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ATP senza seguito: che fare?

Il mio avvocato ha ottenuto esito Atp (relazione dettagliata favorevole ctu) in data 18.10.2021 (con indicazione di rimborso spese danni immobile da parte resistente), nonostante lo abbia sollecitato, ad oggi non ha ancora pensato al giudizio di merito .. che fare ?? I termini sono scaduti? Quale soluzione si può prospettare utilizzando ancora l’atp?»

A livello processuale non ci sono termini in materia; bisogna vedere a livello sostanziale, in base, in altri termini, al diritto che hai fatto valere: se ad esempio fosse una causa per vizi in un immobile, c’è un termine entro il quale bisogna agire dopo aver fatto la denuncia dei vizi.

Di solito, dopo un ATP o CTU preventiva, si procede con un ricorso ex art 702bis cod. proc. civ.. Al momento in cui scrivo, peraltro, mancano pochi giorni all’entrata in vigore della riforma Cartabia che cambia anche questo tipo di rito, anche se non è questo il punto, ci sarà un rito corrispondente da utilizzare in situazioni come queste.

Ti consiglio di acquistare una consulenza da un altro avvocato per avere un secondo parere, previo ovviamente esame del fascicolo del procedimento e della situazione.

All’esito di tale esame, poi, potrai procedere con la fase di merito nei confronti del responsabile. Se vi fossero, invece, state decadenze, prescrizioni o altro, potrai valutare la sussistenza di eventuale responsabilità dell’avvocato che ti ha seguito precedentemente.

Se vuoi incaricarmi di fare questo lavoro, chiama ora lo studio al numero **059 761926** e prenota il tuo primo appuntamento, concordando giorno ed ora con la mia assistente; puoi anche acquistare direttamente da [qui](https://blog.solignani.it/assistenza-legale/consulenza/): in questo caso, sarà poi lei a chiamarti per concordare giorno ed ora della nostra prima riunione sul tuo caso; a questo link, puoi anche visualizzare il costo.

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CTU preventiva solo da alcuni condomini: conviene?

abito in un condominio di 25 apt. Siamo 20 proprietari e 5 apt. vuoti in attesa di vendita all’asta poichè coop in liquidaz. coatta. Su 20 solo in 4 vogliamo promuovere un ricorso Ctu per ottenere un rimborso a seguito del fatto che i lavori di costruzione oltre a non essere stati terminati (e in questo caso il d.l. ha dichiarato la chiusura lavori nonostante non corrisponda al vero) convergono in vizi e difetti ad ampio raggio, soprattutto per quanto riguarda il discorso infiltrazioni derivanti a quanto pare da scarichi e pluviali danneggiati o montati in modo errato e/o incompleto; inoltre abbiamo problemi alle guaine e questo fa si che piova ”letteralmente” all’interno del corsello box e anche in alcuni box. Insomma siamo sommersi di acqua e spesso durante una pioggia salta anche la corrente. Ahimè i committenti sono tutti falliti a parte il d.l. di cui sopra. Converrebbe per Lei intraprendere l’azione e nel caso farla come singoli e non come condominio?

A mio modo di vedere, il ricorso per CTU preventiva ex art. 696 bis converrebbe farlo non tanto per le speranze di recupero dei danni da parte dei responsabili, che potrebbero essere scarse, quanto per poter capire bene quali sono i problemi che affliggono la palazzina e/o le singole unità.

come-opporsi-pignoramento-casaOvviamente, per fare questo approfondimento, potreste anche incaricare un vostro tecnico privato, spendendo forse un pochino meno, però dalla via che ci siete vi conviene fare la procedura per salvaguardare quelle pur poche possibilità di recupero che avete nei confronti dei soggetti responsabili.

Con il ricorso ex art. 696 bis cod. proc. civ., infatti, tutto è ufficiale e la perizia resa al termine del giudizio è un documento molto importante per la ricostruzione dei fatti e delle responsabilità.

È comunque una valutazione di opportunità che alla fine, raccolto qualche dato, potete fare solo voi.

Se vuoi un preventivo per l’assistenza legale per il ricorso ex art. 696 bis cod. proc. civ. puoi compilare il modulo apposito nel menu principale del blog.

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Responsabilità medica e condanna alle spese.

quali rischi può correre una persona che malauguratamente perde una causa per malasanità contro una asl? può essere a sua volta accusato di qualcosa dalla Asl e deve sostenere costi molto alti (periti, spese processuali, avvocati della controparte ecc)?

Chi perde una qualsiasi causa, non solo una causa per responsabilità medica può essere condannato alle spese di soccombenza e, nei casi estremi, per lite temeraria e, ulteriormente, al pagamento di una somma all’erario – queste due ultime voci sono cumulabili e non alternative tra loro. Il riferimento normativo è l’art. 96 del codice di procedura civile.

L’unico sistema, come vado ripetendo da anni e come sanno perfettamente gli iscritti al blog, per tutelarsi di fronte a questo rischio, è quello di avere una polizza di tutela legale – e no, non si può fare a causa iniziata, bisogna averla avuta da prima dell’insorgenza del problema, come tutte le assicurazioni.

Un modo specifico nelle pratiche di responsabilità medica, sulle quali ti invito a consultare la nostra scheda per ridurre molto questo rischio è quello di procedere non direttamente con la causa di merito, ma far precedere la stessa con un ricorso ex art. 696 bis per CTU preventiva dove è davvero difficile rimediare una condanna alle spese e dove si può vedere larga parte del merito del procedimento prima di partire con la causa vera e propria.

Questo è il sistema che uso ormai da anni per questo tipo di vertenze.

Per dire di più circa il da farsi nel tuo caso, bisognerebbe approfondire la situazione e il grado o lo stato in cui si trova attualmente.

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Intervento con rene danneggiato: c’è responsabilità?

Ho subito un intervento di neovescica con asportazione della prostata nel dicembre 2014, nel corso del quale ho perso l’uso di un rene, perché ne è stato strappato l’uretera nel togliere il catetere. È stato intentata un’ulteriore operazione per recuperarlo, ma non è riuscita, perché il medico non ha più ritrovato l’uretera. La mia domanda: ci sono gli estremi per la richiesta di un risarcimento?

Mi dispiace per la tua vicenda.

Quanto al tuo legittimo quesito, purtroppo è una cosa cui io, come avvocato, non posso essere in grado di rispondere.

Il caso deve essere esaminato da un medico legale.

Costui è un medico specializzato appunto in valutazioni forensi che ha il compito di dire se questo tipo di “complicanza” – diciamo così per capirci – è normale e tutto sommato accettabile, cioè in altri termini è un rischio difficilmente eliminabile di questo tipo di interventi, o è invece dovuta a responsabilità dei sanitari che hanno praticato l’intervento, tanto che, se fossero stati prudenti, esperti e diligenti, si potrebbe dire che questo danno non si sarebbe verificato.

Può darsi benissimo che questa responsabilità ci sia, insomma, ma va accertato in concreto da un medico legale.

Per fare questo accertamento, è sufficiente intanto acquisire una consulenza medico legale da un tuo professionista di fiducia, non è necessario adire il tribunale, cosa che potrai fare in seguito, solo a condizione che il tuo medico legale di fiducia ti abbia confermato che si cono buone basi legali per sostenere la responsabilità.

Questo tipo di azione solitamente si fa con il ricorso per CTU preventiva.

Se vuoi approfondire ulteriormente, o comunque intanto inviare comunque la richiesta danni, valuta l’acquisto di una consulenza.

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Danni da pompa sommersa in condominio: come muoversi?

Nel condominio di cui sono proprietaria di un appartamento ho il problema che nella cantina i fluidi vengono buttati fuori dalla pompa sommersa creando un vero e proprio mare di liquami. Come posso fare per chiedere i danni, visto che la mia cantina è sempre esposta a questo tipo di evento?

Il primo passo per trattare un problema di questo tipo è sempre l’invio e il confezionamento di una diffida tramite un avvocato di fiducia.

In questo caso, l’invio deve avvenire nei confronti del condominio, dal momento che – immagino – la pompa sia di proprietà condominiale.

Nel caso in cui, poi, l’invio della diffida non sia sufficiente per risolvere la vertenza, bisognerà valutare un ricorso ex art. 696 bis cpc per CTU preventiva, o almeno questo è il metodo migliore di solito a mio giudizio.

Sia sulla diffida che sulla CTU preventiva abbiamo apposite schede di approfondimento che ti invito a leggere con attenzione.

Se vuoi vedere la nostra offerta per l’invio di una diffida, puoi consultare questa pagina Se vuoi, invece, un preventivo per il ricorso ex art. 696 bis, puoi chiedercelo compilando l’apposita voce nel menu principale del blog. Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.

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Tubazione che cagiona infiltrazioni e muffe: che fare?

sono proprietaria di un appartamento facente parte dell’ultimo piano di un condominio nel quale passa all’interno un tubo di scarico acque proveniente dal solarium che provoca danni di umidità e muffa al mio immobile per via della condensa e dell’usura. La costruzione del condominio è dei primi anni 70. Ho chiesto all’amministratore e quindi al condominio di togliere tale tubazione dall’interno del mio appartamento ma l’assemblea ha risposto che è una servitù acquisita nel momento in cui è stato effettuato il rogito e che quindi resta li dove si trova. Cosa posso fare?

Può ben darsi che la servitù di scarico esista per destinazione del buon padre di famiglia sin dal momento in cui sono state create le singole unità immobiliari, ovvero per espressa disposizione contenuta in tutti i rogiti di vendita. L’esistenza della servitù può essere appositamente verificata ma, a naso, direi che non valga la pena spendere tempo ed attenzione su questo tema, dal momento che probabilmente la servitù, per un titolo o per l’altro, tra cui anche un possibilissimo usucapione, esiste.

Sotto un profilo parzialmente diverso, la servitù ovviamente riguarda solo lo scarico ma se, dando luogo a questo scarico, si concretano dei danni per le altre unità immobiliari, la situazione non è certamente legittima.

Infatti, chi è titolare di un diritto di servitù prediale, di qualsiasi tipo, deve esercitarlo senza cagionare danni al fondo servente, che, nel nostro caso, è il tuo appartamento.

Probabilmente peraltro la tua richiesta originaria, quella di rimuovere il tubo, è stata sbagliata strategicamente, perché è ovvio che un’operazione invasiva come quella non può trovare il facile consenso della comunità condominiale. Credo che il tuo obiettivo vada riformulato e corretto nell’adozione di misure e interventi – quali possano essere può dirlo solo un tecnico – atti a fare in modo che, pur continuando lo scarico, non si producano infiltrazioni, umidità e muffe nel tuo appartamento.

Se concordi su questo, che mi sembra l’unico obiettivo realisticamente perseguibile, quello che devi fare è riformulare le tue richieste al condominio, ma non informalmente, a voce, né con una tua lettera, bensì con una formale diffida tramite un bravo avvocato, per vedere se si trova una soluzione condivisa in cui ad esempio per favorire il raggiungimento di un accordo potresti assumerti parte del costo degli interventi necessari.

Qualora non si trovasse una soluzione amichevole in questa prima fase, a mio modo di vedere ti converrebbe depositare un ricorso ex art. 696 bis cod. proc. civ. per CTU preventiva.

Se vuoi un preventivo per queste attività, puoi chiederlo compilando il modulo apposito nel menu principale del blog. Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.

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CTU: se una parte non lo paga, paga tutto l’altra?

mio padre ha attualmente in corso una causa con un architetto che a seguito di lavori svolti presso la sua abitazione, ha provato ad estorcergli 6mila€. Nel corso della causa il giudice ha nominato un perito che ha effettuato una perizia presso l’abitazione di mio padre ed al seguito di quest’ultima si è visto richiedere dal tribunale il pagamento di € 900 quale somma dovuta al perito. Mio padre ha regolarmente pagato entro i termini prefissati, ma pochi giorni dopo è stato contattato dalla banca perché il tribunale ha eseguito un pignoramento di €2900 e rotti in quanto la controparte non ha pagato il perito, essendosi dichiarata nullatenente (un architetto che gira con un mercedes da 90 e più mila €). Vorrei sapere se questa cosa fatta dal tribunale è giusta e se ci sono mezzi per opporsi al pignoramento. Di certo sto vivendo in prima persona lo schifo del sistema giudiziario italiano.

La giustizia di questa cosa ognuno deve valutarla da sé, qui non discutiamo, generalmente, di cosa è giusto o meno, ma di quello che è legittimo o illegittimo, cioè previsto e consentito dalla legge, o meno, a prescindere dall’eventuale giustizia o ingiustizia.

A questo riguardo, ti devo dire che la cassazione, ad esempio, ha più volte ribadito la regola secondo cui l’obbligo di pagare la prestazione eseguita dal consulente tecnico d’ufficio, o CTU, ha natura solidale ex art. 1294 c.c., in considerazione del fatto che la sua prestazione viene svolta nell’interesse di tutte le parti del giudizio (Cass, n. 6199/96 ed altre ivi citate; 2262/04; 17953/05; 20314/06; 23586/08).

Quando una obbligazione è solidale, il creditore, nel nostro caso il CTU, può richiedere l’intero pagamento ad uno qualsiasi dei condebitori, mentre saranno poi i condebitori a regolare gli obblighi tra loro mediante l’esercizio dell’azione di regresso.

Quando in una obbligazione ci sono più debitori, peraltro, la solidarietà è la regola e la soluzione diversa, che si chiama parziarietà, rappresenta l’eccezione; un esempio di obbligazioni parziarie sono quelle successorie: qui il creditore può chiedere ai singoli eredi solo la rispettiva parte di ciascuno di essi e non l’intero.

Quindi tutto quello che è accaduto è legittimo ed è previsto così perché il CTU, che viene chiamato a prestare la propria opera lavorativa all’interno di un processo senza avere alcuna colpa di eventuali malefatte compiute dall’uno o dall’altra parte, è bene che abbia le maggiori garanzie possibili di ricevere il proprio compenso, anche perché, come ricorda la cassazione, lui lavora cercando di agevolare l’accertamento della verità, cosa che dovrebbe essere nell’interesse di entrambe o tutte le parti del giudizio.

Sotto un altro profilo, comunque, tuo padre non avrebbe dovuto apprendere del pignoramento dalla telefonata della banca, perché, se è vero che il decreto di liquidazione del CTU è titolo esecutivo, è anche vero che la notifica del precetto resta pur sempre necessaria. Tuo padre, dunque, prima del pignoramento avrebbe dovuto ricevere la notifica del precetto. Se l’ha ignorata, purtroppo, deve imputare a sé l’aver fatto andare avanti il pignoramento, con la successiva crescita esponenziale delle spese legali e correlativa figura non eccezionale con la banca.

Per quanto riguarda la causa attualmente pendente, direi che sarebbe stato meglio procedere, in un caso del genere, con un ricorso ex art. 696 bis cpc per CTU preventiva, ma ormai il discorso, essendo la CTU stata fatta, è superato.

Potete valutare l’azione di regresso nei confronti dell’architetto, e magari un esposto disciplinare, per dire di più bisognerebbe vedere la documentazione del pignoramento e quella anteriore e successiva.

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Anomalie bancarie: come procedere.

Ho bisogno di sapere si vi occupate di diritto bancario, mi hanno pignorato tutto quello che avevo, nonostante avessi speso una valanga di denaro x legali disonesti che si sono dimostrati solo dei sciacalli. Avevo una piccola azienda di termoidraulica che dava lavoro a 15 persone, durante la crisi ho cercato di resistere pagando gli stipendi, ma alla fine ho dovuto lasciare tutto x le banche che chiedevano il rientro immediato, da quel momento mi hanno rovinato, segnalazioni e chiusura dei c/c. Inoltre il capannone in leasing con la xxx bank ben nota x i raggiri da loro applicati ho dovuto restituire con delle opere di miglioramento non riconosciute. Mi chiedevo se potreste controllare i c/c e contratti di leasing, se possiamo recuperare qualcosa, ho fatto fare delle pre-analisi dove si riscontrano delle irregolarità come usura e anatocismo. Ripeto non ho più disponibilità economiche.

Ci occupiamo regolarmente di anomalie bancarie.

Il metodo che seguiamo, grossomodo, è il seguente:

A) Valutazioni preliminari o «preperizia». Facciamo innanzitutto una valutazione preliminare, per vedere se nel caso in questione ci sono probabilmente gli estremi per un’azione di restituzione e/o risarcimento da anomalie bancarie. Questa fase è gratuita.

B) Perizia vera e propria più apertura della vertenza con lettera o diffida alla banca. Si procede a questa fase solo se la valutazione precedente è positiva, ovviamente. In questo caso viene redatta una perizia più approfondita e dettagliata, che indica la somma che in ipotesi la banca sarebbe tenuta a restituire e se ne fa la richiesta con una lettera ufficiale dello studio legale. Questa fase, purtroppo, è a pagamento. Si può valutare anche un compenso a percentuale, se le valutazioni preliminari lo consentono: questo bisogna valutarlo caso per caso.

C) Nel caso in cui l’istituto bancario cui è stata richiesta la restituzione non vi provveda spontaneamente, o in modo integrale o mediante un accordo raggiunto con una breve trattativa, bisogna procedere alla gestione giudiziale della vertenza. Per questo tipo di cause, è prevista la mediazione obbligatoria, che può essere una buona opportunità per definire la vertenza, se coltivata bene. In alternativa, oppure in seguito, si può fare (noi lo facciamo spesso), un ricorso ex art. 696 bis per CTU preventiva, per maggiori dettagli sul quale ti rimando alla relativa scheda. Dopo la mediazione e/o la CTU preventiva, se ancora la vertenza non è stata definita, si deve fare la causa di merito, nelle forme del rito ordinario o, specialmente se è stata fatta la CTU preventiva, in quelle del 702 bis. Anche qui si valuta caso per caso. Qui si parla di molta attività, molto lavoro da svolgere, di solito a pagamento, sulla base di un previo preventivo valutato dal cliente; anche qui si può valutare un compenso a percentuale, ma considera che anche nel caso del compenso a percentuale le spese documentate sono sempre a carico del cliente.

Come vedi, questo tipo di vertenze sono affrontate con un principio di gradualismo e cercando di svolgere solo l’attività e il lavoro effettivamente necessari per portarle a termine, passando alla fase successiva solo nel caso in cui non si sia riusciti a gestire la vertenza in modo adeguato in quella precedente.

Considera che se hai subito pignoramenti probabilmente l’istituto di credito aveva a suo tempo ottenuto decreti ingiuntivi che sono poi divenuti definitivi per mancata opposizione o rigetto della stessa o anche solo provvisoriamente. Quello che importa capire al riguardo è che la questione che andresti a sollevare nei confronti della banca è nuova e non può con molta probabilità cambiare l’esito dei procedimenti già pendenti, ma solo, nel caso di accoglimento, determinare un credito a tuo favore nei confronti della banca stessa.

Un altro istituto che puoi valutare è la composizione della crisi da sovraindebitamento, su cui rimando per maggiori dettagli alla scheda relativa.

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Dopo la CTU preventiva 696 bis cpc: ci sono decadenze?

E’ stato presentato un ricorso di ACCERTAMENTO TECNICO PREVENTIVO art.696 bis c.p.c.per l’accertamento di danni in un appartamento in condominio.Il CTU dopo aver esperito tutte le fasi procedurali previste anche quelle conciliative conclusosi con un accordo tra le parti (ma di fatto mai conclusosi del tutto per l’inerzia dell’amministratore) ha presentato la sua relazione documentando sia i danni rilevati che la transazione non andata a buon fine del tutto . Domando se il giudice deve validare con un suo atto la perizia depositata e, se questa sia vincolata da termini prescrittivi per iniziare un processo di risarcimento dovuto a infiltrazioni di acqua nelle fondamenta come ampiamente documentato da un Ing, e da un Geologo nominati dalla controparte ( condominio).

Il procedimento ex art. 696 bis cod. proc. civ. si conclude con il deposito dell’elaborato da parte del tecnico nominato dal giudice e non con un provvedimento da parte del giudice, perché non è un procedimento di merito, che si conclude con una sentenza, ma una procedura di mero accertamento ed eventuale conciliazione.

Bene ha fatto il CTU, non essendosi formalizzato l’accordo, per una ragione o per l’altra, a depositare il suo elaborato.

Certamente che ci sono dei termini di prescrizione e/o decadenza, anche perché con il deposito dell’elaborato scatta il termine ultimo di conoscenza ufficiale dei vizi e dei problemi sulla cosa oggetto di discussione, cioè non si può ovviamente sostenere, dopo che è stata formata questa relazione, che non si fosse a conoscenza degli stessi.

Il termine è variabile e dipende sia dalle circostanze che dall’inquadramento giuridico della situazione e più in particolare dal tipo di contratto o figura negoziale sottesa alla situazione.

Nella pratica, io solitamente aspetto due o tre mesi al massimo, cosa che mi mette al riparo da tutti i termini postulabili dopodiché procedo con il giudizio di merito.

In molti casi la decadenza si verifica dopo un anno dal deposito dell’elaborato. Personalmente, mi è capitato di eccepirlo ad un condominio per conto di un costruttore che mi aveva conferito mandato: a seguito dell’eccezione il condominio non ha più potuto intentare alcuna azione di merito.

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Responsabilità medica o malpractice: come agire?

Nell 2010 sono stato sottoposto in ospedale comunale a una biopsia escissionale laparoscopica per sospetta linfoadenopatia pelvica. Durante l’intervento avviene la lesione dell’uretere inglobato in uno degli linfonodi interessati da linfangite neoplastica e lo si converte in laparotomia, cioè in normale intervento chirurgico, allestendo la ureterostomia in attesa di effettuare una futura riparazione. Dopo una chemioterapia con esito positivo per un anno e mezzo sono costretto di vivere e lavorare (sono responsabile commerciale) con forte disagio della ureteroscopia applicata al mio rene destro, che perdo durante successivo intervento di riparazione alla fine di dicembre 2011. Adesso mi trovo con una l’invalidità parziale e un ernia postoperatoria lasciatami ed ancora da sistemare. Se fossi sottoposto alla chemio dopo una biopsia andata bene sarei adesso perfettamente sano, con due reni funzionanti. Posso ancora chiedere un risarcimento e come dovrei procedere?

La prescrizione delle azioni per il risarcimento del danno è duplice: di cinque anni, per quella aquiliana o da fatto illecito, pertanto già spirata, e di dieci anni, per quella contrattuale. Puoi dunque ancora esercitare la azione di responsabilità contrattuale. Solitamente, quando si intenta causa per un problema di questo genere di esercitano, per sicurezza, entrambe le azioni anche perché ognuna è sottoposta a condizioni e regole diverse, anche in tema di onere della prova, ma puoi, se credi, anche agire sulla base della sola responsabilità di tipo contrattuale.

La prescrizione per l’azione aquiliana potrebbe essere più lunga qualora nel fatto in questione fosse ravvisabile un reato – di lesioni, ovviamente – e a determinate condizioni definite, man mano, dalla giurisprudenza a seconda della presenza o meno di una denuncia querela o meno, anche se non in modo del tutto univoco. Questa è tuttavia una indagine che probabilmente non vale la pena di fare, sia perché a naso condurrebbe ad una risposta più facilmente negativa che positiva, sia perché, residuando l’azione contrattuale, non c’è bisogno di sperticarsi per resuscitare azioni di cui non si ha la stretta necessità.

Ciò chiarito, prima di fare qualsiasi cosa, il primissimo passo è quello di acquisire una consulenza medico legale: occorre cioè il parere tecnico e qualificato di un medico legale che, valutato il caso alla luce dell’andamento dei fatti e delle norme applicabili, stabilisca se il danno che hai oggettivamente subito è ascrivibile a responsabilità dei medici o, invece, no, come ad esempio nel caso in cui ci sono sì danni, ma questi rientrano nelle complicanze normalmente prevedibili per interventi del genere.

L’attività chirurgica, infatti, è per se stessa un’attività tipicamente pericolosa, ad eccezione probabilmente degli interventi routinari, come ad esempio l’appendicectomia, dove sia pur utilizzando le regole di comune prudenza e i dettami della scienza medica, il paziente può comunque riportare un danno, che però non è «colpa» dei sanitari, ma del fatto che si è andati ad intervenire in situazioni che sono già di loro rischiose.

Questa prima valutazione la può fare solo un medico legale serio, competente, preparato ed onesto. Non ho usato a caso questi aggettivi, ognuno di essi corrispondente ad un requisito fondamentale, la ricorrenza del quale farai bene ad accertare nel momento in cui conferirai incarico, perché si tratta di caratteristiche niente affatto scontante per chi si rivolge ad un professionista in Italia. Ovviamente, lo stesso discorso vale anche per gli avvocati, i commercialisti e così via.

Se un bravo medico legale dirà che nel tuo caso c’è effettivamente responsabilità, e dunque «colpa», dei sanitari che ti hanno operato nel danno che hai riportato, il medico legale stesso tratteggerà una quantificazione del tuo danno, esprimendolo in punti percentuali, come danno biologico, invalidità temporanea e permanente.

A questo punto, la palla tornerà in mano al tuo avvocato di fiducia che, come primo passo, invierà una diffida con la richiesta di risarcimento ai sanitari che sono intervenuti e alla struttura all’interno della quale sei stato operato, se del caso.

In molti casi, sia i sanitari che le strutture sono titolari di un apposito contratto di copertura assicurativa, per cui molto spesso il passo successivo è quello di instaurare e condurre una trattativa con la compagnia di assicurazione tenuta per la responsabilità civile dei medici.

Nel caso in cui non si giungesse ad un accordo al riguardo, noi di solito procedimento con il deposito di un ricorso ex art. 696 bis cod. proc. civ. e cioè con un ricorso per CTU preventiva, per maggiori dettagli sul quale ti rimando alla relativa scheda.

Ma qui dipende dalla situazione e dalle motivazioni per cui l’accordo che viene proposto non è ritenuto soddisfacente, sono valutazioni che si fanno con l’aiuto del proprio legale di fiducia.