Ieri sera ho visto il servizio su Italia1 de Le Iene dal quale venivo a conoscenza del fatto che se hai una controversia con un gestore telefonico, puoi rivolgerti al CORECOM. Si tratta di un organo regionale che si occupa gratuitamente (e quindi lo paghiamo tutti noi gia’ con le tasse) dei casi che riguardano i cittadini contro le aziende di telecomunicazione. Nel servizio i responsabili dicono che e’ sufficiente scaricarsi il modulo da internet, mandarglielo e poi loro ti contattano per risolvere la questione (probabilmente dopo aver preso contatto anche con la compagnia telefonica in questione). A questo indirizzo trovate i vari siti: http://www.agcom.it/par_condicio/comitati.htm
Ho due domande:
1- Qualcuno l’ha provato? Funziona?
2- Io sono andato su internet nel sito del Corecom dell’Emilia Romagna (http://assemblealegislativa.regione.emilia-romagna.it/wcm/al/aal/orgind/corecom/index.htm) Francamente di modelli on-line non ho trovato nulla. Gli scriverò… se qualcuno ha avuto esperienze però faccia sapere. (da it.diritto)
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Telecom, MUX e adsl
Salve, sulla mia utenza telefonica è presente un dispositivo MUX (moltiplatore di linea). Questo dispositivo era utilizzato negli anni ’70 dalla SIP in zone a bassa densità abitativa, per risparmiare sui cavi: in pratica prendevano una linea telefonica e la dividevano per quattro. Questo comportava ovviamente una divisione della banda disponibile ai singoli utenti. All’epoca il problema non si notava troppo, al limite un leggero deterioramento della qualità audio e la linea che cadeva ogni tanto. Oggi, con l’utilizzo delle linee telefoniche per trasmettere dati, le conseguenze sono drammatiche: non è possibile attivare l’adsl su quelle linee, e in caso di navigazione con modem dialup la velocità è divisa per quattro. Ebbene, la Telecom si rifiuta di sostituire le utenze dietro MUX con delle linee convenzionali (ne ha decine di migliaia in tutta italia, la spesa sarebbe esorbitante). Esiste un modo per costringere la Telecom a dotarmi di una linea telefonica normale, per poter finalmente avere l’adsl e uscire dall’età della pietra, contando che la mia bolletta è uguale a quella del vicino? (Giovanni, mail)
Il suo è un problema comune a molti altri utenti Telecom, tant’è che lo scorso anno la stessa Telecom ha cercato di porvi rimedio, cominciando, anche se con qualche difficoltà, ad installare in numerose città (tra cui, purtroppo, non Venezia, la sua città), degli zainetti (nome in gergo per indicare i minicab con interfaccia ethernet), in 130 unità (per la fase iniziale, ma destinati ad aumentare), grazie ai quali si è potuto attivare l’adsl anche in quelle località…più sfortunate, diciamo.
Io credo che, in qualità di utente Telecom, lei abbia pienamente diritto ad usufruire di un servizio efficiente e, soprattutto, adeguato e rispondente alle sue esigenze. Il MUX, come ha detto lei, poteva andare benissimo vent’anni fa, quando, in generale, gli standard qualitativi del servizio telefonico non erano così elevati, e nemmeno si avevano grosse pretese. Ma i tempi cambiano, e l’utilizzo di Internet non è più solo un passatempo; c’è tanta gente che con Internet ci lavora e, oltre a questo, anche le aziende di fornitura gas e acqua, per fare un esempio, stanno convertendo i sistemi di riscossione delle bollette da tradizionali ad online, quindi la mancata fruizione della connessione ad internet di fatto impedisce di usufruire delle tecnologie che dovrebbero far risparmiare tempo e denaro.
Alla luce di tutto questo, direi che sia assolutamente legittimo da parte sua far sentire la sua voce, dapprima con una lettera raccomandata (eventualmente scritta da un legale, per esperienza posso dirle che di solito vengono prese maggiormente in considerazione), poi, in caso di mancato riscontro, presentando un formale ricorso al Corecom della sua regione, dove verrà esperito un preventivo tentativo di conciliazione. Sicuramente non sarà facile ottenere risultati in tempi brevi, ma strade alternative non mi sembra di intravederne.
Sono titolare utenza civile Telecom fruisco connessione p c Nelle ultime 3 bollette ho rilevato nella voce “costi per consumi” telefonate a SATELLITARI INTERNAZIONALI. Telefonando al 187, fui informato che i numeri relativi ai satellitari internazionali erano “truffaldini” per cui potevo pagare la bolletta sottraendone l’importo. Così feci, inviando poi fax del pagamento al n. 800555952. Ricevevo poi, in seguito alla mia richiesta, il dettaglio delle telefonate e i numeri relativi alle telefonate satellitari risultavano essere della GLOBAL STAR e coincidevano, come orari, a connessioni internet (si chiudeva la mia connessione e si installava connessione a questi numeri, senza che io potessi accorgermi) Stessa cosa avveniva per le 2 successive bollette che venivano da me pagate detraendo l’importo delle solite abusive telefonate satellitari. La Telecom contestualmente all’ultima bolletta, mi avvisava di mora per l’intero importo. Ciò il 9/5/2007. Il 9/7/2007 l’utenza telefonica veniva parzialmente disabilitata (chiamate in uscita consentite solo ai numeri 187 ed emergenza) Da successivo colloquio l’ operatore 187 ribadiva la sussistenza morosa ma ammetteva l’esistenza di puntuali reclami e richiesta di disabilitazione verso i numeri satellitari internazionali. Lo stesso operatore mi chiedeva recapito cellulare ponendomi in attesa di comunicazioni verbali o scritte a conclusione della valutazione degli atti. Nell’attesa perdura citata disabilitazione parziale utenza. Domando se procedura è legale, se generico avviso di mora inserito in fattura successiva giustifica sospensione parziale del servizio senza specifica intimazione. Chiedo lumi su eventuali iniziative tutelative da intraprendere in questo periodo transitorio. Infine se sia prudente sporgere denuncia alle autorità di polizia giudiziaria. (Giovanni, via mail)
In questa vicenda ci sono diversi profili da valutare. Innanzitutto sarebbe bene capire il motivo tecnico, e quindi fattuale, di queste chiamate: perchè avvengono? Con ogni probabilità si tratta di un dialer o di un meccanismo simile. La prima cosa da fare quindi è verificare lo stato del computer utilizzato, per vedere se c’è un virus, o comunque un malware, che può aver installato un dialer o un meccanismo del genere. Naturalmente, prima di toccare il computer, è indispensabile fare, alla presenza di almeno un paio di testimoni, un backup completo dello stesso allo stato attuale, dal momento che in seguito potrà esserne necessario disporne per poter dimostrare la presenza del malware. Il consiglio è quello di usare un hard disk esterno, da ricopiare poi magari per ridondanza anche su un altro disco, creando una immagine con software come Acronis o simili, senza usare dischi ottici che come tali non garantiscono sufficiente affidabilità.
Un secondo aspetto da valutare è poi quello della responsabilità del call center. Purtroppo, inevitabilmente accade sempre che quello che viene sostenuto dai call center viene smentito in sede di fatturazione o comunque dalla compagnia telefonica. Nel Regno Unito, dove hanno pochissime leggi, ne hanno fatta una apposta per prevedere che quello che sostengono i vari operatori faccia testo, anche se poi sbagliato, una volta che viene comunicato al cliente. Da noi naturalmente non è così e i call center sono solo una presa in giro, utile solo per perdere tempo proprio quando si ha un problema e non si avrebbe tempo da perdere. In ogni caso, nel nostro paese, finchè non si scrive una raccomandata con tutti i crismi è come non aver fatto nulla. Quindi, il primo consiglio potrebbe essere quello di scrivere una raccomandata con a/r alla sede legale di Telecom – non usare mai i centri consumatori, centri reclami e altre baggianate del genere, scrivere sempre quantomeno anche alla sede legale – in cui contestare queste spese, chiedendo, visto che il servizio nel frattempo è stato sospeso, la sua immediata riattivazione, sotto pena, in difetto, del risarcimento del danno, allegando naturalmente tutti i pagamenti effettuati ed indicando la motivazione della loro riduzione rispetto alla somma portata in fattura.
In ogni caso, poi, quand’anche la responsabilità delle chiamate a numeri satellitari fosse di un dialer, Telecom italia non se ne può lavare le mani. Numerose sentenze hanno stabilito che il dovere di buona fede che grava su tutte le parti di un contratto impone a Telecom di avvertire il proprio cliente quando si verifica un uso anomalo della propria connessione telefonica. Sulla base di questo principio, numerosi utenti, che si erano visti recapitare bollette esagerate per l’uso dei dialer, hanno ottenuto il rimborso o l’accertamento da parte del Giudice che non doveva pagare nulla a Telecom. In questo caso, lascio ai lettori valutare la buona fede praticata da Telecom, che, prima, tramite il suo call center, dice al cliente di non pagare e, poi, dalla sede centrale, gli interrompe addirittura la linea telefonica.
Per quanto riguarda, infine, la legittimità dell’interruzione del servizio, c’è appunto da dubitarne. Innanzitutto il lettore ha fatto affidamento su quanto riferitogli da un funzionari della stessa Telecom tramite il call center, anche se questo, come abbiamo visto prima, sarà difficile da dimostrare. In ogni caso, il suo inadempimento è stato parziale e il distacco non è stato preceduto da una formale messa in mora, inviata con lettera raccomandata a/r separata dalla fattura. Direi che il distacco sia dunque illegittimo e che ci siano anche i presupposti per il risarcimento del danno.
Vi segnalo questa interessante ordinanza del Tribunale di Modena, secondo cui il gestore telefonico o di telecomunicazioni non può procedere al recupero del credito in via monitoria direttamente, ma deve prima, anch’esso, promuovere il tentativo di conciliazione. Quindi se un cliente non paga, la Telecom, ad esempio, non può notificargli direttamente un decreto ingiuntivo, una ingiunzione di pagamento, ma deve prima promuovere il tentativo di conciliazione.
Ordinanza
Pronunziata il 07/06/2007
Depositata il 08/06/2007
TRIBUNALE DI MODENA
SEZIONE PRIMA CIVILE
Il Giudice istruttore, dott. G. Pagliani, ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
Nella causa civile iscritta al n. 1313/07, a scioglimento della riserva
d’udienza odierna;
rilevato, in primo luogo, che:
l’opposizione a decreto ingiuntivo non è tardiva, in quanto il decreto
ingiuntivo è stato notificato in data 4/1/07 e l’opposizione risulta
notificata a mani in data 13/2/07; in proposito non possono esservi
dubbi, essendo l’indicazione del timbro datario “13 GEN 2007”
palesemente attribuibile ad errore materiale, in quanto l’atto risulta,
da altri appositi timbri, consegnato agli ufficiali giudiziari il
13/2/07, in pari data scaricato, e l’adempimento “fatto avviso alla
cancelleria”, necessariamente posteriore alla notifica, risulta apposto
il 14/2/07;
rilevato, in secondo luogo, che:
parte attrice opponente eccepisce il mancato esperimento del tentativo
obbligatorio di conciliazione, previsto contrattualmente dalla clausola
n. 13, punto 2, con riferimento espresso a “i criteri, le condizioni, i
termini e le modalità per la soluzione non giurisdizionale delle
controversie stesse stabiliti dall’Autorità per le Garanzie nelle
comunicazioni (…) in particolare, per le predette controversie,
individuate con provvedimenti dell’Autorità, non potrà essere proposto
ricorso in sede giurisdizionale fino a che non sia stato esperito un
tentativo obbligatorio di conciliazione da ultimare entro 30 (trenta)
giorni dalla proposizione dell’istanza alla suddetta Autorità. A tal
fine, i termini per agire in sede giurisdizionale sono sospesi fino alla
scadenza del termine per la conclusione del procedimento di conciliazione”;
parte convenuta opposta contrappone l’inapplicabilità della prescrizione
del tentativo obbligatorio di conciliazione alle controversie a
contraddittorio differito, quali il procedimento monitorio, dovendosi
ritenere che la normativa in questione si riferisce solo all’azione
giurisdizionale ordinaria, soggetta al principio del contraddittorio
immediato, ma non al procedimento senza contraddittorio introdotto con
le forme speciali di cui all’art 633 c.p.c. (secondo quanto affermato da
Trib. Torino, III, 2/12/05, in: Giur. merito 2006, 1667);
ritenuto che:
sono analogicamente applicabili nella fattispecie, per identità di
ratio, le regole fissate dall’art. 412 bis C.p.c. al tentativo di
conciliazione previsto nella materia in esame dal richiamo contrattuale
esplicito (cfr. clausola n. 13, punto 2, con oggetto: “le controversie
tra Satcom e il Cliente”), e comunque dall’art. 3 dell’allegato A alla
delibera n. 182/02/Cons, vale a dire del “Regolamento di procedura
relativo alle controversie fra organismi di telecomunicazioni ed utenti”
(adottato con deliberazione 19 giugno 2002 dall’Autorità per le garanzie
nelle comunicazioni – G.U., serie generale, n. 167 del 18 luglio 2002 -,
sulla scorta dell’art. 1, comma 11, l. 31 luglio 1997, n. 249);
a tale conclusione non osta la considerazione che il procedimento
ingiuntivo abbia lo scopo di giungere alla celere formazione di un
titolo esecutivo mediante cognizione sommaria e senza contraddittorio,
non ritenendosi la ratio di deflazionare il contenzioso ordinario
incompatibile con le finalità del procedimento monitorio; il problema
sorge, se mai, dalla struttura del procedimento per ingiunzione, che non
consente, nei ristretti tempi dettati per l’opposizione, di esperire
utilmente il tentativo di conciliazione previsto dalla norma e, quindi,
tale fase deflativa deve essere posticipata alla successiva fase di
cognizione ordinaria del giudizio di opposizione; con l’ulteriore
considerazione che, se la finalità della conciliazione obbligatoria è
quella di “deflazionare il ricorso allo strumento giudiziario in
relazione alle controversie di tipo seriale” (cfr. Trib. Bologna, ord.
4/2/06, est. Marulli, in: www.giuraemilia.it), tale finalità è
pienamente compatibile con le procedure monitorie di ricupero del
credito per il pagamento del traffico telefonico;
ritenuto, pertanto, che alla constatazione dell’omesso esperimento di
tale tentativo il giudice debba procedere non alla definizione in rito
della controversia, ma alla sua sospensione, con concessione di termine
per l’espletamento della conciliazione;
P. Q. M.
rigetta l’eccezione di tardività dell’opposizione;
sospende il giudizio;
assegna alle parti termine di giorni sessanta dalla comunicazione della
presente ordinanza per promuovere il tentativo di conciliazione indicato
in parte motiva.
Si comunichi
Modena, 7/6/07.
Il Giudice istruttore
(Dr. G. Pagliani)
Depositata in Cancelleria il 08 GIU 2007
i disservizi telematici
I servizi telematici sono considerati dalla legge italiana un servizio di pubblica utilità e tutti sono d’accordo sulla opportunità di avanzare sempre più verso la società dell’informazione, per i vantaggi in termini di comunicazioni, trasparenza, occasioni professionali e personali. Però bisogna dire che nel nostro Paese c’è ancora molta strada da fare. Quotidianamente gli utenti rimangono vittima di disservizi da parte di grandi o piccoli operatori. Come comportarsi in questi casi? Di seguito vengono riportati alcuni dei più comuni problemi riscontrati dai consumatori, ricordando che, in tutti i casi, è bene non affidarsi mai all’improvvisazione o all’istinto o, peggio, lasciarsi sopraffare dalla delusione e dallo sconforto. In particolare, è bene non dare mai luogo ad una sospensione unilaterale dei pagamenti, anche quando sarebbe magari giustificata, perché questo comporta il rischio di vedersi arrivare un provvedimento di ingiunzione magari da un Tribunale posto a centinaia di chilometri di distanza, di fronte al quale poi diventa difficile riuscirsi a gestire. E’ opportuno sempre, comunque, dispiegare le proprie ragioni per iscritto, con il sistema della raccomandata a ricevuta di ritorno da inviare al provider. Successivamente, se il problema non viene risolto, bisogna valutare se intentare una vera e propria causa o rinunciare. In ogni caso, bisogna arrivare a chiarire in modo ufficiale e per iscritto la situazione: non è mai indicato fare affidamento, in caso di problemi, sulle rassicurazioni telefoniche date dai vari call center. Per tutti i problemi di questo genere, comunque, un ottimo consiglio può essere quello di stipulare, naturalmente prima dell’insorgere degli stessi, un’assicurazione di tutela giudiziaria, che copre le spese legali, che in questi casi sono spesso lo scoglio più duro da affrontare.
(1) IL COLLEGAMENTO ADSL DIVENTA ECCESSIVAMENTE LENTO ED IMPOSSIBILE DA USARE. E’ una situazione purtroppo comune a moltissimi utenti di grandi provider, basta leggere i newsgroup e i forum sparsi per la rete per vedere le relative lamentele e rendersene conto. Dal punto di vista legale, bisogna distingue tra contratti con banda garantita o senza. Nel primo caso, si ha senza dubbio un inadempimento del provider che, come tale, può condurre alla risoluzione del contratto. Nel caso, invece, in cui la banda non è garantita, come nella stragrande maggioranza dei contratti di tipo “consumer”, allora è più difficile sostenere con sicurezza che vi è stato un inadempimento del provider, anche se, quando la navigazione diventa impossibile perché, ad esempio, si ricevono in continuazione errori di time-out dal browser, ci sono certamente ottimi argomenti per sostenerlo. In ogni caso, il cliente vittima del disservizio deve inviare alla sede legale del provider, rinvenibile facendo una ricerca al sito www.infoimprese.it, una raccomandata a ricevuta di ritorno in cui gli intima di ripristinare la funzionalità del servizio entro 15 giorni dal ricevimento restando inteso che, in difetto, il contratto si intenderà risolto di diritto. Questa lettera si chiama diffida ad adempiere ed è prevista dall’art. 1454 del codice civile. Se, al termine dei 15 giorni, il servizio non è stato ripristinato, il cliente può ritenersi libero da ogni obbligazione, anche se il provider conserva sempre la possibilità di contestare quanto sostenuto dal cliente stesso.
(2) IL COLLEGAMENTO DOPO LA DIFFIDA VIENE RIPRISTINATO MA SOLO PER UN BREVE PERIODO. Anche questa è una ipotesi che si è verificata in non pochi casi: utenti esasperati inviano la diffida ad adempiere al proprio provider il quale, senza dare alcuna risposta per iscritto, ripristina la funzionalità del servizio entro i 15 giorni riallargando la banda disponibile. Il cliente, in questo modo, può tranquillamente navigare e usare internet, peccato che dopo circa un mese si ripresentino di colpo gli stessi problemi di cui sopra ed il servizio smetta di funzionare. Evidentemente, si tratta dell’ennesima presa in giro. In questi casi, la cosa migliore è portare ancora un po’ di pazienza e spedire una seconda diffida, sempre con raccomandata a ricevuta di ritorno, nella quale si fa riferimento esplicitamente alla precedente diffida e a quanto accaduto in seguito, invitando ad un ripristino del servizio che sia definitivo e precisando che, in caso di sistemazione solo temporanea del servizio, il contratto si intenderà allora risolto senza ulteriore comunicazione, intimando sempre il termine di 15 giorni previsto dalla legge. Alla scadenza occorrerà valutare a seconda di quello che avrà o non avrà fatto il fornitore.
(3) IL CONTRATTO VIENE FINALMENTE SCIOLTO MA NON VIENE LIBERATA LA “PORTANTE”. Anche questo è un problema molto frequente. Spesso, come si è visto, i consumatori devono sudare sette camicie per ottenere lo scioglimento da un contratto che non va e poter, finalmente, interrompere i pagamenti. In molti casi, tuttavia, il “vecchio” contratto continua ad essere tra i piedi anche dopo la cessazione. Questo accade perché tecnicamente occorre che il precedente provider liberi la cosiddetta “portante” dalla linea telefonica su cui correva il collegamento ADSL affinchè il nuovo provider possa attivare il servizio. I tempi per ottenere la “liberazione” della propria linea telefonica possono essere di diverse settimane, con il rischio di restare senza collegamento internet per il periodo corrispondente, cui andrà sommato quello per la nuova attivazione, che non è mai immediata. In questi casi, la cosa migliore, purtroppo, è quella di prendere dalla Telecom una nuova linea, con un nuovo numero, se proprio si ha bisogno che il collegamento non si interrompa. Ovviamente, prima di farlo, è bene comunque mandare la solita raccomandata al “vecchio” provider con richiesta di liberare entro 3 giorni dal ricevimento la portante e con riserva di richiedere il risarcimento dei danni in caso contrario. Se la raccomandata sortisce effetto, allora si può mantenere la vecchia linea e il vecchio numero, altrimenti si può prendere la nuova linea, per poi valutare con tutta calma se fare causa al precedente provider per le spese e i fastidi subiti a causa del mancato liberamento della portante.
(4) CHIUSURA DI PORTE RELATIVI A FONDAMENTALI SERVIZI INTERNET. E’ accaduto anche questo: un grande provider italiano, adducendo non meglio precisati motivi di sicurezza, ha deciso che da un giorno all’altro non dovevano più essere disponibili, nei collegamenti con indirizzo IP variabile, le porte 25, 110 e 143 che, come noto, sono quelle che servono per la posta elettronica (rispettivamente per i protocolli smtp, pop3 e imap). Senza comunicare niente a nessuno dei suoi utenti, ha chiuso completamente queste porte, con il risultato che chi aveva installato un server di posta a casa o in ufficio, raggiungibile dall’esterno tramite il collegamento adsl di questo provider e con i sistemi di riassegnazione dinamica degli indirizzi ai domini, non ha più potuto utilizzarlo. Anche questo intervento è illegittimo e i consumatori si sono giustamente ribellati. Pure in questa ipotesi è necessario inviare la diffida ad adempiere, dove si fa presente che l’utilizzo di queste porte è fondamentale per il servizio adsl, dal momento che sono indispensabili per l’utilizzo dei servizi di base che integrano la stessa internet. Molti consumatori, comunque, hanno risolto il loro problema passando a contratti di categoria superiore dello stesso provider che non soffrivano queste nuove limitazioni.
In data 25 marzo 2003 ho fatto richiesta a Tiscali per un contratto adsl ligth sempre col modem. il modem è arrivato dopo 4 giorni dalla stipula, ancora oggi, in data 16 maggio 2003 non mi è stata attivata la linea. Chiamo quasi tutti i giorni, e ho fatto inoltrare ben 5 reclami, ma nulla. La sola risposta che ricevo è che la pratica è ancora in lavorazione presso telecom. Non ne posso più, cosa posso fare? posso disdire tutto e rimandargli il modem indietro? Grazie mille per l’attenzione prestatami.
La prima cosa da leggere, non solo quando ci si trova oramai di fronte al problema, ma se possibile anche prima di ordinare il collegamento adsl, sono le condizioni generali di contratto che a mente del codice civile sono vincolanti anche se non sottoscritte ma solamente conoscibili – cosa che in questo caso si ha sicuramente visto che sono comodamente rintracciabili via web. Ed infatti ad oggi le condizioni generali praticate da Tiscali si trovano all’indirizzo http://point.tiscali.it/adsl/documenti/contratto.html.
Ognuno dei grandi provider, di fatto, si riserva sempre circa i possibili ritardi nell’attivazione del collegamento, perché gli stessi dipendono da quel grande e unico fornitore che è Telecom. Al momento attuale, peraltro, per prassi Telecom attiva le adsl degli altri provider con un mese abbondante di ritardo dalla richiesta, mentre attiva subito le “sue” come Alice e simili. Ad ogni modo, ed al di là della correttezza commerciale o meno di questa prassi, che attiene alla concorrenza tra i vari fornitori, questi tempi di attivazione non dipendono dal provider, nel nostro caso da Tiscali, il quale si è riservato di non rispondere per eventuali problemi cagionati “a monte” con una clausola che è vincolante per tutti i suoi clienti, secondo l’art. 1341, comma 1°, cod. civ. anche se il cliente di fatto non l’ha mai vista né ne ha mai sentito parlare. E’ sufficiente che il testo di questa clausola fosse raggiungibile e visionabile “con l’ordinaria diligenza” cioè, nel nostro caso, andandola a cercare nel posto dove più probabilmente si sarebbe potuta trovare e cioè il sito web di Tiscali.
Detto questo, un altro paio di maniche è la correttezza di comunicare questa situazione di generalizzato ritardo al momento della stipula del contratto – ma se questo avviene on line è anche vero che non ci sono certo le occasioni di dialogo che si hanno con i negozi tradizionali.
Faccio seguito alla famosa storia del contratto ADSL LIGHT stipulato in data 23 novembre 2001 con la società Wind Infostrada S.p.a a cui avevate dato risposta in merito, e pubblicato il mio caso sul sitto www.puntoadsl.net http://www.puntoadsl.net. Sono sempre io Christian Bedendi, è la società sopra citata dopo aver riconosciuto il guasto irrisolvibile imputabile a loro, mi ha dichiarato che non intendere recedere dal contratto, morale, la mia adsl light non funziona, e non mi staccano perchè dicono che la durata legale del contratto è di un anno. Posso chiedergli i danni, dato che non mi forniscono un servizio per un loro guasto e che non rescindono il mio contratto togliendomi la possibilità di abbondarmi ad altro provider? (Christian, via mail)
Si ribadisce che il lettore ha il diritto di richiedere la risoluzione del contratto e di non pagare più il corrispettivo dovuto per la fornitura del servizio. Il recesso è una cosa, la risoluzione un’altra. Il recesso, che, è bene dirlo subito, nel caso in questione non c’entra niente, è il diritto di una parte di “togliersi” unilateralmente da un contratto, di solito per il trascorso di un certo periodo di tempo e dopo un certo preavviso. Così ad esempio nei contratti annuali ogni parte ha diritto di recedere entro tre mesi dalla data di rinnovo del contratto, restando inteso che, in mancanza, il contratto si intenderà tacitamente rinnovato per un altro anno. Il recesso, insomma, di solito è una modalità attinente allo svolgimento normale del contratto. La risoluzione per inadempimento si ha, invece, quando una delle parti non fa quello che, a mente del contratto, dovrebbe fare. In questo caso l’altra parte, ovviamente, ha tutto il diritto di non eseguire la propria prestazione, cioè pagare, ad esempio, il corrispettivo, e di sciogliere il contratto. Nel nostro caso, se il provider non fornisce il servizio ADSL è inadempiente rispetto ad una obbligazione fondamentale del contratto, che ha proprio per oggetto l’erogazione del servizio di accesso ADSL. Il lettore, pertanto, ha il diritto di non pagare più il contratto e, anzi, di scioglierlo definitivamente. Questo diritto si esercita inviando alla controparte una lettera raccomandata a ricevuta di ritorno con la quale la si diffida dal ripristinare il funzionamento del servizio restando inteso che, in mancanza di ciò entro 15 giorni, il contratto si intenderà risolto. Se la controparte, nel nostro caso cioè il provider, non fa funzionare la ADSL entro il termine previsto il contratto è da ritenersi definitivamente sciolto. In questo contesto, se il provider richiede un pagamento lo fa illegittimamente e il consumatore può rifiutarsi di provvederlo. In caso di problemi, a questo punto, diventa indispensabile rivolgersi ad un Giudice, che, nel nostro caso, sarebbe il Giudice di Pace del luogo di residenza del consumatore di fronte al quale, se la controversia non supera l’importo di 1.000.000 di vecchie lire, il lettore può stare in giudizio anche da solo, senza l’assistenza di un legale.
Come mai per prendere una nuova o comunque una seconda linea telefonica occorre sborsare oltre 400.000 lire? E’ una domanda che, con la diffusione di Internet e comunque dell’uso del modem, si sono fatti in molti. Infatti, una seconda linea telefonica è molto più comoda per la connessione alla rete e consente appunto ai navigatori di agire indisturbati e … senza a loro volta disturbare le attività altrui.
In effetti, il costo per l’installazione di una nuova linea presso Telecom è composto da 200.000 lire di attivazione più 200.000 di deposito cauzionale. Quest’ultimo è appunto un ammontare che Telecom prende in deposito dall’utente, per restituirglielo alla fine del contratto (cioè magari anche dopo molti anni), e che serve come garanzia per Telecom in caso di inadempimento da parte dell’utente.
In realtà, però, la clausola che prevede il pagamento di tale deposito è di molto dubbia validità.
Innanzitutto, non è prevista la corresponsione di interessi, per cui ad esempio chi ha versato a Telecom nel 1950 £ 200.000 e disdice il contratto nel 2001 si vede restituire le stesse medesime £ 200.000; ciò mentre è ovvio che la somma nel frattempo ha fruttato degli interessi che Telecom ha incamerato.
In secondo luogo, chi garantisce l’utente in caso di disservizi sulla linea telefonica? Mentre Telecom ha una somma di denaro su cui soddisfarsi in caso di problemi da parte dell’utente, quest’ultimo non ha in mano niente in caso di problemi dovuti a Telecom.
Ciò contrasta con la nuova legge di tutela del consumatore contenuta nel codice civile che vuole che il regolamento contrattuale, cioè l’insieme dei patti e delle clausole contenute in un contratto, sia equilibrato e non a favore della parte “forte” del contratto stesso e correlativamente a favore dell’altra.
Telecom si è adeguata solo in parte a questa nuova legge, stabilendo che il deposito cauzionale non è più necessario solo per gli utenti che pagano con sistemi tipo carta di credito o domiciliazione bancaria, restando invece necessario in tutti gli altri casi. Resta infine da aggiungere che anche il secondo gestore della telefonia, Omnitel Pronto Italia, non si è fatto sfuggire la lezioni della “vecchia monopolista” Telecom e ha previsto infatti, all’articolo 6.5. delle sue condizioni generali di contratto, l’obbligo di un deposito infruttifero, che appunto può essere evitato solo con determinati sistemi di pagamento.
Contro queste clausole, nei casi in cui continuano ad avere vigore, bisognerebbe si mobilitassero le associazioni dei consumatori alle quali la legge concede il potere di ricorrere al giudice affinchè vieti per sempre alla società convenuta l’utilizzo di determinate pattuizioni contrattuali.