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Dicatio ad patriam: acquisto pubblico di proprietà e altri diritti reali.

DOMANDA – Come si ufficializza la dicatio ad patriam ?

— RISPOSTA – La dicatio ad patriam è un modo di acquisto di proprietà e diritti reali a favore di enti pubblici che funziona in modo analogo a quanto avviene con l’usucapione per i rapporti tra privati.

Il caso tipico di dicatio ad patriam è quello in cui, su una strada originariamente oggetto di sola proprietà privata, individuale o comune, inizia a svilupparsi in modo robusto e protratto nel tempo, un utilizzo pubblico della strada stessa, non limitato ai frontisti o alle persone genericamente interessate per motivi di stato dei luoghi alla strada, ma esteso alla generalità del pubblico.

In questo caso, il diritto che l’ente pubblico, di solito il comune, acquista tramite la dicatio ad patriam è una servitù di passaggio che appunto non ha come titolare un privato ma la generalità del pubblico e, dunque, è una servitù di pubblico passaggio.

La dicatio ad patriam non viene «ufficializzata», ma piuttosto accertata dalla magistratura competente con un suo provvedimento.

Il provvedimento può essere assunto su richiesta dell’interessato all’accertamento ma può anche risultare sulla base di un accertamento svolto incidentalmente in un processo nato per altre questioni, dove l’avvenuto trasferimento della proprietà o la nascita di un diritto tramite dicatio può essere rilevante ed è stato sollevato, sempre ad esempio, tramite eccezione.

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riflessioni

10 cose sull’assegnazione della casa familiare.

1) Quando si disgrega una famiglia con figli, il giudice ha il potere di assegnare la casafamiliare a quello tra i due genitori presso cui i figli sono collocati.

2) Il provvedimento di assegnazione può essere adottato sia nel caso di genitori sposati che in ipotesi di genitori conviventi, essendo previsto a tutela dei figli.

3) L’assegnazione dura non solo fino alla maggiore età del figlio, ma finché il figlio non diventa autosufficiente, cosa che oggigiorno, specialmente in caso di lunghi corsi di studi, può avvenire anche a 27/28 anni.

4) Per l’assegnazione non ha rilevanza la proprietà della casa: una casa di proprietà di un genitore, in tutto o in parte, può essere assegnata all’altro – con l’assegnazione, dunque, si superano le regole dominicali, valevoli cioè per la proprietà.

5) L’assegnazione comprende anche tutti i mobili e complementi che arredano la casa, che deve rimanere nello stato in cui si trovava in modo da «servire» come abitazione completa per i figli, senza che abbia anche in questo caso rilevanza di chi sono i mobili o chi li ha pagati.

6) Chi subisce un provvedimento di assegnazione della casa familiare può in linea di principio venderla a terzi, ma ben difficilmente riuscirebbe a trovare un compratore per la casa, dal momento che un eventuale acquirente non saprebbe nemmeno quando la casa diventerebbe disponibile.

7) Il provvedimento di assegnazione della casa familiare deve essere trascritto per essere opponibile a terzi: questo è assolutamente fondamentale, se hai ottenuto un provvedimento di assegnazione, chiedi al tuo avvocato di effettuarne la trascrizione.

8) Se non trascrivi il provvedimento e il tuo ex vende la casa, o gli viene venduta all’asta, chi acquista può sbattere fuori te e i tuoi figli.

9) Chi gode dell’assegnazione della casa familiare deve pagare le utenze, la manutenzione ordinaria e le spese condominiali ordinarie – l’amministratore del condominio deve essere informato a riguardo.

10) L’assegnazione si può prevedere anche in via consensuale nei casi in cui la separazione, il divorzio o l’affido si realizzano appunto sulla base degli accordi tra i genitori.

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diritto

Strada vicinale e manutenzione: chi deve, chi può, farla?

nel caso di una strada vicinale ad uso pubblico la cui manuntezione ordinaria non avviene da parte del frontista, può un singolo utente o un gruppo di utenti (che usano la strada per raggiungere la propria abitazione ma non sono frontisti) occuparsi della manutazione ordinaria della strada?
Nel nostro caso siamo 8 famiglie che non potendo più percorrere la strada vorrebbero a loro spese apportare una sistemazione ordinaria
Un singolo frontista può opporsi a lavori di manutenzioni ordinaria tipo chiusura buche e pulizia canali di scolo acque?
in che modo il frontista può opporsi? lettera? diffida?…

La situazione giuridica della strada vicinale ad uso pubblico è duplice.

C’è innanzitutto, tra i privati comproprietari, i frontisti, un comunione ordinaria basata sul noto concetto delle quote, così come si potrebbe avere per la parte comune di un condominio.

Poi c’è la partecipazione del comune, quale ente territoriale di riferimento, in virtù della titolarità di un diritto di passaggio pubblico, a vantaggio cioè della collettività.

Quando c’è bisogno di intervenire per la manutenzione di un’opera o bene oggetto di una situazione giuridica del genere chi dovrebbe intervenire? Ulteriormente, in caso di inerzia di chi sarebbe tenuto a intervenire, chi può eventualmente sostituirsi ad esso?

Le risposte non sono così facili e scontate e richiederebbero un approfondimento di un certo spessore.

Innanzitutto, è stato costituito il consorzio per la gestione e la manutenzione della strada vicinale, così come previsto dalla legge?

Le risposte, ancora, sono molto diverse a seconda che questo ente sia già stato costituito o meno e, in caso negativo, se si intenda costituirlo.

Naturalmente, i beni oggetto di comunione si amministrano, e manutengono, a maggioranza dei comunionisti, ma nelle strade vicinali la situazione è sempre più complicata.

A livello strategico, al netto di questo approfondimento che sarebbe da fare, suggerirei di inviare intanto una diffida a tutti i frontisti e all’ente territoriale, cioè al comune, in cui si rappresenta bene la situazione di necessità di manutenzione e si chiede di intervenire.

A questa diffida, trattandosi di una strada ed essendoci aspetti tecnici, non sarebbe male allegare una relazione, anche breve, redatta appunto da un tecnico, con anche un sintetico repertorio fotografico, con il duplice scopo di corroborare maggiormente la diffida ed iniziare a formare un principio di prova a favore.

Se vuoi valutare l’invio della diffida, puoi consultare la nostra offerta a riguardo nella apposita pagina. Clicca qui.

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diritto

Se i comproprietari usano le cose come unici proprietari.

sono proprietaria due appartamenti , con cortile comune per farla breve viviamo qui da 16 anni, e non ci è mai stato concesso dai vicini l’utilizzo del suddetto cortile; non sarebbe adatto al posteggio auto ma loro parcheggiano nonostante tutto al suo interno, essi possono godersi l’ambiente, mentre noi sembriamo dargli fastidio, ed anco peggio siamo stati minacciati, e da quel che abbiamo visto, hanno anche costruito edifici aggiuntivi che riteniamo abusivi o non a norma di legge. volevo chiedere se è possibile fare qualcosa legalmente per reclamare il nostro egual diritto di utilizzo del cortile, e magari evitare abusi di questo genere, come parcheggi e costruzioni dubbie.

Il primo passo per trattare una situazione di questo genere è sempre l’invio di una diffida tramite avvocato, per maggiori approfondimenti sulla quale rimando alla lettura attenta della scheda relativa.

La diffida, in questo caso, è importante – e sotto questo profilo è bene che sia sottoscritta anche da voi, oltre che dall’avvocato – perché può servire ad interrompere gli effetti di alcuni istituti legati al decorso del tempo che potrebbero determinare conseguenze legali a voi sfavorevoli.

Ad esempio, è comunemente ammessa anche l’usucapione della proprietà in origine oggetto di comunione tra più persone, quando una di esse, in modo indisturbato e per lungo tempo, si comporta, appunto senza che vi sia alcuna opposizione da parte degli altri proprietari, come proprietaria esclusiva o unica.

Ti consiglio di incaricare al più presto un legale per confezionare, almeno, una lettera di diffida, mentre per il prosieguo della pratica si dovrà poi valutare in base all’esito della diffida stessa.

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diritto

Causa di rivendicazione e usucapione: che fare?

Espongo il mio problema. La rete di recinzione che divide la mia proprietà da quella dei miei vicini non è posta sul reale confine catastale ma 10mt. più dentro rispetto allo stesso, in difetto rispetto alla mia proprietà. Ho intentato una causa di rivendicazione di questo terreno perché ho costruito la mia abitazione su l’attuale confine, in difetto rispetto alle norme del mio comune che prevedono una distanza minima di mt.5. Il mio vicino dichiara di aver sanato la sua invasione per effetto di usucapione e minaccia di chiedere l’abbattimento della mia abitazione. Ora io le chiedo in caso io perda la causa davvero il mio vicino non solo diventerà proprietario del mio terreno ma può anche chiedere la demolizione di casa mia?

È una situazione che richiede un approfondimento molto, ma molto maggiore.

Mi limito a qualche breve cenno, restando inteso che conviene che tu chieda delucidazioni al legale che ti sta seguendo la posizione e che conosce il caso meglio di chiunque altro.

L’usucapione è un istituto basato sul possesso, che è una situazione di fatto, cioè un potere esercitato, anche a prescindere da qualsiasi legittimazione giuridica, su una cosa. In altri termini, un utilizzo, un uso puro e semplice.

Nelle cause in cui si verte, a titolo principale o in via di eccezione, di usucapione, dunque la prova dei fatti riguarda semplicemente l’avvenuto uso di un bene.

La prova pressoché esclusivamente utilizzata per dimostrare gli usi pregressi è quella testimoniale, questo fa sì che una vertenza in cui è coinvolto l’usucapione possa finire davvero in qualsiasi modo, perché nessuno sa cosa esattamente possano venire a dire i testimoni e come ciò che hanno riferito possa venire interpretato dal giudice.

Il secondo grosso problema di questa situazione è che sulle questioni civili si innestano quelle urbanistiche, rispetto alle quali non si può dire nulla di particolareggiato, dal momento che gli strumenti urbanistici variano a seconda della zona in cui ci si trova, anche all’interno dello stesso territorio comunale a volte.

Non so se tu abbia già instaurato la causa di rivendicazione della fetta di terreno in contestazione, ovviamente qualora tu non lo avessi già fatto sarebbe bene fare un adeguato approfondimento di tutti questi aspetti, ed altri (questi sono solo quelli principali e più problematici), che riguardano la situazione.

L’unica cosa che, in generale, si può aggiungere è che anche in situazioni come queste sicuramente una soluzione di tipo amichevole, basata sul raggiungimento di un accordo con il tuo vicino, potrebbe essere tutto sommato quella ideale. Quindi valuta anche di investire su una trattativa col tuo vicino.

Se vuoi approfondire maggiormente, tramite un secondo parere rispetto a quello del legale che ti sta già seguendo, puoi valutare di acquistare una consulenza. Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani, che possono evitarti di cadere in situazioni difficili.

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Ponte costruito su suolo altrui: come muoversi?

Sono proprietario e residente di una casa con terreno confinante a una strada di servitù (accordo stipulato con firma nel 97 tra proprietari e comune) per potervi accedere ho costruito un ponte con autorizzazione del comune, ora il proprietario del mezzo fosso rivendica soldi perché non ho chiesto a lui il consenso/permesso. Come devo comportarmi?

Ti conviene sicuramente trovare un accordo con lui, definendo una somma accettabile per definire la questione.

Il punto è che l’autorizzazione del comune non può in alcun modo pregiudicare i diritti dei terzi, cioè i diritti di proprietà o di altro genere di cui sono titolare altre persone nell’area in questione. L’autorizzazione comunale riguarda solo gli aspetti urbanistici, di sicurezza, viabilità, idrogeologici e così via, ma è evidente che per occupare aree di proprietà altrui occorre sempre il consenso del titolare del relativo diritto.

È vero che esiste una disposizione, che è l’art. 840, comma 2°, del codice civile, secondo cui «il proprietario del suolo non può opporsi ad attività di terzi che si svolgano a tale profondità nel sottosuolo o a tale altezza nello spazio sovrastante, che egli non abbia interesse ad escluderle» però mi pare che l’applicazione di tale principio ad un ponte, che bisognerebbe comunque vedere nelle sue caratteristiche concrete, sia discutibile, anche se certamente una regola così può avere una sua importanza nelle trattative volte alla determinazione di una somma da corrispondere per definire la questione.

Trattandosi di questioni fondiarie ed immobiliari, ti consiglio, per la conduzione delle trattative con il vicino, di incaricare un bravo avvocato, portato alla mediazione, per raggiungere presto e bene una soluzione soddisfacente. Da valutare anche se trascrivere la scrittura con cui formalizzerete l’accordo con il vicino, per renderla opponibile a terzi successivi acquirenti dell’area in questione, nel qual caso occorrerà purtroppo un passaggio dal notaio.

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Che succede quando muore uno dei due titolari di un usufrutto?

Alla morte del padre, mio figlio è divenuto proprietario di 1 appartamento gravato da usofrutto a favore dei 2 nonni paterni. Questo appartamento è affittato a terzi e del contratto è titolare la sola nonna la quale beneficia dell’ammontare dello stesso.
Alla morte di questa, si deve rifare il contratto cambiando il nome del locatore? Il nonno deterrà solo il 50% dell’usofrutto e dunque metà dell’importo dell’affito può essere preteso da mio figlio?
Chi deve riemettere il contratto? Mio figlio o il nonno?

Per sapere che cosa succederà quando ci sarà il decesso di uno dei nonni, bisogna consultare l’atto con cui è stato costituito l’usufrutto e in particolare vedere se è stato previsto o meno il diritto di accrescimento reciproco, che è quello che si fa più comunemente.

Nel caso sia stato previsto questo accrescimento, al momento del decesso l’intero diritto, per capirci, si concentrerà nella titolarità del nonno superstite e tuo figlio rimarrà nudo proprietario esattamente come prima.