Categorie
diritto

INPS vuole soldi indietro: che fare?

Oggi voglio parlare di una questione purtroppo sempre più diffusa e che molto “disagio” crea in coloro che si trovano ad essere destinatari di tali comunicazioni, per lo più pensionati, si vedono recapitare raccomandate a.r. con richiesta da parte dell’Inps di restituzione somme, a dire dell’ente, erogate indebitamamente.

Capita, anche con una certa frequenza, che la richiesta di restituzione afferisca a periodi anche molto indietro con gli anni.

E’ prassi sempre più diffusa operare, da parte dell’Ente, sin dal mese successivo a tali comunicazioni, una ritenuta sulle pensioni eventualmente già erogate. Una sorta di esecuzione forzata autonomamente auto-autorizzata dallo stesso ente previdenziale.

E’ prassi dell’ente negare qualsivoglia motivazione in merito a tali richieste.

L’avvocato a cui il pensionato si rivolge, al fine di valutare la fondatezza delle richieste di restituzione dell’Inps, tenta più e più volte, con richieste bonarie, almeno di conoscere le motivazioni; provvede, altresì, ad inoltrare numerose istanze di revoca del provvedimento che si ritiene illegittimo in via di autotutela.

Nulla.

L’Inps, di fatto, costringe il pensionato al ricorso giudiziale con tutti i patemi e le spese legali da anticipare che questo comporta.

E’ recente il caso occorso ad una mia cliente che si è vista recapitare una richiesta di restituzione di somme per l’importo di €. 32.805,25, per presunte somme, relative ad una pensione d’invalidità civile, erogate indebitamente nel periodo dal 01.12.1993 al 31.03.2007.

Questa la scarna comunicazione dell’ente.

Vani sono stati i ripetuti solleciti tutti bonari a che l’ente esplicasse le motivazioni di tale richiesta.

Vani, altresì, gli inviti ad agire in via di autotutela essendo evidentemente decorso qualsivoglia termine prescrizionale.

Dunque cosa fare in presenza di tali richieste?

In primis valutare la motivazione espressa dell’ente in relazione alla richiesta di restituzione.

In secondo luogo verificare appunto il decorso di eventuali termini di prescrizione.

Qualora venga accertato un indebito pensionistico a seguito di verifica sulla situazione reddituale che incide sulla misura o sul diritto delle prestazioni, l’Istituto procederà al recupero delle somme indebitamente erogate nei periodi ai quali si riferisce la dichiarazione reddituale.

Ciò solo qualora la notifica dell’indebito avvenga entro l’anno successivo a quello nel corso del quale è stata resa la dichiarazione da parte del pensionato.

Ove la notifica dell’indebito non sia effettuata entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello nel quale è stata resa la dichiarazione reddituale, le somme erogate indebitamente non sono ripetibili.

Ma ancora, a prescindere dalla valutazione sui requisiti reddituali, l’art. 52, comma 2 L. n. 88/1986 evidenzia che, laddove siano state riscosse rate di pensione risultanti non dovute, non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte, salvo che l’indebita percezione sia dovuta a dolo dell’interessato.

Se hai subito una richiesta di restituzione da parte di INPS o altri enti previdenziali, contattaci per valutare il tuo caso.

Categorie
diritto

se si concorda la possibilità di restituzione si possono chiedere indietro i soldi?

ho acquistato 4 giorni fa un copridivano con accordo verbale che nel caso la misura non fosse giusta l’avrei riportato mostrando lo scontrino. purtroppo non andava bene e quindi circa 1 ora dopo l’acquisto sono tornato al negozio con lo scontrino ma mi è stato riferito che non avendo la misura più grande dovevo o aspettare anche più di un mese l’arrivo di altri copridivani (se non riaspettare una nuova produzione con tempi non definiti) o sostituire il copridivano con altra merce di uguale valore. non essendo soddisfatto di questa risoluzione chiedo se è mio diritto farmi restituire i soldi.

Se il negoziante ti ha accordato la possibilità di restituzione, senza alcuna specificazione, a mio giudizio il suo comportamento non è corretto, nel senso che deve riprendere indietro il bene compravenduto e restituirti i soldi, senza poter accampare discorsi di sostituzione o cose del genere. Chiaramente il problema può sempre essere quello di dimostrare gli accordi solo verbale tra di voi e di come gestire il diniego del negoziante, in mancanza di una adeguata forma di tutela giudiziaria.

Categorie
diritto

Esiste il diritto di recesso per acquisti fatti nei negozi?

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=UthHtatPhCQ]

Vorrei sapere se esiste il diritto di recesso per un acquisto fatto direttamente in un negozio. In pratica ho acquistato 2 giorni fa un computer risultato poi molto rumoroso, c’è da dire che non si tratta di un computer difettoso ma è proprio nelle sue caratteristiche. Vorrei riportarlo indietro al negoziante e cambiarlo con uno meno rumoroso: posso farlo? In questo caso esiste il diritto di recesso?

Purtroppo no. Il diritto di recesso è previsto dalla legge solo per gli acquisti a distanza, dove il consumatore non ha potuto “prendere in mano” il bene, vederlo e considerarne le caratteristiche, mentre se va fisicamente in negozio si presuppone, salvo diversi accordi, che l’abbia visto e gli sia piaciuto.

Nel nostro Paese, storicamente il diritto di recesso è stato disciplinato dal Decreto Legislativo 22 maggio 1999, n. 185, entrato in vigore il 19 ottobre 1999, con cui si è data attuazione alla direttiva dell’Unione Europea n. 97/7/CE, in materia di protezione del consumatore nei contratti a distanza, nonché dal precedente Decreto Legislativo 15 gennaio 1992, n. 50, che per qualche tempo hanno continuato ad applicarsi parallelamente, a seconda di quella che era più favorevole al consumatore.

Oggi, invece, il recesso è disciplinato dagli artt. 45 e seguenti del codice del consumo, che hanno sostituito le normative previgenti.

Ad ogni modo, appunto, come si è visto la ragione che giustifica l’applicazione di tutele maggiori per chi acquista, ad esempio, via internet risiede nel fatto che, nella contrattazione a distanza, l’acquirente non può visionare il bene come nei contratti stipulati a contatto diretto con il venditore, così come quando si entra in un tradizionale negozio o centro commerciale. Per tali motivi, si riconosce un diritto di recesso dal contratto, esercitabile senza che sia dovuta alcuna motivazione e quindi, evidentemente, anche solo perché il bene che ha acquistato, una volta che l’ha visto davvero, non gli è piaciuto.

Infatti, se una persona interessata si reca presso un negozio e vuole acquistare un computer silenzioso, se vuole tutelarsi veramente se lo deve far accendere e provare o al limite farsi mettere per iscritto le caratteristiche che considera essenziali. Se il negoziante non acconsente, può rinunciare all’acquisto e tentare con un fornitore di hardware tramite internet, presso il quale è sempre e comunque previsto il diritto di recesso. Ma se lo acquista ugualmente poi non può fare nulla, perché la legge presume che chi fa acquisti alla presenza diretta del venditore si attivi per verificare per bene le caratteristiche del suo acquisto, anche se questo non sempre succede.

Piuttosto, pur non potendosi ricorrere al diritto di recesso, può darsi che sia possibile invocare la disciplina sulle qualità promesse o essenziali per l’uso cui è destinato il bene, prevista dall’art. 1497 del codice civile, ragione per cui se la silenziosità del computer è effettivamente eccessiva, tale da non consentire una sufficiente concentrazione per gli scopi lavorativi o da poter essere utilizzato concretamente per quelli ludici, perchè ad esempio non si può ascoltare bene un cd o cose del genere, si può chiedere la risoluzione del contratto.

Può, poi, trattarsi anche di un vero e proprio inadempimento o di un vizio del bene, tutte ipotesi cui corrispondono altrettante regole che consentono di sciogliere il contratto, restituire il bene e farsi restituire il prezzo, come nel caso della garanzia per difetti di conformità, oggi anch’essa confluita nel codice del consumo, o di altre garanzie, meglio descritte in un nostro precedente post, oggi in parte superato ma ancora fondamentalmente valido nel distinguere le forme di tutela. Infine, può anche darsi che sia possibile accordarsi con il rivenditore per una sostituzione con un altro prodotto: pur non essendo previsto come diritto, se il venditore ha una buona politica commerciale può darsi che decida di accontentare il consumatore.

Occorre sempre esaminare bene il caso concreto, tenendo presente che il diritto di recesso non è assolutamente l’unico istituto a tutela dei consumatori.

Per tutti questi casi, comunque, e a maggior ragione per gli acquisti tramite internet, è fondamentale ed indispensabile disporre di una adeguata forma di tutela giudiziaria, dal momento che quasi sempre il consumatore rinuncia a far valere i propri diritti considerando il costo che dovrebbe affrontare per ricorrere ad un avvocato e quello, solitamente basso, di quanto ha acquistato. Con la tutela giudiziaria questo problema è risolto perchè, se il consumatore ha ragione, le spese legali sono anticipate dalla compagnia. Una buona tutela giudiziaria costa solo circa 100€ all’anno e dovrebbero averla tutti quanti, a maggior ragione se fanno acquisti.

Naturalmente, se ce ne sono i presupposti, anche per questo tipo di questioni i consumatori possono chiedere di essere ammessi al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, per godere del quale, tuttavia, occorre non superare certi limiti di reddito. In alternativa, non disponendo di queste “opzioni tariffarie”, il consumatore può cercare un avvocato disposto a tutelarlo con il patto di quota lite o una tariffa flat, mentre non sembra potersi riporre molta fiducia nelle associazioni, dove si spende poco ma quasi sempre non si conclude niente.

Per ulteriori dettagli, ti rimando alla nostra scheda pratica in materia di tutela, in concreto, dei consumatori.