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Figli maggiorenni ma in casa: e l’assegnazione?

sto valutando la separazione da mio marito .
Ho 3 figli maggiorenni che vivono in casa , uno che lavora e due all’università.
La casa non è di mia proprietà
Io ho un lavoro par time ( incerto )
La separazione sarà consensuale
Vorrei sapere che diritti ho in casa , secondo l’avvocata che ha interpellato mio marito io devo lasciare la casa .

Confermo innanzitutto che «avvocata» non si può proprio sentire.

Nel merito, a mio giudizio, essendo i vostri tre figli maggiorenni, ma non ancora autosufficienti, avresti tutti i diritti di chiedere l’assegnazione della casa familiare, provvedimento che ovviamente sarebbe destinato a decadere nel momento in cui tutti e tre i figli fossero usciti di casa dopo aver formato proprie famiglie.

L’art. 337 sexies, comma 1°, del codice civile prevede infatti che «il godimento della casa familiare e’ attribuito tenendo
prioritariamente conto dell’interesse dei figli» senza distinguere, a riguardo, tra figli minorenni e maggiorenni, ma solo – sia pur implicitamente – tra figli che ancora vivono con i genitori e figli che, al contrario, sono usciti dal nucleo per formare una propria famiglia.

Per maggiori approfondimenti a riguardo, puoi consultare il mio libro, in cui ho trattato la questione [Come dirsi addio nel modo migliore](https://amzn.to/3KfLodM).

Per quanto riguarda la natura consensuale della separazione, temo che la stessa si possa valutare solo a separazione conclusa, la possibilità di un esito giudiziale finché non si trova un accordo sui contenuti è sempre aperta.

Piuttosto, ti consiglierei di iniziare subito a lavorare concretamente sulla separazione.

Come insegna il mio metodo strategico, meglio passare prima possibile alla fase del fare.

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Mutuo della casa di mia moglie: lo pago io?

mi sto separando da mia moglie. Abbiamo due bambini di 7 e 6 anni e siamo in regime di separazione dei beni.
La signora è proprietaria della casa coniugale e ovviamente, intestataria del mutuo acceso per l’ acquisto di essa, visto che ha lavora a tempo indeterminato, mentre io a determinato ma comunque garante del suo finanziamento.
L’ immobile è stato acquistato dopo il matrimonio, ovviamente con il mio altissimo contributo.
Oggi, la signora, in sede di accordo di separazione mi chiede il pagamento totale delle rate del mutuo di una cosa di cui io non sono proprietario e dalla quale dovrò andarmene perché l’ affidamento dei figli dovrebbe assegnato a lei, visto che io sono un marittimo di professione.
Può la signora in essere pretendere tale richiesta, quando io non ho neanche un tetto dove andare?

I giudizi, o comunque le pratiche, di separazione hanno per oggetto necessario i soli aspetti relativi appunto alla separazione personale dei coniugi, alla gestione dei figli e agli eventuali mantenimenti per uno dei coniugi e per i figli stessi.

Si tratta degli aspetti personali relativi alla separazione che, anche quando vengono tradotti in somme di denaro, come nel caso degli assegni periodici, non assumono natura di obbligazioni commerciali, ma rimangono obblighi di famiglia: hanno appunto natura personale e non patrimoniale.

Per questo motivo, le questioni patrimoniali, tra cui anche quella relativa alla proprietà della casa familiare e al pagamento dell’eventuale mutuo relativo, non debbono affatto necessariamente essere trattate e sistemate in occasione della separazione, ma possono benissimo essere accantonate ad un momento successivo e distinto, procedendo intanto con la separazione.

Questo è ad esempio il metodo che mi è capitato di seguire, per semplicità, in molti casi, perché la famiglia, proprio perché in crisi, ha bisogno di essere regolamentata, anche consensualmente, in tempi abbastanza brevi, mentre gli immobili, al contrario, richiedono di solito tempi molto più lunghi per la loro gestione ed accomodamenti.

Non foss’altro che per questo, dunque, potresti rifiutarti di occuparti della casa familiare in questa sede, insistendo per le altre richieste relative alla separazione.

Ovviamente, se è possibile accantonare tali questioni, per converso nulla vieta di trattarle insieme, quando è agevole e non rallenta la gestione della separazione.

Da questo punto di vista, tuttavia, non mi sembra corretto che le rate del mutuo siano addossate a te, quando la proprietà della casa rimane a lei. Anche se questo naturalmente è un aspetto che andrebbe valutato nel contesto e nel complesso di tutte le posizioni che state trattando per la separazione.

Se vuoi approfondire ulteriormente, valuta di acquistare una consulenza, anche se credo che, se hai già un avvocato che conosce bene il caso e se ne sta occupando, forse è meglio che tu chieda direttamente a lui.

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Casa familiare assegnata: se mi trasferisco la perdo?

sono separata con 3 figli minori. l’affidamento é congiunto con prevalenza a me e con diritto di abitazione nella casa coniugale di esclusiva proprietà del mio ex. Ho cambiato residenza con i figli, spostandomi nello stesso comune in una casa in affitto, con il consenso scritto del padre. Il mio ex dopo 15 gg dalla separazione aveva trasferito la sua residenza dalla casa di abitazione, a quella della madre, ma senza di fatto mai spostarsi realmente. Ora, a 3 mesi dal mio trasferimento e a 5 dalla sentenza, lui “occupa” ancora la casa coniugale ospitando la sua nuova fiamma. E tutto corretto quello che lui sta facendo? Ho ancora qualche diritto sulla casa coniugale, essendo che nessuno dei 2 ha la residenza lì?

Se ho capito bene, in sede di separazione, che non ho capito nemmeno se sia stata giudiziale o consensuale, hai ottenuto l’assegnazione della casa familiare, in realtà di proprietà del padre.

Successivamente a questo, per un accordo tra di voi, hai deciso di trasferirti in un’altra abitazione, formalizzando questa decisione con una scrittura privata dalla quale risulta il consenso, sul punto, del padre.

In questo contesto, a mio modo di vedere hai perso il diritto che avevi sulla casa familiare, per rinuncia spontanea, avendo tu deciso di andare a vivere altrove.

Tutte le questioni sulla residenza anagrafica non hanno a questo riguardo alcuna rilevanza, dal momento che la residenza effettiva, anche a livello giuridico, è nel posto e nella casa in cui una persona abita effettivamente, cosa che a volte si può comprovare, ad esempio, con l’avvenuta ricezione di corrispondenza come raccomandate e simili, mentre le risultanze anagrafiche sono solo una presunzione semplice, che fa fede solamente fino a prova contraria.

Ovviamente, la situazione può anche essere approfondita ulteriormente, ma non credo proprio che ne possa valere la pena, onestamente.

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Padri separati: situazione sempre pesante.

Sono separato dal 2017, la mia ex moglie mi ha tradito con un Poliziotto della stradale di riccione che oggi vive in casa mia, dove oltre al mantenimento per le mie 2 figlie verso il 50% del mutuo (€ 350). Lui si è insediato in casa mia già dalla fine del 2017 ed ho testimoni che lo possono provare, dalla relazione del CTU è emerso che è il compagno della mia ex e le mie figlie (la grande) in uno sfogo mi ha detto che lui vive in quella casa. Ho denunce penali inventate da parte della mia ex, ho denunce penali da parte di lui, ho denunce penali per maltrattamenti sulle mie figlie e di tutto questo non c’è una prova ma solo invenzioni e false testimonianze, ma non ne riesco a venire fuori in quanto nel riminese questo soggetto è molto ammanicato. Pago 400 euro di mantenimento, 350 di mutuo e 500 di affitto, mentre la mia ex moglie lavorando in nero fa la vita della signora e mi massacra

È la situazione comune dei padri separati, purtroppo.

Oggi si ciancia in continuazione di cose come i «femminicidi», una vera e propria parola truffa della neolingua di chi ci governa, che vorrebbe indurre la falsa e marcia idea per cui l’uccisione di una donna sarebbe più grave di quella di un uomo, quando sono entrambi omicidi; si parla – inoltre – in continuazione di «violenza di genere» alludendo sempre e solo a quella contro la donna, come se la violenza contro i maschi non esistesse o, se esistente, non avesse pari gravità.

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Prova ad esempio a rivolgerti ad uno dei tanti «centri antiviolenza» che si trovano sul territorio e vedi che cosa ti dicono: che, nonostante il nome generico, sono solo per le donne, mentre se tu subisci violenza ti devi sostanzialmente arrangiare diversamente.

La mascolinità tutti i media concordi vogliono fartela considerare «tossica», esattamente all’opposto di quello che è davvero, perché se c’è una cosa di cui ha bisogno la nostra società attuale sono padri forti, per poter proteggere meglio che possono la loro famiglia e i figli, mentre invece il disegno generale è quello di indebolire quanto più possibile le famiglie e i figli che ci vivono dentro.

Invece non così poche donne, purtroppo, non vedono l’ora di poter dichiarare giulive che «il vero padre dei miei figli è il mio nuovo compagno» e altre dichiarazioni consimilari – naturalmente maturate dopo che il padre biologico, sicuramente non perfetto ma pur sempre «vero» padre, è stato preso, mandato fuori casa, ridotto in miseria, amareggiato e distrutto e, sostanzialmente, reso incapace di poter prendersi cura di se stesso, prima ancora che degli altri. Ovviamente, il mantra «fai il padre!» segue subito a ruota, come se dopo aver tagliato le gambe a uno lo si potesse incitare a scrollarsi di dosso l’inedia e a correre – del resto, impossible is nothing!

Di vera e propria «character assassination» a proposito della figura del maschio parla il grande Claudio Risè nel suo bellissimo saggio, recentemente integrato e riformulato, di cui ti consiglio la lettura, Il maschio selvatico. Clicca qui per acquistare una copia.

A livello legale purtroppo, almeno al momento, è tutto corretto: la casa viene affidata alla madre perché considerata, specialmente quando i figli sono molto piccoli, il genitore più in grado di occuparsene.

Anche questo è un pregiudizio positivo ben incistato nella magistratura verso le donne, tutto al contrario di quanto la retorica contro la violenza di genere vorrebbe farci credere.

Alla collocazione dei figli, segue l’assegnazione della ex casa familiare, con tutto il corredo di mobilio. Se la casa era stata acquistata con un mutuo, il padre deve uscire di casa, pagarsi un affitto e, naturalmente, continuare a pagare il mutuo.

La povera mamma – che non è colpa sua se ha «smesso di amare», come ci informano con frequenza assillante e comunque sempre costante giornali, magazine, serie tv, opere cinematografiche e «letterarie» contemporanee – avrà pur diritto di «rifarsi una vita» (come se la vita non fosse una sola, ed eterna): così si mette in casa un altro uomo, spesso colui chattando con il quale mentre era ancora sposata – faccio il divorzista da venticinque anni e purtroppo so bene di cosa parlo – ha incredibilmente scoperto di non amare più il marito, perché – dicono – l’altro (ho sentito questa frase dozzine di volte e ogni volta che la risento vorrei ancora che mi scoppiassero le orecchie) «mi ha fatto sentire come una regina»…

Come dico sempre: non ce l’ho con le donne, sono loro che ce l’hanno con me, almeno alcune, non tutte per fortuna.

Costui di solito ovviamente approfitta volentieri dell’opportunità di un’abitazione a costo zero, dando appena una mano per il pagamento delle utenze e la gestione dei figli di un altro, che si troveranno privi dell’autorità di cui hanno bisogno e che potrebbe venire solo dal padre, e si guarda bene dal corrispondere alcunché, pur abitando nella casa, a titolo di contributo per le spese del mutuo.

Nei casi meno felici, purtroppo, si continua a sviluppare contenzioso, addirittura anche penale come nel tuo caso, addirittura in modo ipertrofico come accenni.

Per tutto questo, specialmente in un assetto sociale e in una politica / magistratura come quelli contemporanei, anche se le cose stanno sia pur lentamente cambiando, non esistono soluzioni «magiche»: ogni singolo procedimento va studiato, approfondito e affrontato con cura, come se… fosse una cosa seria, come in effetti legalmente è, perché, al di là delle ragioni effettive, può concludersi giuridicamente con un provvedimento sfavorevole che non farebbe che aggravare ancora di più la tua situazione.

Cosa si può fare, dunque?

Il primo passo è sicuramente studiare bene tutta la tua situazione, attraverso un primo colloquio che, ormai, potrebbe avvenire naturalmente tramite Skype o altri sistemi di videoconferenza, e l’esame della documentazione relativa.

Probabilmente sono da preventivare alcune ore di lavoro, un’ora non credo proprio possa essere mai sufficiente.

Se credi, puoi procedere direttamente all’acquisto di una ricarica dal nostro store legale: clicca qui per valutare.

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Separazione e obbligo vendita casa familiare

volevo sapere nel momento in cui si firma un accordo di separazione dove è scritto che la casa coniugale viene messa in vendita, in seguito ci si può rifiutare ? calcolando che all’ interno della casa ci vive il padre con due figli.

Sotto a questa domanda di poco senso, perché troppo generica (ho parlato centinaia di volte ormai di questo aspetto), c’è un problema relativo all’inceppamento di un progetto, cui era stata data anche veste giuridica, di vendita di una ex casa familiare.

Per potersi occupare di questo problema, e trattarlo in modo efficace, bisognerebbe vedere innanzitutto che cosa era stato esattamente previsto nell’accordo di separazione, perché la formulazione della clausola o pattuizione al riguardo può essere molto diversa e le differenze possono essere rilevanti.

In secondo luogo, poi, bisogna sapere esattamente che cosa si è inceppato e perché non si può procedere alla vendita, cosa di cui non fai alcun cenno. Immagino che ci sia una persona, uno dei due coniugi, che si rifiuta di «adempiere» la clausola in questione; se così è, occorre vederne le motivazioni relative, in relazione alla clausola.

Un problema può essere la determinazione del prezzo di vendita, che può essere stata effettuata, oppure no; in questo secondo caso, ovviamente si aprono molte possibilità per i coniugi che vogliono sottrarsi all’accordo, così come anche per sostenere un’eventuale invalidità – tutta da approfondire – della clausola.

In conclusione, il problema va studiato in concreto per poter poi vedere come si potrebbe passare alla fase del fare, secondo i dettami del mio approccio strategico.

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Dividere la casa con ex coniuge: come fare?

sono in fase di divorzio,ho due bambini di 15 e 10 anni,ho una casa in comproprietà con il mio ex marito al 50percento. Il problema grosso è proprio questa casa, è stata affidata a me con i bambini,ora ho provato a fare trattative per acquistare il suo 50 percento,ma non c’è cifra che lo soddisfi ( vuole esattamente la metà della casa) io oltretutto sono disoccupata,e non posso comprarmi la sua parte per la cifra che dice lui ( oltretutto abbiamo un mutuo che lui non sta pagando per rispetto) ora mi ha detto che se non accetto di comprare la sua parte mi porta in tribunale mettendo un CTU e così la casa andrà all’asta! Rimanendo io sicuramente dentro fino a che i miei figli sono autosufficienti! La mia domanda è: un giudice può obbligarmi a vendere la mia metà di casa ( oltretutto pago regolarmente anche mutuo) senza il mio consenso? mettendola all’asta perché lui vuole la sua parte?

È un problema classico di separazione e divorzio, di cui abbiamo parlato ormai centinaia di volte nel blog, per cui non esiste una soluzione «magica» e pronta, nemmeno se uno fosse disposto a pagarla milioni di euro.

La casa è in comproprietà, nessuno può essere «costretto» a vendere la sua parte all’altro, di conseguenza ognuno può fare il prezzo che vuole della sua quota, tranne l’ipotesi di divisione giudiziale che, naturalmente, sarebbe solo uno spreco di tempo e di denaro, anche perché sul mercato difficilmente troverebbe un acquirente una casa vincolata a due figli per un tempo indefinito, quello necessario al raggiungimento dell’autosufficiente economica.

Probabilmente tuo marito ha un legale che non lo sta consigliando bene o, pur avendo un legale che tenta di indirizzarlo nel modo più corretto, è arroccato su posizioni poco sostenibili per motivi che non sono difficili da immaginare né rari da rinvenire in situazioni di questo genere.

Il principale approccio possibile per trattare un problema di questo genere resta comunque la negoziazione e la trattativa: come è stata condotta fino adesso? In modo efficace e funzionale o in modo inefficiente, come ad esempio col classico «balletto» di lettere tra i legali?

Questo sarebbe un aspetto importante da capire.

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IMU dopo separazione: chi la paga?

Note dell’episodio.

In questa puntata, sempre a partire dalla domanda lasciataci da una nostra ascoltatrice tramite un messaggio vocale di whatsapp, e con l’intervento del collega «dal volto umano» Fabrizio Scalisi, parliamo di chi deve pagare l’IMU sulla casa famigliare assegnata ad un coniuge dopo la separazione e soprattutto vediamo se questa imposta è effettivamente dovuta o meno.

Ricordati che anche tu puoi mandare un vocale con la tua domanda cliccando o facendo tap sull’icona verde in basso a destra.

Riferimenti.

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Quota di casa in eredità: influisce sul reddito?

mia suocera e’ deceduta lasciando una casa di sua proprieta’ esclusiva di cui diverranno eredi mio suocero e I suoi 4 figli ,I miei suiceri vivevano in divisione dei beni ,la casa di famiglia dove vive mio suocero e ‘ di sua esclusiva propieta’ .detto moo questo volevo sapere se la quota della propieta’ indivisa di cui mio marito diverra’ propietario con la successione incidera’ sul nostro reddito familiare

Innanzitutto, bisognerebbe capire a quale fine lo chiedi, se, ad esempio, ai fini delle imposte sui redditi o, sempre ad esempio, ai fini ISEE, per la concessione di benefici e la determinazione di tariffe e così via, perché la risposta può variare.

Ad ogni modo, peraltro, si tratta di aspetti che non rientrano nelle materie di cui sono esperti gli avvocati. Nel caso delle imposte sui redditi, bisognerebbe chiedere ad un commercialista.

Quello che, come civilista, ti posso dire è che con ogni probabilità sulla casa familiare ci sarà il diritto di abitazione del coniuge superstite, cioè tuo suocero, ai sensi dell’art. 540 del codice civile, quindi la quota di comproprietà della casa in capo a tuo marito è in realtà una nuda proprietà, che non gli consente di godere dell’immobile in alcun modo, né direttamente abitandolo (sia pur compatibilmente con gli altri comproprietari), né percependo un canone di locazione, sia pure solo in parte.

Si tratta, insomma, di una proprietà al momento solo «potenziale» e non fattuale.

Se e come questo possa riflettersi sugli aspetti che a te interessano relativi al cumulo del reddito non lo so e non lo posso sapere, anche perché la domanda non è stata formulata in modo completo.

Se vuoi approfondire, valuta di acquistare una consulenza, anche se non credo proprio che ne possa valere la pena, probabilmente può essere più interessante parlare con il professionista che vi segue per le denunce dei redditi. Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.

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Moglie si inventa violenza e ottiene la casa: che fare?

mia moglie è andata via di casa con mio figlio 13enne,si è inventata tramite un centro antiviolenza, violenza psicologica, in prima istanza ma ancora senza notifica il giudice ha deciso che dovrei lasciargli la casa con mutuo cointestato entro fine settembre, e 350 euro al mese.Come è possibile che una che si inventa una cosa del genere non rischi nulla anzi viene premiata con l’assegnazione della casa, tra l’altro guadagna più di me e si può permettere un affitto,e il marito debba solo subire, e lottare per il figlio completamente manipolato da lei

Se ho capito bene, hai «subito» una separazione giudiziale, c’è già stata l’udienza presidenziale e il presidente ha assegnato la casa familiare a tua moglie, prevedendo il pagamento di un mantenimento di 350€ al mese, non si capisce se a favore di tua moglie o per tuo figlio.

Non capisco, a riguardo, cosa c’entri la notifica. La notifica dei provvedimenti presidenziali viene fatta solo quando uno è contumace, se conosci il contenuto dei provvedimenti mi sembra improbabile che tu sia rimasto contumace.

Ad ogni modo, una soluzione di questo genere è quello che avviene di solito in casi di questo tipo, anche senza un contesto di eventuale violenza. Per la tutela del figlio minore, la casa familiare viene assegnata alla madre, che così viene a godere indirettamente di un vantaggio, ma non in quanto tale bensì quale genitore che comunemente viene ritenuto come più adatto alla cura del figlio.

Ovviamente tutto questo è oggetto di contestazione da molti anni e attualmente c’è un disegno di legge volto a cambiare questa situazione, che però non mi convince del tutto perché eventuali nuove disposizioni sono comunque destinate a fare i conti con la realtà delle famiglie disgregate che è diversa da caso a caso.

Il tuo caso, peraltro, sarebbe da approfondire perché in queste poche righe si intuisce che ci sono tematiche molto complesse, ma in questa sede non si può dire più di tanto.

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Separazione e coabitazione: ok… solo se ok per i figli.

Neanche a dirlo, la Giurisprudenza consolida -sempre di più, di decisione in decisione- il proprio orientamento in materia.
Poco importa, per gli Ermellini, la circostanza di aver acquistato e curato un immobile, e intendere dividerlo con la propria ex coniuge, così come la volontà di vivere il più vicino possibile ai propri figli: se, infatti, viene dimostrata dalla moglie la persistente conflittualità con il marito, e se i minori restano collocati prevalentemente con dimora presso la madre, costui sarà costretto a “fare armi e bagagli” e cercarsi un’ulteriore sistemazione abitativa, lasciando l’originaria casa familiare a moglie e figli.
Infatti, mediante un’ordinanza (precisamente, n°26709) pubblicata solo pochi giorni fa, la VI sezione civile della Corte di Cassazione ha confermato gli esiti cui era, in precedenza, pervenuta la Corte d’Appello di Brescia, e, ancor prima, il Tribunale di Mantova di prime cure, laddove aveva stabilito more solito l’affidamento condiviso dei figli minori a entrambi i genitori, con assegnazione della casa familiare alla madre e, ivi, relativo collocamento dei minori, e corresponsione di un assegno di mantenimento pari ad € 700,00 con spese straordinarie al 50%.
Il padre, rispetto a una simile decisione, avendo addotto la concreta possibilità di vivere anch’egli preso la casa coniugale solo previa asserita realizzazione di (semplici e non troppo costose) opere edilizie di suddivisione dell’immobile stesso, proponeva la soluzione del co-housing.
Eppure, i Giudici hanno valutato, in maniera dirimente, che, per i minori, al centro di una situazione di estrema conflittualità tra i genitori, non avrebbero affatto giovato, posti alla mercè di una simile “soluzione”, benchè, almeno in apparenza, essa avrebbe potuto sembrare “ideale”.
Nell’ordinanza in commento, possiamo infatti leggere: “(…) correttamente il Tribunale ha rigettato la domanda del medesimo di assegnazione parziale della casa coniugale (previa realizzazione di opere edilizie di suddivisione dell’abitazione), in quanto la permanente conflittualità esistente tra i coniugi rende la coassegnazione contraria all’interesse dei figli (art. 337sexies c.c.) (…)”  In virtù della norma richiamata nella decisione, “il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell”interesse dei figli”, dal quale quindi non può in alcun modo prescindersi.
In particolare, il ricorso in Cassazione instaurato dal padre è stato dichiarato inammissibile perché, mediante detto ricorso, in sostanza, egli ha tentato (vanamente) di porre in discussione l’accertamento di fatto compiuto dal giudice del merito, senza evidenziare alcun fatto decisivo che la Corte d”appello avrebbe omesso di esaminare e, quindi, con una simile condotta ponendosi totalmente al di fuori dei limiti tracciati dalla norma procedurale in materia (art. 360 c.p.c.).
In ogni caso, l’INTERESSE DEI FIGLI PREVALE SU OGNI ALTRO: questo affermano i Giudici, i quali, anche, poi, in punto di condanna al versamento del contributo al mantenimento, rigettano le richieste del padre, considerando che ” (…) le domande di affidamento condiviso paritario e di revoca del mantenimento sono state prospettate -omissis- come dipendenti rispetto alla domanda di assegnazione parziale della casa coniugale, ragion per cui esse devono ritenersi implicitamente rigettate. (…) In altri termini, il venir meno dei presupposti della corresponsione dell’assegno di mantenimento è legata alla co-assegnazione della casa coniugale.”