DOMANDA – nel 2017, ho perso una causa civile per vacanza rovinata con non indifferenti danni patrimoniali e morali. In prima istanza la domanda è stata dichiarata inammissibile dal giudice di pace adito, perché non contenuta entro il valore di competenza. Poi su insistenza dei legali che mi hanno assistito la causa è stata riassunta in tribunale, senza spiegarmi che in caso di soccombenza avrei dovuto rifondere tutte le altre parti. Nella fase di trattazione delle prove la testimonianza non è stata ben vista dal giudice il quale ebbe ha richiamare il test. In separata sede chiesi alla mia avvocatessa di transigere. Nonostante ciò, questa preferì continuare il giudizio e nel contempo subentro’ altro giudice il quale, avrebbe dovuto ascoltare la testimonianza delle controparti. A questo punto, questi rinunciavano alla esibizione delle loro prove x test in modo, credo, di evitare il confronto tra i test. Non credo, di essere stato assistito con diligenza e prudenza.
— RISPOSTA – Per sapere se ci sono i presupposti per una responsabilità professionale dell’avvocato che ti ha assistito, bisogna studiare il fascicolo per vedere se sono stati commessi veri e propri errori o se comunque non sono state valutate tutte le alternative nel miglior interesse del cliente.
Va valutata anche la fondatezza della pretesa da te azionata inizialmente, perché alcuni giudici tendono ad escludere il nesso causale tra il «danno» riportato dal cliente per la perdita della causa e la conseguente condanna alle spese legali e il pur presente errore da parte dell’avvocato che l’aveva patrocinato quando la causa, anche in assenza di quell’errore, si sarebbe, con molta probabilità, conclusa ugualmente in modo sfavorevole per mancanza di fondamento della pretesa di base – in questo caso, naturalmente, ci potrebbe essere una responsabilità del legale per non aver avvisato il cliente che la causa non era munita di adeguate basi legali, responsabilità più «sottile» e difficile da dimostrare per svariate ragioni.
La nota positiva è che oggigiorno per legge ogni avvocato deve avere una assicurazione professionale, che tra l’altro deve anche essere indicata, sia per legge che per codice deontologico, al momento in cui si formula il preventivo prima di partire con la causa.
Ad ogni modo, devi valutare se, dopo aver già preso questa «mazzata», vuoi investire in una ulteriore eventuale vertenza, che, già solo come studio e approfondimento per vedere se ci sono i presupposti per agire, richiede qualche ora di lavoro, con il rischio che questo investimento non porti ad un risultato concreto. Naturalmente, occorre la massima prudenza ed agire solo dopo aver verificato bene la situazione.
Se vuoi approfondire ulteriormente la questione, chiama ora lo studio al numero 059 761926 e prenota il tuo primo appuntamento, concordando giorno ed ora con la mia assistente.
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Naturalmente, se vivi e lavori lontano dalla sede dello studio – che è qui, a Vignola, provincia di Modena, in Emilia – questo primo appuntamento potrà tranquillamente avvenire tramite uno dei sistemi di videoconferenza disponibili, o persino tramite telefono, se lo preferisci; ormai più della metà dei miei appuntamenti quotidiani sono videocall.
Guarda questo video per sapere meglio come funzionerebbe il lavoro con me.
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Ti lascio adesso alcuni consigli e indicazioni finali che, a prescindere dal problema di oggi, ti possono sempre essere utili.
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>«Il mio avvocato ha ottenuto esito Atp (relazione dettagliata favorevole ctu) in data 18.10.2021 (con indicazione di rimborso spese danni immobile da parte resistente), nonostante lo abbia sollecitato, ad oggi non ha ancora pensato al giudizio di merito .. che fare ?? I termini sono scaduti? Quale soluzione si può prospettare utilizzando ancora l’atp?»
A livello processuale non ci sono termini in materia; bisogna vedere a livello sostanziale, in base, in altri termini, al diritto che hai fatto valere: se ad esempio fosse una causa per vizi in un immobile, c’è un termine entro il quale bisogna agire dopo aver fatto la denuncia dei vizi.
Di solito, dopo un ATP o CTU preventiva, si procede con un ricorso ex art 702bis cod. proc. civ.. Al momento in cui scrivo, peraltro, mancano pochi giorni all’entrata in vigore della riforma Cartabia che cambia anche questo tipo di rito, anche se non è questo il punto, ci sarà un rito corrispondente da utilizzare in situazioni come queste.
Ti consiglio di acquistare una consulenza da un altro avvocato per avere un secondo parere, previo ovviamente esame del fascicolo del procedimento e della situazione.
All’esito di tale esame, poi, potrai procedere con la fase di merito nei confronti del responsabile. Se vi fossero, invece, state decadenze, prescrizioni o altro, potrai valutare la sussistenza di eventuale responsabilità dell’avvocato che ti ha seguito precedentemente.
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se in un procedimento penale si viene condannati senza saperlo in quanto l’avvocato a cui si è dato mandato ed eletto domicilio presso il suo studio non vi ha informato né dell’ultima udienza né della sentenza, facendo inoltre finire questa in giudicato senza che il cliente lo sapesse né potesse fare appello (rassicurandolo ogni qualvolta il cliente gli chiedeva notizie sullo stato del procedimento dicendo che sarebbe finito tutto in prescrizione) il cliente ha i gli estremi per fare causa all’avvocato ed ottenere un risarcimento o deve provare un danno effettivo calcolato a livello monetario? La mancanza di professionalità oltre alla mancata chance del fare appello (senza quella del potersi difendere correttamente) non bastano?
Non ha molto senso parlare in generale, astraendo dal concreto, dei problemi legali, che invece vivono sempre appunto di concretezza. Nel descrivere il tuo caso, insomma, avresti dovuto dire che tipo di condanna hai riportato, per quale reato, a quale pena e così via.
Se, invece, si astrae, volendo formulare delle domande, senza al contrario limitarsi a raccontare i fatti, che è quello che dovrebbe fare chi si rivolge a un legale, un avvocato non è quasi mai in grado di aiutarti, o non è in grado di aiutarti come avrebbe potuto se tu gli avessi fornito la descrizione precisa della situazione.
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Ormai sono venticinque anni che dico queste cose, un po’ in tutte le salse, e credo che non smetterò mai di farlo fino al giorno in cui andrò in pensione, anche perché si tratta di un problema risalente: anche Renzo dei Promessi Sposi, quando va da Azzeccagarbugli, si pone in questo modo, e infatti l’avvocato all’inizio non ne capisce niente, come ricordo in questo precedente post che ti invito a leggere.
Se tutto questo è vero in generale, è ancora più vero quando si va a trattare una materia delicata e spigolosa come la responsabilità professionale di un avvocato, che, prima di essere attivata, deve essere verificata con una certa precisione.
Sulla base del tuo racconto privo dei dettagli essenziali, l’unica considerazione che posso fare è che potrebbe esserci certamente una responsabilità del legale, che senz’altro deve comunicare le sentenze e i provvedimenti resi nel processo al cliente, ma, per quanto riguarda il danno, esso non può mai essere presupposto, ma deve essere esistente e comprovato, anche se ovviamente il danno risarcibile non è sempre monetario, ma può essere anche morale, nei limitati casi in cui la legge ne consente la risarcibilità.
Se vuoi approfondire, ti consiglio di acquistare una consulenza in cui appunto valutare tutti i dettagli del caso concreto e poi eventualmente inviare, tramite una diffida, una prima richiesta danni al legale, che, del resto, come tutti dovrebbe essere munito di una adeguata copertura assicurativa.
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In questa puntata, sempre a partire da un messaggio vocale lasciatoci da un ascoltatore, parliamo – affrontando il caso di una persona licenziata per superamento del periodo di comporto – di cosa si può fare quando vengono commessi in primo grado degli errori di conteggio e soprattutto cosa si può fare quando sono scaduti i termini per impugnare.
Riferimenti.
Di seguito, alcuni precedenti post del blog, o puntate del podcast, menzionati durante l’episodio o comunque aventi ad oggetto tematiche collegate a quelle trattate in questa puntata, che ti consiglio di consultare.
Qual è il termine per presentare ricorso alla CEDU, cioè alla Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo?
Il termine è di sei mesi dalla data della sentenza che esaurisce i mezzi di impugnazione interni – di solito è la sentenza di Cassazione.
In futuro, potrà essere previsto un termine inferiore di quattro mesi, in caso di adozione di particolari protocolli, quindi è più prudente comunque controllare volta per volta, come sempre quando si tratta di termini.
Il termine decorre dal giorno dell’effettiva conoscenza del dispositivo della sentenza, che di solito coincide con la notifica via pec della stessa effettuata presso l’avvocato, senza potersi tener conto del fatto che l’avvocato poi l’abbia eventualmente comunicato in seguito, dal momento che il cliente è considerato comunque domiciliato presso l’avvocato.
È onere dell’avvocato, infatti, comunicare immediatamente al cliente la ricezione di notifiche di questo genere, se non lo fa può determinarsi responsabilità professionale per tale omissione, dal momento che il suo cliente non è stato messo in grado di esercitare un suo diritto.
Il termine scade l’ultimo giorno del periodo di sei mesi, anche se tale giorno ricade di domenica o in un giorno festivo, senza slittamento al primo giorno lavorativo successivo come accade a volte per altri tipi di termini.
Il messaggio da portare a casa, dunque, è che, se ricevete un provvedimento giurisdizionale negativo, dovete prima possibile prendere appuntamento con il legale che vi segue, oppure con un altro legale se ritenete opportuno acquisire un secondo parere, per discutere il da farsi. Se sono ancora disponibili mezzi di impugnazione interni, si potranno valutare quelli, mi riferisco ovviamente a appello, ricorso per cassazione, ecc.. Viceversa, si potrà valutare il ricorso alla CEDU.
Non lasciar passare il tempo inutilmente perché il sistema giudiziario presenta sempre dei termini decorsi i quali poi non si può più fare niente!
Se vuoi una consulenza preliminare in materia di impugnazione o ricorso alla CEDU, clicca qui. Se vuoi acquistare direttamente il pacchetto per il ricorso alla CEDU, clicca qui. Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.
io e la mia ex moglie dopo la separazione circa 4 anni fa abbiamo firmato insieme ai nostri avvocati una scrittura privata con la quale io le davo tutti i miei risparmi circa 120 mila euro e lei rinunciava agli assegni di mantenimento x i figli e anche l’assegno di divorzio. Adesso che io ho chiesto il divorzio mi ricattata se non gli do almeno 300 euro al mese non mi da il divorzio. Avv. lei cosa ne pensa. se io affronto un divorzio giudiziale il giudice potrebbe concedere questo assegno divorzile che chiede dopo tutto quello che gli ho dato e con un accordo scritto e firmato.
Non ha senso, innanzitutto, disquisire di una situazione dove c’è un documento legale sottoscritto dalle parti senza poterlo visionare, cioè senza averlo nemmeno letto.
Al netto di questo, in via generale si può comunque dire che la materia del mantenimento è indisponibile, come quasi tutto in materia giuridico familiare, dove non si hanno obbligazioni, ma obblighi di famiglia, di natura sostanzialmente diversa, perché non suscettibili di valutazione patrimoniale – questo è un discorso che è ostico anche per diversi avvocati, quindi non ti preoccupare se non lo comprendi fino in fondo, ma te lo dovevo fare perché tecnicamente è la premessa necessaria per la conclusione successiva.
Il succo del discorso, comunque, è che non si può validamente rinunciare all’assegno di un divorzio che deve ancora essere trattato, formalizzato, deciso, né per 120.000 euro, né gratuitamente, e nemmeno per tutto l’oro del mondo, perché appunto è una materia sottratta alla disponibilità delle parti e, al contrario, il giudice conserva sempre il potere di prevedere o meno un assegno se lo ritiene giusto secondo le circostanze.
Ora, sarebbe comunque importante vedere che cosa avete scritto in questo benedetto documento e capire se quanto ti ho riportato sopra ti era stato fatto presente dai legali che avevate all’epoca e specialmente dal tuo, e si tratta dunque di un aspetto su cui hai fatto confusione tu, o se invece è una cosa che è stata completamente ignorata, anche perché in questo caso potrebbero esserci anche profili di negligenza in capo al legale che ti ha seguito – ovviamente uso il condizionale perché la situazione è da valutare, al riguardo, ben più approfonditamente.
Se vuoi, appunto, approfondire, valuta, come al solito, di acquistare una prima consulenza.
Ho perso un processo, avevo attaccato il mio avvocato per negligenza, il giudice ha accettato la testimonianza della collega, associata dello studio, che affermava di avere sentito delle conversazioni ( dal suo ufficio) con me e il mio avvocato dove secondo lei rifiutavo di passare una visita, il CTU ordinato dal giudice che mi aveva condannato. non poteva sentire le conversazione telefoniche da dove era. Il giudice ( quello che ha giudicato la causa contro l’avvocato ha anche accettato tutte le affermazione senza prove del avvocato e ha rifiutato tutto quello che affermavo , trovandoli delle scuse , li ha praticamente servito di avvocato. Non ho fatto appello perché non me lo potevo permettere, da vittima sono diventato accusato è un ingiustizia
Come abbiamo detto dozzine di volte, si può perdere benissimo una causa pur avendo ragione, sia sufficiente pensare a quelli che sono gli esiti istruttori, che sono imprevedibili: si pensa che un testimone possa riferire una determinata cosa, invece compare e ne sostiene un’altra. O viceversa.
Al di là di questo, non sono in grado di esprimere un giudizio vero e proprio sulla tua situazione, sia sulla causa «a monte» dove ci sarebbe stata la responsabilità del tuo avvocato precedente per negligenza, sia su quella di responsabilità che vi è stata successivamente, dove si sarebbe verificata una testimonianza infedele addirittura da parte di un’altra collega dello studio.
Se tu volessi approfondire, sarebbe indispensabile esaminare con cura il fascicolo del primo procedimento, per valutare se effettivamente ci possano essere dei profili di responsabilità, ma a questo punto, avendo tu rinunciato a proporre appello, sarebbe solo un esercizio volto a toglierci la curiosità.
In generale, si può dire che il sistema giudiziario italiano, come tutti i sistemi giudiziari statuali, non serve a dare giustizia, ma ad applicare il diritto, sia quello sostanziale che quello processuale, che è una cosa diversissima, con lo scopo vero di evitare che le persone si facciano giustizia da sole e che i conflitti vengano composti in modo definitivo.
Chi si accosta al sistema giudiziario ricercando giustizia rimane regolarmente deluso, perché si tratta di un apparato burocratico da cui verrà, sì, la parola fine a molte situazioni conflittuali, e sia pure a volte dopo svariati anni, ma quasi mai in modo corrispondente al nostro interiore senso di giustizia.
Sono comunque cose di cui avrebbero dovuto parlarti i tuoi avvocati.
Se vuoi approfondire, puoi valutare di acquistare una consulenza, ma personalmente te lo sconsiglierei, a questo punto.
ho acquistato nel 2006 con ora il mio ex convivente una cascina 135 mila euro ma nel 2008 abbiamo avuto ordinanze da parte del comune per lavori abusivi e dei vigili del fuoco in quanto era dotata di un serbatoio 1750 kg gpl e non avendo i parametri x l’installazione praticamente una bomba.quindi siamo rimasti senza caloriferi acqua calda e gas x cucinare. Abbiamo fatto causa sia ai venditori che alla banca x risoluzione del contratto, il notaio ed agenzia con i venditori e credo banca erano tutti consapevoli e d accordo. La casa non ha l’agibilità, ci hanno venduto una casa abusiva. Abbiamo perso la causa in quanto il giudice ha ritenuto che con 2 stufe a pellet risolvevamo tutto. Il nostro legale, d’accordo anch’egli non ci mandato la raccomandata x ricorso quindi scaduti i termini sto pagando da sola spese legali ai venditori + mutuo e dopodichè pagherò spese alla banca sono stata precettata sullo stipendio ma solo io perchè il mio ex è sparito.
Come potrei mai fare ad aiutarti, anche solo dandoti un vago consiglio, in una vicenda come questa, dove ci sono profili molto complessi – validità di un contratto di compravendita immobiliare, impugnabilità di una sentenza, decadenza dal diritto di impugnare per decorso dei termini, rapporti con un ex familiare – ma dove non ho visto nessun documento tra quelli fondamentali della vicenda?
È evidente che per poter dire che cosa si potrebbe fare a tua tutela avrei bisogno di vedere quantomeno la sentenza che definisce il giudizio di primo grado.
Astrattamente, comunque, le cose che ci potrebbero essere a tuo favore potrebbero essere una responsabilità del legale che ha lasciato decorrere inutilmente i termini per l’appello e un’eventuale azione di regresso nei confronti del tuo ex convivente, rispetto al quale tuttavia bisognerebbe capire meglio che cosa significa che è «sparito».
Per quanto riguarda il primo aspetto, bisogna capire in primo luogo come sono andate effettivamente le cose e che cosa risulta documentatamente del loro andamento. Fai anche attenzione al fatto che non in tutti i casi di decadenza dall’appello ci può essere responsabilità del legale, dal momento che spesso i giudici fanno anche un giudizio probabilistico e prognostico circa l’accoglimento dell’appello.
Per ciò che concerne, invece, il secondo aspetto, riguardante il tuo convivente, hai commissionato delle ricerche ad una agenzia investigativa per vedere dove vive di fatto attualmente? È stato dichiarato corresponsabile e tenuto in solido con te al pagamento delle spese legali? Pensi che, se fosse obbligato in solido e tu riuscissi a trovarlo, egli sarebbe solvibile?
Insomma, ci sono un sacco di aspetti da approfondire e da valutare. Gli antichi dicevano vigilantibus, non dormientibus, jura succurrunt, per indicare il fatto che ci sono sì leggi di tutela, ma bisogna pur sempre che uno si attivi concretamente per trattare i suoi problemi, altrimenti poi è inutile limitarsi a esporre lamentele…
Il modo consueto di esercitare la professione non va più bene.
Mi rivolgo con questo post in primis ai colleghi avvocati: sapete già che, dal primo gennaio 2016, se, ad esempio, introduceste un giudizio con atto di citazione anziché con ricorso ex art. 702 bis cod. proc. civ. potreste, dopo anni, essere chiamati a risarcire un danno cagionato al vostro cliente, per avergli fatto perdere denaro?
Non è per niente fantascienza, anzi è davvero un’ipotesi grave, concreta e reale, che sono già certo si verificherà in molti casi, come conseguenza delle ultime bislacche invenzioni legislative dei nostri governanti.
Prima di entrare nel merito, vi sollecito a condividere e inviare questo post a tutti i colleghi che vi sono più vicini o che volete avvisare di questa nuova importante cosa di cui tener conto, della quale ad oggi nessuna istituzione forense ci ha avvertito. La condivisione sui social non è solo gradita, ma ritengo doverosa per tutti quelli che hanno a cuore la sorte della categoria forense.
Questo post è, comunque, per tutti gli avvocati: anche – anzi soprattutto – quelli che non si sono nemmeno mai occupati di equa riparazione o legge Pinto.
Perché la nuova disciplina dell’equa riparazione è fonte di responsabilità per tutti i processualisti?
Vediamo adesso più in dettaglio come stanno le cose.
Stavo studiando le novità in materia introdotte dal comma 777 della legge di stabilità, già in vigore appunto dal primo gennaio 2016 e, facendo questo, mi sono accorto che le nuove regole determinano casi molto importanti, diffusi e ricorrenti di possibile responsabilità professionale, verso cui appunto dovrebbero prestare attenzione tutti i colleghi avvocati, anche quelli che non sanno nemmeno bene che cos’è l’equa riparazione.
Su queste singole novità uscirà appena possibile, sempre a mia cura, un apposito post di approfondimento, ma ritengo opportuno anticipare intanto questo aspetto, a beneficio di tutti gli avvocati e dei loro assistiti.
Facciamo subito un esempio per concretizzare meglio.
Sinora la scelta delle modalità di introduzione del giudizio era discrezionale del legale, che poteva valutarla in base alla strategia di fondo, decidendo, tra l’altro, se farla col tradizionale atto di citazione o con il ricorso ex 702 bis del rito sommario.
Dal primo gennaio 2016, il legale dovrà invece, se non vorrà far perdere probabili, anzi quasi certi (visto che quasi tutti i processi sforano il termine ragionevole), diritti al proprio cliente, introdurla necessariamente con il ricorso per rito sommario, nei casi in cui è applicabile, che sono per lo più le cause riservate alla decisione del giudice unico.
Ciò risulta dal nuovo art. 1 bis, comma 2°, della legge 24 marzo 2001, n. 89, dal quale risulta che, se una parte non ha, a tempo debito, esperito quelli che la stessa legge definisce come «rimedi preventivi» perde il diritto all’equa riparazione, cioè ad essere risarcito per gli anni di durata del processo ulteriori rispetto a quelli che sarebbero ragionevoli.
Questo significa che, se siete avvocati e non userete i «rimedi preventivi» – che poi in realtà sono inutili e dannose prese in giro, tutto fuorché veri e propri «rimedi» – il vostro cliente perderà il diritto a conseguire il risarcimento che gli spetta, quantificato dall’art. 2 bis legge cit. in una somma da 400 a 800€ per ogni anno, con i correttivi in più o in meno previsti dalla norma stessa.
Questi soldi potreste essere dunque chiamati a pagarli voi difensori, a titolo di responsabilità professionale, ragione per cui dovete o esperire, tutte le volte in cui è possibile, questi demenziali «rimedi preventivi» oppure, quantomeno, informare il cliente, tramite raccomandata o pec, della possibilità di farlo, lasciando a lui la decisione.
Questa nuova disciplina dei rimedi preventivi quindi è destinata a riflettersi sul modo in cui noi avvocati conduciamo i procedimenti giudiziari, siano essi civili, penali, amministrativi, contabili, di legittimità, perché appunto la mancata osservanza determina decadenze in capo ai nostri clienti, salvi solo i casi, di ristrettissima minoranza, in cui i procedimenti hanno durata ragionevole.
I cosiddetti «rimedi preventivi».
Quali sono, a questo punto, i «rimedi preventivi» e che cosa dovremmo fare noi avvocati per gestire concretamente questa riforma?
Prima di passarli in esame, c’è da dire che, come cennato, questi rimedi non rimediano niente, non hanno nessuna efficacia sostanziale o di accelerazione, il loro esperimento è destinato ad essere completamente inutile, anzi dannoso perché imbriglia, appesantisce e vincola l’attività defensionale che invece, per essere completamente efficace, dovrebbe essere il più possibile libera.
Ma tant’è. È un adempimento «burocratico» dalla mancanza del quale, a prescindere dalla sua più completa inutilità, può discendere la perdita di diritti e di somme di denaro per i nostri clienti e la responsabilità relativa in capo a noi, quindi vanno pedissequamente osservati, visto che la nostra prima «missione» come avvocati è tutelare i clienti e non far decadere in capo a loro nessun diritto o posizione attiva.
I rimedi preventivi sono definiti dall’art. 1 ter della legge Pinto, che qui riassumo rimandando tuttavia per completezza alla lettura integrale del medesimo.
Per il processo civile sono l’introduzione del giudizio nelle forme del ricorso sommario, la richiesta di passaggio al rito sommario, la istanza di decisione mediante trattazione orale. Nel processo penale, il deposito di una apposita istanza di accelerazione, facoltà in questo caso riservata anche all’imputato, cosa che potrebbe in qualche modo sollevare da responsabilità il legale, anche se probabilmente permane un dovere di informazione al riguardo. Nei processi davanti al TAR e Consiglio di Stato, la presentazione di istanza di prelievo. Nei procedimenti contabili davanti alla Corte dei conti e di legittimità davanti alla Cassazione una istanza di accelerazione.
Ovviamente, tutte queste istanze non serviranno a niente di concreto, perché come ha cura di precisare il settimo ed ultimo comma della disposizione in esame: «7. Restano ferme le disposizioni che determinano l’ordine di priorità nella trattazione dei procedimenti» – e qui una bella risata ci sta tutta… Sennonché queste istanze saranno una perdita di tempo per i clienti, per gli avvocati, per il personale di cancelleria, per i giudici, tempo che avrebbe potuto più utilmente essere dedicato alla cura concreta dei casi, ma che il nostro meraviglioso governo ci obbliga, per sue esigenze, a dedicare a gestire inutili adempimenti burocratici.
Che cosa devono fare dunque gli avvocati?
Innanzitutto, credo che ogni studio dovrebbe fare una apposita riunione con tutto il personale, anche paralegale e amministrativo, per informare in sintesi di queste importanti novità, definendo alcune prassi di riferimento da adottare a partire da gennaio 2016.
Le prassi di riferimento, poi, potrebbero essere sintetizzate come segue.
A) Chiaramente la prima prassi da varare è quella dell’adozione del ricorso ex art. 702 bis cod. proc. civ. per l’introduzione dei nuovi giudizi, eventualmente definendo un modello di mail in cui si illustra al cliente la ragione di questa scelta, da inviare via mail al cliente stesso. Questo sarà utile in quei casi, non rari, in cui il giudice, dopo il deposito del ricorso ex art. 702 bis, nel quale il nostro governo ripone tanti pie quanto commoventi speranze, fissasse la prima udienza dopo un anno, due o tre. Nei casi più gravi, bisognerà informare adeguatamente il cliente sulle conseguenze della scelta del metodo, lasciando al medesimo la scelta tra la conservazione del diritto all’equa riparazione e la velocità concreta del processo, che può essere negli soddisfatta in non rari casi dall’introduzione con atto di citazione.
B) In tutte le prossime udienze delle cause civili dello studio, bisognerà mettere un paio di righe a verbale con l’istanza di trasformazione del rito da ordinario a sommario, ad esempio con la formula «il difensore formula richiesta di passaggio dal rito ordinario al rito sommario ai sensi dell’art. 183 bis cod. proc. civ. e sin da ora istanza di decisione a seguito di trattazione orale a norma dell’articolo 281-sexies, il tutto ai fini di cui all’art. 1 ter della legge 24 marzo 2001, n. 89», lasciando poi che il giudice ne faccia l’uso che creda. Una buona idea potrebbe essere inserire questo promemoria nei modelli dei fogli di udienza, quelli che si usano per fare le istruzioni a chi va a fare le udienze, avvertendo però tutti di non fare «copia e incolla» dei vecchi statini che si trovano già nella pratica, ma di usare sempre i modelli aggiornati.
C) Sempre a livello di modelli, conviene adeguarli inserendo ad esempio anche in quello degli atti di citazione la richiesta di trattazione orale. Questo è utile ad esempio nei casi in cui è inammissibile il rito sommario ex art. 702 bis cod. proc. civ. quindi diventa rilevante il solo «rimedio preventivo» della istanza di trattazione orale. In tutti gli altri casi in cui è prevista la istanza di accelerazione, conviene depositarla prima possibile, tendenzialmente insieme al primo atto che ponete in essere nel procedimento in questione, un non senso ma tant’è, quindi nel penale insieme alla nomina, nei ricorsi per quanto riguarda i procedimenti amministrativi, contabili, di legittimità. Anzi, probabilmente la cosa migliore è inserirla direttamente nei modelli di nomina di difensore, ricorso, ecc., sempre con una formula come la seguente, in una riga a sé stante: «Si formula sin da ora istanza di accelerazione ai sensi dell’art. 1-ter della legge 24 marzo 2001, n. 89».
Come già cennato, è assolutamente importante che i titolari di ogni studio ribadiscano con apposite circolari e/o in apposite riunioni di studio a tutti i colleghi, collaboratori, paralegali, personale amministrativo che è fondamentale non usare mai un atto vecchio come modello per pigrizia, cosa che molti tendono a fare, ma usare sempre i modelli nuovi, da tenere in una apposita cartellina condivisa con tutto il gruppo di lavoro – noi ad esempio teniamo tutti i nostri modelli in una cartella di Dropbox business.
Conclusioni.
È tutto per oggi. Come cennavo, si tratta di novità importanti ma insidiose, in quanto più nascoste, perché relative ad un settore della pratica giudiziaria di cui non si occupano tutti gli avvocati, ma solo pochi. Nessuna delle istituzioni forensi si è ad oggi premurata di mandare circolari di avvertimento, ragione per cui, mentre stavo scrivendo il post di approfondimento per il blog sulle ultime novità in tema di legge Pinto, ho deciso di sospendere lo stesso e scrivere prima, invece, questo post, dedicato a me stesso e a tutti gli altri colleghi.
In seguito, appena potrò, completerò l’altro post in cui darò conto delle novità, queste ed altre, per chi è interessato a chiedere l’equa riparazione, un filone di lavoro che il nostro studio continuerà a coltivare, come sta facendo da anni.
Ribadisco: manda questo post a tutti i colleghi che ti stanno a cuore, condividilo sui social network, credo sia importante; alla fine, a rimetterci rischiamo sempre di essere noi avvocati.
E non dimenticare di iscriverti al blog, per non perdere post come questo, che non trovi da nessun’altra parte.
nel 2002 dal condominio mi è’ stata intentata una causa per presunti lavori effettuati alla colonna fecale. Nomina di ctu,causa persa in primo grado.Su consiglio del mio avvocato abbiamo fatto appello è perso nuovamente nel gennaio 2013.Il problema è ‘ che il mio avvocato non mi ha mai comunicato l’esito della sentenza, io ne sono venuto a conoscenza perché’ mi sono trovato p ignorato il conto corrente. Giustificazione dell’avvocato:”non volevo procurarvi un infarto.In questa situazione come devo comportarmi.? Posso rivalermi in qualche modo sul mio avvocato?
Il Codice deontologico forense prevede precisi doveri di informazione a carico del professionista nei confronti del cliente, la cui violazione determina una responsabilità disciplinare.
Puoi segnalare la vicenda, inviando un esposto al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di appartenenza.
L’esposto verrà poi trasmesso al Consiglio distrettuale di disciplina, il quale valuterà se applicare una sanzione.
Ci potrebbero essere i presupposti anche di una responsabilità civile, se l’omessa comunicazione dell’esito della causa ha compromesso il diritto di ricorrere in Cassazione, per avvenuto decorso del termine. Tuttavia, in questa ipotesi, sarebbe necessario valutare se l’esercizio di tale impugnazione avrebbe raggiunto un risultato a te favorevole.