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Responsabilità medica e condanna alle spese.

quali rischi può correre una persona che malauguratamente perde una causa per malasanità contro una asl? può essere a sua volta accusato di qualcosa dalla Asl e deve sostenere costi molto alti (periti, spese processuali, avvocati della controparte ecc)?

Chi perde una qualsiasi causa, non solo una causa per responsabilità medica può essere condannato alle spese di soccombenza e, nei casi estremi, per lite temeraria e, ulteriormente, al pagamento di una somma all’erario – queste due ultime voci sono cumulabili e non alternative tra loro. Il riferimento normativo è l’art. 96 del codice di procedura civile.

L’unico sistema, come vado ripetendo da anni e come sanno perfettamente gli iscritti al blog, per tutelarsi di fronte a questo rischio, è quello di avere una polizza di tutela legale – e no, non si può fare a causa iniziata, bisogna averla avuta da prima dell’insorgenza del problema, come tutte le assicurazioni.

Un modo specifico nelle pratiche di responsabilità medica, sulle quali ti invito a consultare la nostra scheda per ridurre molto questo rischio è quello di procedere non direttamente con la causa di merito, ma far precedere la stessa con un ricorso ex art. 696 bis per CTU preventiva dove è davvero difficile rimediare una condanna alle spese e dove si può vedere larga parte del merito del procedimento prima di partire con la causa vera e propria.

Questo è il sistema che uso ormai da anni per questo tipo di vertenze.

Per dire di più circa il da farsi nel tuo caso, bisognerebbe approfondire la situazione e il grado o lo stato in cui si trova attualmente.

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Diagnosi errata ma causa persa: si può ricorrere in Cassazione?

volevo sapere se era possibile ricorrere in cassazione dopo aver fatto una causa in primo giudizio positiva e in appello negativa per errata diagnosi mi il mio medico curante mi aveva diagnosticato una sciatalgia rivelatasi poi un ernia discale con conseguente sindrome della cauda equina permanente che significa avermi rovinato la vita cioe io faccio 4 autocateterismi al giorno ho l intestino paralizzato e una paralisi parziale dal ginocchio in su ..i miei avvocati non hanno presentato le prove come dovevano e io vorrei sapere se si puo ricorrere in cassazione se poi vuole delle delucidazioni piu precise le spieghero meglio per favore mi aiuti a capire se posso fare ancora qualcosa grazie infinite sono disperata e arrabboata con la giustizia con i miei avvocati e con il mio medico curante e l asl della mia zone io vorrei solo giustizia

Mi dispiace per la tua vicenda e per la tua situazione.

A livello giudiziario, per vedere se possibile fare ricorso in cassazione, che non è un terzo grado di giudizio, ma una fase di legittimità, cioè relativa ad un controllo specifico su alcuni aspetti del processo per lo più riguardanti l’applicazione del diritto, bisogna necessariamente studiare i due fascicoli dei procedimenti di primo grado ed appello e le due sentenze relative.

È fondamentale inoltre, nelle cause di responsabilità medica o malpractice, la relazione del consulente medico legale che, immagino, sia stata formata ed acquisita nel corso del giudizio di primo grado, specialmente in un caso come il tuo in cui il problema è derivato, a quanto pare di capire, da una diagnosi errata.

C’è poi un altro aspetto cui accenni, che va accuratamente verificato, e cioè la mancata presentazione di prove da parte dei tuoi avvocati. Se questo fosse fondato, allora purtroppo il ricorso per cassazione servirebbe a ben poco. Infatti, coi gradi di giudizio successivi al primo non si possono sanare eventuali errori commessi dai difensori in quelli precedenti e, man mano che si procede, il caso viene deciso «a fascicolo chiuso», specialmente in cassazione dove è impensabile che vengano acquisite nuove prove (ed è difficilissimo anche in appello). Se, dunque, questo fosse il caso, l’unica azione che rimarrebbe possibile sarebbe quella per negligenza professionale nei confronti dei tuoi difensori, anche questa, naturalmente, da valutare bene.

Anche per approfondire e capire questo ultimo aspetto, comunque, è necessario studiare i due fascicoli, compresa la CTU medica, e le due sentenze.

Se vuoi farci fare questo lavoro, il prodotto da acquistare è questo, la consulenza per eventuale impugnazione. È un po’ più costoso della consulenza di base, perché per studiare tutte queste cose occorrono alcune ore di lavoro. Tieni anche presente che, nel caso, dovrai fornirci la documentazione, se riesci seguendo queste indicazioni, che ci velocizzerebbero il lavoro, altrimenti spedendoci delle copie cartacee.

Il costo, poi, del ricorso in cassazione, che potrai valutare di fare una volta che ti avremo eventualmente detto che ce ne sono i presupposti, è sempre tariffato flat e lo puoi trovare in questa scheda prodotto.

Ti raccomando, anche, di leggere le due schede di approfondimento sulla malpractice e sul ricorso in Cassazione, oltre che di iscriverti alla newsletter del blog o al gruppo Telegram per non perdere interessanti e utili post come questo.

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Quando si confonde l’avvocato col principe azzurro.

Oggi parliamo di nuovo di come scegliere un avvocato, un tema di cui mi sono occupato diverse volte nel blog e che è sempre di attualità, prendendo spunto da una discussione sviluppatasi in uno, Avvocati italiani, dei gruppi giuridici che gestisco su facebook.

La discussione la potete trovare qui, almeno finché non sarà stata eventualmente rimossa dal suo autore originale, nella quale sono intervenuto anche io, con un commento che riprendo, ampliandolo, qui sul blog a disposizione di tutti.

La chiave di lettura di oggi è, diversamente dagli altri casi, di quello che non si dovrebbe fare quando si cerca un professionista.

Vediamo perché.

La nostra iscritta, Angelica Bianco, ha così tratteggiato la sua richiesta (non è raro leggere cose del genere):

Cerco un avvocato nelle marche possibilmente ad Ascoli Piceno e dintorni ,deve essere bravo ma realmente valido che ne capisce di medicina legale e tutto ciò riguarda di fare una battaglia contro la sanità e una struttura rsa ,e una cosa abbastanza complicata ci vuole esperienza in questo settore , perché nei casi dove c’è lo schifo della sanità italiana lo sanno tutti che fanno di tutto per coprire la negligenza di strutture ospedaliere e medici , e questo avvocato dovrebbe essere iscritto anche al patrocinio gratuito…

È evidente, tuttavia, che con delle «chiavi di ricerca» del genere, una persona che pur ha disperato bisogno di un avvocato non può andare da nessuna parte…

Infatti, questo avvocato dovrebbe essere:

  • preparatissimo, anche in materie non strettamente giuridiche ma che richiedono una preparazione medico sanitaria, come la medicina legale (doppia laurea);
  • coraggioso, indipendente, autonomo, in grado, da solo, di opporsi a partiti politici, amministrazioni, governi, servizi segreti, complotti nazionali e magari non;
  • disponibile a lavorare in modo così intenso e duro ma gratuitamente per sette, otto anni, per poi attenderne altrettanti per essere pagato la metà di quello che, secondo i parametri, sarebbe il suo giusto compenso – un ciclo economico di produzione e ricavo che supera di gran lunga persino la silvicoltura, cioè se pianti alberi per vendere la legna prendi i soldi molto prima, ma anche se costruisci un grattacielo, che termina in tre o quattro anni.

Un vero e proprio fenomeno del genere, infine, non dovrebbe poi avere studio a Londra o a New York, ma dovrebbe aver scelto come sede della sua più unica che rara attività niente di meno che Ascoli Piceno.

Mi sembra che più che un avvocato si stia cercando il principe azzurro, e che per di più lo si voglia a domicilio.

O che comunque sia molto più probabile vedere arrivare il principe azzurro piuttosto che un professionista del genere.

Cosa dire? Non è la strategia giusta per trovare l’avvocato giusto, che è invece un primo passo fondamentale, il gesto strategico più importante per il cliente.

Un avvocato che è intervenuto nella discussione ha addirittura suggerito di rivolgersi alle associazioni «competenti”, cosa che per me è una bestemmia anche più grande perché proviene da un avvocato che non dovrebbe mai a mio giudizio mandare da «associazioni», perché le associazioni non sono affatto in grado di gestire casi del genere, tant’è vero che poi ti mandano da altri avvocati.

La nostra amica deve cercare di trovare un avvocato che possa aiutarla, ma partendo da basi reali e non certo da cose fantascientifiche del genere.

Non è vero che sognare non costa niente, ti costa che non fai quello che poi ti servirebbe.

Insomma, perché non ammettere che in una determinata materia e su una determinata situazione non ci si capisce un cazzo?

Guardate che è bellissimo.

È liberatorio, è il primo passo per poter fare qualcosa di concreto.

Partire dalla realtà, ammettere che non ci si sta capendo un cazzo e che serve semplicemente una persona onesta e davvero intenzionata a dare una mano.

È davvero inutile enucleare criteri di competenza, tratteggiare complotti, vagheggiare di sistemi di pagamento di cui non si conosce davvero il funzionamento… Bisogna limitarsi ad esporre un problema e chiedere in che modo gli avvocati interpellati avrebbero intenzione di trattarlo, quale sarebbe la loro strategia.

Poi si passerebbe a parlare del sistema di tariffazione, solo una volta che la pratica avesse trovato un approccio convincente.

Limitate a dirvi quale è il vostro problema, il resto può dirlo solo un avvocato.

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Diagnosi tardiva: il medico è responsabile per danni?

malpractice

Ritieni che un tuo parente o amico sia rimasto vittima di negligenza o incompetenza da parte di un medico? Pensi di aver ricevuto una diagnosi errata o tardiva di una patologia?

Il ritardo nella diagnosi non è accettabile, neanche se la malattia è incurabile e il medico si troverà, a quanto sembra, a dover rispondere per il reato di omicidio colposo.

Questo è ciò che stabilisce una recente decisione della Corte di Cassazione dell’8 novembre 2017, la quale sancisce che il medico è ritenuto responsabile, per l’omissione o la tardiva diagnosi di una patologia, in quanto tale comportamento cagiona al paziente un danno, al di là dell’esito inevitabile della malattia.

Quindi anche se il male che affligge il paziente è incurabile e l’esito della patologia sarebbe comunque infausto, non è dato sapere se una diagnosi tempestiva possa ritardare o meno l’esito, pertanto non possiamo fare a meno di prendere in considerazione il fatto che una corretta e tempestiva diagnosi da parte del medico possa allungare la vita del paziente di settimane o addirittura anni e la vita è un bene rilevante dal punto di vista giuridico che deve essere tutelato.

È proprio sulla base di questo orientamento, che la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 50975, ha annullato, una sentenza della Corte di Appello di Bari che aveva assolto dal reato di omicidio colposo un medico che non aveva diagnosticato per tempo una gravissima forma tumorale, giungendo alla corretta diagnosi quando ormai ogni intervento sul paziente era inutile. È vero che un paziente con una patologia così aggressiva come il carcinoma al pancreas, sarebbe forse deceduto ugualmente, ma se quest’ultimo fosse stato almeno consapevole della malattia, avrebbe potuto ricorrere a terapie o interventi chirurgici in grado, se non di farlo guarire, almeno di incrementare le sue speranze, di dargli una chance o comunque di allungare significativamente la sua aspettativa di vita.

La Corte ha chiarito che, in tema di colpa professionale medica, l’errore diagnostico si configura non solo quando, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non si riesca ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga ad un inquadramento erroneo, ma anche quando si ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi.

Vediamo così affermarsi un principio: l’errore diagnostico del medico che consiste nella mancanza di una tempestiva diagnosi è causa dell’evento dannoso in quanto “la stessa scienza medica (…) sostiene la necessità di una sollecita diagnosi delle patologie tumorali e rileva come la prognosi della malattia varia a seconda della tempestività dell’accertamento” e sussiste responsabilità penale anche quando l’omissione del sanitario contribuisca alla progressione del male.

Per tutelare se stessi, i propri familiari o amici in situazioni come questa è fondamentale affidarsi ad un legale che possa seguirti e consigliarti. Se ti è capitato di incombere in errori medici, essere rimasto vittima di malasanità o pensi che la tua situazione possa essere analoga e vorresti un approfondimento in merito, se vuoi puoi contattarci senza impegno compilando il modulo apposito.

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Responsabilità medica o malpractice: come agire?

Nell 2010 sono stato sottoposto in ospedale comunale a una biopsia escissionale laparoscopica per sospetta linfoadenopatia pelvica. Durante l’intervento avviene la lesione dell’uretere inglobato in uno degli linfonodi interessati da linfangite neoplastica e lo si converte in laparotomia, cioè in normale intervento chirurgico, allestendo la ureterostomia in attesa di effettuare una futura riparazione. Dopo una chemioterapia con esito positivo per un anno e mezzo sono costretto di vivere e lavorare (sono responsabile commerciale) con forte disagio della ureteroscopia applicata al mio rene destro, che perdo durante successivo intervento di riparazione alla fine di dicembre 2011. Adesso mi trovo con una l’invalidità parziale e un ernia postoperatoria lasciatami ed ancora da sistemare. Se fossi sottoposto alla chemio dopo una biopsia andata bene sarei adesso perfettamente sano, con due reni funzionanti. Posso ancora chiedere un risarcimento e come dovrei procedere?

La prescrizione delle azioni per il risarcimento del danno è duplice: di cinque anni, per quella aquiliana o da fatto illecito, pertanto già spirata, e di dieci anni, per quella contrattuale. Puoi dunque ancora esercitare la azione di responsabilità contrattuale. Solitamente, quando si intenta causa per un problema di questo genere di esercitano, per sicurezza, entrambe le azioni anche perché ognuna è sottoposta a condizioni e regole diverse, anche in tema di onere della prova, ma puoi, se credi, anche agire sulla base della sola responsabilità di tipo contrattuale.

La prescrizione per l’azione aquiliana potrebbe essere più lunga qualora nel fatto in questione fosse ravvisabile un reato – di lesioni, ovviamente – e a determinate condizioni definite, man mano, dalla giurisprudenza a seconda della presenza o meno di una denuncia querela o meno, anche se non in modo del tutto univoco. Questa è tuttavia una indagine che probabilmente non vale la pena di fare, sia perché a naso condurrebbe ad una risposta più facilmente negativa che positiva, sia perché, residuando l’azione contrattuale, non c’è bisogno di sperticarsi per resuscitare azioni di cui non si ha la stretta necessità.

Ciò chiarito, prima di fare qualsiasi cosa, il primissimo passo è quello di acquisire una consulenza medico legale: occorre cioè il parere tecnico e qualificato di un medico legale che, valutato il caso alla luce dell’andamento dei fatti e delle norme applicabili, stabilisca se il danno che hai oggettivamente subito è ascrivibile a responsabilità dei medici o, invece, no, come ad esempio nel caso in cui ci sono sì danni, ma questi rientrano nelle complicanze normalmente prevedibili per interventi del genere.

L’attività chirurgica, infatti, è per se stessa un’attività tipicamente pericolosa, ad eccezione probabilmente degli interventi routinari, come ad esempio l’appendicectomia, dove sia pur utilizzando le regole di comune prudenza e i dettami della scienza medica, il paziente può comunque riportare un danno, che però non è «colpa» dei sanitari, ma del fatto che si è andati ad intervenire in situazioni che sono già di loro rischiose.

Questa prima valutazione la può fare solo un medico legale serio, competente, preparato ed onesto. Non ho usato a caso questi aggettivi, ognuno di essi corrispondente ad un requisito fondamentale, la ricorrenza del quale farai bene ad accertare nel momento in cui conferirai incarico, perché si tratta di caratteristiche niente affatto scontante per chi si rivolge ad un professionista in Italia. Ovviamente, lo stesso discorso vale anche per gli avvocati, i commercialisti e così via.

Se un bravo medico legale dirà che nel tuo caso c’è effettivamente responsabilità, e dunque «colpa», dei sanitari che ti hanno operato nel danno che hai riportato, il medico legale stesso tratteggerà una quantificazione del tuo danno, esprimendolo in punti percentuali, come danno biologico, invalidità temporanea e permanente.

A questo punto, la palla tornerà in mano al tuo avvocato di fiducia che, come primo passo, invierà una diffida con la richiesta di risarcimento ai sanitari che sono intervenuti e alla struttura all’interno della quale sei stato operato, se del caso.

In molti casi, sia i sanitari che le strutture sono titolari di un apposito contratto di copertura assicurativa, per cui molto spesso il passo successivo è quello di instaurare e condurre una trattativa con la compagnia di assicurazione tenuta per la responsabilità civile dei medici.

Nel caso in cui non si giungesse ad un accordo al riguardo, noi di solito procedimento con il deposito di un ricorso ex art. 696 bis cod. proc. civ. e cioè con un ricorso per CTU preventiva, per maggiori dettagli sul quale ti rimando alla relativa scheda.

Ma qui dipende dalla situazione e dalle motivazioni per cui l’accordo che viene proposto non è ritenuto soddisfacente, sono valutazioni che si fanno con l’aiuto del proprio legale di fiducia.

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Malasanità: come non si deve trattare un problema di malpractice.

Ho subito, nel 2009, danni irreversibili durante un banale intervento ginecologico. Il chirurgo non solo si rifiutò di ammettere le proprie responsabilità, ma lasciò che finissi quasi in coma. Fui salvata dall’equipe di urologia, per un soffio.
Dopo sette anni ho inviato richiesta di risarcimento all’Asl di competenza, senza appoggiarmi ad alcun studio legale. Mi hanno inviato elenco di documentazione da consegnare e modulo di consenso alla privacy da firmare: hanno tutto da 50 giorni. È il caso di sollecitare? Ah dimenticavo, a causa della mia lunga degenza in ospedale ai tempi persi anche il lavoro…e l’ ottimismo :).

Francamente, non credo proprio che sia il modo giusto per curare una pratica del genere.

La prima cosa che avresti dovuto fare è acquisire una consulenza medico legale sulla vicenda, che avrebbe stabilito, in una apposita relazione scritta, la responsabilità, o meno, dei sanitari, quantificando anche il danno da te subito e la sua risarcibilità.

Sarebbe, inoltre, stato meglio fare la richiesta danni, anche solo stragiudizialmente, entro i 5 anni dall’accaduto, perché l’azione aquilana si prescrive appunto in 5 anni, mentre così a te è rimasta solo quella contrattuale, quando invece di solito è bene esperire entrambe le azioni, per prudenza e sicurezza.

Il fatto che tu non abbia capito quasi niente di questo ultimo paragrafo ci porta, poi, all’ultimo errore che hai commesso e cioè non affidarti all’assistenza di un bravo e preparato legale. Le pratiche di malasanità, come tutte le pratiche civili, non sono affatto «intuitive» o semplici, ma devono essere fatte gestire da un tecnico della materia, un giurista preparato e competente.

Tra l’altro, per la malpratice non è nemmeno difficile trovare un avvocato disposto a lavorare con un compenso a percentuale, che per il cliente è un sistema tariffario conveniente per diversi punti di vista.

Per quanto riguarda la tua domanda, cioè se conviene sollecitare o meno, la mia risposta è quindi che devi incaricare al più presto un legale di seguire questa posizione, lasciando che sia lui a valutare quando, se, come e in che forma sollecitare o in altro modo intervenire, sorvegliando anche i termini di prescrizione.

Finché non farai questo, procederai sempre alla cieca e senza punti di riferimento. Se anche fossi fortunata e ricevessi un’offerta da parte dell’azienda sanitaria, come faresti a valutarne la correttezza? Guarderesti se a te sembra bassa o alta? E per contestarla, se ti sembrasse troppo bassa, cosa faresti? Andresti a dire che ti fa male ancora di qua e di là, che hai sofferto tanto, che sei andata in depressione e così via?

Lascia che ti dica che non è così che funziona.

Ricomincia da capo, eliminando gli sbagli che hai fatto. Prendi un avvocato, che poi ti farà fare una visita medico legale. Anche lasciando a lui una fetta del risarcimento, ne prenderai uno più grande che andando alla cieca da sola. Gli avvocati danno valore, contrariamente a quello che pensa la gente comunemente. Almeno quando sono bravi e svolgono correttamente il loro lavoro.

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Responsabilità medica: come è meglio procedere?

NEL 2007 MIA MADRE E’ STATA OPERATA DI NEFRECTOMIA DX PER CARCINOMA A CELLULE CHIARE III GRADO DI FUHRMAN, DIMESSA DOPO APPENA 10 GIORNI DALL’INTERVENTO, NONOSTANTE LA FERITA OPERATORIA DRENASSE ANCORA, DUE GIORNI DOPO LA DIMISSIONE VIENE RICOVERATA D’URGENZA PER DEIESCENZA DI LAPAROTOMIA CON EVISCERAZIONE ANSE ILEALI ( IN ALTRI TERMINI E’ RIMASTA CON LE BUDELLA IN MANO) PERCHE’ I PUNTI NON TENEVANO.RICUCITA E TRATTENUTA E’ STATA CURATA CON FARMACI PRODUTTIVI DI REAZIONI ALLERGICHE, SOMMINISTRATI SENZA ADEGUATO DOSAGGIO A PAZIENTE IN EVIDENTE INSUFFICIENZA RENALE ,CHE LE HANNO PRODOTTO REAZIONE ALLERGICA PROTRATTASI PER DUE SETTIMANE, VISTA DA UN DERMATOLOGO SOLO 9 GIORNI DOPO L’EPISODIO ACUTO E’ STATA DIMESSA, E’ ANDATA AVANTI CON UN RENE SOLO E SEVERA INSUFFICIENZA RENALE MORENDO A FEBBRAIO 2016. HO CHIESTO ALL’AUSL L’INTERRUZIONE DELLA PRESCRIZIONE E IL RISARCIMENTO DEL DANNO DA MALPRACTICE, CON RISERVA DI PRODURRE CTU ? HO AGITO BENE ? POSSO SPERARE IN UN RISARCIMENTO ?

Come dico sempre, non sono in grado di predire il futuro, ma, al massimo, di dire come è meglio gestire le cose nel presente per avere le maggiori chances di un risultato positivo in futuro.

In realtà, mi sembra che tu abbia fatto solo una lettera, peraltro.

La prassi da seguire in questi casi è abbastanza diversa.

In primo luogo occorre acquisire la consulenza di un medico legale che valuti se sussistono presupposti di responsabilità in capo ai sanitari e/o alla struttura che hanno prodigato i trattamenti, sotto il profilo del danno, del nesso causale, dell’elemento soggettivo e di tutti gli altri elementi che devono ricorrere affinché si possa parlare di responsabilità da malpractice.

Sulla scorta della relazione medico legale, se positiva ovviamente, si inoltra la richiesta danni ai responsabili, eventualmente allegando la relazione stessa.

Dopodiché si procede a trattare il caso e, solo se non si raggiunge un accordo, si procede in giudizio, di solito nelle forme del ricorso ex art. 696 bis cod. proc. civ. e solo in seguito con una causa, che usualmente, almeno nel mio caso, viene introdotta con un 702 bis cod. proc. civ..

I casi di responsabilità medica sono abbastanza tecnici e credo sia preferibile per te farti seguire da un bravo avvocato, con il quale potrai forse, dopo la consulenza medico legale, se positiva, concordare un compenso a percentuale.

Il prossimo passo dunque a mio giudizio dovrebbe essere quello di scegliere un avvocato.

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Malpractice medica: i termini di prescrizione e per la querela.

La sentenza 24 febbraio – 29 marzo 2016, n. 1270, della Suprema Corte, sez. IV penale, mette in luce le caratteristiche principali del reato di lesioni colpose provocate da responsabilità medica, ovverosia: il momento consumativo, la posizione di garanzia, il nesso causale, l’elemento psicologico, il dies a quo del termine prescrittivo e di proposizione della querela.

In via preliminare, la Cassazione, rileva che il reato di lesioni personali colpose, previsto all’art. 590 cod. pen., è un reato istantaneo che si consuma al momento dell’insorgenza della malattia prodotta dalle lesioni. Di conseguenza la durata e l’inguaribilità della malattia sono irrilevanti ai fini della individuazione del momento consumativo.

Tuttavia, nel caso in cui la condotta colposa che causa la malattia stessa persista successivamente l’insorgenza di questa, e ne cagioni un successivo aggravamento, il reato di lesioni colpose si consuma nel momento in cui si verifica l’ulteriore debilitazione.

Il soggetto che commette il reato è titolare di una posizione di garanzia, essendo in possesso della qualifica di medico. Si definisce garante, infatti, il soggetto chiamato alla gestione di uno specifico rischio e che, pertanto, è responsabile sotto il profilo eziologico nel caso in cui tenga condotte omissive in violazione agli obblighi connessi al suo ruolo. Si è altresì affermato che il principio di affidamento non può essere invocato da chi, in virtù della sua particolare posizione, ha l’obbligo di controllare e valutare l’operato altrui, se del caso intervenendo per porre rimedio agli errori commessi.

Il nesso causale che si instaura tra l’azione e il danno, viene ravvisato ogni qualvolta si accerti che – ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva dell’evento – il danno non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva.

Il medico risponde del danno a titolo di colpa, ovverosia per la violazione delle norme cautelari di condotta (specifiche e generiche) all’interno di un contesto in cui si poteva pienamente esigere un comportamento alternativo e corretto rispetto a quello tenuto.

Nel caso concreto sottoposto all’attenzione della Corte, nonostante la sussistenza di tutti gli elementi del reato sopra esposti, si è resa necessaria la dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione, giacché il termine prescrittivo inizia a decorrere dal momento di insorgenza della malattia, anche se non ancora stabilizzata in termini di irreversibilità o di impedimento permanente.

Nella sentenza si precisa che il dies a quo del termine prescrittivo non coincide con la decorrenza del termine per poter proporre querela. A parere della giurisprudenza penale, infatti, quest’ultimo inizia a decorrere, non già dal momento in cui la persona offesa ha avuto consapevolezza della patologia contratta, bensì da quello, eventualmente successivo, in cui la stessa è venuta a conoscenza della possibilità che sulla menzionata patologia abbiano influito errori diagnostici o terapeutici dei sanitari che l’hanno curata.

In conclusione, con il summenzionato provvedimento, la Corte di Cassazione ha inteso evidenziare gli elementi costitutivi del reato di lesioni colpose provocate da responsabilità medica ed il singolare contrasto relativo alla decorrenza del termine prescrittivo e del termine per la proposizione della querela, conseguenza dell’interpretazione del diritto in sede di applicazione.

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Responsabilità medica: come individuare i responsabili?

Un paziente viene colto da aneurisma, al PS viene dato il cod. Rosso, e senza allertare il 118 (come da protocollo), con ambulanza propria viene trasportato in una clinica non accreditata alle emergenze cardiologica, dove aspetta11 ore x intervento, il decesso avviene dopo 21 giorni. Da parte medica sono individuate responsabilità, sia x ospedale x aver interrotto la catena del soccorso e invio alla clinica non adeguata, mentre la clinica x il ritardo che ha fatto perdere le chance di vita, Lei chi chiamerebbe in causa?

Nei problemi di tipo sanitario, la individuazione precisa del soggetto responsabile è sempre piuttosto problematica, perché nel trattamento di un paziente spesso «mettono le mani» più sanitari, parasanitari, istituti diversi.

La prima valutazione delle responsabilità deve essere comunque fatta da un medico legale, sulla base dell’analisi della patologia specifica e quindi della legislazione e dei protocolli applicabili in base alla stessa.

Il discorso purtroppo non può essere sviluppato in generale, ma deve essere condotto in concreto sulla base per lo più di quello che era diagnosticabile e prevedibile, con il famoso criterio della prognosi postuma, al momento in cui sono stati decisi i vari trattamenti in luogo magari di altri più consoni.

La valutazione finale, poi, circa i soggetti da coinvolgere nel giudizio di risarcimento spetta all’avvocato, ma viene sempre svolta sulla base delle considerazioni di partenza del medico legale.

Ti consiglio pertanto di acquistare una consulenza medico legale, specificando o facendo specificare dall’avvocato che ti segue che il consulente dovrà pronunciarci anche sul novero dei soggetti a suo giudizio responsabili.

Il problema va valutato e risolto con attenzione perché citare in giudizio un soggetto che poi non si rivela avere alcuna responsabilità può essere fonte di condanna alle spese legali.

Ti consiglio comunque di leggere con attenzione la nostra scheda sulla responsabilità medica.

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La struttura sanitaria è responsabile se il paziente cade dal letto?

un paziente che sia ricoverato in un struttura sanitaria pubblica e riporti una o più cadute all’interno del nosocomio, in seguito alle quali debba sottoporsi ad intervento di protesi d’anca, ha diritto ad un risarcimento (specie se i paramedici non hanno apposto i necessari presidi protettivi -sponde – al letto dove il malato giaceva) ?. Se poi, non come conseguenza diretta,in mancanza cioè di nesso causale, il paziente muore pochi giorni dopo l’intervento per infarto o arresto cardiocircolatorio, l’eventuale risrcimento aumenta?

Bisognerebbe vedere meglio le circostanze del caso, sotto il profilo, soprattutto, del tipo di patologia per cui il paziente era stato ricoverato e se era tale da richiedere o consigliare in modo particolare una sorveglianza o un presidio atto ad impedire le cadute dal letto.

In un caso che abbiamo seguito come studio, abbiamo conseguito il risarcimento per un paziente che ricoverato per un episodio depressivo si era buttato dalla finestra dell’ospedale. In quel caso, mi sembra che fosse evidente il particolare dovere di sorveglianza o di adozione di precauzioni in capo alla struttura.

Per quanto riguarda il danno da decesso, come farebbe ad essere risarcibile o anche solo ad aumentare la quantificazione di quello eventualmente ancora risarcibile se manca o comunque non è dimostrabile l’esistenza del nesso causale?

Può essere un argomento di convincimento in sede di negoziazione, al massimo.

Il mio consiglio è quello di provvedere ad acquisire, se già non lo avete fatto, una perizia medico legale da un bravo professionista del settore.