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Divisione di un immobile con ipoteche a Equitalia: come si fa?

Essendo vedovo, ho ereditato la porzione di proprietà di 1/4 divisa fra me e mia figlia di una vecchia casetta che era dei genitori di mia moglie. Una mia cognata ha dei debiti con il fisco e quindi con Equitalia (una volta Uniriscossioni) la quale aveva posto due ipoteche su quella casetta che ha un valore attuale commerciale di 40mila euro (non vale di più). Ora un altra mia cognata sarebbe disposta ad acquistare le porzioni degli altri ma Equitalia pretende il pagamento di circa 23mila euro che è dato da una loro valutazione dell’immobile (rendita catastale moltiplicata per un loro coeff) che gli da 94mila€. Una nostra perizia giurata non viene presa in considerazione. Equitalia sostiene che se gli paghiamo circa 93mila diviso 4 ( 4 erano le figlie) toglie l’ipoteca. Altrimenti non se ne fa niente. Equitalia non vende perchè non ci riuscirebbe. La cognata che ha debiti non ha altri beni e non ha soldi per saldare Equitalia. La casa è vuota. Cosa possiamo fare ?

La casa, ovviamente, può essere venduta senza nessun bisogno di cancellare prima le ipoteche, solo che, ovviamente, chi acquista, le dovrà rispettare e subire in caso di mancato pagamento dei crediti che garantiscono.

Una prima idea, che però non credo possa godere di molto fascino presso tuo cognata, potrebbe essere quella di vendere a lei con le ipoteche, lasciando che sia poi lei a sistemare il problema, ovviamente in questo caso accettando – negozialmente – di vendere ad una cifra piuttosto scontata rispetto a quello cui si potrebbe pensare in una situazione «normale».

Se, invece, non si trovasse un accordo, né in questo né in altri termini, l’unico sistema per uscire da questa situazione sarebbe chiedere la divisione, in via dapprima stragiudiziale, quindi tramite la prevista fase di mediazione e, infine, giudiziale.

Una buona idea potrebbe essere instaurare la fase di mediazione, che, nella mia esperienza, in molti casi è stata utile per sbloccare molte situazioni di questo genere.

Un altro consiglio che forse si può dare è quello di nominare, a spese comuni magari, un avvocato che vada a negoziare per conto di tutta la famiglia con Equitalia, in modo da spuntare condizioni più vantaggiose e magari alla fine praticabili.

Non esiste, insomma, come sempre una soluzione «pronta», ma il problema va trattato, con molta pazienza, cura ed abilità, meglio se con l’assistenza di un bravo professionista.

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Locazione di un appartamento in comunione: possono farlo?

sono erede con 2 sorelle di una palazzina con 2 appartamenti ed un seminterrato privo di abitabilità. ho occupato un appartamento, dove vivo, e le mie sorelle mi fanno la guerra in tutti i modi, ora hanno chiuso le soffitte (dove c’e l’antenna della televisione) ed il seminterrato, chiedendomi la chiave del seminterrato dove vivevo senza dirmi che avrebbero cambiato la serratura. Attualmente vogliono affittare l’appartamento libero, ma lo stabile è in vendita. Ho inviato una bozza di scrittura privata, per l’occasione , e hanno fatto sapere verbalmente, , che non affittano più ma io pretendo uno scritto circa questa loro nuova intenzione, ho diritto ad averlo?

Direi di no, non c’è il diritto di avere rassicurazioni per iscritto rispetto alle intenzioni altrui di rispettare la legge o la situazione. Puoi chiederlo, tuttavia, prospettando in difetto il ricorso ad altre soluzioni o l’adozione di altre, legittime iniziative.

Però il problema credo vada affrontato globalmente, senza focalizzarsi su aspetti minimi e particolari dello stesso, che rischiano di far perdere il quadro d’insieme, facendosi travolgere dalla quotidianità.

Avete una situazione di comunione ereditaria che va sciolta, anche perché non la riuscite a gestire e le incomprensioni, quando non i dispetti, sono all’ordine del giorno. Sarebbe bene che vi dedicaste prima possibile a questo che deve essere il primo vero scopo.

Per sciogliere una comunione i metodi sono sempre quelli, se fai una ricerca nei vecchi post ne abbiamo parlato dozzine di volte: trattative, mediazione, che peraltro è obbligatoria, causa di divisione.

Queste tre fasi sono da intendersi come rimedi da adottare progressivamente, uno dopo il fallimento del precedente, proprio perché ognuno è più oneroso e «importante» ed è preferibile sempre procedere con gradualismo nella trattazione di qualsiasi problema legale.

Ovviamente, per fare questo lavoro ti serve l’aiuto di un bravo avvocato, hai davvero pochissime speranze, considerato anche il clima non positivo, di poter riuscire a trovare un accordo da sola.

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Divisione di un’eredità: sto procedendo bene?

Nel 2013,mia madre è mancata , lasciando immobili per circa € 4.000.000,-2 ville,1 cascina colonica e 2 appartamenti inglobati in una società immobiliare.Siamo 4 eredi, le proprietà sono libere da gravami.Assistita da giovane ma esperto avvocato, pochi mesi, fa iniziai causa contro le mie 3 sorelle per chiedere divisione giudiziale di tutto il patrimonio,dopo aver rifiutato la loro assurda proposta di divisione bonaria e dopo aver io rifiutato mediazione obbligatoria del tribunale.Oltre alla causa giudiziale,ho avviato anche seconda causa per spoglio,contro le sorelle per ottenere le chiavi di tutte le mie co-proprietà,che mi sono negate da sempre,per ragioni futili ed emotive.Se non otterrò chiavi di tutte le mie co-proprietà intendo presentare esposto per appropriazione indebita di quote ereditarie.Sto procedendo bene?Che altro posso fare?E’ il mio caso di bullismo famigliare?Ho vissuto all’estero 10 anni,ho preso distanza dalla mia famiglia.E vorrebbero punirmi per questo.

Non esiste, ovviamente, una cosa come il «bullismo familiare», ma espressioni come questa rappresentano probabilmente solo gli effetti devastanti di media che blaterano in continuazione a vanvera, senza limitarsi a riportare le cronache del giorno come probabilmente dovrebbero.

Diciamo, piuttosto, che, per un motivo o per l’altro, non hai al momento buoni rapporti con le tue sorelle.

Per quanto riguarda la tattica seguita sinora, direi che le iniziative poste in essere siano quelle giuste, anche se chiaramente bisognerebbe vedere con qualità modalità più nel dettaglio per dare un giudizio.

In particolare, sarebbe stato interessante cercare di sfruttare la fase di mediazione che, specialmente in casi di divisione e, più in generale, problematiche familiari, offre nella mia esperienza molto spesso buoni risultati.

Anche perché è evidente che il tuo scopo in una situazione del genere deve rimanere quello di raggiungere un accordo e non certo quello di vincere tutte le cause, che sono funzionali ad una soluzione negoziale e non sostitutive alla stessa.

Questo, peraltro, è vero in questi tutti i problemi legali e situazioni relative, ma nel tuo caso è ancor più vero, a maggior ragione.

In conclusione, non saprei dirti molto di più, bisognerebbe esaminare la situazione più in dettaglio. Mi pare però che l’impostazione di base sia corretta, valuta tu se è il caso di acquisire il parere anche di un secondo avvocato.

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Piccola quota di immobile: come evitare più danno che utile?

Ho ereditato circa il 20% della casa del nonno come erede legittima in quanto mia madre è già morta. Le restanti quote sono 40% per il figlio che ha ereditato tramite testamento e 20% a testa per gli altri 2 figli. La casa risulta però suddivisa in 7 unità catastali differenti, che non corrispondono ad una divisione fisica. Dato che la casa è vecchia e necessiterà di manutenzione come si può fare per evitare di pagare le eventuali spese e le varie tasse sulla casa? Come proprietaria anche se di minoranza ho delle responsabilità anche se la casa è occupata totalmente dallo zio che ha il 40%? Ovviamente se lo zio volesse acquisire la mia quota la situazione sarebbe già risolta, ma nel caso sostenesse di non poterlo fare per ragioni economiche come si può procedere? Esiste il modo per sollevarmi da responsabilità e spese senza ricorrere alla vendita della casa? Anche rinunciando all’eredità una piccola quota sarebbe comunque già mia per effetto di eredità di nonna/mamma.

Hai ereditato per rappresentazione al posto di tua madre premorta.

Per uscire da questa situazione, hai alcune possibilità.

La prima, ovviamente, è cedere la tua quota, ma c’è il retratto successorio, inoltre, anzi soprattutto, si tratta di un «bene» assai poco appetibile sul mercato: che cosa se ne farebbe un acquirente del 20% di una casa in comunione?

L’altra possibilità è quella di fare la divisione. Di questo abbiamo parlato in molti altri post, ai quali rimando. La sostanza è che devi cercare in tutti i modi di ottenerla in via negoziale e solo come extrema ratio chiederla giudizialmente. Valuta magari anche, al riguardo, di provare soluzioni innovative come cumSolvere.

Per quanto riguarda le responsabilità, purtroppo, secondo alcuni orientamenti, i proprietari restano comunque responsabili in caso di danni a terzi, specialmente se dipendono da carenze di interventi di manutenzione spettanti alla proprietà, nonostante la detenzione in capo ad altri soggetti.

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Comunione ereditaria: come fare se qualcuno non vuole dividere?

Mio padre, mia sorella ed io siamo comproprietari per un terzo ciascuno di una casa lasciataci in eredità da nostra madre.
I rapporti tra mia sorella e me sono pessimi. Mio padre è ricoverato in una struttura per anziani ed è autosufficiente dal punto di vista economico. E’ assistito da un Amministratore di Sostegno, un avvocato, nominato dal giudice tuterale.
Mia sorella non vuole nemmeno sentir parlare di cedermi la sua parte di casa. Ho pensato dunque di far valutare la casa stessa, dividere in tre parti il valore così stimato e offrire a mia sorella e all’AdS (per conto di mio padre) la possibilità di scelta: acquisto o vendita. A fronte di una “non scelta”, farei ricorso al giudice. Io sono pronto ad acquistare entrambe le loro quote. E’ percorribile la cosa? Mia sorella può portare la questione per le lunghe?

L’ambito in cui ti stai muovendo in questo momento è quello della negoziazione. In questo contesto, è possibile e percorribile tutto, anzi la cosa da fare è proprio quella di cercare di essere più creativi possibile, nella individuazione delle soluzioni migliori, sia quanto a bontà oggettiva delle stesse sia quanto a possibilità di gradimento presso i soggetti coinvolti.

La cosa, purtroppo, è complicata dall’esistenza di un’amministratore di sostegno, che dovrà volta per volta farsi autorizzare dal giudice tutelare, ma non è detto, può anche darsi che sia meno peggio di un parente molto poco disponibile, anche se c’è più burocrazia.

Ovviamente la cosa può andare per le lunghe e non c’è nessuna garanzia, e nessuno strumento, in grado di poterti consentire di risolvere sicuramente il problema in breve tempo.

Puoi solo continuare a trattarlo con l’approccio negoziale, che secondo me rimane comunque il migliore, almeno allo stato, preferibile, restando inteso che, in mancanza di una soluzione, dovrai valutare di varare un giudizio di divisione giudiziale.

Fatti seguire da un avvocato molto bravo e con esperienza, competenza e doti naturali in materia di trattative e negoziazione.

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Per la divisione serve mediazione o negoziazione assistita?

vorrei sapere quale strada si deve percorrere in caso di lesione di legittima. Nel mio caso specifico, ho incaricato il mio legale di procedere contro mia sorella ( che ha ereditato tutto). Abbiamo avuto un incontro con i legali e sembrava che si potesse risolvere in via amichevole. Invece sono passati già 4 mesi e mia sorella non ha dato risposta alla mia proposta di divisione. Ora è diventata operativa la legge sulla negoziazione assistita ed io ho chiesto al mio avvocato di inviare una diffida con un termine di 30 giorni , dopo di che si dovrebbe andare in tribunale ( almeno così pensavo io ). Invece nei giorni scorsi l’avvocato mi ha detto che ha appurato che non si può fare la negoziazione assistita ma si deve andare alla mediazione obbligatoria ( con relativi costi aggiuntivi )

Credo che abbia ragione il tuo avvocato.

In caso di divisione, è espressamente previsto dalla legge il tentativo di mediazione obbligatoria, che in effetti in caso in cui l’asse comprenda anche uno o più immobili in special modo, rischia di diventare piuttosto costosetto.

In ipotesi di lesione di una legittima, l’operazione cui dovete pur dar corso, dopo l’eventuale accertamento della stessa, è in ogni caso la divisione dell’asse, eventualmente anche in via «retroattiva», per cui mi pare giusto e comunque prudenziale dar luogo alla fase di mediazione.

Non credo invece che in questa ipotesi si possa procedere con la negoziazione assistita, che sarebbe comunque al di fuori della portata della norma relativa, avendo la tua vertenza un valore superiore ai 50.000€.

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Retratto successorio: rimane su parti ancora comuni dopo la divisione?

Due fratelli ricevono in eredità alcuni immobili. Si contituisce quindi una comunione ereditaria, entrambi diventano comproprietari degli immobili. Successivamente i due fratelli procedono ad un atto di divisione ereditaria in accordo tra loro, si recano ad un notaio ed effettuano la divisione. L’atto di divisione (anno 2009) prevede però, per un solo immobile, che rimanga la comproprietà al 50%. Sull’atto di divisione si scrive: ““Precisano le parti che il m.n. 107 sub. 8 (tettoia) rimane in comproprietà tra loro in quota di ½ (un mezzo) per ciascuno.”.
Volendo adesso, uno dei due fratelli alienare la sua quota, si deve prevedere la possibilità che l’altro fratello eserciti il diritto di prelazione? Si può considerare una vendita di una quota di comproprietà come se non derivasse da eredità in quanto è stata fatta la divisione ereditaria?

Il retratto successorio è un istituto di antica tradizione valevole per le situazioni di comunione ereditaria, in base al quale quello dei coeredi che intende disfarsi della propria quota, uscendo dalla comunione, vendendola, ha l’onere di offrirla, alle stesse condizioni, agli altri coeredi.

Esso non si applica in caso di donazione né, ovviamente, per vendite ad altri coeredi.

Si tratta di un vero e proprio diritto di prelazione, che ha la evidente funzione di consentire, qualora vi sia l’interesse e la disponibilità dei familiari, di conservare un bene all’interno della stessa famiglia.

Il retratto è previsto è disciplinato, attualmente, dall’art. 732 cod. civ..

In un caso come questo, la risposta deve essere ricavata in via interpretativa, non potendoci essere chiare indicazioni di legge per un aspetto così di dettaglio.

Sotto questo profilo, a mio giudizio non credo si possa avere retratto per un cespite di questo genere e in una situazione come questa.

Chiaramente, occorrerebbe, per avere maggiori elementi, esaminare con cura il rogito divisionale intervenuto tra i fratelli e le ragioni, in particolare, che hanno condotto alla conservazione della comproprietà sulla tettoia, nonché, ulteriormente la conformazione dell’immobile e della tettoia in seno ad essa: abbiamo, ad esempio, un condominio minimo, di cui la tettoia costituisce parte comune per destinazione? Quest’ultimo, solo, aspetto potrebbe essere tranchant.

Insomma, il caso andrebbe approfondito molto di più, a naso direi che comunque in una situazione del genere, anche per come la si intuisce, difficilmente si possa parlare di applicabilità del retratto.

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Equitalia può prendere la casa che ho con mia madre e mio fratello?

Sono debitrice nei confronti di Equitalia di qualche decina di migliaia di euro , senza la possibilità di estinguere il debito. Dovrò ereditare da mio padre, insieme a mio fratello e a mia madre, un paio di immobili. In che maniera potrebbero essere svantaggiati i miei cari da questa mia pendenza? Possono essere pignorate le proprietà? Esiste una maniera per aggirare l’ostacolo? Sarebbe conveniente rinunciare all’eredità?

Nel momento in cui diventerai erede di tuo padre, il tuo patrimonio e quello di tuo padre, se accetterai puramente e semplicemente, si fonderanno, con la conseguenza che verrai a rispondere dei tuoi debiti anche con i tuoi beni, intendendosi per ricompresi in essi sia quelli che avevi prima dell’eredità sia quelli che hai acquistato per effetto della successione.

Il creditore potrà agire, a sua scelta, su quelli che erano tuoi beni personali anche prima della successione oppure su quelli che facevano parte dell’asse ereditario, dal momento che non c’è nessuna distinzione tra di loro. Su questi ultimi, potrà proporre l’esecuzione forzata nonostante la situazione di comunione con tuo fratello e tua madre: il bene, tipicamente un immobile, verrà venduto per intero all’asta e agli altri coeredi verrà distribuita una porzione del ricavato corrispondente alla loro quota.

In alternativa, puoi valutare di rinunciare all’eredità, nel qual caso tuttavia verranno chiamati i successibili di grado ulteriore al tuo, ad esempio se ce l’hai un figlio, in capo ai quali si potrebbe riprodurre la necessità di una apposita valutazione.

Ti consiglio senz’altro visti i valori in ballo di acquistare una consulenza da un avvocato.

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Comunione ereditaria: come scioglierla se un coerede vanta diritti?

Sono erede dalla parte di mia madre deceduta, la cui madre era intestataria di terreni e di una casa; uno zio, fratello di mia madre, erede anch’egli, rivendica il diritto di avere quest’immobile perché, dice, è stato costruito con i suoi denari,ma non era intestato a lui. Ora, benchésia in successione, quindi andrebbe diviso equamente tra tutti gli eredi, questo zio non cambia la sua posizione; quand’anche io, insieme con gli altri eredi, riconoscessi questo diritto, ma vorrei ricevere una parte del valore dell’immobile, se riconosco che appartenga a lui. Niente, invece lui è irremovibile. E’ strano che io voglia la giusta parte dell’immobile, come erede di un bene in successione, anche se questo bene, la casa, è stato realizzato con le spese dell’erede che lo pretende?

È una situazione di comunione ereditaria da sciogliere, che, come tale, è sempre complicata e va affrontata in modo intelligente e strategico, complicata rispetto a quanto avviene di solito da questa rivendicazione aggiuntiva di uno dei coeredi che, in teoria, avrebbe investito in uno dei cespiti.

La prima cosa da chiarire è che tuo zio non ha al momento nessun diritto in più rispetto a quanto previsto dalle norme sulla divisione delle eredità, lui ha solo, al massimo, degli elementi per comprovare un suo diritto di credito nei confronti dell’asse che però, finché non sarà stato accertato da un giudice o riconosciuto con un atto di autonomia privata, è come se fosse inesistente.

Quindi, in teoria, tu potresti chiedere la divisione, anche giudiziale, dell’eredità ignorando completamente le pretese di tuo zio e il giudice che se ne occuperebbe, seguo zio non riuscisse a dimostrare nulla del suo credito, ugualmente le ignorerebbe.

Però la divisione giudiziale è sempre un bagno di sangue, per cui ti consiglio di continuare a negoziare per vedere se c’è modo di trovare, nonostante tutto, un accordo per la divisione.

Se le trattative arrivano ad uno stallo, incarica un avvocato e promuovi un tentativo di mediazione civile presso un organismo accreditato, questo offre sempre molte più chances di raggiungere un accordo.

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Comunione ereditaria: come si può uscirne?

Ho degli immobili con mia sorella e vorrei fare lo scioglimento dei beni pero lei si oppone in quanto non vuole vendere perché dice che ha un bambino e non posso buttarla fuori l va dopo aver tentato la mediazione per via bonaria mi ha detto che l’unica strada e la divisione giudiziale vorrei sapere gentilmente se ci sono soluzioni.

Il bambino, innanzitutto, non c’entra nulla e non può costituire un ostacolo all’applicazione delle norme di legge, che consentono a tutti di ottenere lo scioglimento della comunione, una situazione che la legge guarda sempre con sfavore.

Se non vuoi vendere la tua quota, oppure, sia pur volendo, non trovi nessuno disposto ad acquistarla, devi insistere sulla strada della divisione.

I passi da compiere, per gradi successivi, cui corrispondono anche impegni, anche di spesa, sempre maggiori, sono i seguenti.

1) Invio di diffida tramite avvocato. Sulla diffida ti rimando alla lettura della scheda relativa. Dopo la stessa, di solito si innesta una trattativa che può o meno condurre ad un accordo.

2) Invito alla mediazione presso un organismo. Anche questa è una fase stragiudiziale ma più «importante» rispetto alla diffida e che a volte dà buoni risultati, proprio per l’intervento di un mediatore terzo rispetto agli avvocati delle parti.

3) Causa di divisione giudiziale. Da fare solo se falliscono i due tentativi precedenti. È un bagno di sangue, per tanti motivi, ma se non riesci a risolvere il problema con un accordo stragiudiziale è bene che la cominci perché prima affronti la cosa e sicuramente meglio è.

In tutti i casi chiedi chiaramente un preventivo al tuo avvocato.