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come fare la delibazione dopo aver ottenuto la nullità del matrimonio religioso

Nel giugno 2011 ho finalmente ottenuto la nullità alla sacra rota del mio matrimonio durato circa 1 anno. Ad oggi ancora non ho eseguito il riconoscimento dell’atto per lo stato (se così posso chiamarlo). So che dovrei contattare un avvocato (ma non so che tipo di avvocato) e inoltrare il tutto all tribunale dell Aquila. Premetto che non ho mai ricevuto i famigerati alimenti anch se x patto tra noi gli alimenti erano dei soldi che lui (€20000) doveva ridarmi in seguito ad un mio prestito il tutto messo nero su bianco di anzi al mio avvocato. Dopo quasi 10 anni (sposata nel 26/10/2002- separazione 10/01/2004) questi soldi non mi sono stati ridati e non l ho più contattato per ciò quindi metà culpa. Le chiedo i costi, seppur indicativi x il procedimento al tribunale dell’ Aquila, (senza il quale non posso risposarmi in comune?) che avvocato contattare i tempi se ho speranza di riprendere i miei soldi.

Il procedimento da fare è quello di delibazione, sul quale c’è una nostra scheda pratica che ti invito a consultare per maggiori dettagli. Il preventivo te l’ho spedito per mail. Come vedrai, il giudice competente non è il tribunale ma la corte d’appello. Anche in questo caso, sarebbe bene riuscire a presentare un ricorso congiunto.

Per quanto riguarda la questione della somma di denaro, la stessa non è chiara e bisognerebbe vedere naturalmente il documento in cui l’avreste messa «nero su bianco». Essa è comunque una questione che, nonostante qualche vago collegamento con la materia alimentare, non ha niente a che vedere con il giudizio di delibazione e che non può essere trattata al suo interno ma che, semmai, va vista in una vertenza o procedimento a parte.

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il giudice può obbligarmi a prendere in casa mia sorella?

Ho una sorella affetta da malattia mentale la quale non accetta le terapie e non si cura, ha un’invalidità al 60%. Vive nell’appartamento che entrambi, in quanto figli, abbiamo ereditato. Mi chiedevo però se lei commette sciocchezze e perde la casa, per debiti ad esempio, se c’è il rischio che mi obblighino a convivere in casa mia con lei. E’ perfettamente in grado di intendere e volere, e vive in condizioni igieniche più che dignitose. Il problema è che è aggressiva e violenta sia verso oggetti che verso persone, soprattutto i familiari. Il giudice potrebbe obbligarmi alla convivenza anche se vivo da solo in un bilocale? Dove la metterei, in sala a dormire? So che la legge (art 433) lo prevede, ma qual’è l’orientamento della giurisprudenza in questi casi? Si tiene conto del fatto che ha una capacità lavorativa residua? O dovrò mantenerla in tutto?

Non sei stato eccezionalmente chiaro nel descrivere la situazione di tua sorella, dicendo da un lato che è «affetta da malattia mentale» e dall’altro che è «perfettamente in grado di intendere e volere». Comunque, il giudice non ha nessun potere di ordinare la coabitazione, l’accogliere in casa è solo una facoltà che il codice civile riconosce in campo a chi è stato ritenuto titolare del dovere di prestare gli alimenti che, appunto, può valutare liberamente se dare una somma di denaro per mantenere l’alimentando in una sua casa o in struttura oppure, senza pagare nulla, prenderlo in casa con sè. Va da sè che se una persona non dispone di risorse economiche sufficienti per poterne mantenere un’altra non è comunque tenuto agli alimenti in base alle disposizioni poste in materia dal codice civile e la persona che si trova in stato di bisogno si dovrà rifare sulle altre persone indicate dall’art. 433 cod. civ. o, in mancanza sulle istituzioni pubbliche.

Per quanto riguarda la possibile perdita del matrimonio, invece, bisogna agire prima possibile con un ricorso per la nomina di un amministratore di sostegno che la privi della possibilità di porre in essere atti che la potrebbero danneggiare, sempre, naturalmente, che ce ne siano i presupposti.

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la madre di mia figlia riconosciuta tardivamente può chiedermi gli arretrati?

ho una figlia di 6 anni e l ho riconusciuta nel 2010! adesso la madre di mia figlia vuole gli arretrati preciso io l’ho solo riconosciuta andando in trib minorile poi la seconda fase cioe quella dell affidamento condiviso nn e stata fatta quindi nn ho avuto nessuna sentenza che dichiarava l inizio del pagamento degli alimeti ! quindi volevo sapere se sono costretto a pagare ? da quando ? e la legge della prescrizione di 5 anni io ci rientro possa utilizzarla

Essendo il padre, sei tenuto al mantenimento, quella che manca è solo una determinazione precisa (liquidazione) del suo ammontare mensile, ma non è che questo possa far venire meno l’obbligo relativo. Attualmente, non essendoci un titolo che lo prevede, non sei in senso stretto costretto a pagare, nel senso che la madre non dispone di un titolo con cui, in mancanza di pagamento, poterti pignorare i beni, ma questo titolo naturalmente potrebbe ottenerlo.

Per quanto riguarda la prescrizione, il diritto al mantenimento è imprescrittibile, anche se generalmente i giudici ritengono che si prescrivano le singole rate mensili decorso il termine di cinque anni. Nel tuo caso però mi chiedo da quando decorra il termine di prescrizione, dal momento che il riconoscimento è avvenuto tardivamente e prima dello stesso, per certi versi, non era possibile per la titolare del diritto richiedere il pagamento.

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timeo Danaos…

L’Autorità garante per la concorrenza e il mercato (AGCM) ha recentemente sanzionato la società Danone Italia spa per le modalità di pubblicizzazione dello yogurt Danaos, applicando una multa di 170.000€. Secondo il provvedimento n. 24027 dell’Autorità, che si può leggere per intero sul bollettino 45/2012, la Danone avrebbe veicolato un messaggio scorretto al pubblico dei consumatori, sia tramite gli spot tv che tramite il sito internet dedicato allo yogurt.

In particolare, in questi messaggi erano contenute affermazioni non comprovate da dati scientifici (come ad es. «due donne su tre non assumono abbastanza calcio») e il?prodotto veniva presentato come idoneo a coprire il 50% del fabbisogno quotidiano di calcio, che in realtà non è uguale per tutti, ma cambia in base a molti fattori e richiede una valutazione individuale. Secondo il Garante veniva inoltre posta «un’enfasi esagerata alla scelta di assumere un vasetto di yogurt al giorno». Negli spot, veniva infine riportato un «metodo Danaos», riferendosi ad una «collaborazione scientifica del Policlinico Gemelli», in modo ritenuto scorretto per mancanza di informazioni rilevanti circa le caratteristiche, la portata e la natura della collaborazione.

In sostanza, secondo l’AGCM, che si è conformata sul punto ad un parere espresso anche dall’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni, il prodotto era presentato in modo scorretto, inducendo i potenziali consumatori a credere ad eventuali proprietà «para-farmacologiche» dello stesso, mentre in realtà si tratta di un semplice yogurt preparato con latte scremato, addizionato con calcio e vitamina D.

In realtà, il messaggio si presentava non solo potenzialmente fuorviante, ma anche sostanzialmente «fuori fuoco», facendo costantemente riferimento, come ad una verità assodata, all’opportunità di consumare latte e latticini, che, come tali «potrebbero non bastare», ragione per cui, secondo Danone, sarebbe stato necessario per i consumatori aggiungere speciali yogurt condizionati.

Tutto ciò mentre invece diversi studiosi sostengono che latte e derivati non possono costituire una idonea fonte di approvigionamento di calcio per gli esseri umani, che lo possono ricavare per lo più da frutta e verdura, mentre altri esperti ancora sostengono addirittura che i latticini deprivino l’organismo delle proprie riserve di calcio, indicando a riprova di ciò la circostanza per cui i paesi dove si consumano più latte e prodotti relativi sono quelli in cui è più diffusa l’osteoporosi.

Questa pronuncia, insomma, potrebbe rappresentare un primo importante passo verso una informazione alimentare, anche commerciale, più corretta e attenta agli ultimi esiti e sviluppi della ricerca scientifica nel campo, anche se c’è davvero ancora tanta strada da fare.

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diritto editoriali

hai pensato a cosa può fare la legge per la tua alimentazione e per i tuoi figli?

Inizio in questo periodo, con un primo post in programma già per domattina, ad occuparmi di un tema che mi sta particolarmente a cuore e cioè la normativa e, più in generale, il diritto in materia alimentare.

Come alcuni di voi, che mi seguono anche sui social network, sanno, negli ultimi tempi ho personalmente adottato abitudini più attente a tavola e ho approfondito il tema dell’importanza del cibo per la nostra salute e la pienezza delle nostre vite, soprattutto sulla scorta dei libri del dr. Filippo Ongaro e delle sue osservazioni sulla nutrigenomica nonché delle esperienze di utilizzo dei succhi vivi di frutta e verdura.

In questo «percorso», mi sono reso conto che la nostra tradizione alimentare è per lo più sbagliata e addirittura nociva e che la colpa di ciò non è tanto della nostra golosità, come a molti fa comodo far credere, ma delle grandi corporazioni in campo farmaceutico e alimentare, che contribuiscono a mantenere vivo il desiderio di cibi eccessivamente raffinati, salati, zuccherati e/o ulteriormente addizionati, che generano una vera e propria dipendenza negli utenti, soprattutto nei bambini, che a lungo andare è – a quanto pare – responsabile delle più diffuse patologie del mondo occidentale.

Il cibo, come dice il dr. Ongaro, è il carburante del nostro corpo. Mettereste della benzina contenente sabbia nella vostra auto? In realtà, è quello che state facendo tutti i giorni con il vostro corpo se mangiate secondo la tradizione occidentale contemporanea.

Oggigiorno, mangiamo per lo più cibi raffinati, privati delle componenti che la natura aveva previsto vi rimanessero incorporate e che aveva dotato di una particolare funzione in seno al loro metabolismo nel corpo umano. Questo ci porta ad avere gusti distorti e falsati: crediamo di essere attratti, e in realtà lo siamo davvero, da porcherie immonde e dannosissime per le nostre cellule come merendine avvolte nella plastica, biscotti confezionati, marmellate addizionate di tutto e di più, mentre in realtà basterebbe alimentarsi in modo sano e naturale per due settimane o un mese per aggiustare le nostre bocche e provare il giusto ribrezzo per il cibo spazzatura.

I consumatori, e soprattutto i bambini, di fronte a tutto ciò sono indifesi. Non esiste per loro nessuna «par condicio»: quando un modello di una nota marca di prodotti alimentari si presenta in televisione, infilato in mezzo ad un cartone animato, con tanto di camice bianco per dire che le merendine prodotte dal suo datore di lavoro sono studiate per garantire il futuro a tutti i bambini, non c’è nessun pediatra che compare in video per dire che quelle merendine, secondo lui, intossicano il corpo e predispongono al diabete e a tante altre patologie, mentre sarebbe assai preferibile mangiare cacao puro, una fetta di pane integrale col miele o un frutto.

Quando vengono pubblicizzati latte e latticini, pestando ogni volta sul luogo comune per cui il latte sarebbe il principale fornitore di calcio per il corpo umano, quando invece secondo molti studiosi non esiste una abitudine più dannosa per l’uomo che bere il latte di vacca, tant’è vero che l’osteoporosi è più diffusa nei paesi in cui si consumano più latte e derivati, nessuno si alza per dire niente. Così i messaggi continuano a passare a tutti, genitori e figli. 1 o 2 persone su 1000 vanno a leggere un libro di alimentazione o un articolo serio su internet, tutti gli altri si lasciano guidare dalla pubblicità.

Forse è ora di metterci un freno.

Quando stavo in Francia, già più di dieci anni fa oramai, tutti i formaggi, per legge, dovevano avere una grossa etichetta riportante la percentuale di materia grassa contenuta nel prodotto. Ricordo che l’etichetta si vedeva bene da lontano, anche solo girando con il carrello tra le corsie del supermercato. Spesso era scritta con caratteri più grossi di quelli utilizzati per il nome del prodotto. Siccome non ce n’era uno che avesse meno del 50% di grasso (ma spesso molto di più), in quel periodo, smisi semplicemente di mangiare formaggi, perchè mi era assolutamente evidente che stavo ingurgitando grasso animale a quattro palmenti. Tornato in Italia, con le nostre etichette «nascoste», poi ripresi regolarmente, rovinandomi – come ho realizzato solo in seguito – la salute.

Questo per dire che la legge può fare molto a questo riguardo, perchè i desideri senza limiti e senza rispetto di profitto delle multinazionali possono essere frenati e limitati solo da un provvedimento dell’ordinamento generale, adottato a tutela di tutti i cittadini. Da questo punto di vista, siamo ancora molto indietro, perchè da noi il consumatore è sempre trattato come l’ultima ruota del carro, il parlamento italiano è prono alle lobbies di tutti i tipi e l’Unione europea qualche volta ci aiuta e qualche volta invece ci danneggia (come nella nota vicenda del cacao puro). Ma penso che, come Italiani, nonostante le nostre istituzioni sgangheratissime, possiamo, se vogliamo, sfoderare qualcosa di interessante da dire in campo alimentare, che può tradursi in provvedimenti e comportamenti concreti a vantaggio di tutti.

Insomma, vale la pena di seguire il diritto alimentare, quantomeno quanto il diritto ambientale, dal momento che si tratta evidentemente di due cose strettamente collegate: quello che mettiamo nel nostro stomaco è importante almeno quanto l’aria che respiriamo.