in una causa civile, il Giudice mi ha condannato a rimborsare le spese legali (+ iva e cpa) sostenute da controparte. Ho provveduto al pagamento di quanto stabilito dal Giudice. Non ho mai avuto una ricevuta a “quietanza” di quanto pagato a controparte ho richiesto all’avvocato di controparte la copia delle parcelle da lui emesse e da me rimborsate ma non mi ha mai risposto. cosa posso fare per chiudere la questione?
Secondo l’art. 1199 del codice civile, «il creditore che riceve il pagamento deve, a richiesta e a spese del debitore, rilasciare quietanza».
Quindi, ottenere la quietanza è un «diritto» del debitore che adempie alla propria obbligazione.
Non so in che forma tu abbia provveduto a richiederla, se solo oralmente, di persona o al telefono, è il caso di provvedere invece per iscritto, preferibilmente tramite pec.
La richiesta di parcelle del legale, invece, non è una richiesta accoglibile perché la liquidazione delle spese non è avvenuta in base alle stesse, ma su quanto provveduto, in materia, nella sentenza. In ogni caso, queste note spese dovrebbero essere state depositate in giudizio e trovarsi, in copia, nel fascicolo d’ufficio del procedimento, da cui potresti, se proprio ne volessi una copia, estrarle.
La cosa si potrebbe approfondire ulteriormente e si potrebbe anche pensare ad una diffida tramite avvocato per la richiesta di quietanza, ma onestamente per me butta via dei soldi.
Iscriviti al blog e a radio Solignani per non perdere consigli fondamentali quotidiani per le tue strategie di vita, che non trovi da nessun’altra parte.
Nella puntata di oggi, parliamo, a partire dalla domanda di un lettore, lasciataci tramite messaggio vocale whatsapp, di una situazione in cui l’impresa di pulizie di un condominio non è a norma e l’amministratore rimane inerte.
In questi casi, il primo passo è sempre l’invio di una diffida.
Oggi parliamo un po’ della posta elettronica, uno strumento generalmente considerato di grande utilità per l’incremento della produttività personale ed aziendale, ma che, in realtà, ha dimostrato, in modo considerevole sotto alcuni aspetti, tutti i suoi limiti, specialmente nella comunicazione cliente – avvocato.
Le considerazioni che faccio qui sono utili sia per il mio specifico campo di lavoro, quello di avvocato e mediatore familiare, sia più in generale per tutti coloro che utilizzano questo strumento, in qualsiasi altro settore, dove spesso la mail è imposta anche maniacalmente.
Personalmente, ho creduto per tanti anni nell’utilità della mail e l’ho persino anche tanto propugnata, chiedendo a chi corrispondeva con me di preferirla al telefono, poi mi sono dovuto, anche un po’ amaramente, ricredere.
Il fatto è che utilizzare la mail, per trattare molte questioni, è solo un modo per finire per incartarsi, sia pure… digitalmente.
In tante situazioni, si deve per forza ripiegare sul caro, vecchio telefono, quando ovviamente non è possibile incontrarsi di persona.
La moderna catena di montaggio.
Il fatto è che la mail é gente che non sa scrivere, spesso non sa nemmeno cosa deve pensare, che corrisponde con gente che non sa leggere o non ne ha voglia…
Questo vale anche per le chat, naturalmente peraltro.
I fautori dell’utilizzo sempre più massiccio della posta elettronica sostengono che in questo modo non si verrebbe interrotti e quindi disturbati in quello che si sta facendo in quel momento.
In effetti, la mail è una specie di «biglietto» che si deposita nella casella di posta, dove il ricevente può andare a leggerlo ad orari prestabiliti o comunque in quelli che lui preferisce.
Il problema è che molte persone ricevono tra gli 80 e i 100 messaggi di posta elettronicaogni giorno.
Se rimani un giorno o due senza controllare la posta, poi ti ritrovi con la casella piena di magari oltre 300 messaggi, che è al di fuori del nostro normale limite di gestione umane del carico di lavoro.
Il nostro cervello, di fronte ad una situazione del genere, viene sopraffatto. Da quale messaggio cominciare? Ce ne sarà uno urgente / quale sarà il più urgente? Perchè cominciare tanto non finirò mai…
Con questo senso di sopraffazione, sai qual è la strategia di sopravvivenza del nostro cervello? Quella di procrastinare. Rimandare a domani, sconfitto dal senso di sopraffazione. Solo che il giorno dopo i messaggi saranno ancora di più.
Non puoi allontanarti più di tanto dalla tua casella di posta elettronica, sei costretto a controllarla ogni giorno. Per questo, ho avuto occasione di scrivere sui social che la casella di posta elettronica è la moderna catena di montaggio, dove molti lavoratori della conoscenza (knowledge workers) sono condannati a stare attaccati per diverse ore.
La mail è davvero più efficiente?
Ma lavorare per «bigliettini», oltre che essere spesso inefficiente (quante volte ci si scambia una decina di messaggi nell’arco di due o tre giorni per una cosa che al telefono avrebbe potuto essere lavorata in 2 minuti?), è anche disumanizzante e alienante.
Questi due aspetti, peraltro, sono legati tra loro. Non sentire il tono della voce, non poter interagire, non condurre il confronto «in diretta» non consente di lavorare davvero sul problema.
Rinunciare agli aspetti umani dell’interazione comporta inefficienza.
Quindi non è solo più brutto lavorare su testi scritti cui si può dedicare peraltro poca attenzione, visto il numero, senza avere di fronte le facce delle persone con cui avviene lo scambio, ma è anche deteriore per la qualità e la riuscita del lavoro stesso.
Steve Ilardi ha scritto un bellissimo testo sulla depressione, purtroppo non tradotto in Italiano, in cui si indica tra i fattori che la favoriscono la mancanza, tipica delle società moderne, di face time cioè di tempo trascorso faccia a faccia con altri essere umani…
D’accordo, il telefono non è un face time però è già meglio di un biglietto elettronico da leggere sotto a un monitor di vetro. Possiamo sentire la voce e, attraverso la voce, buona parte della «vibrazioni» dell’altra persona.
Si apprende e si comunica per risonanza.
Già Platone e tutti i più grandi maestri della storia dell’umanità avevano intuito che non si apprende tanto dai libri, che sono un qualcosa da usare quando proprio non hai altra alternativa, in qualche caso essenziali ed utilissimi, ma per risonanza, andando cioè dal maestro, vicino al maestro, a vivere, quando possibile, in una struttura dove abita il maestro, dal momento che siamo esseri fatti di energia, onde e vibrazioni.
Questa cosa deve essere vera, altrimenti non si spiegherebbe perché così tanta gente va a vedere concerti dal vivo o partite allo stadio, quando nelle case di ognuno di noi sono disponibili impianti per ascoltare musica con resa sonora peraltro anche molto migliore e vedere partire con regia e angolazioni sicuramente superiori, comodamente al caldo e con tutte le comodità.
Orbene, un professionista è e deve essere anche, nel suo piccolo, un maestro o una guida… Se devo dare indicazioni ai miei clienti senza far sentir nemmeno la mia voce, tramite un biglietto che ognuno può «leggere» o «interpretare» come crede, quale può essere l’efficienza del mio lavoro?
Una parte importante del lavoro quotidiano di ogni avvocato che lavora nel mondo di oggi peraltro è gestire le cazzate con cui sono infarcite le teste dei clienti che arrivano a studio.
Nel mondo contemporaneo, le persone non si affidano più ad un professionista con fiducia (e questa è una grande tragedia di cui abbiamo già parlato, ma di cui dovremo certamente tornare a parlare) come facevano per lo più gli utenti di un tempo che, consapevoli dei propri limiti, si limitavano a cercare un avvocato che fosse una nota persona perbene e si affidavano a lui.
Oggi la gente vuole studiare cose che non ha la minima speranza di capire – dal momento che per poter delineare la strategia di trattazione di un problema legale bisogna aver studiato anni diritto e aver fatto ulteriori anni di pratica legale concreta sul campo – vuole formarsi un proprio parere e vuole muoversi secondo queste ogni volta tragiche convinzioni.
Questo perché non si fida, ha paura di essere fregata e finisce così per rovinarsi da sola.
Sembra assurdo, ma lo vedo accadere tutti i giorni.
Non parlo a caso, è esattamente così.
In realtà, la gente dunque di come si tratta un problema legale non ci capisce e non ci può capire un cazzo, è la cruda ma non meno vera realtà. Dovrebbe solo affidarsi completamente all’avvocato che ha scelto.
Purtroppo non lo fa, così una buona parte del tempo e delle risorse che si sarebbero potute utilizzare per poter lavorare sul problema va utilizzato per «svuotare il vaso» del cliente da tutte le cazzate che, con ricerche su google, parlando con un cancelliere in pensione, un cugino che venti anni fa ha fatto una causa, un amico carabbbbbbiniere con 35 bi, si è innestato nella testa.
La tenerezza che provo ogni volta che arriva quello che «Avvocato, io ho fatto già venti anni fa una causa e so perfettamente come funziona». E l’incredulità quando non cambiano parere nemmeno quando gli dico «Onestamente, io ho seguito in ventidue anni migliaia e migliaia di procedimenti. Non credi che abbia un panorama di osservazione un po’ più vasto del tuo?»
Breve nota a margine: se sei un cliente o potenziale cliente di un avvocato, ammetti di non capirci un cazzo. Sarà bellissimo e ti darà un vantaggio enorme sugli avversari già in partenza.
Tornando a noi, come si potrebbe fare a svuotare il vaso delle cazzate via posta elettronica?
Bisognerebbe che rispondessi ad ogni mail scrivendo un libro intero.
E nemmeno in quel caso probabilmente funzionerebbe.
In questi casi, prendo in mano il telefono. A volte uso la mail, ma solo per dire alla mia assistente di convocare in studio il cliente perché «gli devo parlare». E gli devo parlare quando il telefono purtroppo so già che sarebbe inutile.
Spesso comunque per rispondere ad una mail, se voglio concludere, prendo il telefono.
Certo, bisogna evitare di essere interrotti o disturbati. Questa mattina, ad esempio, ho fatto una mediazione di coppia in una sessione di due ore e mezza. Purtroppo, durante questa sessione, non ho potuto rispondere al telefono. In questi casi, devo la mia completa attenzione alle persone che l’hanno acquistata. Nè più né meno, that simple.
Però ho un’assistente che risponde per me e che può dire quando uno può richiamare e comunque segnarmi chi ha chiamato in modo che possa richiamarlo io.
Insomma, bisogna trovare altri sistemi perché questo vespaio di bigliettini scritti da gente che non sa scrivere o non capisce quel che sta scrivendo per gente che ha poca voglia (e ne ha poca per forza, perché ne riceve troppi) di leggere non va bene.
Conclusioni.
La mail può andare bene per alcune limitate cose da mandare per iscritto.
Se un cliente mi chiede un preventivo glielo mando per posta elettronica, se vuole anche via pec e con firma digitale. Alè. Le vecchie «formalità». Ti posso mandare in allegato un file Word – definitivo, peraltro, che se fosse un file su cui lavorare sarebbe ad esempio molto meglio usare google documents, modificare sempre lo stesso documento on line senza andare avanti e indietro con le varie versioni di un medesimo documento con alto rischio di fare confusione.
Dunque, niente di tranchant, la mail è anche utile, ma personalmente l’ho ridimensionata molto, col telefono risolvo molto di più.
Diciamo che è un investimento maggiore di tempo, energia e frammentazione della tua giornata, ma che spesso ripaga.
Il mio primo consiglio come mediatore alle coppie di separati che si insultano via chat (se pensate che siano solo due coglioni a farlo, sappiate che è un errore: lo fanno tutti e, quando dico tutti, intendo proprio tutti) è di smettere di comunicare per iscritto e usare solo il telefono. Funziona alla grandissima.
Ci costruiamo una vita perfetta per non essere interrotti e poi non sappiamo bene che cazzo fare perché rimaniamo frammentati, nonostante la mancanza di interruzioni.
La realtà è probabilmente che anche qui è questione di cicli, c’è un tempo per chiudere tutto e fare meditazione ad esempio e un tempo per immergersi nel fragore disordinato del lavoro e della vita.
Oggi un altro post per avvocati o comunque persone che utilizzano il processo civile telematico.
Per parlare di un modo particolarmente comodo di archiviare le pec che si ricevono quando si fa, ad esempio, un deposito telematico, che ne restituisce, tipicamente, quattro, o anche una notifica telematica.
Quando si fa un deposito telematico, infatti, può succedere che, specialmente le ultime due pec, e in particolare modo la famosa quarta pec, arrivino a distanza anche di qualche giorno rispetto alle prime due, che di solito arrivano subito e, in un casella pec particolarmente affollata, perché si fanno molti depositi, può non essere immediato «raggruppare» le quattro pec relative al medesimo deposito.
Esiste un modo per farlo automaticamente: non solo individuare le quattro pec relative allo stesso deposito, ma anche archiviarle, esportandole in un unico file zip, cioè un archivio compresso.
Non so voi, ma nella mia strategia di conservazione della pec, data la sua importanza (pensiamo, ad esempio, al deposito di un ricorso per appello!), implemento una certa ridondanza negli archivi: conservo sia una copia della mail nella casella archivio, che poi man mano esporto seguendo la procedura dettagliata in questo precedente post, sia una copia nel fascicolo della pratica, dove esporto man mano le pec relative ai depositi, notifiche, ecc. – quest’ultima cosa ovviamente mi consente di ritrovare immediatamente quello che mi dovesse man mano servire, mentre la conservazione nell’archivio di posta elettronica è un backup più generalizzato cui ricorrere in caso di urgenza.
Il fascicolo della pratica è in realtà una cartella dropbox che viene sincronizzata su tutte le mie macchine e quelle dei mie collaboratori o dipendenti, oltre che sui server di dropbox stessi, con una ulteriore sicurezza per la conservazione dei dati – per non dire delle strategie di backup delle mie macchine individuali, articolate sia sull’uso di time machine che sulla realizzazione di un clone quotidiano, con carbon copy cloner (una cosa possibile solo su mac).
Chiudendo, comunque, la parentesi, il modo per poter archiviare elegantemente e in modo efficiente le ricevute dei depositi telematici o delle notifiche passa per l’utilizzo, cui avevo già accennato in un precedente post sempre in tema di pec e processo civile telematico, di thunderbird come client di posta certificata con l’estensione thunderpec.
Per utilizzare questo metodo, una volta installato il software necessario – cosa che non tratto in questo post dal momento che ci sono già guide disponibili su internet, basta cercarle con google – occorre seguire questo piccolo procedimento:
selezionare la famosa «quarta» pec, che dovrebbe essere marcata con la sigla DAC in verde;
cliccare sul pulsante «stato del messaggio»;
cliccare sul pulsante «archivia» nell’ulteriore finestra che si sarà così aperta, verrà creato il file zip.
Come tutte le cose di questo genere, è molto più facile da fare direttamente che da spiegare per cui vi consiglio di provare appena potete, vedrete che vi faciliterà abbastanza il lavoro quotidiano.
Oggi un post più che altro per avvocati, come ogni tanto ci capita di fare anche sul nostro blog, dedicato solitamente per lo più agli aspetti divulgativi.
Sapevate che è possibile conoscere il numero di ruolo di un procedimento di cui abbiamo appena fatto il deposito andando ad analizzare la famosa quarta pec?
Questo può essere molto utile, innanzitutto per tenere bene in ordine i fascicoli dei propri procedimenti a studio, sia nel caso in cui sia necessario effettuare un deposito successivo, in cui il numero di RG è molto importante.
Per conoscere il numero di RG, ci sono due metodi, uno più rozzo e uno più pulito e semplificato.
Col primo metodo, si va ad esaminare il file esitoatto.xml, che è contenuto nella celebre quarta pec e che, in uno dei suoi campi, reca appunto l’indicazione del numero di ruolo.
L’altro metodo implica l’utilizzazione come client di posta elettronica di Thunderbird con un componente aggiuntivo molto valido per la gestione della pec che si chiama Thunderpec.
Adottare Thunderbird per la pec, magari in affiancamento al proprio client di posta preferito (io ad esempio di default uso Apple Mail), vale la pena anche perché sempre tramite Thunderbird si può facilmente eseguire l’archiviazione della casella di posta quando diventa troppo piena, come spiego meglio in questo precedente post.
Ebbene, con l’accoppiata Thunderbird più Thunderpec sarà sufficiente selezionare la «quarta pec» e fare clic sul pulsante, presente nella barra degli strumenti, chiamato «Esito Atto»: verrà mostrato in modo chiaro il numero di ruolo.
Chi volesse effettuare questo accertamento dal proprio terminale mobile, potrebbe utilizzare l’applicazione PocketPec degli stessi sviluppatori di Thunderpec, che personalmente non ho ancora testato, ma che sicuramente proverò appena ne avrò occasione.
Come si instaura una nuova causa, cioè come si «fa partire» una causa in tribunale?
I due sistemi più diffusi sono quelli della citazione, tuttora prevista per il rito ordinario, quello che si applica quando non sono previsti riti particolari, e quello del ricorso, previsto ad esempio per quasi tutte le pratiche di famiglia, come separazione e divorzio, consensuali e giudiziali.
La differenza risiede per lo più nel momento in cui viene fatta la notifica alle altre parti interessati e cioè di solito alle controparti. Col sistema della citazione, si fa prima la notifica alle altre parti e poi il deposito dell’atto introduttivo presso il tribunale. Viceversa, con il sistema del ricorso si deposita l’atto introduttivo prima in tribunale, dopodiché si fa la notifica alla controparte.
Con questo post, vediamo più in particolare come funziona l’introduzione di un giudizio, o causa, o vertenza giudiziale, con il sistema del ricorso, in modo da stendere una breve guida di riferimento per tutti coloro che promuovono o subiscono, e quindi sono coinvolti in, una iniziativa del genere, con un occhio di riguardo specialmente ai nostri clienti, cui potremo mandare il link a questo post per capire meglio come funzionano le cose che stiamo facendo insieme.
Lo schema tipico che terremo presente, anche se non in via esclusiva, per comodità di esposizione, sarà quello dei procedimenti contenziosi di separazione e divorzio, che sono tra le pratiche che più frequentemente ci capita di trattare in studio. Su questo canovaccio di base si possono innestare variazioni anche significative a seconda della materia e delle circostanze, comunque il meccanismo di base del ricorso rimane più o meno quello descritto di seguito.
Le fasi del ricorso.
Redazione del ricorso.
Con il ricorso, si hanno diverse fasi, che iniziano con la redazione, da parte delle parte che promuove l’iniziativa, di un documento contenente le proprie difese fondamentali, che viene chiamato appunto ricorso. Questa fase consiste più che altro nella raccolta dei documenti fondamentali a riprova delle proprie ragioni, dal momento che il processo civile, a discapito di quanto si dice in contrario, è un processo quasi esclusivamente documentale, dove le prove scritte sono assolutamente fondamentali. Il testo del ricorso consiste infatti solitamente per lo più nella illustrazione dei documenti allegati, documenti che, come è stato plasticamente detto, bisogna «far parlare». Personalmente, tendo a redigere il ricorso sempre insieme al cliente, depositandolo subito dopo, per praticità, all’interno di un appuntamento, appositamente fissato, di due ore. Altri avvocati seguono metodi diversi.
Deposito del ricorso.
Terminata la raccolta dei documenti necessari o opportuni e la redazione del ricorso, bisogna depositarlo presso il tribunale competente. Il deposito oggigiorno avviene per lo più tramite il processo civile telematico, quindi viene fatto dal computer dell’avvocato mediante firma digitale e l’utilizzo di una apposita chiavetta volta a identificarlo, mediante un software che cripta i documenti da depositare, che vengono poi trasmessi tramite posta elettronica certificata alla casella pec del tribunale interessato.
Dopo il deposito (dopo ogni deposito, come vedremo anche dopo), l’avvocato che lo ha eseguito telematicamente deve ricevere le celebri quattro pec: la ricevuta di accettazione, la ricevuta di consegna, la pec con l’esito dei controlli automatici e quella di accettazione della busta. Le prime due pec sono quelle solite tipiche della pec, sono assimilabili alla ricevuta di spedizione e di ricevimento della vecchia raccomandata cartacea: sostanzialmente certificano che hai inviato il deposito e che il tribunale lo ha ricevuto nella sua casella pec. La terza pec viene emessa a seguito di un controllo software, cioè automatizzato, sulla busta tramite cui è stato effettuato il deposito e riguarda la sua integrità informatica. In questa fase già potrebbero esserci stati problemi, che il sistema, nel caso, segnala al mittente in modo che possa provvedere a rifare il deposito. La terza pec arriva indietro quasi subito dopo aver inviato il deposito, insieme alle prime due. La quarta pec, invece, di solito arriva un giorno o due, o qualche giorno, dopo l’invio del deposito, perché richiede un intervento «umano» da parte del cancelliere, che controlla se la busta e il deposito sono a posto e ne determina l’accettazione.
Fase di attesa del provvedimento del giudice.
Se il deposito è a posto ed è stato regolarmente accettato dal cancelliere del tribunale, a questo punto la pratica entra, per l’avvocato e il suo cliente, in una fase di attesa o stand by per gli amanti dell’Inglese.
Bisogna aspettare che il giudice provveda sul ricorso, cosa che di solito avviene tramite fissazione dell’udienza (teniamo presente oggi, come abbiamo accennato, i procedimenti come quelli di separazione e divorzio, mentre non parliamo, ad esempio, di quelli di ingiunzione, volti ad ottenere un decreto ingiuntivo). Ovviamente, il giudice potrebbe anche non fissare l’udienza, potrebbe ad esempio convocare l’avvocato per chiarimenti, richiedere integrazioni di prove; la cancelleria potrebbe richiedere integrazioni del contributo unificato, dal momento che ci sono anche aspetti fiscali del processo che devono essere completi affinchè la pratica vada avanti. Ma si tratta di evenienze rare. Quello che di solito avviene è che il giudice emette un decreto con cui fissa la prima udienza della causa.
Decreto di fissazione della prima udienza.
Quando il giudice emette il decreto di fissazione della prima udienza, di solito questo è comunicato all’avvocato del ricorrente tramite un’altra pec. In questa pec, ovviamente, e nel decreto è indicato il numero di ruolo del procedimento, un numero che lo identifica univocamente e che il difensore annota dove ritiene preferibile.
Nel decreto sono indicati altri dati fondamentali:
la data dell’udienza, dove l’avvocato dovrà comparire e spesso anche il suo cliente personalmente;
il termine e cioè il giorno entro cui deve costituirsi il resistente e cioè l’altra parte del procedimento cui il ricorso verrà in seguito notificato
Ci sono poi altre cose che possono essere contenute nel decreto di fissazione dell’udienza, come ad esempio:
eventuali richieste di documentazione integrativa (di solito, ad esempio, nei procedimenti di separazione e divorzio i giudici richiedono il deposito delle ultime tre dichiarazioni dei redditi);
eventuali richieste ed inviti ulteriori (ad esempio a Bologna mi è capitato che il tribunale invitasse in sede di decreto di fissazione della prima udienza alla mediazione familiare, indicando anche i centri pubblici presso cui svolgerla);
eventuali incarichi ai servizi sociali di redigere una apposita relazione da depositare entro la prima udienza (in modo da «mettersi avanti») – una cosa positiva che però viene fatta abbastanza raramente;
La notifica.
Ad ogni modo, cosa deve fare l’avvocato quando riceve il decreto di fissazione dell’udienza? Oltre ad annotarsi la data della prima udienza e il termine per il resistente per costituirsi, e comunicare entrambi questi dati al suo cliente (oggigiorno, per lo più via posta elettronica), deve provvedere alla notifica.
La notifica consiste nel portare a conoscenza dell’altra parte, anche ancora non sa niente di niente, che esiste un processo contro di lei.
Senza notifica, infatti, cade tutto. Al momento, appunto, l’altra parte del processo non sa nemmeno che esiste un procedimento contro di lui o di lei e può venirne a conoscenza solo tramite notifica.
Cos’è esattamente che viene notificato, cosa riceve l’altra parte?
Una copia del ricorso che si era depositato in tribunale, insieme al decreto del giudice.
Chi riceve la notifica può così vedere che è stato depositato un ricorso contro di lui, può leggerlo, e può vedere cosa ha previsto il giudice e, soprattutto, il termine entro il quale deve anche lui depositare un proprio documento contenente tutte le sue difese (memoria difensiva) in tribunale e il giorno in cui dovrà comparire, o tramite un proprio avvocato, o anche personalmente, in tribunale.
Chi riceve un ricorso, salvo rari casi, deve nominare un proprio avvocato e non può difendersi da solo. Quindi porta tutto quello che ha ricevuto ad un legale, che organizzerà adeguatamente la sua difesa.
Come viene fatta la notifica? Bisogna prendere giù dal sistema telematico del tribunale, collegandosi allo stesso, le copie del ricorso introduttivo e del decreto di fissazione dell’udienza, redigere una relata di notifica, che è l’atto con cui si descrive come viene appunto effettuata la notifica, e aggiungere una attestazione di conformità, che è un documento con il quale l’avvocato attesta che i documenti che vengono notificati (ricorso e decreto di fissazione udienza) sono uguali a quelli che si trovano depositati in tribunale.
La notifica può avvenire tramite il servizio postale, in forma cartacea, oppure tramite pec, sempre per via telematica, a seconda che il destinatario disponga o meno di una casella pec ufficiale, o comunque in dipendenza delle circostanze. Nel caso in cui la notifica avvenga via pec, l’attestazione di conformità non è necessaria nel caso in cui si notifichino files aventi natura di duplicato informatico di quelli che si trovano depositati in tribunale, dal momento che gli stessi sono identici e – vorrei dire – si confondono con gli originali stessi.
Deposito della notifica.
Dopo aver eseguito la notifica, l’avvocato deve aspettare, se i tempi lo consentono, di ricevere gli avvisi relativi di spedizione, ricevimento, comunicazione di avvenuto deposito e così via. Una volta ricevuti tutti gli avvisi del caso, previa scansione degli stessi se la notifica è avvenuta in cartaceo, dovrà effettuare un nuovo deposito, avente ad oggetto appunto la notifica appena eseguita, dal momento che il tribunale dovrà controllare che il ricorso e il decreto siano stati regolarmente notificati alla controparte.
Anche questo deposito deve essere effettuato per via telematica e anche in questo caso l’avvocato, dopo il deposito, riceve le celebri quattro pec.
Effettuato il deposito della notifica, l’avvocato del ricorrente resta in attesa di due cose: la costituzione del resistente e la prima udienza.
Costituzione del resistente e memoria avversaria.
La costituzione del resistente è il deposito, da parte del resistente, cioè la controparte, del documento contenente le proprie difese fondamentali, quello con la famosa «altra campana» rispetto a quanto contenuto nel ricorso iniziale. Ovviamente, il legale del ricorrente, insieme al suo cliente, devono esaminare questo documento, per vedere se e in che parti è fondato o meno o come è possibile, se del caso, contrastarlo. Dopo la costituzione del resistente, non è male per il cliente fissare un appuntamento con il proprio avvocato in cui esaminare la memoria avversaria.
Di solito, l’avvocato del ricorrente viene avvertito dal tribunale via pec in modo automatico del deposito da parte del resistente della sua memoria, ma ciò non è previsto né garantito per legge. Se il resistente deposita la propria memoria e il tribunale non avverte il ricorrente, il ricorrente non può lamentarsi in alcun modo di non aver potuto vedere la memoria del resistente. È onere del ricorrente andare a vedere che cosa ha depositato la propria controparte, in sostanza. Per questo, come abbiamo detto prima, l’avvocato del ricorrente deve segnarsi la data entro cui il resistente deve fare il suo deposito, per andare poi – nel caso il tribunale non gli abbia mandato un avvertimento via pec – a vedere direttamente tramite terminale (sistema polis) se si è costituito o meno. Peraltro, l’accesso tramite polis è quasi sempre necessario per l’avvocato del ricorrente per andare a scaricare i documenti che quasi sicuramente saranno stati allegati alla memoria del resistente.
Una volta avuta la memoria del resistente e i documenti allegati, ed aver esaminato gli stessi insieme al proprio cliente, l’avvocato del ricorrente rimane in attesa della prima udienza, utilizzando eventualmente questo tempo per preparare ulteriori difese e raccogliere documenti sulla base dell’esame della memoria avversaria svolta con il suo cliente.
La prima udienza. Conclusioni.
Il giorno della prima udienza, poi, con entrambe le parti regolarmente costituite a seguito del deposito di un documento con le proprie difese fondamentali, comincia la trattazione della causa davanti al giudice.
Quello che accade in questa sede e successivamente esula dall’argomento del presente post, che riguarda solo il modo in cui un procedimento viene incardinato e quindi la sua fase iniziale, e dipende poi anche dal tipo di procedimento di cui si tratta in concreto, magari ne parleremo in un altro post.
Spero di aver chiarito almeno un poco come funziona l’introduzione delle cause per cui è previsto il sistema del ricorso, in modo che i clienti degli avvocati abbiano chiaro come si svolge questo iter e cosa bisogna fare o meno nelle varie fasi dello stesso.
Se ci fosse qualcosa che non è del tutto chiaro, o se comunque avete osservazioni, lasciatemi pure un commento qui sotto, risponderò volentieri. Grazie per la vostra attenzione.
ho inviato ad un commerciante una somma di denaro mediate ricarica post pay :si tratta di capi di abbigliamento che ho acquistato con più pagamenti e fino ad ora la merce mi è arrivata ma questa volta pare che il venditore non voglia spedirmi l’ultimo capo che mi era stato riservato ,premetto che il venditore possiede realmente un negozio di abbigliamento sito in Vibo Valentia (ab xxx)ed ha una pagina gruppo facebook col nome del suo negozio ;ho conservato la ricevuta del pagamento ;come devo procedere ?Fra l’atro quando mimha spedito la merce ha omesso lo scontrino fiscale quindi la merce risulterebbe venduta a <nero>cioè senza venir dichiarata e già questo è un reato ,come devo procedere?
Innanzitutto devi fare una valutazione dei valori che ci sono in ballo, cioè devi valutare se può valer la pena coltivare una vertenza di questo genere: parliamo, ad esempio, di una maglietta da 20 euro o di un abito da sposa da 4000? Le cose sono molto diverse.
Questa considerazione è assolutamente necessaria in special modo se non disponi di una assicurazione di tutela legale, perché in questo caso tutte le spese di assistenza legale dovrai anticiparle tu, senza alcuna garanzia né di esito positivo della vertenza né, anche in caso la stessa appunto avesse esito positivo, di recuperarle.
Fatte queste dovute riflessioni, il primo passo per trattare un problema di questo genere è far inviare una diffida da parte di un avvocato.
Ovviamente, potresti inviare una raccomandata anche tu personalmente, ma io lo sconsiglio, per svariati ordini di motivi.
Innanzitutto, il primo punto è che non sapresti esattamente che cosa scrivere nella lettera, come meglio formularla, con anche il rischio di scrivere cose che poi potrebbero essere utilizzate a tuo danno.
In secondo luogo, ed è questo l’aspetto più importante, una lettera inviata dall’interessato personalmente manda un segnale di debolezza alla controparte, a differenza di una diffida inviata, per conto dell’interessato, da uno studio legale, che è un antagonista un po’ più impegnativo.
Il prossimo passo, dunque, se decidi di procedere, è quello di individuare qualche bravo avvocato cui chiedere un preventivo per l’invio di una diffida e l’apertura della vertenza.
Se credi, la nostra offerta al riguardo la puoi trovare qui.
Non sono soddisfatto del mio avvocato, tra pochi giorni dovrei avere una causa e lui non si preoccupa di informarmi, se l’udienza sarà tenuta senza informare l’assistito si può chiedere l’annullamento della sentenza?
Ovviamente no.
Che colpa ne avrebbero l’altra parte, o le altre parti del processo, del fatto che il tuo avvocato non ti tiene adeguatamente informato dell’andamento del processo?
Se si ammettesse una circostanze del genere come causa di nullità, ognuno potrebbe lasciar continuare le cause anche per dieci, venti, trenta anni, per poi annullarle completamente risvegliandosi all’improvviso e dimostrando che, magari 28 anni prima, il suo legale non l’aveva adeguatamente informato dell’udienza.
Chiaramente, è inconcepibile una cosa del genere.
Il discorso è che spetta a te ottenere i chiarimenti più opportuni dal tuo avvocato.
Ancor prima però devi fare una considerazione, che è questa.
Te la esprimo citando una frase di una serie televisiva, House M.D.: «preferisci un medico che ti tenga la mano mentre ti lascia morire o un sanitario che ti cura e guarisce mentre ti ignora completamente?»
Questo significa che devi per forza valutare quanto è davvero importante il tuo bisogno di informazione rispetto alla fiducia che hai nel tuo avvocato e nel fatto che egli svolga in modo efficace il suo lavoro.
Il tempo a disposizione per svolgere i diversi incarichi cui è tenuto in ogni momento ciascun avvocato non è illimitato, anzi tutto al contrario disponibile in quantità limitatissima rispetto agli impegni cui far fronte, e spesso un buon avvocato preferisce dedicarlo a lavorare concretamente al caso, più che a intrattenere rapporti con il cliente.
Io stesso molto spesso faccio così e, personalmente, diffiderei molto di un avvocato, o altro professionista, che tendesse sempre a dilungarsi in lunghe spiegazioni e a far salotto con me ogni volta che gli rivolgessi una domanda: significherebbe che il lavoro che deve fare per me o non lo sta facendo o lo sta facendo fare ad un altro, che non saprei nemmeno chi fosse, a quel punto.
Onestamente, io capisco perfettamente l’esigenza degli utenti di essere informati almeno un minimo, specialmente nella conduzione di vertenza molto delicate, ma gli utenti devono dal canto loro capire che eccedere in queste cose rischia seriamente di compromettere la qualità del lavoro, perché il tempo e l’attenzione che un avvocato può dedicare ai singoli casi sono limitati, ed il lavoro tecnico è spesso difficile, richiede pazienza, preparazione, studio, applicazione, concentrazione, accuratezza, creatività – tutte cose che perdendosi a far salotto con il proprio assistito, tanto per farlo contento o tranquillizzarlo, spesso purtroppo si perdono.
Chiaramente, un legale non può neanche essere inaccessibile o non dare mai spiegazioni, si deve trovare il giusto compromesso tra le due esigenze. Purtroppo, per gli utenti non è facile capire questo.
Tutto ciò premesso, che cosa devi fare nella pratica?
Io ti suggerirei di chiedergli chiarimenti via mail, provando prima magari con una mail ordinaria e poi tramite pec. Se non ricevi risposta, o non ne ricevi una soddisfacente, devi valutare se la situazione è tale da minare la fiducia che riponi in questo avvocato.
La fiducia rimane assolutamente fondamentale, per proseguire proficuamente un rapporto difensivo, per cui se venisse mai meno dovresti valutare di revocare il mandato a questo legale ed affidarlo ad un altro.
Un’altra idea potrebbe essere, prima di revocare il mandato, cosa che tanto potrebbe essere opportuna quanto no, chiedere un secondo parere ad un altro avvocato, per vedere se conferma l’impostazione difensiva del primo, nel qual caso puoi anche confermare l’incarico, o meno.
ho saldato la parcella del mio avvocato il 18/05/2015 e ad oggi 22/10/2015 non ho ancora ricevuto la sua fattura.Quindi vorrei sapere se il mio avvocato è in regola in termini fiscali o meno e come faccio a farmi dare appunto la fattura se questo fa orecchio da mercante?
Al momento del pagamento, sulla base del principio di cassa, un libero professionista è obbligato ad emettere fattura fiscale e a darne una copia al cliente.
A volte, le fatture vengono spedite per posta ordinaria e verosimilmente vanno perdute.
Questo non significa ovviamente che il cliente perda il diritto ad avere una copia della fattura, anche se si tratta di un documento di cui l’assistito può fare ben poco uso: non si può detrarre dalle imposte sui redditi, non serve per la determinazione di eventuali rimborsi, salvo casi eccezionali.
Quel che devi fare, comunque, è semplicemente inviare una posta elettronica certificata all’indirizzo del tuo avvocato in cui gli chiedi di avere copia della fattura fiscale.
Per conoscere l’indirizzo pec del tuo avvocato, puoi consultare il registro INI-PEC.
Una volta ottenuto l’indirizzo – e ti consiglio di salvarti la schermata relativa – gli devi scrivere una mail da un account pec. Se non disponi di un account di questo genere, ti consiglierei di procurartene uno, visto che ti può essere utile anche per altre occasioni. Non è costoso, ci sono fornitori che lo offrono con un costo di 5€ l’anno oggigiorno ad esempio.
Se, invece, non vuoi o non puoi munirti di una tua casella pec, l’unica è che ti rivolgi ad un altro avvocato affinché sia lui a richiedere la fattura, tramite la sua pec. Ogni avvocato, per legge, deve avere una sua casella pec, la mia ad esempio è, da sempre, solignani
Con il varo di iOS 8, purtroppo in Apple Mail è stato introdotto un baco che rende impossibile leggere gli allegati contenuti nei messaggi di posta elettronica certificata.
La cosa rappresenta un problema piuttosto grave per tutti gli avvocati che utilizzano periferiche Apple, considerato che si ricevono fondamentali messaggi PEC pressoché tutti i giorni, adesso che è stato implementato il processo civile telematico.
La cosa è ancora più fastidiosa se si considera il fatto che molti avvocati, me compreso, ormai lavorano più con il telefono che con il Mac.
Il baco consiste nel fatto che cliccando sull’allegato… Non succede assolutamente niente, è in sostanza impossibile aprirlo.
Per ovviare a questo problema sono state proposte alcune soluzioni in realtà dei workaround, cioè più che una soluzione un modo per aggirare il problema, come ad esempio l’utilizzo di client di e-mail alternativi, uno dei più gettonati dei quali è Altamail.
A me tuttavia questa soluzione non piace: la grafica del programma è assolutamente orribile, inaccettabile per gente innamorata del design come solitamente gli utenti Apple, inoltre si tratta di un’applicazione a pagamento con il sistema del in-app purchase che non consente nemmeno la condivisione in famiglia.
Una soluzione a mio giudizio molto migliore è quella di usare un’altra applicazione di terze parti, tuttavia dedicata non tanto alla gestione della posta elettronica, bensì a quella dei files: si tratta di Goodreader.
Non tutti sanno che GoodReader può accedere anche ai files che si trovano ad essere allegati a messaggi di posta elettronica dentro cartelle IMAP.
Ecco ad esempio il mio elenco di server configurati. Accanto a fornitori classici di files come dropbox ho configurato anche il mio account pec (su Aruba):
Cliccando sul server, si accede all’elenco delle cartelle:
Entrando nella Inbox si vede l’elenco di tutti i messaggi e, infine, selezionandone uno, se ne vedono tutti gli allegati, come in questo esempio:
Voilà. È sufficiente a questo punto fare clic sul PDF per scaricarlo in locale. Dopo sarà possibile scompattarlo, quindi leggerlo, eventualmente annotarlo, evidenziarne alcune parti, sottolinearlo e c. sempre con Goodreader che, appunto, è un ottimo reader ed editor di PDF.
Al termine, si potrà inviarlo tramite mail oppure caricarlo direttamente su Dropbox, che è il file system nella nuvola di molti avvocati, me compreso.