Tutti sanno che, qualora una sentenza venga ritenta illegittima o ingiusta, si hanno disposizione gli ordinari mezzi di impugnazione previsti dal nostro ordinamento per poter far valere i propri diritti.
Cosa succede se in una sentenza di primo grado nella motivazione si dice che le spese legali devono essere compensate a causa della reciproca soccombenza, mentre nel dispositivo si condanna la parte soccombente a rifondere le spese processuali a quella vittoriosa?
La questione sulle spese processuali, è già stata oggetto di svariate dispute giurisprudenziali e dottrinali, fino alla pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione la n. 16037 del 2010, ove si è stabilito che se il giudice omette di provvedere sulle spese legali, l’unico rimedio esperibile, in assenza di un’espressa indicazione legislativa, sarà il procedimento di correzione degli errori materiali (articoli 287 e 288 c.p.c.).
Ma, non è sempre così. Una sentenza che non si pronuncia, oppure si pronuncia in maniera sbagliata sulle spese processuali, non può essere semplicemente “corretta” con l’ausilio del procedimento di correzione degli errori materiali; anzi sarà necessario in alcuni casi ricorrere agli ordinari mezzi di impugnazione (Appello o Cassazione).
La domanda che viene spontanea porsi è: quale rimedio giuridico posso invocare? Correzione errore materiale, appello, cassazione? Posso utilizzare prima l’uno poi l’altro?
Un interessante pronuncia della Corte D’Appello Bologna del 19/01/2016, ci aiuta a capire come stanno le cose.
Nel caso sottoposto ai giudici della Corte d’Appello, si evince che nella motivazione della sentenza di primo grado il Giudice compensava le spese legali in virtù della reciproca soccombenza, mente nel dispositivo lo stesso Giudice condannava la parte soccombente al pagamento delle spese processuali.
Proposta istanza di correzione dell’errore materiale, il Giudice di primo grado la rigettava, deducendo che l’istanza di correzione dell’errore materiale poteva essere invocata solo per correggere una mera svista o una disattenzione nella redazione del provvedimento, senza intaccare il contenuto sostanziale e concettuale della decisione.
Ecco che allora, nel caso in esame si è fatto ricorso all’appello, per far valere il vizio concernente la statuizione delle spese processuali, chiedendo altresì la sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza di primo grado.
I giudici dell’Appello, accolta la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza ma limitatamente alle sole spese processuali, hanno ritenuto che la statuizione sulle spese non poteva essere corretta con lo strumento dell’errore, trattandosi di un vizio che comporta una pronuncia giudiziale sulla prevalenza o meno della soccombenza.
In calce la pronuncia integrale della Corte D’Appello Di Bologna
REPUBBLICA ITALIANA LA CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA
Sezione 1^ Civile
Riunita in Camera di consiglio in persona dei Signori Magistrati:
dott. Fausto Casari Presidente rel.
dott. Francesco Paris oli Consigliere
dott. Riccardo Di Pasquale Consigliere
Letti gli atti del procedimento n. 2014/2015 R. G. A. C. e sciogliendo la riserva di cui all’udienza del 12/1/2016;
OSSERVA
B*** G*** propone istanza di sospensione relativamente alla sentenza del Tribunale di Modena n. 302/2015 pubblicata il 24/2/2015 con la quale, accertato il godimento esclusivo da parte sua di certi beni, quindi anche per le quote di proprietà di B*** A***, B*** S*** e V*** L***, lo si condanna a corrispondere a costoro la somma di Euro 1000 per ogni mese di godimento a far tempo dal 21/9/2006, oltre spese processuali (per Euro 9000 circa) .
Sotto il profilo del fumus, l’istanza di sospensione non è fondata quanto alla condanna al pagamento di una somma a titolo di indennità da uso esclusivo. Le censure alla appellata sentenza non appaiono infatti individuarne motivi di nullità oppure errori gravi o immediatamente apprezzabili, risultando, infatti, al sommario esame qui consentito,correttamente motivata in fatto ed in diritto.
Venendo però alla statuizione riguardante le spese processuali, dalla lettura della sentenza si ricava che parte ora appellata tardivamente, solo con la memoria depositata ai sensi dell’art. 183 c. 6 c.p.c., propose domanda di scioglimento della comunione. Per il resto il giudizio si è concluso con l’accoglimento delle domande tempestivamente proposte e dunque quella di accertamento dell’uso esclusivo, di corresponsione della relativa indennità e infine quella di rendiconto. Ebbene la la motivazione specifica che le spese “vanno compensate attesa la reciproca soccombenza, con riferimento s parte attrice quanto alla domanda di divisione”. Nel dispositivo poi si legge: “Dichiara tenuto e condanna B*** G*** a rifondere le spese processuali del presente giudizio… ”
Proposta istanza di correzione il Tribunale la rigetta osservando che quanto accaduto non è compatibile solo con l’ipotesi di un difetto di corrispondenza tra ideazione e sua rappresentazione grafica, ma anche con un giudizio di prevalenza della soccombenza di B*** G*** rispetto alla espressamente menzionata domanda di divisione.
Tutto ciò considerato ritiene allora la corte che l’istanza di sospensione debba essere accolta limitatamente alla condanna a rifondere le spese processuali.
P. Q. M.
sospende l’efficacia esecutiva della sentenza del Tribunale di Modena n. 302/2015 pubblicata il 24/2/2015 limitatamente alla statuizione riguardante le spese processuali a carico di B*** G***; invita le parti a precisare le conclusioni fissando a tale scopo l’udienza del 26/5/2020 ore 11:00.
Si comunichi
Così deciso in Bologna, Camera di Consiglio della prima Sezione civile, il 19/1/2016