiasi mezzo, di solito vengono usate raccomandate o altra corrispondenza documentabile che è stata ricevuta all’indirizzo di effettiva residenza.

Per lo scopo che avete a cuore voi, bisognerà vedere se le prove di cui disponete possono essere ritenute sufficienti.

Attenzione anche al fatto che non spostando la residenza anagrafica nel luogo in cui avevate la residenza effettiva avete commesso una irregolarità, perché la residenza effettiva andrebbe sempre denunciata, con possibile applicazione delle relative sanzioni. Qualora aveste, inoltre, anche goduto di benefici e agevolazioni in dipendenza di ciò, magari per un ISEE più favorevole, potrebbe esserci anche un illecito di natura penale.

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Comodato di immobile: può riguardare anche i mobili?

sono proprietaria di una casa dal giugno 2010 e da un mese circa ho spostato la residenza presso l’abitaizone del mio compagno, quindi risulto proprietaria di seconda casa con il pagamento delle relative tasse. Nella casa di mia proprietà vive mia mamma, da sempre. Vorrei fare un contratto di comodato ad uso gratuito per ridurre la tassazione, in quanto il Comune di residenza prevede una riduzione della tassazione nel caso l’immobile è concesso ad uso gratuito ad un parente in linea diretta. Vorei sapere se nel contratto di comodato d’uso gratuito dell’immobile, posso includere anche tutti i beni mobili ivi presenti allegando un inventario o se devo effettuare due contratti di comodato distinti per l’immobile e per i beni mobili.

Il comodato può benissimo avere ad oggetto, e di solito ha, sia l’immobile stesso che l’universalità di mobili che ne costituiscono l’arredo, che sono stati posti a servizio dell’immobile principale.

Di solito si redige o un elenco dettagliato dei singoli mobili che sono ricompresi nel comodato, in modo del tutto analogo a quanto avviene nelle locazioni di immobili già arredati, oppure si allegano le fotografie degli stessi.

Considerata l’importanza non trascurabile dell’operazione, ti consiglierei di farti seguire da un avvocato per la redazione e la conclusione del contratto, generalmente è sufficiente un investimento minimo, ovviamente chiedi prima un preventivo.

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Pignoramento nella casa del debitore: e gli altri beni?

la situazione è questa: mia moglie con lavoro autonomo ha contratto un debito con una società di prodotti ( peraltro prodotti subito resi poichè non conformi e comunque già fatturati) . viviamo in divisione dei beni e mia moglie ha residenza da me, casa intestata a me e mobilio di mia propietà , l’altro giorno ufficiale giudiziario ha fatto visita e forse dopo aver compreso che gli oggetti di casa potevano essere solo di mio interesse ha rilasciato avviso barrando la casella ‘ non sono stati rinvenuti beni mobili sufficienti a garantire la pretesa creditoria. visto la situazione cosa consiglia di fare per tutelarci anche in futuro ?

Se è già venuto l’ufficiale giudiziario, immagino ci sia già stato un decreto ingiuntivo di cui voi avete ricevuto la notifica e per il quale non avete presentato opposizione nei termini.

Questo purtroppo è stato un primo importante errore, perché se i prodotti erano stati resi in quanto presentavano difetti avreste potuto difendervi nel merito, che è la cosa più importante.

Per il resto, non ho modo di sapere come mai l’ufficiale giudiziario abbia fatto questa valutazione, bisognerebbe conoscere meglio la situazione da tutti i punti di vista.

Siete stati comunque fortunati perché tutti i beni che si trovano presso la sede del debitore, cioè di solito la residenza, si presumono del debitore, quindi l’ufficiale giudiziario avrebbe potuto pignorarli, non essendo assolutamente sufficienti le dichiarazioni delle altre persone aventi residenza nel medesimo posto, essendo invece necessario un atto avente data certa anteriore al pignoramento.

Per ulteriori dettagli, puoi leggere la scheda sul comodato. Leggi anche, a contrario, la scheda sul recupero crediti.

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Ex marito irreperibile: come si può fare?

SONO LEGALMENTE SEPARATA DAL23/12/2014, IN SEPARAZIONE DI BENI, CON CASA CONIUGALE DI MIA PROPRIETA’ ESCLUSIVA, ASSEGNATA (PER FORZA) A ME E A MIA FIGLIA MINORE DI ANNI 12, PER TALE IMMOBILE E’ STATO CONTRATTO UN MUTUO NEL 2002 COINTESTATO A ME E ALL’EX CONIUGE, CHE DA MARZO 2014 HA ARBITRARIAMENTE CESSATO DI PAGARE LA SUA QUOTA PER PENSI, € 155,00 MENSILI, FINO A QUANDO HO POTUTO E CIOE’ FINO A MARZO 2015 HO PAGATO IO PER INTERO, HO GIA’ AVVIATO RICORSO PER OTTENERE LA META’ NON PAGATA DALL’EX CONIUGE, ED HO ANCHE PROVVEDUTO, POICHE’ DISOCCUPATA DAL 05/06 U.S. A METTERE IN VENDITA L’IMMOBILE PER ESTINGUERE IL DEBITO RESIDUO ALLA BANCA DI € 39.000,00 ED EVITARE SOPRATTUTTO CHE LA BANCA, DATA LA MOROSITA’, METTA ALL’ASTA L’IMMOBILE ED IO E MIA FIGLIA CI RITROVEREMMO IN MEZZO A UNA STRADA, L’EX CONIUGE, SI E’ RESO IRREPERIBILE, SENZA FISSA DIMORA, CANCELLATO DAL COMUNE DI RESIDENZA DA OLTRE 5 MESI, NON SI SA NEMMENO COME FARGLI RECAPITARE COMUNICAZIONI DI OGNI TIPO?

La situazione è molto complessa, ma, come in tutte le cose, c’è sempre un primo passo da fare.

Nel tuo caso, il primo passo è una ricerca di rintraccio tramite un’agenzia investigativa che la maggior parte delle volte conduce ad un esito positivo, nel senso che la nuova residenza della persona che ci interessa viene individuata.

Purtroppo, molte persone non curano le denunce anagrafiche come dovrebbero, finendo per essere dichiarate irreperibili, ma questo non significa che siano scomparse davvero, tramite banche dati o indagini sul campo si possono ancora rintracciare.

Una volta ottenuta la nuova residenza del tuo ex marito, potrai quantomeno inviargli le diffide a tutela tua e di tua figlia. Può anche darsi che l’agenzia riesca a individuare il luogo di lavoro, con la conseguenza che forse potresti valutare un’iniziativa di recupero crediti.

Ci sarebbero molte altre cose da dire ma meglio fare prima il rintraccio e poi valutare tutto il resto. Leggi magari intanto le schede sulla diffida e sul recupero crediti.