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Offese su playstation network: come procedere?

venerdì sera mi è stato rivolto un messaggio su playstation network da un utente tedesco, il contenuto offende la mia persona e pesantemente la mia famiglia. Ho segnalato il contenuto a sony che non ha preso alcun provvedimento, se non quello di bagnare il mio di profilo. Vorrei capire se posso fare qualcosa, vorrei querelare questo utente e chiedere i danni. Sono in possesso delle immagini che documentano quanto ricevuto

Una querela o un’altra iniziativa legale, anche in ambito civile, si può sicuramente valutare, ovviamente prima di procedere bisogna – ti stupirà molto, ma è così – esaminare accuratamente il testo del messaggio in questione per vedere quali sono i profili di illecito ravvisabili in esso.

«Bagnare il mio profilo» non so cosa significhi, forse hai commesso un errore di digitazione?

Il problema, comunque, in questi casi, è sempre la individuazione del responsabile, che è indispensabile per poter procedere efficacemente. Da quello che scrivi non si capisce se ci sono già abbastanza elementi adesso per poterlo verificare o se, invece, speri che siano le autorità a farlo una volta adottata un’iniziativa nei confronti del responsabile.

Ci sono, insomma, diversi aspetti da chiarire.

Ti consiglierei di acquistare una consulenza in cui approfondire insieme la situazione e vedere se e come può valer la pena procedere.

Se vuoi procedere chiama lo studio al numero 059 761926 e prenota il tuo primo appuntamento, concordando giorno ed ora con la mia assistente.

Puoi anche acquistare on line direttamente da https://blog.solignani.it/assistenza-legale/consulenza/“>qui: in questo secondo caso, sarà lei a chiamarti per concordare giorno ed ora della nostra prima riunione sul tuo caso. Aprendo questo link, senza obbligo di acquisto, puoi anche visualizzare il costo.

Naturalmente, se vivi e lavori lontano dalla sede dello studio – che è a Vignola, provincia di Modena, in Emilia, questo primo appuntamento potrà avvenire tramite uno dei sistemi di videoconferenza disponibili, o anche tramite telefono, se lo preferisci. Per inviarmi i documenti, potrai usare questa semplice https://blog.solignani.it/info/strumenti-di-comunicazione/invio-files-e-documenti/“>guida.

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Visto per USA e precedente per spaccio: va dichiarato?

A breve dovrò partire per l’america, ma quando avevo 17 anni sono stata arrestata per spaccio di marijuana. La pena fu sospesa per messa alla prova che terminò positivamente. Adesso ho 22 anni e mi chiedo se alla domanda sull’ESTA in merito agli arresti per sostanze dovrei rispondere affermativamente, e se questo possa pregiudicare il mio ingresso in America. Non so veramente a chi rivolgermi per avere delle informazioni, spero che possiate aiutarmi.

[la risposta è nel podcast]

Note dell’episodio:
– leggere anche questo post;
– la riforma di cui parlo nell’episodio é il D.Lgs. 2 ottobre 2018, n. 122.

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Diffida per ingiuria: come si procede?

sono stato presumibilmente vittima di INGIURIA ad opera del mio ex-superiore gerarchico nell’azienda in cui ho lavorato fino a Novembre 2018.
Vorrei per cortesia un preventivo per la lettura e valutazione di email in mio possesso per un riscontro sull’opportunità di procedere davanti a un giudice di pace per la richiesta di risarcimento del danno.

Il costo è sempre quello per la consulenza di base, che comprende anche la diffida e cioè la lettera di richiesta danni, di natura stragiudiziale, rivolta all’autore dell’illecito.

Trovi tutto a questa pagina.

Una prima valutazione dell’opportunità di fare una causa civile al giudice di pace per il risarcimento del danno – l’ingiuria come sai è stata depenalizzata, e anche prima comunque era preferibile agire in sede civile – si può fare immediatamente, al momento del confezionamento della lettera, ma poi andrà rifatta o meglio integrata in base al riscontro che si otterrà o meno con la lettera.

Se vuoi procedere, dunque, intanto con una prima analisi di fattibilità e con la lettera, procedi con l’acquisto dalla pagina in questione.

Ti raccomando con l’occasione di iscriverti e restare iscritto al blog, in modo da non perdere importanti articoli in grado di farti evitare problemi e fregature nella vita di tutti i giorni.

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Messa alla prova conclusa positivamente e casellario giudiziale.

un ragazzo ventenne (incensurato) a causa di coltivazione con tre amici di alcune piantine di marijuana per uso proprio, è stato rinviato a giudizio. Nell’udienza preliminare il GIP ha disposto la sospensione del procedimento con messa alla prova per un anno da parte dei quattro ragazzi. Conclusasi positivamente tale prova, il GUP, con apposita sentenza, ha dichiarato l’estinzione del reato ex art. 464 septies C.P.P. Ciò posto, e considerato tutto quanto ha formato sul blog oggetto di discussione in merito alle iscrizioni visibili sul certificato penale del casellario giudiziale e sulla visura richiesta dagli stessi interessati, desidererei conoscere come mai, nel caso di specie, anche su quest’ultima risulta la identica iscrizione del certificato penale e non risulta, invece, l’iscrizione “NULLA”,come mi è sembrato capire dovrebbe essere, atteso che non c’è stata condanna alcuna

La condanna non c’è stata, ma il reato sì, anche se poi si è estinto.

L’estinzione non determina la cancellazione «storica» del reato.

Anche chi ha ottenuto la dichiarazione di estinzione del reato a seguito di sentenza, come ad esempio la sentenza di patteggiamento, conserva il precedente, nonostante l’intervenuta estinzione.

Nel caso della messa alla prova, peraltro, il codice prevede che la stessa ordinanza di ammissione della messa alla prova venga iscritta nel casellario. Questa disposizione, tra l’altro, è stata mandata nel 2017 alla corte costituzionale per il vaglio di costituzionalità sulla base di una serie di considerazioni, mi pare dal tribunale di Firenze. Ad ogni modo, fino ad eventuale dichiarazione di incostituzionalità, la ordinanza continuerà ad essere iscritta – cosa che serve nel caso in cui la stessa persona richieda la messa alla prova in un altro diverso procedimento in cui è coinvolta.

Analogamente, la permanenza dell’iscrizione serve anche per valutare la eventuale nuova richiesta di messa alla prova, da parte della stessa persona, che avvenga dopo che la messa alla prova, nel primo procedimento, è stata completata positivamente e si è conclusa con la sentenza di non luogo a procedere per intervenuta estinzione del reato.

L’estinzione del reato elimina gli effetti penali, e spesso nemmeno tutti, dello stesso, ma non cancella il precedente.

Per la cancellazione del precedente, l’unica ipotesi è quella dell’abrogatio criminis e cioè della depenalizzazione del fatto come reato, come è avvenuto ad esempio per coloro che avevano un precedente per ingiuria, che al momento è solo un illecito amministrativo.

Non credo che possa valere la pena approfondire ulteriormente, ma se vuoi farlo puoi valutare l’acquisto di una consulenza.

Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.

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Estinzione del reato: cancella il precedente?

sia nel 2011 che nel 2013 mi sono macchiato e sono stato tempestivamente condannato per guida in stato di ebbrezza (art.186), senza recidiva essendo trascorsi due anni, da due tribunali differenti.
La prima volta sono stato condannato con decreto penale, quindi ho avuto il beneficio della non menzione e della sospensione, la seconda volta sono stato rinviato a giudizio (patteggiamento rifiutato), ma in udienza ed in sentenza mi sono stati di nuovo dati non menzione e sospensione condizionale.
Prima ero incensurato ed in seguito non ho mai più commesso nulla.
Ora avrei piacere di chiedere l’estinzione anche ai fini della cancellazione dal database del Ministero dell’Interno (ogni volta che vengo fermato auto la cosa mi viene fatta pesare).
Domanda: si deve richiedere due volte l’estinzione del reato (una volta presso il primo tribunale, una volta presso il secondo) od è sufficiente chiedere l’estinzione solo della seconda condanna?

L’estinzione la devi richiedere per ogni reato, facendo due pratiche separate e distinte.

Non è, in altri termini, una specie di «condono generale» che si può chiedere, appunto in via generale, ma una cosa che riguarda il singolo reato commesso, tanto che puoi anche, ad esempio, chiederla per uno ma non per l’altro.

Se il tuo scopo, comunque, è ottenere che il precedente penale non risulti più nello storico, purtroppo la pratica di estinzione del reato non ti sarebbe sfortunatamente utile, perché il precedente rimarrebbe.

In altri termini, se ti fermano i Carabinieri, la Polizia o altre Autorità continuano a vedere le due condanne che hai riportato, l’unica differenza è che, accanto alle stesse, sarà annotata l’avvenuta estinzione del reato.

La estinzione del reato non ne determina la cancellazione.

L’unica ipotesi che determina la cancellazione, come abbiamo detto ormai dozzine di volte, a parte qualche soluzione alternativa che però nel tuo caso non è più praticabile, è la abolitio criminis, cioè quando una nuova legge determina che un fatto, per il quale sei stato condannato, non è più previsto come reato, come è avvenuto ad esempio con l’ingiuria che è stata depenalizzata.

Se vuoi un preventivo, comunque, per le due pratiche di estinzione, puoi chiederlo compilando il modulo apposito.

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Ma se mio nonno avesse avuto le ruote, sarebbe stato una carriola?

Gravi offese tramite un ampio gruppo whatsapp di cui fa parte la persona offesa, e precisamente in un momento in cui la persona offesa è online, configurano ingiuria o diffamazione? Mi risulta che la diffamazione richieda l’assenza della persona offesa, quindi il caso descritto la escluderebbe in quanto in qualche modo è presente la persona offesa, anche se non fisicamente: ma poichè la Cassazione ha stabilito che una e.mail inviata anche alla persona offesa (oltre ad almeno altri due destinatari) configuri diffamazione. mi chiedo se il caso di un gruppo whatsapp possa essere analogo, considerato che fisicamente la persona offesa non è presente. Spero di avere spiegato bene il quesito

Sono vent’anni che predico che agli avvocati non ci si dovrebbe mai rivolgere in questo modo, ma limitandosi ad esporre i fatti e lasciando che siano i legali stessi a valutare che cosa se ne dovrebbe dedurre a livello giuridico, anche e soprattutto in un’ottica di trattazione del problema.

Il modo migliore per esporre una tematica del genere sarebbe stato, ad esempio: «Hanno scritto che sono una stronza in un gruppo whatsapp di cui faccio parte. Come posso tutelarmi, cosa posso fare?». Questo è un problema, le tue sono elucubrazioni pressoché inutili al fine di capire come puoi muoverti per trattare il problema, che comunque non è chiaramente comprensibile.

Io non credo che le persone entrino, ad esempio, nello studio di un medico chiedendo «Ma se viene avvertito dolore a livello della x vertebra può essere il colon oppure il fegato ovvero ancora indice di un fenomeno virale?», ma penso che, piuttosto, si limitino a dire «Mi fa male qui»…

Anche tu devi fare come loro, limitati a dire dove ti fa male, sarà poi il tuo avvocato a fare le considerazioni più opportune.

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Per un «mi piace» su facebook si può essere condannati?

Il like su social network (facebook, Linkedin, Twitter ecc ecc) è utilizzabile come prova per una denuncia per diffamazione?
In parole povere, posso essere denunciato semplicemente apponendo un like ad un contenuto ritenuto diffamatorio?
Io lavoro nel web e passo moltissime ore al giorno comunicando con gli altri attraverso la rete, spesso mi è capitato di vedere like messi a pagine che nemmeno conoscevo, evidentemente per errore. Onestamente inizio ad avere il terrore di incappare in problemi nel caso in cui commettessi qualche reato.
Insomma il sunto è questo: posso essere denunciato per un like?

È un problema molto interessante, che peraltro presenta molteplici aspetti, due dei quali affronteremo in questo post.

Innanzitutto, pensiamo all’ipotesi del semplice «mi piace» o «like» messo ad un post di un social network, così come alla «condivisione», ai commenti di adesione, endorsement e così via.

Bisogna partire dal punto che, tendenzialmente, un mi piace o una condivisione, se non accompagnata, in questo secondo caso, da una nota di commento in senso contrario, può rappresentare una adesione, tanto quanto quella che si sarebbe espressa con un linguaggio verbale di chi dicesse ad esempio «concordo».

È pur vero che a volte si può mettere «mi piace» ad un testo non perché lo si condivide ma perché è talmente assurdo che suscita ilarità, purtroppo tuttavia i limiti di questo mezzo di espressione non consentono di distinguere sfumature di questo genere e il rischio che un atto di questo tipo appaia come condivisione in senso sostanziale è concreto, per non dire del fatto che comunque può accrescere il risentimento e di conseguenza anche il danno subito dalla persona offesa.

In Svizzera è già accaduto ad esempio che un uomo venisse condannato per un semplice «mi piace», come riportato ad esempio anche qui.

È appena il caso di specificare che la condivisione, nel momento in cui il testo condiviso contiene espressioni ingiuriose o diffamatorie o rappresenta il mezzo per l’avvenuta commissione di altri reati, è ancora più grave del mi piace, può determinare (come nel caso della diffamazione) un aggravamento del danno subito dalla persona offesa, dal momento che del testo in questione vengono a conoscenza ancora più persone, o la reiterazione stessa del reato o il concorso nel medesimo.

Ciò detto, un secondo aspetto, ancora più inquietante, è legato allo stesso modo di funzionamento dei social network.

Prendiamo, per esempio, facebook. Se io scrivo un post dove metto «Voglio rendere omaggio a Tizio, perché è una brava persona», i miei «amici» possono mettere «mi piace». Dopo che 40 persone hanno messo il loro mi piace, io vado ad editare (modificare) il post e ci scrivo tutto al contrario «Desidero che tutti voi sappiate che Tizio è un ladro e un truffatore».

Gli utenti che hanno messo «mi piace» non ricevono alcuna notifica del nuovo testo. Il punto è che la possibilità di editare un post è stata prevista, più che altro, per rimediare ad errori di battitura. Finché facebook dunque non interverrà prevedendo almeno che in caso di modifiche contenutistiche venga «notificato» a tutti quelli che si sono «connessi» a quel post con commenti o semplici «Mi piace», ognuno di quegli utenti sarà potenzialmente a rischio.

Concludo dicendo che in generale bisogna essere molto prudenti sui social network, le vertenze e i problemi legali fioccano, quindi è proprio il caso di dire che bisogna fare rete responsabilmente, anche perché tutto rimane per iscritto e ciò «inchioda» tutti ai propri comportamenti.

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Abolitio criminis e precedenti penali: come funziona?

anni fa sono stato condannato per ingiurie ad una consigliere regionale che poi è stata inquisita come ladra… ma tant’è! ora il reato di ingiuria è stato depenalizzato lo posso cancellare comunque?, e comunque rimane sempre visibile alle autorità giudiziarie come giudici, cc, polizia, ecc., anche se non è più reato penale?

Si tratta di un caso di abolitio criminis,che rappresenta appunto l’unica ipotesi in cui un precedente penale viene cancellato e che si ha in effetti nei casi in cui un determinato fatto, precedentemente previsto dalla legge come reato, smette, per effetto di uno specifico intervento legislativo, di essere considerato un illecito penale e viene o completamente legittimizzato o perseguito sempre come illecito, ma di un altro tipo.

Quest’ultimo è il caso dell’ingiuria, che non è diventata legittima, ma che viene perseguita come illecito amministrativo.

A mio giudizio, non dovresti aver bisogno di cancellare nulla.

Non so se rimarrà visibile in qualche modo come «storico» o come «residuo» nei sistemi informatici per le Autorità, a mio modo di vedere non dovrebbe esserlo, puoi provare a fare una verifica e poi se del caso tentare con una istanza all’ufficio del casellario per avere la cancellazione.

In ogni caso, sempre a mio giudizio, nel caso in cui fosse necessario dichiarare la presenza o l’assenza di precedenti penali, potresti dichiarare di non averne.

Ovviamente, verifica che la condanna fosse proprio per ingiuria e che non fossero altri reati o non ci fossero anche altri reati.

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Precedenti penali: vengono cancellati con la riabilitazione?

successivamente ad una condanna penale risalente al 2000- concorso in un atto vandalico ai danni dello specchietto di un veicolo- vorrei ad oggi richiedere la riabilitazione. Mi chiedevo come si dovesse procedere. Ma cosa più importante sarebbe sapere se una volta ottenuta sarà comunque necessario menzionarla nelle domande dei concorsi pubblici. Quello per cui, di recente, ho compilato domanda prevede la seguente dicitura: eventuali condanne penali riportate (anche se sia stata concessa amnistia, condono,indulto o perdono giudiziario) . In questo elenco, per esempio, non compare la riabilitazione e neppure mi sembra che ciascuna delle concessioni sia equivalente alla riabilitazione. Potreste aiutarmi a capire?

Sulla riabilitazione, rimando all’attenta lettura della apposita scheda.

In questa sede, mi limito a precisare e ribadire, ancora una volta, che la riabilitazione non cancella il precedente penale che quindi rimane e va sempre dichiarato.

La riabilitazione elimina solamente gli effetti penali della condanna e, comunque, getta una luce migliore sulla situazione dei precedenti di un individuo, perché si può ottenere solo appunto a determinate condizioni, ma non li elimina.

L’unica ipotesi in cui viene eliminato un precedente penale, che quindi poi può non essere dichiarato, è quello dell’abolitio criminis, che si ha quando cambia la legge e un fatto considerato prima come reato viene depenalizzato.

Se ad esempio tu fossi stato condannato in passato solo per ingiuria, ora, a seguito di avvenuta depenalizzazione della stessa, potresti dichiarare tranquillamente di non aver precedenti penali.

In tutti gli altri casi, il precedente va dichiarato, specificando eventualmente che è intervenuta riabilitazione.

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L’ingiuria non è più reato, ma resta illecita: tutte le novità.

L’abrogazione della fattispecie penale.

Il D.lgs 15 gennaio 2016, n. 7 – entrato in vigore in data 6 febbraio 2016 –  ha sancito l’abrogazione della fattispecie penale di cui all’ art. 594 c.p., degradando il reato di ingiuria a mero illecito civile. Pertanto, oggi, colui che offende l’onore e il decoro di una persona presente (ovvero mediante comunicazione telegrafica, telefonica, telematica o con scritti, disegni, diretti alla persona offesa) non avrà conseguenze penali, ma potrà essere condannato, al termine di un procedimento civile, al risarcimento del danno a favore della vittima ed al pagamento di una sanzione pecuniaria devoluta alla Cassa delle Ammende.

La sanzione pecuniaria.

La sanzione pecuniaria viene applicata d’ufficio dal giudice nel caso in cui, al termine di un procedimento svoltosi nelle forme ordinarie stabilite dal codice di procedura civile, venga accolta la domanda di risarcimento proposta dalla vittima.

L’importo della sanzione pecuniaria varia da un minimo di euro 100 ad un massimo di 8.000, sulla base dei seguenti criteri:

  1. gravità della violazione;
  2. reiterazione dell’illecito;
  3. arricchimento del soggetto responsabile;
  4. opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze dell’illecito;
  5. personalità dell’agente:
  6. condizioni economiche dell’agente;

Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato oppure è commessa in presenza di più persone la sanzione va da euro 200 fino a 12.000.

Nel caso in cui venga dimostrata la reciprocità delle offese, il giudice può non applicare la sanzione pecuniaria nei confronti di uno o di entrambi gli offensori, inoltre non può essere sanzionato il trasgressore che agisce nello stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui appena accaduto.

La sanzione pecuniaria non può essere applicata, infine, quando l’atto introduttivo del giudizio è stato notificato nelle forme previste dal codice per le persone irreperibili, ad eccezione del caso in cui la controparte si sia costituita in giudizio o risulti con certezza che abbia avuto comunque conoscenza del processo.

Quando più persone concorrono nell’ illecito, ciascuna di esse soggiace alla sanzione per esso stabilita.

In relazione alle modalità di pagamento, il giudice può disporre che esso avvenga mediante rate mensili (da due a otto), ciascuna non inferiore ad euro cinquanta. Decorso inutilmente il termine fissato per il pagamento anche di una sola rata, l’ammontare residuo della  sanzione  è  dovuto  in un’unica soluzione. Il condannato può estinguere la sanzione civile pecuniaria in ogni momento, mediante un unico pagamento. La sanzione pecuniaria civile non ammette alcuna forma di copertura assicurativa  e  non  si trasmette agli eredi (a differenza dell’obbligazione relativa al pagamento del risarcimento del danno).

La reiterazione dell’illecito.

Ai sensi dell’art. 6 del provvedimento citato, si ha reiterazione nel  caso  in  cui  l’illecito  sottoposto  a sanzione pecuniaria civile sia  compiuto  entro  quattro  anni  dalla commissione, da parte dello stesso soggetto, di  un’altra  violazione sottoposta a sanzione pecuniaria civile, che sia della stessa  indole e che sia stata accertata con provvedimento esecutivo. Si considerano della stessa indole le violazioni della medesima disposizione e  quelle  di  disposizioni diverse che, per la natura dei fatti che le costituiscono o per le modalità della condotta, presentano una  sostanziale  omogeneità  o caratteri fondamentali comuni.

Portata retroattiva.

Il D.lgs 15 gennaio 2016, n. 7, in virtù del principio del favor rei, estende l’applicazione delle disposizioni relative alle sanzioni pecuniarie anche ai fatti commessi anteriormente alla data di entrata in vigore dello stesso, salvo che il procedimento penale sia stato definito con sentenza o con decreto divenuti irrevocabili. Se, invece, il procedimento penale per il reato di ingiuria è stato definito, prima della sua entrata in vigore, con sentenza di condanna o decreto irrevocabili, spetta al giudice dell’esecuzione revocare la sentenza o il decreto, dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato e adottare i provvedimenti conseguenti.

Osservazioni conclusive.

Da un lato, dunque, la vittima di un ingiuria non dovrà più presentare denuncia, ma conferire mandato ad un avvocato affinché instauri un’ ordinaria causa civile; dall’ altro il colpevole non si sporcherà più la fedina penale. Queste sono le conseguenze dell’entrata in vigore del decreto legislativo in commento che, insieme all’ingiuria, ha depenalizzato ulteriori reati con lo scopo di deflazionare il sistema penale sostanziale e processuale.