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Ex compagno non paga mantenimento figlia: che fare

il mio ex convivente, da cui ho avuto una figlia ora quindicenne che risiede con me, che sono senza lavoro, e dal quale sono ‘separata’ da circa 7 anni, da 5 mesi non paga più il mantenimento mensile per la figlia minore, adducendo la colpa al Covid, visto che ha una partita iva….. ha 56 anni e un’unica figlia, lavora in proprio e non ha solidità, non ha beni, tipo casa di proprietà, o altro e, sinceramente, non so se il suo non pagare sia una ripicca per il fatto che ora ho una relazione stabile con un uomo benestante, generoso e lui lo sa bene. il mio ex ha anche avuto il buongusto di diffamarmi col mio attuale compagno, con lo scopo evidente di guastare il mio rapporto oramai solido, per fortuna. cosa posso far per tutelare mia figlia, almeno lei? una denuncia alle autorità competenti?

Ne ho parlato centinaia di volte nel blog.

Per questo, ti invito innanzitutto a fare una ricerca nei vecchi post.

Detto questo, volendo riassumere un attimo, che non fa mai male, le strade grossomodo sono due, utilizzabili anche in alternativa tra loro:

1) un recupero crediti di tipo civile, per maggiori approfondimenti quale ti rimando alla scheda relativa, raccomandandoti in particolare adeguate riflessioni e considerazioni sul concetto di solvenza;

2) una denuncia querela di tipo penale per mancato adempimento degli obblighi familiari.

Ognuna di queste strade presenta dei pro e dei contro, il principale vantaggio della seconda è la spesa molto ridotta anche perché dopo la denuncia iniziale l’iniziativa è lasciata alle autorità, che però non sempre sono così veloci come si vorrebbe.

Ti consiglierei di valutare di acquistare una consulenza in cui approfondire intanto, considerando tutti i dettagli della vicenda, compresa la situazione patrimoniale e giuridica del tuo ex compagno, quale potrebbe essere la strategia migliore per la tua situazione. In questa sede, si potrebbe anche fare la prima diffida tramite avvocato. Per maggiori informazioni, clicca qui.

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Arredi trattenuti illegittimamente: che fare?

Ho disdetto per fine ottobre un negozio in affitto a Prato e fatto ritirare la merce da amico ma gli arredi erano rimasti con accordo con proprietario che avrei provveduto più avanti allo sgombero, visto la lontananza e i miei impegni, previo essere avvisato di nuovo affitto. Il negozio invece è stato venduto, senza darmene avviso, ad una persona che, contattata da me dopo insistenze sull’ex proprietario dice di averlo comprato proprio xké arredato coi mie arredi e luci. Ora per farmi andare a ritirarli vuole € 300 in contanti per il disturbo di aprirmi il negozio ancora vuoto. Il vecchio proprietario si defila e ambedue mi sfidano a far loro causa, pur avendo tentato una transazione per un minimo risarcimento. Nel frattempo i miei arredi e luci sono lì. Come devo fare per recuperarli o poter chiedere un risarcimento ad ambedue? Devo andare a denunciare alle Autorità la richiesta soldi in contanti per farmi entrare in negozio dal nuovo proprietario e il “furto” dei miei arredi e luci?

Se non hai ancora richiesto la restituzione dei tuoi beni per iscritto, circostanziando la situazione, con una diffida tramite avvocato stai, dal punto di vista giudiziario, parlando del nulla più assoluto, considerando che tutto si è svolto, sino ad ora, solo verbalmente tra voi.

Quindi il primo passo, anche per fare poi una eventuale denuncia querela, è sempre quello di far inviare, da un bravo avvocato, una diffida in cui chiedi la restituzione dei tuoi arredi, illegittimamente trattenuti, richiamando, se del caso, gli accordi intervenuti tra voi e anche la discutibile circostanza della pretesa di 300€ per aprire il negozio, su cui devi fare ogni riserva.

Una volta fatto questo, dovrai valutare se e come coltivare la vertenza in base al modo in cui le controparti – la diffida va spedita sia al vecchio proprietario che al nuovo – reagiranno.

Purtroppo, se non disponi di una polizza di tutela legale, le spese di assistenza legale dovrai anticiparle tu, senza nessuna garanzia di poterle poi recuperare in seguito.

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Naso spaccato a seguito di aggressione: che cosa fare?

20 giorni fa mio fratello è stato aggredito da un conoscente che gli ha lanciato un bicchiere sul volto fratturando e sfregiando il setto nasale. Dopo il trasporto in ospedale, gli è stata fatta una prognosi superiore ai 30 giorni.
Due giorni fa dopo varie visite, ha subito l’intervento per la ricostruzione del setto.
Ora sono scaduti i giorni. E il medico di base non sa come far proseguire la malattia, essendo mio fratello lavoratore autonomo. Ovviamente in queste condizioni non può lavorare e non potrà farlo per altri 20 giorni almeno. Oltre ai dolori ai giramenti di testa e alla vista offuscata.
Come si procede in questo caso? Il medico ci ha scritto un foglio bianco intestato da portare ai carabinieri. Ma è sufficiente? Bisogna chiedere all’INPS, all’INAIL?
Vorremmo che sia fatto tutto a dovere per proseguire poi con la denuncia penale, in modo da avere tutto certificato per un risarcimento dei danni subiti sul lavoro (ore perse, ecc.)

Questa cosa del foglio in bianco non esiste e non ha alcun senso.

Il fatto di cui è rimasto vittima tuo fratello ha rilevanza sia civile che penale. Da questi punti di vista, le cose che contano sono gli accertamenti che si potranno fare, una volta che sarà intervenuta la guarigione, sul danno subito e i postumi permanenti.

Dal punto di vista burocratico, non so dirti con precisione come deve essere gestita la malattia. Sotto tale profilo, conviene sentire dal commercialista o consulente del lavoro che segue tuo fratello, oppure dalla relativa eventuale associazione di categoria – il termine «lavoratore autonomo» è davvero troppo generico e copre una serie vastissima di mestieri, imprese, professioni.

Quello che dovete fare è, comunque, incaricare subito un avvocato, quindi la vostra prossima mossa è quella di mettervi alla ricerca di un legale che possa seguire il caso. Il legale, poi, una volta incaricato dovrà subito mettervi in contatto con un medico legale per avere le indicazioni più opportune sulla gestione della situazione. Dovrà inoltre mandare la prima richiesta danni al responsabile o diffida. Infine, bisognerà valutare, insieme a tuo fratello, per la presentazione di una denuncia querela.

Se volete un preventivo da parte del nostro studio, potete chiedercelo compilando l’apposita voce nel menu principale del blog. Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.

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Nuovo 570 bis codice penale: e i figli di conviventi?

1)Il principio della “riserva di codice”, contenuto nel Decreto legislativo, 01/03/2018 n° 21, pubblicato in G.U. 22/03/2018 ed entrato in vigore dal 6 aprile, ha voluto unificare in un unico alveo tutte le disposizioni in materia penale già contenute in diverse previsioni legislative allo scopo di dare maggior protezione a beni di rilievo costituzionale. L’essenziale ratio del principio è stata quella di migliorare la conoscenza dei precetti e delle sanzioni da parte dei soggetti e, conseguentemente, tentare di concretizzare la effettività della funzione rieducativa della pena. Il principio viene attuato mediante l’inserimento, all’interno del codice penale, di tutte le fattispecie criminose previste da disposizioni di legge già in vigore, per dare più forza alle stesse e per evitare la dispersione delle tutele. Oggetto della riserva di codice, fra le altre, sono state le norme sanzionatorie per il mancato pagamento dell’assegno di divorzio e delle somme stabilite in sede di separazione dei coniugi;

2)Fra le conseguenze dell’introduzione del ridetto principio vi è, per l’appunto, l’introduzione nel codice penale dell’art 570 bis, che così dispone “Le pene previste dall’articolo 570 si applicano al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli

3)Detta previsione è stata al centro di numerose polemiche e non è attualmente scevra dal rischio di pronuncia di incostituzionalità dato il riferimento esclusivo alla famiglia “tradizionale” evidenziato dal primo comma. Nel riferirsi al coniuge ed esclusivamente ad esso, la norma riprende la tutela che era prevista dalla disposizione ex art. 12-sexies della legge 898/1970, (abrogandolo) in materia di divorzio e perciò espressamente riferita al coniuge ed alla crisi del matrimonio, ma, allo stesso modo, non include anche la tutela che era prevista dalla legge dall’articolo 3 della legge 54/2006 nei confronti di tutti i figli naturali anche se non riconosciuti, o comunque di coppie non sposate. L’art 570 bis infatti è espressamente abrogativo dell’art 3 citato, come anche delle altre tutele previste in materia di famiglia non contenute nel codice penale, in virtù del principio della riserva di codice. L’articolo 570 bis pertanto, seppur voglia concentrare e specificare tassativamente la punibilità del soggetto che viola gli obblighi familiari, concentrando la censurabilità della condotta solo nei confronti del coniuge, implicitamente ammette che il medesimo comportamento, cioè la violazione degli obblighi familiari, da parte di un soggetto non coniugato, ma che ha procreato, non possa essere perseguita proprio perchè in assenza di vincolo giuridico di coniugio, superando tutte le agognate e raggiunte condizioni di uguaglianza fra figli naturali e riconosciuti che si erano attestate da poco tempo nell’ordinamento.

Conseguenze

Per il principio di tassatività dell’ordinamento penale quindi, che, a tutela del cittadino, obbliga il giudice ad applicare solo ed esclusivamente ciò che viene sancito dalla norma, l’art. 570 bis configura come soggetto punibile solo ed esclusivamente il coniuge che non provvede ai figli, non essendo prevista altra figura punibile dalla lettera della previsione normativa. La tutela della posizione di figli di persone non coniugate però continua e continuerà ad essere effettiva ricorrendo all’art. 570 c.p. che, riferendosi indifferentemente a violazione di obblighi familiari, punisce chi abbandona il domicilio domestico, o comunque serba una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie e si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale.

Il riferimento alla responsabilità genitoriale mette in luce tutte le possibili applicazioni ampie del concetto di famiglia, potendo farvi riferimento indifferentemente per coppie coniugate o non coniugate. Condotta contraria alla morale della famiglia è certamente rappresentata dalla violazione degli obblighi di mantenimento dei figli, legati indissolubilmente dal rapporto genitoriale che è immutabile nel tempo. I genitori sono tali a prescindere dai rapporti fra loro, ed hanno specifici obblighi che non possono essere limitati od esclusi da nessuna definizione normativa. Il passaggio auspicato dal concetto civilistico di “potestà genitoriale”di stampo fortemente ottecentesco e privatistico, che conferiva la proprietà dei figli ai genitori, a quello più moderato e costituzionalmente orientato di “capacità genitoriale”, che conferiva un rapporto più equilibrato fra genitori e figli, a quello più moderno e completo di “responsabilità genitoriale” non può e non deve subire limitazioni o bruschi arretramenti culturali, da nuove previsioni che apparentemente ampliano le tutele per le famiglie ed i figli ma che in realtà non modificano alcunchè ed addirittura possono limitarle.

Se anche tu hai problemi inerenti la violazione di obblighi familiari o di mancati pagamenti per il mantenimento dei tuoi figli, contattaci o chiedici un preventivo compilando i moduli appositi nel menu principale del blog.

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Condannato in contumacia: posso fare esposto per falso?

sono stato condannato in contumacia a pagare al condominio, che avevo costruito nel 1998, 262.000 euro per difetti costruttivi, il difetto principale riguarda l’impermeabilizzazione della soletta di copertura del piano interrato,la verità è che avevo rimediato a detti difetti eseguendo lavori vari sotto la direzione del ex D.L. all’epoca della costruzione e del tecnico del condominio che alla fine,nel 2003,redige una relazione quantificando le eventuali ulteriori opere in qualche migliaio di euro.Il condominio mi cita nel 2006, per un qualche motivo non vengo in possesso della notifica, la sentenza di condanna diventa esecutiva non per notificazione ma per decorrenza dei termini nel 2013.
Vorrei conoscere se è possibile fare un esposto alla Procura della Repubblica denunciando il condominio, i periti, il loro avvocato, per la produzione di documenti falsi, il falso è dimostrato dal fatto che il condominio in questi molti anni non ha effettuato alcun lavoro e non vi sono perdite

È una cosa che andrebbe approfondita molto di più, esaminando sia la situazione in fatto sia il fascicolo del procedimento.

In via generale, si possono fare le seguenti osservazioni.

Riferisci di non aver ricevuto la notifica «per un qualche motivo». Si tratta, però, di un aspetto fondamentale, il primo che è necessario chiarire per verificare la regolarità del procedimento e della sentenza che è stata emessa al termine del medesimo.

Quindi il primo consiglio è quello di incaricare un avvocato di estrarre le copie dei documenti dal fascicolo del procedimento per vedere come ti è stato notificato l’atto introduttivo e verificare se tale forma di notifica può considerarsi valida o meno.

Ovviamente, il da farsi, in seguito, dipende dall’esito che avrà questo accertamento.

Per sapere, poi, se possibile fare un esposto per falso, che è una vera e propria denuncia, ti sembrerà incredibile ma, ancora una volta, bisogna esaminare il fascicolo e vedere esattamente cosa è stato sostenuto dal condominio e che tipi di documenti sono stati prodotti.

In generale, comunque, un reato di falso non ricorre semplicemente quando si sostiene in giudizio un fatto infondato, altrimenti in ogni causa civile ci sarebbe almeno un reato di falso, dal momento che ogni parte della stessa sostiene la verità di fatti diversi e spesso contrapposti, ma occorrono requisiti e circostanze ulteriori previsti dalle disposizioni del codice penale che prevedono diverse figure di reati di falso.

Ulteriormente, va poi considerato che, a mio giudizio, quand’anche ci fosse effettivamente un reato o più di falso e quand’anche si presentasse una denuncia e si aprisse un procedimento terminante con condanna penale dei responsabili, la sentenza civile emessa nei tuoi confronti rimarrebbe perfettamente valida ed efficace e di certo non verrebbe caducata per effetto di una sentenza penale, salva solo l’ipotesi di revocazione, uno speciale mezzo di impugnazione praticabile in alcuni casi anche contro sentenze già passate in giudicato, che è comunque tutto da valutare sulla base di quello che sarà stato accertato, sempre in ipotesi, nel procedimento penale.

In conclusione, mi sembra che ci siano davvero pochi spazi e che si tratti di una ipotesi in cui purtroppo sarebbe stato opportuno attivarsi a suo tempo.

L’unica possibilità con un minimo di concretezza sarebbe quella relativa all’invalidità della notifica, che va tuttavia studiata e approfondita con cura.

Direi che, per fare questi accertamenti, con una sentenza che ti obbliga a pagare quasi 300.000 euro, un po’ di soldi da investire per far fare questo lavoro ad un avvocato potrebbe essere opportuno appunto decidere di spenderli.

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Libro e recesso su ebay: posso fare querela?

Ho acquistato tramite eBay un libro. Dopo più di una settimana dal pagamento con PayPal e dopo non aver ricevuto notizie dal venditore nonostante mia comunicazione, apro una contestazione con PayPal in cui scrivo al venditore di non inviare più nulla. A distanza di qualche ora arriva una mail con il codice di tracciatura. Al venditore scrivo di fermare il pacco, lui dice che non può, che ormai è spedito (ma sul sito del corriere vengo a sapere che è stato inviato il giorno dopo e non quello stesso giorno). Non ritiro il pacco, e il venditore dice che per avere il rimborso devo andarlo a ritirare in sede e rispedirlo. Ma a casa mia un pacco non ritirato torna indietro! In più il venditore non chiama il corriere per farselo rispedire e darmi questo benedetto rimborso. La mia domanda è: posso sporgere querela? Di fatto io non ho in mano nessun oggetto, e da prima che fosse inviato ho chiesto di non farlo!

Per sporgere querela, è necessario che ci sia un reato, mentre in un caso come questo a mio modo di vedere non c’è nessun reato, ma solo, al massimo, un illecito civile, che va gestito appunto in sede civile.

Quand’anche ci fosse un reato, molto difficilmente le autorità giudiziarie si potrebbero occupare di una vicenda di valore così bagatellare, sia per ragioni di opportunità, nonostante l’obbligatorietà in linea di principio dell’azione penale, sia per l’influsso di nuovi istituti, tra cui segnatamente la particolare tenuità del fatto che determina l’archiviazione senza che possa proseguire un procedimento penale.

Tu capisci che non si possono muovere i Carabinieri o la Polizia di Stato tutte le volte che a una persona viene consegnato o non consegnato un libro o un oggetto del genere…

Al di là di questo, si tratta di una vertenza che non ha il minimo senso trattare tramite strumenti legali e giudiziari, proprio per il suo infimo valore, a meno che non si parli di un libro antico e raro di pregio, che però non credo si possa acquistare frequentemente tramite piattaforme come ebay.

Bisogna capire che gli strumenti giudiziari sono piuttosto grossolani e comportano sempre un costo non trascurabile per il loro utilizzo, di talchè una vasta serie di ipotesi di vertenze di basso valore sono destinate a rimanere fuori dall’ambito della loro applicazione, sempre che uno non voglia spendere migliaia di euro per coltivare una vertenza del valore di 10-20 euro…

Se credi, puoi provare a tutelarti spedendo al venditore una diffida da te redatta, attenzione però che il rischio di fare danni è abbastanza consistente. La cosa migliore sarebbe sicuramente cercare un accordo.

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La truffa che viene dagli Stati Uniti: che si può fare?

ho risposto ad un annuncio di vendita su internet, da parte di un signore americano, ho pagato con bonifico bancario 2200 dollari, poi me ne ha chiesti 550 per le tasse, poi ancora 1300 per un fantomatico certificato dell agenzia di confine, ora ancora 1800 altrimenti rischio l arresto da parte dell fbi, nel frattempo una presunta agenzia di spedizione tramite un suo incaricato mi ha proposto un trasferimento di fondi per 26milioni di dollari se pagavo 5500 dollari…io da scemo ho pagato i 2200+550+1300tramite bonifico, ma ora intendo fare denuncia, crede sia possibile far qualcosa o lascio stare?

È altamente probabile, considerando le modalità con cui si sono svolti i fatti e le dichiarazioni via via più assurde di questa controparte, che si tratti di una truffa.

Purtroppo, non ho alcun modo di prevedere come potrebbe andare a finire una denuncia da te presentata, perché ci sono troppe variabili da tenere in considerazione, tra cui la solvenza del responsabile, per non dire del fatto che la dimensione internazionale potrebbe complicare il quadro, almeno presentando la denuncia in Italia.

A volte, infatti, come spiego nella scheda sulle truffe on line che ti invito a leggere con attenzione, conviene lasciar perdere per non aggiungere al danno anche la beffa, come ad esempio la necessità di andare a testimoniare in tribunali anche molto lontani, e dopo anni, dal proprio luogo di residenza, perdendo soldi e tempo, spesso una giornata intera.

Un possibile spiraglio potrebbe essere fornito dalla possibilità di presentare denuncia direttamente negli Stati Uniti – sempre che la truffa venga da quel paese – dove c’è un sistema giudiziario più efficiente del nostro.

Ma anche in quel caso sarebbe fondamentale disporre dell’assistenza e della consulenza di un avvocato statunitense.

Se credi, possiamo approfondire il caso, mi è già capitato di lavorare negli USA con colleghi del luogo in altre occasioni, ma tieni presente che il rischio di buttare altri soldi è abbastanza alto.

Leggi anche la scheda sul recupero crediti.

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Padre che non paga per il figlio riconosciuto: che fare?

Sono la mamma di un bimbo di 12 anni riconosciuto alla nascita dal padre ..vive da sempre a 300 km da noi…si vedpno circa 2 volte ‘lanno.nn passa nessun alimento dicendo che nn puo…ed è un operaio come me
Dovendo provvedere a lui in tt nn ho possibita economiche di rivolgermi al tribunale minorile x tutelarlo nei suoi diritti..
Crescendo le necessita aumentano e io nn riesco piu a provvedere a lui da sola

Questo è un problema derivante dal fatto che a suo tempo non avete regolato o fatto regolare l’affido del figlio, come io invece consiglio sempre di fare.

Adesso, infatti, che avresti bisogno di percepire un mantenimento, non hai niente in mano, non hai un titolo giudiziario, o un provvedimento, col quale eventualmente rivolgerti alla magistratura, per un pignoramento o altro, se la richiesta stragiudiziale dovesse fallire.

Il tribunale competente, comunque, non sarebbe più quello dei minorenni, ma quello civile ordinario.

Il problema di come pagare le spese legali, purtroppo, non posso risolvertelo.

Se ne hai diritto, puoi chiedere l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Altrimenti non ti resta che chiedere qualche preventivo ad avvocati. Nemmeno le polizze di tutela legale infatti, che comunque avresti dovuto avere sin da prima dell’insorgenza del problema, coprirebbero materie di questo genere.

Dal lato economico, nei problemi familiari, a volte un aiuto può venire dai servizi sociali.

Qualora fosse per te comunque impossibile lavorare sull’affido, che sarebbe l prima cosa da fare (meglio tardi che mai), potresti tentare con il deposito di una denuncia querela, che puoi fare anche senza l’assistenza di un avvocato, anche se io consiglio sempre di farsela fare da un legale; il costo solitamente è abbastanza basso, ma anche qui chiedi sempre un preventivo.

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Denuncia anonima: è legale farla?

Salve, da molto tempo sto pensando di sporgere denuncia contro una persona che conosco molto bene, ma ho timore che potrebbe ritorcersi contro di me. È possibile fare una denuncia anonima?

La denuncia anonima è illegale, quindi l’autorità di polizia non può fare delle indagini o altro sulla base di una denuncia anonima.

Ma a parte la teoria generale, c’è una sentenza recente della corte di cassazione che lascia spazio a opinioni diverse. In effetti la Corte, trovatasi a decidere sui fatti denunciati in via anonima ha stabilito  che malgrado «una denuncia anonima non può essere posta a fondamento di atti tipici d’indagine», i suoi «elementi» possono «stimolare l’iniziativa del pubblico ministero».

Sicuramente si tratta di una pronuncia “unica” e  un po’ anomala.

Perché la legge ammette che possa essere utilizzata la denuncia anonima solo se le denunce stesse sono in sé il corpo di un reato. Questo serve proprio a garantire il diritto alla difesa del “colpevole” che così può tutelare i suoi diritti soltanto conoscendo i fatti che gli vengono addebitati e chi lo accusa. Oltre ad evitare che possano verificarsi abusi e vendette.

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Lavoratori con partita IVA: come tutelarsi?

sono un lavoratore con p.IVA. Da circa una settimana, dopo 7 anni di lavoro, sono stato messo alla porta dal proprietario dello studio per futili motivi (ad esempio non rispettare l’orario che avevano i dipendenti). Ho accettato di andare via entro fine mese senza fiatare. in due giorni mi sono state tolte le chiavi dello studio, mi hanno intimato (lei e il marito che all’interno dello studio non ha nessuna posizione) di prendere tutte le mie cose entro 2giorni altrimenti avrebbero buttato tutto. ho chiesto di poter avere un giorno per organizzarmi, ma ho ricevuto oltre che risposta negativa anche minacce di ripercussioni personali da parte del marito tramite sms (per le quali ho sporto denuncia). sono andato a ritirare tutte le miei cose e ho trovato tutto spostato e il computer formattato. Per quali reati posso sporgere denuncia. ci sono i presupposti per la violazione della privacy? preciso che il marito continua a scrivermi messaggi con parolacce e minacce.

In una vicenda come questa, ci sono diversi profili di illegittimità che si potrebbero rilevare.

Il primo è ovviamente l’aver mascherato un rapporto di lavoro subordinato come un lavoro autonomo con partita IVA, che è un po’ la cifra della generazione attuale di lavoratori, ma che rappresenta un grande «imbroglio», anche se largamente diffuso e tollerato. Questo è appunto un primo aspetto che potresti coltivare, chiedendo l’accertamento giudiziale, in sede civile, dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, con tutto quel che ne consegue a livello economico. Ovviamente, questa pratica, come molte, è destinata a tradursi, alla sua conclusione, in un recupero crediti, per cui è da valutare attentamente, sotto il profilo, soprattutto, della solvenza; leggi comunque la scheda relativa con attenzione.

Altri profili possono consistere in reati vari, che non c’è bisogno di definire o di nominare. Se vuoi procedere in questo senso, quindi in ambito penale, puoi redigere, da solo o con l’assistenza di un legale, una denuncia querela in cui esponi i fatti accaduti, con la maggior precisione possibile e allegando quando puoi la documentazione relativa, lasciando che sia poi il procuratore a inquadrarli e a indicare i reati che negli stessi fatti si rinvengono.

La prima soluzione è per te sicuramente più costosa della seconda, perché si tratta di aprire una vertenza civile che molto probabilmente sfocerebbe in una vera e propria causa, con costi, almeno inizialmente, a tuo carico. Nel secondo caso, puoi limitarti alla presentazione della denuncia querela, che, come tale, costa molto meno di una causa intera.

Leggi comunque la nostra scheda sulla denuncia querela per maggiori approfondimenti.