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Come posso separarmi da un convivente con cui non c’è più nulla?

Casa di proprietà 50%, convivenza di ca 4 anni, bambina di 5 mesi, fidanzati da 22 anni, conti correnti separati e partecipa con 500 euro mensili, problemi continui sul mangiare ( non mangia frutta verdura formaggi) persiste con alimentazioni sbagliate, Come posso separarmi visto che non c’ è più amore, non si consuma il rapporto, interessi diversi, mantiene le sue brutte abitudini ( droghe leggere) , trascura casa nei lavori da uomo. Persona apatica. Senza interessi. Problema non c e più amore da parte mia e non voglio più occuparmi di lui come fossi sua mamma.

È una situazione che mi sono visto rappresentare davvero tante volte e che è molto comune oggigiorno.

Comunque, per separarvi dovete risolvere sia la questione della casa che l’affido di vostra figlia, peraltro ancora piccolissima.

Per quanto riguarda l’affido, ti rimando alla nostra scheda in materia.

Circa la casa, quello che dovete fare è una divisione amichevole che può essere realizzata o tramite vendita a terzi con divisione del ricavato tra voi o tramite acquisto da parte di uno dei due della quota di 1/2 dell’altro.

Da cosa partire?

Io consiglio sempre un approccio di tipo negoziale, fondamentale nel vostro caso in cui tu, anche se ora non te ne rendi bene conto, dovrai avere a che fare con questa persona per la gestione di vostra figlia, quindi per cose importanti, ancora per altri 20 o 30 anni, un bel pezzo di tempo.

Quindi ti consiglierei di invitarlo a fare alcune sedute di mediazione familiare.

In ogni caso, fatti sin da subito seguire anche da un avvocato, che ti serve per fare poi la regolamentazione dell’affido.

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I miei parenti possono obbligarmi a vendermi la casa che era di mio padre?

la mia famiglia, ha messo un avvocato contro di me, in quanto vorrebbe vendere la nostra casa che per me costituisce un ricordo di mio padre al che mi sono opposta. Detenendo io una quota minoritaria se vado in causa sono destinata a soccombere? mi e’ stato riferito che l’ avvocato mi ha mandato la lettera di diffida io ho pensato di ignorarla e non dare nessuna comunicazione. Quali sono le conseguenze della mia azione? la causa nei miei confronti andra’ avanti lo stesso? se si se venissi convocata dal giudice e decidessi di aderire alla vendita alla prima udienza dovrei pagare le spese processuali l’ onorario della contro parte e nomnare un avvocato di mia fiducia o niente di tutto questo avendo aderito alla vendita alla prima udienza? cosa mi consiglia?

Non ha il minimo senso ragionare su mere ipotesi e trattare problemi corposi come questo, relativo alla gestione di un immobile, con un pressapochismo del genere, proprio non esiste.

Innanzitutto, se un legale ti manda una diffida non puoi assolutamente ignorarla o omettere di ritirarla, ma devi andarla a prendere e la devi leggere con attenzione, poi puoi valutare se e come rispondere, eventualmente incaricato un altro avvocato, come sarebbe consigliabile, oppure in proprio.

Ma l’ultima cosa che puoi fare è sicuramente ignorarla.

Prima ancora di questo, sarà bene che ti informi bene da un legale, anche a prescindere dalla diffida, sulla situazione di questo immobile e sulle tue reali possibilità, perché è inutile e anzi probabilmente anche dannoso sviluppare contenzioso quando purtroppo non c’è niente da fare.

Ed in effetti se parlassimo di una divisione giudiziale non ci sarebbe molto che si potrebbe fare, nel senso che è diritto di ognuno dei comunionisti prima o poi ottenere la divisione, ma è chiaro che la cosa va vista dopo aver approfondito il fatto in tutti i suoi dettagli.

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Posso evitare che la mia casa venga messa all’asta per dividerla?

La casa dei miei genitori sara’ messa all’asta nonostante mio padre sia comproprietario, sulla casa non ci sia nessun tipo di pendenza o debito e loro ci abitano da sempre con il consenso degli altri comproprietari (fratelli di mio padre) . Ora loro chiedono che mio padre li liquidi per poter essere l’unico proprietario e rimanere nella casa ma lui essendo pensionato ha optato per versare loro una quota mensile che loro non hanno accettato. Non avendo raggiunto un compromesso tra le parti il legale dei miei genitori ha detto che la casa sara messa all’asta. Ora vorrei sapere nel caso la casa fosse venduta quanto tempo hanno i miei genitori per trovare un altro alloggio???? E’ possibile evitare che la casa sia messa all’asta?

È una vendita all’interno di un procedimento di divisione.

I tempi sono abbastanza lunghi, può essere che sia necessario anche qualche anno.

Circa la evitabilità della divisione, non ci sono altre strade che continuare a tentare di negoziare con gli altri comproprietari, purtroppo.

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Come farsi indennizzare le migliorie all’immobile dall’ex convivente?

avrei bisogno di sapere se posso avere qualche diritto per questa situazione:
io ho convissuto con una persona per 3 anni, dalla fine del 2010 ad agosto 2013, appena io e il mio compagno abbiamo deciso di convivere,(premetto la casa era di sua proprietà lasciata dai suoi genitori) abbiamo incominciato a farci dei lavori di ristrutturazione e abbiamo comprato i mobili,(cucina salotto,2 bagni camera da letto) tutto a carico mio,( ho versato 35 mila euro mentre lui solo 3000 euro) finendo di sistemare il tutto nel dicembre del 2011.Adesso non convivendo piu e non usufruendo piu di niente, indipendentemente da questo posso chiedere dei soldi?? il mio ex mi ha detto che i mobili sono svalutati e che a livello giuridico non mi toccherebbe niente…ma tutte le spese da me sostenute( spesa per mangiare bollette,oggetti per la casa )per tutti e 3 gli anni non contano niente?

Le spese per la conduzione del menage familiare sono obbligazioni naturali, ne abbiamo già parlato tante volte nel blog e puoi fare una ricerca al suo interno sul tema: non sei tenuta ad affrontarle, ma una volta che le elargisci non puoi più chiederne la restituzione. È ovvio che sia così, altrimenti ogni volta che finisce una convivenza ci sarebbe da andare a regolare i conti delle «spese» fatte, anche solo per il cibo, per anni addietro e la cosa non avrebbe il minimo senso.

Per quanto riguarda i mobili, invece, e le addizioni o miglioramenti che hai fatto nella casa che è poi rimasta a lui, hai un credito. Nel primo caso, corrispondente alla metà del valore di mercato dei mobili; nell’altro caso, corrispondente all’aumento di valore dell’immobile, sempre diviso due. Ovviamente, queste misure devono essere quantificate, di solito ci si rivolge ad un tecnico, come potrebbe essere un mobiliere o, rispettivamente, un geometra, ma la cosa più importante è che ci sia la disponibilità ad un accordo bonario, perché instaurare liti su cose di questo genere diventa abbastanza oneroso.

Fa eccezione solo il caso in cui le opere eseguite insieme siamo di notevole importanza, come ad esempio nel caso in cui una casa, di proprietà di uno solo dei conviventi, sia stata addirittura interamente ristrutturata. In un caso di questo genere, che mi è capitato di seguire di recente, per la quantificazione del valore degli interventi abbiamo fatto un ricorso ex art. 696 bis cod. proc. civ..

In conclusione, credo che dovresti inviare una diffida al tuo ex convivente con le tue richieste.

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Come farsi indennizzare le migliorie all’immobile dall’ex convivente?

avrei bisogno di sapere se posso avere qualche diritto per questa situazione:
io ho convissuto con una persona per 3 anni, dalla fine del 2010 ad agosto 2013, appena io e il mio compagno abbiamo deciso di convivere,(premetto la casa era di sua proprietà lasciata dai suoi genitori) abbiamo incominciato a farci dei lavori di ristrutturazione e abbiamo comprato i mobili,(cucina salotto,2 bagni camera da letto) tutto a carico mio,( ho versato 35 mila euro mentre lui solo 3000 euro) finendo di sistemare il tutto nel dicembre del 2011.Adesso non convivendo piu e non usufruendo piu di niente, indipendentemente da questo posso chiedere dei soldi?? il mio ex mi ha detto che i mobili sono svalutati e che a livello giuridico non mi toccherebbe niente…ma tutte le spese da me sostenute( spesa per mangiare bollette,oggetti per la casa )per tutti e 3 gli anni non contano niente?

Le spese per la conduzione del menage familiare sono obbligazioni naturali, ne abbiamo già parlato tante volte nel blog e puoi fare una ricerca al suo interno sul tema: non sei tenuta ad affrontarle, ma una volta che le elargisci non puoi più chiederne la restituzione. È ovvio che sia così, altrimenti ogni volta che finisce una convivenza ci sarebbe da andare a regolare i conti delle «spese» fatte, anche solo per il cibo, per anni addietro e la cosa non avrebbe il minimo senso.

Per quanto riguarda i mobili, invece, e le addizioni o miglioramenti che hai fatto nella casa che è poi rimasta a lui, hai un credito. Nel primo caso, corrispondente alla metà del valore di mercato dei mobili; nell’altro caso, corrispondente all’aumento di valore dell’immobile, sempre diviso due. Ovviamente, queste misure devono essere quantificate, di solito ci si rivolge ad un tecnico, come potrebbe essere un mobiliere o, rispettivamente, un geometra, ma la cosa più importante è che ci sia la disponibilità ad un accordo bonario, perché instaurare liti su cose di questo genere diventa abbastanza oneroso.

Fa eccezione solo il caso in cui le opere eseguite insieme siamo di notevole importanza, come ad esempio nel caso in cui una casa, di proprietà di uno solo dei conviventi, sia stata addirittura interamente ristrutturata. In un caso di questo genere, che mi è capitato di seguire di recente, per la quantificazione del valore degli interventi abbiamo fatto un ricorso ex art. 696 bis cod. proc. civ..

In conclusione, credo che dovresti inviare una diffida al tuo ex convivente con le tue richieste.

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Come liberarsi della comproprietà di una casa acquistata con un ex fidanzato

Nel 2010 ho acquistato un immobile con il mio attuale ex fidanzato. La proprietà è al 50% e anche il mutuo. Al tempo della separazione avevo proposto verbalmente al mio ex che se pagava le spese notarili gli lasciavo la casa senza pretendere nulla, l’avevamo acquistata da un anno. Dopo un anno lui perde il lavoro e quindi non può più ottenere il mutuo al 100%, cosa che gli avevo suggerito di fare visto che la banchiera mi aveva proposto una soluzione. L’accordo sottinteso è stato poi che lui vivendo nella casa pagava le rate e io no. Ora devo comunque pagare l’IMU. In previsione del mio futuro, di sposarmi o di comprare una casa, vorrei liberarmi di quella. Ho proposto al mio ex di vendere la casa ma la sua risposta è stata negativa, mi ha risposto “con aiuti economici dei miei parenti dovrei riuscire a cavarmela ma non posso ricomprare la tua parte di casa quindi tutto l’onere del mutuo. Esiste una soluzione con cui obbligarlo a vendere?

No. Puoi vendere la tua quota di comproprietà, ma è davvero improbabile che tu riesca a trovare sul mercato una persona interessata, a meno che tu non la svenda veramente. Oppure puoi promuovere un giudizio di divisione, in seno quale, in caso di mancato accordo, la casa verrà venduta all’asta ad un terzo, tutta intera, e ai due comproprietari verrà distribuita la somma ricavata. Sono entrambe soluzioni in cui hai molto da perdere, specialmente la seconda, dove al basso prezzo che sicuramente sarà ricavabile dall’asta, specialmente in questo periodo di forte depressione del mercato immobiliare, devi assommare anche tutte le spese legali e del CTU che verrà nominato dal giudice. Per questo motivo ti conviene negoziare più che puoi con il tuo ex ragazzo per vedere di trovare una soluzione, facendoti assistere da un avvocato (meglio pagarlo adesso in misura giusta che più tardi in modo esagerato!) e/o da un mediatore familiare.

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Cosa fare se la sorella non si presenta per incassare gli interessi dei titoli ereditati?

Buonasera, a seguito della morte della madre un mio amico ha ereditato dei titoli bancari insieme alla sorella (sono gli unici eredi in vita). Per prelevare il rendimento mensile che garantiscono detti titoli è necessaria la presenza di entrambi (essendo a loro cointestati e a firma congiunta). Il problema è che i loro rapporti sono così deteriorati che la sorella, anche solo per fare un torto al fratello, non si mette (volutamente) d’accordo per andare a prelevare queste somme… Ed in più occasioni sono “tornate indietro”. Siccome il mio amico è stufo di questa situazione mi ha chiesto se si può “obbligare” la sorella a presentarsi in banca. Personalmente non vedo margini per una citazione con “obbligo di fare” (anche perchè obbligare la sorella ad andare in banca mi pare difficile) ma pensavo di chiedere lo scioglimento della comunione ereditaria di questi titoli (sempre se si possono considerare in comunione). Vi sembra una soluzione corretta?

Certo, diciamo che la richiesta di divisione giudiziale rappresenta un po’ l’ultima spiaggia, anche perché i costi e i tempi non sono certo trascurabili.

Io prima di fare questo, proverei a inviare una diffida tramite legale alla sorella ovvero a proporre alcune sedute di mediazione familiare che magari potrebbero consentire di recuperare un rapporto familiare che è un peccato lasciare deteriorato, sia per motivi logistici come quelli alla base del problema sia più in generale.

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Posso donare a mio cugino la mia quota di eredità?

Se i miei fratelli, con cui condivido una situazione di comunione ereditaria, non sono interessati all’ acquisto del mio terzo di proprietà indivisa, posso donare a mio cugino la mia quota?

Ciascuno, in linea generale, può disporre dei propri beni nel modo che ritiene più opportuno.

L’art. 732 cod. civ., stabilisce tuttavia che «Il coerede, che vuol alienare a un estraneo la sua quota o parte di essa, deve notificare la proposta di alienazione, indicandone il prezzo, agli altri coeredi, i quali hanno diritto di prelazione. Questo diritto deve essere esercitato nel termine di due mesi dall’ultima delle notificazioni. In mancanza della notificazione, i coeredi hanno diritto di riscattare la quota dall’acquirente e da ogni successivo avente causa, finché dura lo stato di comunione ereditaria. Se i coeredi che intendono esercitare il diritto di riscatto sono più, la quota è assegnata a tutti in parti uguali».

Si tratta del famoso istituto del retratto successorio.

L’art. 732 cod. civ. fa espresso riferimento all’alienazione, per cui si devono intendere tutti quei contratti a titolo oneroso che prevedano la vendita della quota o anche solo della nuda proprietà della stessa.

Pertanto, se tu indendi donare la quota ritengo tu possa farlo senza dover rispettare il diritto di prelazione previsto dal retratto.

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Comunione ereditaria su una casa: come si può uscirne?

Abbiamo ereditato una casa e siamo tre fratelli. Due vogliamo vendere e uno no. Stiamo pensando di fare lo scioglimento e mettere la casa all’asta. Ma ci è venuto un dubbio: mio fratello, quello che non vuole vendere, può partecipare all’asta? Voi non ci crederete ma due avvocati di Roma di hanno dato risposte contrarie, uno dice di si e uno dice di no. Quello che dice che il fratello non può partecipare all’asta ha però aggiunto che può farla comprare a terzi. Se mi date una mano a capire ed eventualmente sapere il nome di un avvocato bravo in queste cose.

Il problema è purtroppo molto, ma molto più complesso, sia per i tratti di diritto sostanziale, riguardanti le norme applicabili, sia per quelli processuali, che si riferiscono a quello che dovrete fare per conseguire la divisione. Andiamo per gradi.

Innanzitutto, prima che la casa sia venduta all’incanto ad un terzo ciascuno dei coeredi può sempre chiederne l’assegnazione, liquidando gli altri coeredi della rispettiva quota. Vale in materia l’art. 720 cod. civ., secondo cui «Se nell’eredità vi sono immobili non comodamente divisibili … essi devono preferibilmente essere compresi per intero, con addebito dell’eccedenza, nella porzione di uno dei coeredi aventi diritto alla quota maggiore, o anche nelle porzioni di più coeredi, se questi ne richiedono congiuntamente l’attribuzione. Se nessuno dei coeredi è a ciò disposto, si fa luogo alla vendita all’incanto».

Facendo un passo ancora più indietro, la legge vuole che, tutte le volte che è possibile, il bene sia diviso in natura (art. 718 cod. civ.), cioè separandolo e assegnandone una porzione fisica a ciascuno dei coeredi, come potrebbe avvenire ad esempio nel caso di un appartamento molto grande con due accessi, che potrebbe essere smembrato in due appartamenti più piccoli. Quando ciò non è possibile, ciascuno dei coeredi può sempre chiedere che il bene sia assegnato a lui. Solo se anche questo non è praticabile, il bene può essere venduto all’asta con suddivisione successiva del ricavato tra i coeredi.

Dunque, se il giudice verifica la non comoda divisibilità del bene comune segue le indicazioni dell’art. 720 c.c. che delinea due soluzioni: l’attribuzione del bene per intero e la vendita all’incanto. La legge poi esprime la preferenza per l’attribuzione potendo il giudice procedere alla vendita solo se nessuno dei condividenti si avvalga della facoltà di avanzare istanza di attribuzione del bene indivisibile (C. 5679/2004; C. 1423/2000; C. 2296/1996).

Per questi motivi, la tua domanda non ha molto senso, dal momento che è inutile domandarsi se uno dei coeredi può rendersi acquirente dell’intero immobile in caso di incanto, considerando che, ancor prima che sia disposto l’incanto, può chiedere l’assegnazione. Secondo la giurisprudenza, inoltre, ciascun coerede può chiedere l’assegnazione anche dopo che è stata disposta la vendita, se, ad esempio, ci ha ripensato; il termine ultimo, dopo il quale la assegnazione non può essere più richiesta, è quello in cui la vendita è già stata effettuata ad un terzo. Infatti, effettuata la vendita è preclusa in via definitiva la richiesta di attribuzione (C. 684/1984).

Può anche succedere che più coeredi chiedano l’assegnazione, anche a volte associandosi tra loro, ad esempio tuo e tuo fratello potreste chiedere l’assegnazione a voi due come contitolari escludendo tuo fratello. In questi casi, decide il giudice con ampio potere discrezionale. In linea generale, infatti, sarebbero fissati dei criteri preferenziali per chi la quota maggiore o per i condividenti che avanzano richiesta congiunta, essendo irrilevante che tra costoro permanga lo stato di comunione: C. 996/1985, ma, ad esempio, in presenza di una richiesta di attribuzione sia del condividente titolare della quota maggiore che dei condividenti che abbiamo fatto richiesta congiunta e le cui quote, sommate tra loro, superino la quota del maggior condividente, in applicazione del principio del favor divisionis (art. 729 c.c.) va data preferenza a quest’ultimo, salvo ragioni di opportunità (C. 8827/2008). Naturalmente, se la richiesta di attribuzione proviene dal minor quotista è ammessa egualmente l’attribuzione, essendo la vendita l’ultima via da percorrere (C. 1407/1973). Soprattutto, l’art. 720 c.c., attraverso l’espressione “preferibilmente”, riconosce al giudice il potere discrezionale di discostarsi dalla previsione normativa purché ciò dipenda da interessi morali e familiari. Ad esempio, se l’assegnazione di una casa venga richiesta da un coerede privo di prima casa, mentre gli altri coeredi già ne dispongono, il giudice può disporre a suo favore (così Cass. civ. Sez. II Sent., 25/09/2008, n. 24053, secondo cui «In tema di divisione ereditaria, nel caso in cui uno o più immobili non risultino comodamente divisibili, il giudice ha il potere discrezionale di derogare dal criterio, indicato nell’art. 720 cod. civ., della preferenziale assegnazione al condividente titolare della quota maggiore, purché assolva all’obbligo di fornire adeguata e logica motivazione della diversa valutazione di opportunità adottata. (Nel caso di specie la Corte ha confermato la sentenza del giudice di secondo grado con riguardo all’attribuzione dell’immobile non divisibile assumendo come criterio discriminante quello dell’interesse personale prevalente dell’assegnatario, privo di un’unità immobiliare da destinare a casa familiare, rispetto al titolare della quota maggiore che disponeva di altra abitazione). (Rigetta, App. Messina, 10 giugno 2003)»; conformi Cass. civ. Sez. II, 13/05/2010, n. 11641, Cass. civ. Sez. II, 16/02/2007, n. 3646, Cass. civ. Sez. II, 22/03/2004, n. 5679).

Ciò richiamato, va spesa anche qualche parola sul fatto che per questo genere di procedimenti è attualmente prevista la fase di mediazione civile obbligatoria. Sui costi non sempre adeguati delle mediazioni in caso di eredità da dividere, ti rimando a questo mio altro lungo intervento che però, se avrai la pazienza di leggere, ti farà capire bene che cosa vi aspetta se deciderete di proseguire in giudizio.

Per ciò che concerne la tua domanda originaria, direi che la stessa possa ritenersi assorbita dalle considerazioni che abbiamo svolto riguardo alla facoltà del coerede di chiedere sempre l’assegnazione. Volendo, per pignoleria, ragionarci comunque sopra ugualmente, c’è da dire che non pare che ci sia un divieto espresso, come esiste invece per il debitore nel caso di esecuzione immobiliare. Come abbiamo precisato in un nostro precedente intervento al riguardo, il divieto per il debitore è di stretta interpretazione e insuscettibile di applicazione analogica, quindi non si può estendere ad altri soggetti, compresi direi i coeredi, anche considerando che gli stessi creditori, nelle esecuzioni, possono rendersi acquirenti. Il giudice potrebbe però ritenere che avendo avuto il coerede il diritto di chiedere l’assegnazione non possa poi farsi acquirente nel procedimento di vendita ad un terzo disposto solo perchè non è stata esercitata questa opzione, dal momento che l’utente deve sempre utilizzare, quando possibile, gli strumenti specificamente messi a disposizione dall’ordinamento. Ovviamente quello che ti ha cennato uno dei legali che hai consultato rimane sempre vero: nella pratica giudiziaria spesso si assiste all’ingresso in campo di prestanome che superano gli eventuali divieti esistenti, ma questo è un altro paio di maniche.

Consigli su legali da incaricare non ne diamo, la nostra policy è contraria all’indicazione di legali o altri studi su cui non possiamo dare garanzia di qualità.

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Appartamento in eredità: come gestirlo o dividerlo?

Mio marito ha ereditato un appartamento dai suoi genitori entrambi deceduti. Gli eredi, in quote diverse, sono i 4 figli. Ora una delle figlie vorrebbe vendere la sua quota, mio marito può legittimamente acquistare da lei la sua quota facendo una proposta-accordo solo con lei o deve avere il consenso sia per il prezzo che per la vendita stessa da parte degli altri eredi? Che tra l’altro non sono interessati all’acquisto della parte – un’altra sorella non vuole che l’appartamento venga messo in vendita ma non vuole neanche comprarlo- la situazione si complica anche perchè chi vuole vendere è figlia solo della madre, il padre è diverso ed essendo morto prima lui la sua parte è stata divisa tra mia suocera e i 3 figli, dopo la sua morte è stata divisa tra i suoi 4 figli quindi dopo calcoli complicati da denuncia catastale risulta che la figlia che vuole vendere ha la parte + piccola- (si contesta anche che abbia diritto alla parte del marito di sua madre ereditata da sua madre ) forse è un po’ complicato.. il succo è mio marito deve avere il consenso degli altri proprietari per acquistare l’immobile? E per il prezzo? Grazie (Paola, via mail).
Non c’è niente di molto complicato, in realtà.
Innanzitutto, la diversa misura delle quote non ha influenza, se non nella determinazione del corrispettivo o della liquidazione cui si darà luogo in sede di divisione.
Per quanto riguarda il diritto di tuo marito di acquistare dalla sorella, egli può farlo senza che vi sia necessariamente il consenso degli altri coeredi. Il diritto di prelazione sulle quote ereditarie, il famoso retratto successorio, è previsto infatti dall’art. 732 cod. civ., che prevede che tale diritto di preferenza valga solo quando uno dei coeredi intende vendere “ad un estraneo” e quindi non anche nel caso in cui venda ad un altro coerede.
Quindi in sostanza per arrivare ad una situazione uniproprietaria di questo immobile, tuo marito può comperare le quote di coloro, tra i coeredi, che intendono vendergliele, mentre per quel che concerne coloro che invece non le intendono alienare non rimane che chiedere un giudizio divisorio, agli esiti del quale il bene potrà essere diviso in natura, se possibile frazionarlo in più unità immobiliari, oppure venduto a terzi dividendosi gli eredi, in proporzione delle rispettive quote, il ricavato relativo.
Se il problema è quello della mancanza di accordo sul corrispettivo, con conseguente indecisione sul comprare o vendere di ciascuno o di alcuni dei coeredi, si può provvedere con il sistema del deposito delle offerte in busta chiusa, dove chi offre di più acquista e paga il corrispettivo all’altro e viceversa.