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riflessioni

20 cose su quanto costa un avvocato.

1) In materia di compensi degli avvocati, chi non è dell’ambiente si avvicina quasi sempre ad un legale terrorizzato da risalenti e diffuse storie dell’orrore, in cui si narra come il tal dei tali, ad esempio, abbia dovuto pagare 5.000€ per una sola telefonata ad un avvocato.

2) Molte persone, che pur ne avrebbero bisogno, rinunciano addirittura a rivolgersi ad un avvocato per paura di essere dissanguate.

3) In realtà, se é vero che i servizi legali non costano poco, é anche vero che quelle storie sono vere e proprie esagerazioni, ma
soprattutto che esiste una soluzione molto semplice: acquistare sempre un servizio legale sulla base di un preventivo chiaro e magari per iscritto.

4) A Modena si dice «sta meglio un topo in bocca a un gatto che un cliente in mano ad un avvocato» – ma per fortuna non deve per forza essere sempre così ?.

5) Ogni avvocato deve dare la massima chiarezza possibile sui costi dei propri servizi al cliente: questo serve sia al cliente che all’avvocato stesso, che, se riesce a essere preciso sui costi, scopre presto di «vendere» e convertire molto di più.

6) La chiarezza, dunque, é un vantaggio sia per i clienti, che possono acquistare con tranquillità i servizi di cui hanno bisogno, sia per gli avvocati, che così trovano molte più occasioni di lavoro.

7) Una politica tariffaria professionale basata sulla chiarezza é una grande strategia di leadgeneration e marketing, come insegno agli avvocati che seguo nel mio coaching.

8) Il cliente ha diritto ad avere un preventivo scritto; in questo preventivo l’avvocato deve indicare anche, sia per obbligo di legge che deontologico, la compagnia di assicurazione che copre i suoi eventuali errori nei confronti del cliente.

9) Quasi nessun avvocato adempie all’obbligo di indicare la compagnia assicurativa nei preventivi, pur previsto da due ordini di norme, e questo è male e denota per l’ennesima volta la tradizionale sciatteria marketing-wise della categoria: offrire una garanzia serve sempre a vendere di più!.

10) I clienti ritengono che gli avvocati siano sgradevoli e
insopportabili, gli avvocati pensano la stessa cosa dei clienti ed entrambe le cose sono verissime nella maggior parte delle situazioni, tuttavia nessun rapporto, nemmeno quelli professionali, può mai basarsi sul puro antagonismo e sull’antipatia: occorre lavorare sulle cose che uniscono – i clienti devono riconoscere il valore degli avvocati e viceversa.

11) Ci sono dei temi, come la chiarezza sui costi, che sono di convenienza comune: questo è fondamentale da capire prima di tutto per gli avvocati.

12) I preventivi redatti sulla base dei parametri forensi previsti dalla legge da questo punto di vista non funzionano, perché non danno chiarezza sufficiente al cliente, che non è neanche in grado di «leggerli» adeguatamente e finisce così per non fidarsi del proprio avvocato a riguardo e ad avere sensazioni negative che certo non lo inducono a confermare.

13) Per questi motivi, non ho mai usato i parametri forensi – che rappresentano davvero il nulla, non li usano nemmeno i giudici quando fanno le loro liquidazioni – ma preferisco usare la tariffazione oraria o flat.

14) La tariffazione oraria è autoesplicativa, quella flat é un modo di tariffazione a forfait e può, ulteriormente, essere di due tipi a seconda della situazione: a corpo per l’intero lavoro o su base annuale.

15) É a corpo quando il lavoro è già determinato, ad esempio una separazione consensuale, mentre é su base annuale quando la durata é molto più incerta, ad esempio una separazione giudiziale che può durare anni.

16) Esiste anche un altro metodo tariffario che é il compenso a percentuale o parametrato al risultato, di cui parlerò meglio in un altro post.

17) In ogni caso, con questi sistemi, finalmente il cliente può sapere in anticipo che cosa va a spendere, non in modo assolutamente preciso, perché ad esempio non sai quanti anni dura una causa, ma certamente nella misura massima possibile, potendo sapere ad esempio che più di tanto all’anno non spende.

18) Se vuoi approfondire il funzionamento dei miei preventivi di tipo flat, c’è una puntata di radio solignani podcast dedicata
all’argomento che ti invito ad ascoltare, iscrivendoti ovviamente anche al podcast per ricevere automaticamente tutti i nuovi episodi.

19) I preventivi sono gratuiti, ma i preventivi si possono fare solo quando il cliente sa già il lavoro che ha bisogno di fare: se, invece, il cliente non lo sa e l’avvocato deve aiutarlo a capirlo, allora il cliente deve prima acquistare una consulenza, cioè tempo e attenzione dell’avvocato sulla sua situazione – questo è un aspetto che molti clienti non colgono, o vorrebbero non cogliere, ma é molto importante e non accantonabile. .

20) Accanto ai preventivi, ci sono una serie di servizi legali che possono essere «pacchettizzati» una volta per tutte così se il cliente sa già cosa gli serve può acquistarla direttamente senza nemmeno bisogno di chiedere prima un preventivo – nel mio sito c’è una sezione «shop» in cui ho pacchettizzato decine di servizi legali, e che incremento man mano, che appunto possono essere acquistati
direttamente.

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diritto

Quando il compenso richiesto sembra troppo.

nel 2005/06 mi sono rivolto a uno studio infortunistico per un ricorso al giudice di Pace, nel 2008 è arrivato l’assegno di 6600 € e tra avvocato, studio infortunistico e dottore mi sono stati presi 5000€ di spese e senza darmi copia del contratto e in più dandomi una fattura intestata all’avvocato invece che a me.
Mi sembra una spesa un po’ eccessiva, lei che ne dice?

È un tema di cui abbiamo parlato tante volte: per controllare la correttezza del compenso richiesto da un avvocato, o da un’azienda, bisogna vedere in concreto il lavoro che è stato fatto in relazione al caso in cui è stato prodigato.

Per fare questo controllo, peraltro, bisogna fare un altro piccolo investimento, perché anche questo è un lavoro che richiede alcune ore, essendo necessario ricostruire quello che è stato fatto di solito in alcuni anni, tant’è vero che il nostro studio ha un prodotto apposito per questo tipo di situazioni, che puoi vedere in questa scheda.

Ovviamente, puoi spendere altri soldi solo per veder confermata la correttezza del «conto» che ti è già stato presentato, naturalmente anche in questo caso potrebbe valerne la pena perché anche la serenità di sapere di non essere vittima di un’ingiustizia potrebbe giustificare la spesa.

Valuta tu cosa può essere più opportuno fare.

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diritto

Avvocato chiede i soldi due volte: possibile?

Per una causa di lavoro, l’avvocato che mi assiste ha presentato un ricorso per decreto ingiuntivo facendosi pagare a priori una fattura che riporta come oggetto “procedimento monitorio” e come voce principale “spese, diritti e onorari assistenza professionale”, Nessuna voce che accenni ad acconto e/o anticipo per qualsivoglia causale.?
Il giudice del lavoro ha successivamente ingiunto la controparte a risarcirmi dei crediti vantati ai quali sommare anche le spese per i compensi legali, che sono in linea con quanto già pagato anticipatamente all’avvocato.?
Tuttavia l’avvocato adesso vanta per suo diritto anche questi compensi legali ingiunti dal giudice, oltre a quelli già riscossi in anticipo.
E’ giusto che paghi due volte per un ricorso per decreto ingiuntivo. e soprattutto come posso difendermi dalla sua insistenza?

Il tema non può essere lo «stalking», almeno a mio giudizio, ma vedere la quantificazione del compenso che ti richiede il legale, se corretta o meno.

Se non avete concordato una tariffa in deroga, cosa per la quale sarebbe stato necessario un contratto scritto (no, la fattura non è un contratto scritto), si applicano i parametri previsti dalla legge.

Te lo ripeto: si applicano comunque i parametri previsti dalla legge per la quantificazione. Non ha nessuna rilevanza quello che hai pagato prima e quello che ha liquidato il giudice in sede monitoriamo che rappresenta solo la parte che il giudice ritiene equo, di tutto quello che puoi aver speso tu, porre a carico del debitore.

Quindi, bisognerebbe, per sapere qual è, almeno approssimativamente l’importo dovuto al tuo legale, calcolarlo sulla base dei parametri, cosa per fare la quale è necessario esaminare in concreto il lavoro svolto dal tuo avvocato.

Questo è un altro lavoro che deve, necessariamente, essere fatto da un altro avvocato. Il mio studio ha un prodotto apposito per questo tipo di situazioni, che trovi descritto in questa scheda.

Come vedrai, anche per compiere questo controllo devi spendere dei soldi, perché è necessario un approfondimento di qualche ora – almeno di solito, magari nel tuo caso si farebbe anche un po’ prima, ma non di molto comunque.

Per cui, può benissimo darsi che non valga la pena spendere questi altri soldi per un controllo che, magari, conduce alla conclusione per cui il compenso richiesto dal tuo legale è semplicemente corretto.

Specialmente se non parliamo di grandi somme ti conviene piuttosto cercare un accordo magari con un piccolo sconto.

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Prendo i soldi tra 6 anni: l’avvocato lo pago subito?

ho ottenuto un credito che però mi pagheranno fra sei anni. il compenso dell’avvocato comprendeva una parte fissa e una parte variabile legata a una percentuale del credito ottenuto. la mia domanda è: può il legale chiedermi il compenso della parte variabile prima che io venga materialmente pagato? O deve aspettare l’esecuzione del pagamento.

È impossibile rispondere ad una domanda del genere senza vedere il contratto che hai stipulato con il tuo avvocato in materia di compensi.

Si possono, dunque, solo fare alcune osservazioni di carattere generale.

Innanzitutto, per un compenso di questo genere è comunque necessario un contratto scritto, altrimenti si applicano i parametri forensi, cioè i criteri di tariffazione valevoli «di default» quando non è stato pattuito un sistema diverso. Ogni pattuizione sui compensi che deroga dal regime dei parametri può avvenire solo per iscritto, se fatta in altra forma non è valida.

Per quanto riguarda la questione specifica, non esiste una regola a riguardo, né nel codice civile, né nella legge professionale, né nel codice deontologico, che sono testi normativi molto più generici, specialmente con riguardo al compenso determinato in ragione percentuale, che rappresenta una novità di pochi anni fa per il nostro Paese.

In assenza di regole sul punto, ovviamente sarebbe bene che il contratto avesse previsto questo aspetto, ma è evidente che un esito del genere magari poteva non essere prevedibile, dal momento che solitamente le vertenze si concludono al loro termine, anche quando terminano transitivamente, oppure è previsto un piano di pagamento ma su un termine più breve.

Difficilmente, immagino, che il contratto possa prevedere qualcosa di specifico, ma va comunque letto e interpretato con attenzione, perché ci possono essere clausole che, pur non riguardando questo tema specifico, sono rilevanti rispetto ad esso, appunto sotto un profilo ermeneutico.

Probabilmente non resta che ragionare in base ai principi generali.

Il compenso a percentuale non è, concettualmente, un patto di quota lite.

Questo significa che il risultato ottenuto dal cliente rileva solo come parametro per la determinazione del compenso dell’avvocato, ma non concreta, né integra, né costituisce la «cosa» su cui può soddisfarsi direttamente l’avvocato.

Infatti, la quota lite è vietatissima dal codice deontologico, perché ritenuta poco dignitosa.

Insomma, un avvocato e un cliente non concordano, quando fanno un patto di compensi a percentuale sul ricavato, che si spartiranno quello che il cliente eventualmente riuscirà a portare a casa ma – è una distinzione concettuale che nella pratica sfuma spesso ma comunque esiste – che il compenso dell’avvocato per il lavoro da lui svolto venga determinato con riferimento non al tempo (ore) spese sulla materia, non sulla base dei parametri, non a forfait, ma sulla base del recuperato o ottenuto, anche solo in via transattiva.

Queste considerazioni vanno accostate al fatto che il tuo avvocato il suo lavoro lo ha già svolto, portandoti alla conclusione della transazione che in qualche modo desideravi, comunque hai accettato, in ogni caso sembra essere vantaggiosa per te. Questo lavoro va pagato, in linea di principio, subito, dal momento che il credito da compenso da contratto d’opera non è soggetto ad un alcun termine e sorge man mano che il lavoro viene svolto.

Il criterio per determinare il quantum del compenso dell’avvocato è fornito da quello che hai recuperato o recupererai ed è indicato nella transazione e corrisponde, sostanzialmente, al valore dell’affare.

Questo è tanto vero che molti contratti di determinazione del compenso a percentuale stabiliscono che, ad esempio, anche in caso di revoca o rinuncia al mandato il compenso si determinerà in base comunque a quello che è il valore dell’affare o a quello che sarà ottenuto dal cliente con un successivo avvocato.

Insomma, con il contratto di determinazione del compenso a percentuale il cliente ha spesso l’impressione di entrare in una vera e propria società con il proprio avvocato, dove si dividono vantaggi e perdite (o situazioni sfavorevoli), mentre in realtà la nostra legislazione è piuttosto contraria a che questo avvenga, almeno in maniera così netta, e, di fatto, ciò non si verifica.

Ora, è chiaro che molto sta anche alla correttezza delle parti del contratto, non so di quali cifre si parli e quali siano le circostanze, ma forse si può trovare un accomodamento che ti consenta di pagare il tuo legale senza dover tirare fuori denaro di tasca tua, o almeno concordare anche nel tuo caso un piano rateale.

La questione non è comunque definibile in modo netto, ma se dovessi proprio scegliere una risposta alla tua domanda originaria ti direi che secondo me, in diritto, è più facile che la soluzione sia che tu purtroppo intanto devi pagare il tuo legale che ha svolto compiutamente il suo lavoro, poi ovviamente si possono cercare accomodamenti tra voi che rendano la situazione più leggera e praticabile per tutti.

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Compenso avvocato e parametri: è giusto applicarli a causa del 2013?

Ho vinto una causa in appello con sentenza pubblicata nel gen. 2013. Il giudice ha condannato il perdente al pagamento delle spese legali oltre iva e cap ma il perdente non paga e quindi pago io.
Il mio avvocato mi manda oggi una parcella con l’importo liquidato aumentato del 82% rispetto a quello liquidato dal giudice e così composto: fase di studio 27%, fase introduttiva 22%, fase istruttoria 27%, fase decisionale 46% sempre rispetto all’importo liquidato oltre iva e cap. L’avvocato mi precisa:”secondo le vigenti tariffe ed al minimo di tariffa”. Mi chiedo “vigenti” oggi oppure nel 2013? Certamente dal 2013 ad oggi le tariffe sono aumentate e vigente significa oggi. Mi chiedo e vi chiedo: Non sarebbe più giusto ed onesto applicare le tariffe vigenti nel 2013, aggiungere iva e cap e poi calcolare interessi legali e rivalutazione? L’avvocato ha facoltà di scegliere il sistema di calcolo della nota spese?

Secondo l’art. 28 del Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, intitolato «Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247», «le disposizioni di cui al … decreto si applicano alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore».

Probabilmente, il legislatore ha voluto semplificare le liquidazioni evitando l’applicazione contemporanea di più sistemi di tariffazione, cosa che peraltro non avrebbe affatto garantito una determinazione più mite dei compensi, ma probabilmente avrebbe ingenerato solo confusione.

Per quanto riguarda il rapporto tra quanto liquidato dal giudice e quanto dovuto al proprio legale, come abbiamo detto ormai dozzine di volte si tratta di aspetti completamente slegati tra loro: il compenso dovuto al proprio avvocato non si determina in base a quello che stabilisce il giudice in tema di refusione delle spese, essendo quest’ultima cosa una statuizione relativa a quanto, sempre secondo il giudice, la parte «soccombente» (che tale può essere totale o, come molto più spesso avviene, anche solo parziale) può essere giusto sia tenuta a rimborsare all’altra parte.

Quindi non ha alcun senso parametrare, tanto meno in percentuale, il contenuto della condanna alle spese con quanto risulta dall’applicazione dei parametri.

Mi rendo conto però del problema che una situazione del genere determina in chi se ne trova vittima, pur avendo vinto la causa anche, o almeno, in secondo grado. Spero per questo motivo che tutte queste informazioni fossero state date al momento del conferimento dell’incarico.

Nel mio studio, per prevenire la possibilità di problemi di questo genere, pratichiamo forme di tariffazione di tipo flat per l’appello, ma anche quasi sempre per il primo grado, in modo che la parte assistita sappia sempre, almeno su base annuale, quanto va a spendere, mentre il recupero delle spese dall’avversario diciamo sempre ai nostri clienti che rappresenta solo una eventualità, come in effetti è.

Noi non facciamo da anni note spese basate sui parametri, davvero da anni, proprio perché preferiamo fare preventivi, sottoporli ai clienti e, solo dopo la loro approvazione, iniziare a lavorare. Io personalmente credo di non aver mai fatto una nota basata sui parametri.

Tornando al tuo problema, l’unica strada seriamente praticabile per te per mitigare un po’ il compenso è quella negoziale. Prova a chiedere un piccolo sconto, magari a fronte del pagamento immediato, o in poche e concentrate rate, di tutto quello che è dovuto.

Sotto un altro profilo, di tipo più preventivo di problemi simili in futuro, ti lascio due spunti da approfondire: la polizza di tutela legale e il contratto di protezione.

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diritto

Il compenso del mio avvocato è quello stabilito dal giudice?

Ho vinto una causa di lavoro durata 4 anni per il mancato pagamento di 4 stipendi + liquidazione + ferie non godute. Nel frattempo la ditta ha chiuso ed è in liquidazione. Il mio avvocato mi sta richiedendo il pagamento dell’intero ammontare liquidato dal giudice.
Premetto che l’avvocato non mi ha mai fatto avere un preventivo delle spese e comunque non dovrei eventualmente pagare solo la sua parcella scorporandola dalla quota liquidata dal giudice?

Come abbiamo detto già dozzine di volte nel blog, la somma cui il giudice condanna al rimborso la controparte in sentenza non ha niente a che vedere con quella che il cliente è tenuto a pagare al suo avvocato, trattandosi di due aspetti autonomi ed indipendenti tra di loro.

La condanna alle spese contenuta in sentenza indica semplicemente quanto il giudice ritiene opportuno che il condannato rimborsi alla parte vittoriosa, in tutto o in parte, ma può benissimo non corrispondere, e di fatto non corrisponde quasi mai, a quello che è dovuto dal cliente al proprio avvocato per il lavoro svolto.

Questa somma si determina in base al contratto stipulato con l’avvocato all’inizio dell’incarico, per quegli avvocati, come noi, che fanno sempre contratti ad hoc per avere la maggior chiarezza possibile; in mancanza di contratto, sopperiscono i criteri di legge, che sono diversi a seconda di quanto è iniziata la causa, che tipo di attività è stata fatta al suo interno e altre circostanze del caso concreto, per cui, per avere un’idea della congruità della somma che ti richiede il tuo avvocato, dovresti per forza acquistare una consulenza da un altro avvocato che, studiando tutto il fascicolo, ti potrebbe dire quale sarebbe la somma giusta.

A mio modo di vedere, ti conviene senz’altro cercare un accordo con il tuo legale.