Ti aggiorno sulla mia situazione giga e telefonia, di cui al precedente post della scorsa settimana.
Ho telefonato tutti i giorni al servizio 191 per gli utenti business.
Ogni volta ho trovato un operatore che ha capito il problema, detto che ho ragione, promesso che, al massimo il giorno dopo, il servizio sarebbe stato ripristinato, con tante scuse da parte dell’azienda e così via.
Il servizio, tuttavia, non è mai stato ripristinato.
Al momento, non posso né telefonare, né connettermi alla rete, come se fossi un cliente moroso, quando invece i miei pagamenti sono tutti regolari. Oltre che per i servizi mobili, sono loro cliente, peraltro, sia per la fibra in studio che per la fibra a casa e dunque infilo loro in gola ogni mese un certo numero di euro.
Ho ovviamente fatto presente che la connessione non mi serve per vedere netflix, che tra parentesi detesto, ma per lavorare e cioè per fare appuntamenti tramite zoom, telefonia gsm e voip, come é del resto normale che sia se uno sottoscrive un contratto di tipo business e non per privati.
Non c’è stato niente da fare.
L’ultima operatrice con cui ho parlato, più indignata di me, mi ha giurato sui suoi figli che mi avrebbe richiamato il giorno dopo, cosa che però poi non è avvenuta tanto che sono preoccupato, adesso, sia per lei che per i suoi figli.
Qui non è Tim ad essere inaccettabile, il fatto è che un problema del genere sarebbe potuto capitare, e sono sicuro che capita, a tutti i clienti di qualsiasi operatore telefonico italiano.
Nel nostro paese, infatti, la liberalizzazione dei servizi telefonici ha comportato la compresenza di diversi player, nessuno dei quali tuttavia é ad oggi in grado di offrire un livello di servizio minimamente accettabile.
Sì certo, tu hai q-lophon e non hai mai avuto dei problemi, ma il punto é che é solo un caso. Se domani smetti di poter telefonare e di connetterti alla rete, potresti trovarti in una situazione identica alla mia in cui tutti dicono che hai ragione, anzi ragionissima, ma nessuno fa un razzo.
Tutte le telefonate col 191 sono registrate, naturalmente, compresa quella di attivazione del contratto poi totalmente inadempiuto da Tim.
A proposito, per registrare le chiamate, dopo che google – altra azienda priva da sempre di una visione con un minimo di validità – ha inibito la possibilità di farlo alle applicazioni di terze parti, bisogna sfruttare le app di telefonia del proprio produttore: col mio Note 10+ (sì, uso ancora un telefono di 4 anni fa e spero di continuare il più a lungo possibile) é stato sufficiente inserire una sola volta una SIM thailandese per sbloccare la relativa funzione. Altro modo per registrare le chiamate é quello di usare una applicazione VoIP come zoiper.
Appena possibile metterò le chiamate registrate online così ognuno potrà divertirsi a sentire le risposte del servizio clienti.
Nel frattempo, lato pratico – siccome i miei assistiti fanno affidamento su di me – mi sono procurato una SIM di un altro operatore con 300 giga mensili e un router portatile.
Lato legale invece ho fatto un esposto all’agcom.
A questa autorità, infatti, possono ricorrere, grazie a Dio, non solo i celebri «consumatori», ma anche i professionisti come me e gli imprenditori, cioè le utenze business appunto.
Mi sembra molto giusto, non è che si possa consentire alle imprese di telecomunicazioni di vessare una determinata categoria di clienti solo perché di natura professionale. Del resto, noi utenti business di fronte a situazioni come la mia e ai mille altri disservizi siamo indifesi esattamente come un consumatore.
All’agcom ho potuto allegare tutta la documentazione del caso, tra cui anche i files mp3 delle telefonate registrate, previa conversione da m4a con hazel e ffmpeg.
Una cosa carina di questa procedura di esposto ad agcom é che, subito dopo averla instaurata, puoi chiedere anche un provvedimento cautelare, nei casi, come il mio, in cui il servizio é interrotto completamente.
Ovviamente, ho chiesto anche il provvedimento cautelare. Promettono una risposta entro 10 giorni, staremo a vedere.
Se non risolverò in sede agcom, farò una causa legale facendomela finanziare e assicurare dalla mia compagnia di tutela legale.
In ogni caso, verrò risarcito.
Nel frattempo, siccome da un lato conosco il paese in cui vivo e, dall’altro, ho delle responsabilità verso i miei clienti, che hanno bisogno di parlare con me, mi sono arrangiato per garantire comunque il servizio, cosa che come cennavo nel post della settimana scorsa é frutto di un mindset preciso orientato a fare comunque il lavoro, mindset che posso avere solo in quanto, nonostante tutto, il mio lavoro mi piace.
Se vuoi restare aggiornato sulla vicenda ti raccomando di iscriverti al blog degl avvocati dal volto umano, dove metterò tutto il materiale.
Come sai, da molti anni utilizzo per la telefonia dello studio un sistema VoIP, di cui ho già parlato più diffusamente in questo precedente post.
Uno dei software più interessanti per il Mac e per Android è Zoiper.
Un problema che ogni tanto si può presentare, e che impedisce di effettuare chiamate in uscita, è l’impostazione errata di uno STUN server, specialmente col provider OpenVoip che utilizzo io ormai da anni, sin dall’inizio.
L’errore che a volte viene incontrato è quello che si può vedere di seguito:
Uno dei consigli che si può trovare in rete, con una breve ricerca di google, è quello di disabilitare del tutto l’utilizzo del server STUN
Che, in effetti, è settato di default su quello di zoiper:
In realtà, con OpenVoip si può inserire lo STUN server dello stesso fornitore:
Per risolvere il problema, dunque, puoi inserire lo stun server di OpenVoip, o del tuo diverso fornitore di telefonia, nel campo STUN server, salvare e basta.
A questo punto dovrebbe essere tutto a posto.
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Dopo il mio passaggio ad Android, di ormai un po’ di tempo fa, mi avete chiesto in molti quale è il terminale migliore.
Ovviamente non esiste una risposta assoluta a questa domanda, dipendendo sempre dalle esigenze di ognuno.
Personalmente, dopo aver usato un moto Z play, di Motorola, che, peraltro, é ancora un eccellente telefono, con una batteria impareggiabile, peraltro aggiornato ad Oreo proprio in questi giorni – sono passato a Samsung Note 8, un telefono da molti considerato tra i migliori disponibili.
Personalmente, tuttavia, pur continuando ad usarlo con profitto, ritengo presenti alcuni difetti da considerare, che mi sembra utile condividere con voi, per aiutarvi nella scelta del vostro smartphone.
Il primo problema è la durata della batteria, che è davvero scarsissima. Impossibile, usandolo in modo medio / intenso, arrivare oltre il primo pomeriggio, cosa che é inaccettabile. Personalmente, ho risolto con una cover con batteria, che tuttavia ha appesantito molto il telefono, coprendone integralmente il design. C’è gente che giura di arrivarci a sera, probabilmente non telefonano se non per pochi minuti e per il resto del tempo per lo più lo tengono in tasca.
Un altro problema piuttosto fastidioso almeno per me è la estrema sensibilità al surriscaldamento. Adoro prendere il sole e non ho mai avuto problemi col il mio vecchio Moto. Con il Note, invece, dopo pochi minuti sotto al sole il terminale si blocca per raggiungimento – a suo dire – di temperatura eccessiva e diventa così impossibile continuare ad usarlo. Per fortuna, con la cover presa per il problema di cui sopra, anche la problematica del surriscaldamento si è attenuata e così posso usarlo abbastanza bene anche sotto al sole.
Questi due primi problemi, peraltro, sono, anche se nessuno lo dice, evidentemente figli dello scandalo del note 7, modello ritirato dal mercato due anni fa, con grandi danni economici e di immagine, per Samsung perché alcuni esemplari erano esplosi. Gli ingegneri coreani, avendo paura di prendere un altro colpo del genere, hanno messo una batteria più piccola e sicuramente sottodimensionata (ovviamente dicono che per compensare hanno «ottimizzato» i consumi energetici, ma non è vero o comunque non conta un cazzo) e soprattutto hanno tarato in modo sensibilissimo i sensori di temperatura. Così il Note 8, figlio delle paure di Samsung, é nato di fatto come un prodotto molto limitato da questo punto di vista, anche perché per uso professionale, categoria cui punta la serie Note, la batteria è essenziale.
Un’altra cosa che non mi è piaciuto é lo slot dual SIM di tipo ibrido e la disponibilità solo di 64g di RAM a bordo. Slot ibrido significa che non puoi avere contemporaneamente una memory card e una seconda sim ma devi scegliere: o metti la SD card o la seconda sim. Posto che due sim per uso professionale o comunque avanzato di un telefono sono indispensabili, Samsung avrebbe dovuto ingegnerizzare il cassettino in modo da farci stare tutte e tre le schede contemporaneamente, come avviene in molti altri telefoni, tra cui sempre il mio Moto Z play. A riguardo, ho risolto o per meglio dire rimediato con una piattina di Simore, dove tieni la seconda sim all’esterno del cassettino lungo il corpo del telefono.
Così il mio Note 8 sembra un po’ un piccolo mostro Frankenstein, con aggiunte di qua e di là fatte per colmare sue carenze strutturali, che, tutto sommato, non sono appunto accettabili in un terminale di questa categoria, prezzo e pregio.
Nemmeno la gestione dual SIM è stata ben ingegnerizzata a livello software. Ad esempio, non è possibile assegnare una certa sim ad un certo contatto, in modo che ogni qual volta si chiama quel determinato contatto lo si faccia col numero che si preferisce e vuole esporre, che mi sembra proprio il minimo sindacale per chi usa un terminale dual SIM.
Parlare delle differenze tra sistemi operativi rischia di essere ozioso, perché in buona parte la scelta di un sistema piuttosto che un altro è dovuta al caso, all’abitudine, alla tradizione, ai consigli degli amici e, in qualche ipotesi, anche ai propri gusti personali; inoltre c’è il rischio di scadere nella tifoseria, esattamente come avveniva ai vecchi tempi, quando si assisteva, nei forum di discussione, a dispute interminabili tra utenti dei sistemi Windows e utenti Apple.
Oggi, che siamo nell’era post-pc, si rischia appunto di riproporre lo stesso confronto, non più tra i vecchi contendenti da scrivania, ma tra i sistemi operativi mobili, quindi iOS di Apple da un lato e Android di Google dall’altro.
In questo post, tuttavia, cerco di dare un contributo di tipo costruttivo, con riguardo principalmente alla maggior o minor produttività di una scelta rispetto all’altra e quindi alle cose in più che si possono fare con una periferica rispetto all’altra o alle cose che si possono fare meglio e viceversa.
Io stesso consiglio sempre di provare, e di farlo per un certo range di tempo (non è sufficiente giocarci per qualche minuto, occorre un uso in qualche modo di «produzione» per settimane o mesi), i vari sistemi disponibili, confrontandoli, paragonandoli tra loro e vedendo come ognuno di essi offra una soluzione o un punto di vista alle esigenze che gli utenti volta per volta manifestano.
Recentemente, mi sono riavvicinato al mondo Android che mi interessa sempre sperimentare per vedere quali soluzioni implementa e se può garantire una maggiore produttività rispetto agli ambienti Apple; devo dire di esserne rimasto impressionato. Anche perché i difetti di iOS sembrano ormai qui per restare e non essere superati o in qualche modo risolti da Apple, anche alla luce delle ultime presentazioni di prodotti e aggiornamenti software.
Ancor più tempo addietro, avevo avuto un Nexus 4 che avevo poi rivenduto, trovando il sistema all’epoca abbastanza immaturo, anche se ad Android non avevo detto addio, ma semplicemente arrivederci, proprio perché in alcuni punti avevo intravisto delle buone potenzialità.
Ultimamente, mi sono comprato, reperendolo sul mercato dell’usato ad un prezzo molto conveniente, un Nexus 6, quindi un terminale di penultima generazione – attualmente è disponibile il Nexus 6P, e tra poco dovrebbero uscire i nuovi Nexus – ed è quello che sto utilizzando in questo periodo, ed anche in questo momento per la redazione di questo articolo (per lo più tramite dettatura vocale).
Le differenze in generale.
In generale i dispositivi iOS sono meglio rifiniti, più eleganti, più stilosi e piacevoli da guardare e utilizzare; per contro però sono più ingessati, più chiusi, più costretti in scelte che provengono direttamente da Apple. Anche a livello di interfaccia, la libertà concessa all’utente è sicuramente minore (mancano, su iOS, i widget, che sono invece comodissimi per un accesso diretto ad alcune funzioni personalizzate o alla ricerca su google).
Per converso i dispositivi Android, che appaiono anche icto oculi meno rifiniti e meno eleganti, nonostante tutto, di iPhone e iPad, offrono una versatilità molto maggiore, senza – almeno nella mia esperienza – che a questa maggior versatilità faccia da contraltare negativo una maggiore instabilità, dal momento che oggigiorno i dispositivi con sistema operativo Apple e quelli con sistema operativo Google sono, appunto a mio giudizio, abbastanza equivalenti da questo punto di vista (chiaramente il discorso può variare a seconda del terminale che si utilizza).
Se, comunque, in generale i prodotti destinati all’utilizzo in mobilità di Apple sembrano ancora finiti meglio rispetto ad Android, il robottino presenta tuttavia alcuni aspetti dove c’è la possibilità di essere molto più produttivi e che possono essere interessanti per tutti, specialmente per i professionisti.
Vediamo quindi le cose che mi sono piaciute molto di Android, quelle dove il robottino sembra migliore di iOS.
Le cose che mi sono piaciute di Android.
Il voip su Android.
Una cosa ad esempio che a me piace moltissimo di Android è la gestione del VoIP, la telefonia vocale tramite internet, che invece su iPhone è davvero carente e pressochè inutilizzabile, nonostante la disponibilità di applicazioni di pregio come groundwire. Da anni usiamo VoIP in studio, con molti vantaggi, di cui ho parlato in questo vecchio post di cui consiglio la lettura.
Su Android, la gestione di VoIP è integrata nel sistema operativo ed è del tutto trasparente per l’utente. Una volta che hai configurato il tuo account VoIP, nel momento in cui effettui una chiamata il cellulare ti chiede, alzando una apposita finestra di dialogo, tramite quale account vuoi fare questa chiamata: se vuoi chiamare tramite la sim installata sul cellulare oppure tramite l’account VoIP configurato. Personalmente spesso, anche quando sono in giro e quindi fuori dallo studio, chiamo tramite l’account VoIP, perché questo mi consente di non esporre il numero del mio cellulare ma di chiamare clienti, prospetti e altri destinatari con il numero fisso dello studio: cioè loro vedono come ID del chiamante il numero di telefonia fissa dello studio, anche se io li sto chiamando usando come terminale il mio celluare. Questa è una cosa davvero molto comoda.
Su iPhone invece l’implementazione del VoIP è assolutamente inutilizzabile. A livello di sistema operativo non è per niente implementato: e qui devo dire che sospetto motivi «politici» legati alla convenienza economica degli operatori di telefonia mobile. Se vuoi utilizzare il VoIP, devi per forza installare un’applicazione di terze parti e ce ne sono al riguardo di davvero molto buone, come la già citata groundwire. Il problema però è che non sono coordinate con l’ambiente in cui operano, a causa di ciò succedono cose molto poco simpatiche come, ad esempio, quando tu stai facendo una telefonata tramite VoIP e ti chiamano al cellulare. In quel caso la telefonata VoIP viene bruscamente sbattuta giù a favore della chiamata entrante sul cellulare, senza che tu possa avvertire in alcun modo il tuo interlocutore. Mi sembra un sistema sostanzialmente inutilizzabile, specialmente per un professionista.
La dettatura vocale.
Un’altra cosa che mi sta piacendo moltissimo di Android, o quantomeno del mio Nexus 6 visto che non so se a riguardo ci sono differenze significative con altri terminali, è la funzione di dettatura che ho trovato, a parte alcuni aspetti strani di cui dirò dopo, straordinariamente accurata, utile e foriera di tanta produttività in più. Come cennavo, anche il «grosso» di questo articolo è stato redatto tramite dettatura, con rifiniture finali al Mac.
La prima differenza con iPhone, ed è una differenza a mio giudizio fondamentale, è che, con il dispositivo di Apple, la dettatura ha per forza una durata limitata: tu puoi dettare per qualche secondo, poi il dispositivo ti avverte che il tempo a tua disposizione è finito; allora devi smettere di dettare e lasciare che l’iPhone traduca in testo quello che tu hai dettato per poi riprendere di nuovo, quindi facendo questo gioco finché non hai finito di scrivere quello che devi scrivere.
Con Android, invece, la dettatura non ha nessun confine temporale e può proseguire per tutto il tempo necessario. Puoi continuare a dettare finchè vuoi e lui continuerà sempre a effettuare il riconoscimento.
Questo credo sia dovuto al fatto che il dizionario per interpretare il parlato nel caso di Android è scaricato in locale mentre, nel caso di iPhone, ogni volta che si effettua una dettatura il telefono si collega ai server di Apple ai quali fa svolgere il lavoro di riconoscimento del testo.
Il punto tuttavia è che – nonostante questo sistema, che nel caso di Apple dovrebbe riconoscere e garantire un risultato migliore in termini appunto di dettatura e quindi di riconoscimento dei termini impiegati dall’utente – il riconoscimento funziona molto meglio su Android, anche con nomi propri di persona, termini della lingua inglese di uso corrente, nomi di prodotto e cose di questo genere.
Prove alla mano, mi capita molto meno di correggere Android rispetto ad iPhone e devo dire che la funzione di dettatura su Android ha aumentato moltissimo la mia produttività consentendomi ad esempio sia di rispondere a molte più mail sia di farlo in modo più dettagliato ed esaustivo.
In generale, sono davvero impressionato dal funzionamento della dettatura su Android ed all’aumento di efficienza che questo mi ha regalato. Al confronto, la funzione analoga su Apple sembra quasi una implementazione amatoriale.
Gli aspetti della dettatura su Android che non funzionano così bene di cui accennavo prima riguardano l’uso della punteggiatura. Anche nei terminali gestiti dal robottino si possono, ovviamente, inserire segni di interpunzione, però la dettatura a riguardo non funziona molto bene, o forse non ho ancora capito fino in fondo bene io come si deve fare. Una cosa di cui mi sono accorto è che il riconoscimento funziona molto meglio se la dettatura del segno di interpunzione la facciamo subito dopo la dettatura della parola, ad esempio se dobbiamo mettere un punto è bene che la parola relativa la pronunciamo subito dopo l’ultima parola della frase, altrimenti Android non metterà il segno di interpunzione ma scriverà la parola «punto».
Ad ogni modo, questo è poco male nel senso che l’inserimento dei segni di interpunzione, tra cui segnatamente le virgole, è un’operazione che spesso tradizionalmente si fa in sede di seconda revisione di un testo. Nel caso delle mail, poi, dove è socialmente ammesso un linguaggio più traballante e scritto di getto, si può anche scrivere appunto di getto, senza essere troppo esigenti con i segni di interpunzione. Se si scrive, invece, un testo più lungo, come ad esempio un articolo per un blog, si può benissimo dedicare una seconda fase del lavoro a rilettura e revisione della punteggiatura.
Torrent.
Un’altra cosa che mi piace molto di Android è che si può usare per scaricare file torrent, cosa che nell’ambiente Apple è assolutamente impensabile, proprio per la mania di controllo della casa della mela che sicuramente non apre i propri dispositivi a possibilità del genere (nonostante siano potenzialmente utilizzabili anche per scopi completamente legittimi).
La prima cosa positiva è che nel Play Store esistono applicazioni torrent che invece nello store di Apple sono da sempre completamente assenti. Io, per chi ne fosse interessato, uso, dopo averne provate alcune, Flud.
Oltre a ciò, il sistema operativo mi sembra anche strutturato in modo da consentire veramente l’esecuzione di processi in background, tanto è vero che sono riuscito a scaricare perfettamente un file, di dimensioni notevoli, che mi interessava tramite il circuito torrent, svolgendo altri lavori nel frattempo sul cellulare.
Le applicazioni che sono in esecuzione in background in modo fisso sono segnalate nel mio Nexus nella stessa barra in cui ci sono le icone delle notifiche in alto a sinistra; ovviamente quelle applicazioni si possono e anzi si debbono, quando non sono utilizzate, chiudere per evitare un eccessivo consumo di batteria dal momento che non dobbiamo mai dimenticarci che questo rimane un dispositivo mobile con la batteria di ridotte dimensioni e quindi non possiamo lasciare processi in esecuzione in background come faremo in un Mac anche portatile.
Registrare le telefonate.
Un’altra cosa che sono riuscito a fare bene con Android e che con l’iPhone è pressoché impossibile da fare in modo efficace è registrare le telefonate.
Le telefonate ovviamente non le registro perché devo spiare chissà chi e chissà che cosa, ma solo ed esclusivamente per motivi di maggior efficienza sul lavoro. Mi capita molto spesso di fare consulenze per telefono, consulenze che durano anche quasi un’ora se non a volte anche di più: in questi casi preferisco, dopo averlo chiesto al cliente ed aver ottenuto il suo consenso, registrare la conversazione in modo da avere un riferimento per poter recuperare qualche dettaglio che mi potrebbe a volte sfuggire o di cui mi potrei in seguito dimenticare.
In tali ipotesi, dunque, registro un file audio, che poi salvo nella cartella della pratica in Dropbox, che è il mio sistema di archiviazione dei file per tutte le pratiche dello studio, per poterla riascoltare tutte le volte in cui dovessi averne bisogno, anche dal computer da scrivania.
Anche qui esiste un applicazione che rimane in esecuzione in background e si attiva nel momento in cui parte una telefonata; può essere impostata in modo da chiedere all’utente cioè a me al momento in cui la telefonata è terminata se si vuole conservarne la registrazione oppure no.
In sostanza, questa applicazione può essere impostata appunto per registrare tutte le telefonate in entrata ed in uscita dopodiché offre all’utente la possibilità di valutare se conservare la registrazione o meno.
L’applicazione che uso io per registrare le chiamate si chiama ACR ma nel Play Store ce ne sono diverse altre; in questo caso sono stato fortunato perché si tratta della prima che ho provato e l’ho trovata soddisfacente per le mie esigenze.
OK google. Assistente vocale migliore.
I terminali Android hanno un assistente vocale che si chiama «Ok google», corrispondente a «Siri» su iOS. Ok google è stata una sorpresa positiva per me.
Si può usare innanzitutto anche con applicazioni di terze parti, ad esempio funziona benissimo con whatsapp e telegram (io lo uso spesso per mandare nuovi messaggi). Siri avrebbe dovuto essere aperta alle applicazioni di terze, ma sono anni che queste intenzioni sono rimaste sulla carta e Siri, man mano che passa il tempo, sembra sempre più limitata e «stupida».
L’assistente vocale dei dispositivi Android, comunque, si può attivare senza bisogno di premere niente e questo è abbastanza logico anche perché nei dispositivi Android i tasti hardware sono ridotti veramente al minimo. Per attivare l’assistente, basta dire ok Google.
La cosa bella comunque è che questo assistente funziona con quasi tutte le applicazioni; a differenza di Siri, che funziona per lo più con le applicazioni di sistema, quasi solo con le applicazioni di sistema, quelle fornite da appple, con l’assistente invece di Android si possono mandare ad esempio tranquillamente dei messaggi di WhatsApp o anche di telegram, una cosa che con l’iPhone non si può fare assolutamente.
Si possono poi fare tranquillamente le altre cose che si fanno di solito con Siri come ad esempio lanciare le applicazioni ma anche in questo l’assistente è superiore, perché riconosce molto agevolmente il nome di quasi tutte le applicazioni che si vogliono lanciare anche quando queste sono denominate con termini della lingua inglese e la pronuncia di chi le invoca non è affatto perfetta.
Dropbox funziona meglio.
Come accennavo, il mio file system, da anni, è Dropbox. La sua fruibilità su Android è maggiore che su iOS e anche questa è stata una piacevole sorpresa.
Grazie ad una utility che si chiama Dropsync e grazie al fatto che su Android esiste un file system locale, a differenza di iOS, Dropbox si riesce ad utilizzare molto meglio, quasi come se si avesse a disposizione una macchina desktop.
Praticamente, si può configurare questa utility per tenere sincronizzata in modo bidirezionale una coppia di cartelle, da un lato locale e dall’altro di Dropbox.
In questo modo, si possono usare programmi sempre di tipo desktop, come ad esempio Microsoft Word o Excel, per editare e creare dei documenti in locale, che poi verranno sincronizzati su Dropbox.
Con iOS non sono mai riuscito a fare questa cosa perché avendo un abbonamento Dropbox business, Microsoft vorrebbe che acquistassi anche Office Online, cosa che però io non sono disposto a fare perché l’uso è troppo sporadico per giustificare una spesa di questo tipo. Con questo sistema invece, è come se modificassi dei documenti in locale, che però poi mi ritrovo all’interno di Dropbox, nelle cartelle condivise con tutta la mia squadra di lavoro dello studio legale; questo è molto comodo e mi hai reso davvero molto più produttivo, perché ad esempio posso creare lettere o diffide direttamente dal mio terminale Android, usando i modelli che trovo dentro Dropbox e creando nuovi file per la bisogna.
Una cosa, inoltre, che puoi fare con la versione Android di Dropbox – la app ufficiale – ma non con quella iOS è creare un file di testo nella cartella corrente, molto utile per creare note e appunti, anche nelle pratiche nelle quali si sta lavorando.
Questo mi ha fatto capire che i terminali iOS per certi versi sono davvero una «prigione dorata», molto bella per consumare media, molto più «stupida» per lavorare…
Su iOS si ha l’impressione di essere come quegli utenti che hanno solo i permessi di lettura, mentre su Android ti sembra di poter anche scrivere, davvero come se avessi a disposizione un computer desktop in miniatura, mentre un iPhone ne riproduce solo un limitato insieme di funzioni per lo più limitate alle fruizione di contenuti e media, con buona pace della creatività che è sempre stata in connubio con i prodotti Apple.
Stampa su PDF.
La stampa su PDF è una cosa che mi trovo davvero molto spesso a fare quando sono al mio Mac. Un caso tipico è quando trovo un articolo che mi interessa, ma anche quando devo approfondire una mail che mi ha spedito un cliente tipicamente per una consulenza. In quei casi, sono abituato ad avere un file PDF che poi evidenzio nelle parti più interessanti è più significative e che annoto mettendo i riferimenti che mi interessano e alla fine salvo dentro alla pratica, sempre dentro il mio Dropbox. Con iOS per fare la stampa su PDF bisogna sempre ricorrere a utility di terze part,i salva la possibilità di mandare un articolo trovato sul web all’applicazione iBooks dalla quale tuttavia questo articolo poi potrà uscire solo tramite posta elettronica non essendo in iBooks supportato il menù di condivisione; anche la stampa da email su PDF, quindi il voler stampare una semplice mail su PDF in iOS, è un’operazione abbastanza difficoltosa e per la quale occorre comunque un client di posta alternativo dal momento che il client ufficiale, quello stock Apple, supporta solo la stampa AirPrint verso una stampante che prevede questo standard, anche se è vero che con i più recenti dispositivi della serie S, intendo l’iPhone 6S e l’iPhone 6S plus, sempre con la particolare tecnologia del tocco prolungato c’è un workaround per la stampa su PDF, di cui si è parlato nei blog (io però dispongo di un 6 plus normale, non S).
Tutte queste difficoltà, comunque, non esistono nel mondo Android dove la stampa su PDF è supportata in modo nativo. La stampa avviene verso la cartella speciale download, dalla quale tuttavia il file può essere copiato dove uno preferisce: nel mio caso la copia avviene verso una di quelle cartelle che io tengo sincronizzate con il mio Dropbox, in modo da avere sempre un ponte con il resto dello studio e il resto del mio del mio team.
È multiutente!
Una cosa molto carina dei terminali Android è che sono multiutente come i computer desktop, così diventa facile condividerli con altri membri della famiglia, una cosa utile per lo più nei tablet, ma che potrebbe servire anche nei cellulari per gestire progetti diversi o aspetti diversi della propria vita (molte persone hanno account professionali contrapposti a quelli personali).
La multiutenza è gestita in modo piuttosto efficiente. Esiste un utente principale, che potremmo definire come amministratore, e possono essere creati altri utenti secondari.
In alternativa alla multiutenza supportata direttamente dal sistema operativo, esiste un’applicazione molto interessante e utile che si chiama Parallel Space.
Con questa app, si può «virtualizzare» un secondo account di molte app installate sul telefono Android: facebook, gmail, buffer, ecc.. Da usare ovviamente con un altro account, diverso da quello principale. Funziona molto bene, molto rapida, anzi più veloce della funzione di sistema, anche per la possibilità di saltare avanti e indietro da un’applicazione all’altra (ad es. dal facebook professionale a quello personale) e di usare funzioni di sistema come il copia e incolla tra loro.
Dopo aver provato sia la funzione di sistema per la multiutenza che Parallel Space, ho tenuto un solo account e usato sempre Parallel Space, che in definitiva trovo molto più comoda.
I widget e altro.
Come cennavo, un vantaggio di Android sono i widget. Mentre su iOS nella home page puoi avere solo icone (salvo abbassare la tendina superiore per avere qualcosa di simile ai widget, ma meno potente e comunque più scomodo), con Android puoi mettere nella home page appunto questi «cosi» con funzioni diverse, a seconda dell’applicazione di riferimento, sempre però molto utili.
Il widget per eccellenza, e che è veramente un punto di superiorità rispetto ad iOS, è quello per ricerche su google… Nell’80% dei casi in cui prendo il mano il mio telefono, voglio fare una ricerca su google. Con iOS devo aprire Safari, aspettare che ricarichi demenzialmente l’ultima pagina che aveva in memoria la volta scorsa, tappare sulla barra di ricerca, aspettare che si selezioni tutto il testo e inserire i termini di ricerca. Con Android è molto più veloce, vado nella home page e comincio a scrivere nel widget di ricerca ed è un vero godimento.
Anche Apple dovrebbe aprire una «finestra» immediata del genere e sospetto che non lo faccia solo per dare a Google, l’eterno rivale, una posizione di preminenza nei propri dispositivi, perché dal punto di vista della produttività non avere questo è davvero assurdo.
Ogni applicazione può esporre i propri widget.
Alcuni widget che uso io e che trovo molto comodi: – di dropbox, per aprire direttamente una cartella specifica (quella dove tengo tutti i miei ebook e i miei articoli salvati, o le pratiche) – di play libri, per aprire direttamente un libro specifico; con Android puoi mettere un libro, che stai leggendo o rileggendo, direttamente nella home page! – di buffer, per creare un nuovo aggiormento di stato da diffondere sui social network – di Diaro, un app di note e journaling cui sono passato in sostituzione di Day one perché multiutente e perché si sincronizza tramite dropbox
Ce ne sono molti altri, che non ho ancora provato.
Ad ogni modo, la home page di Android è molto più versatile ed elastica di quella iOS. Non solo per i widget, ad esempio puoi inserire anche il collegamento ad un file che si trova altrove nel file system, in modo da averlo sempre a disposizione, allo stesso modo in cui lo si può fare con un computer desktop. Io ad esempio ho un file chiamato appunti.txt per segnare ogni volta cose al volo, che è contenuto in realtà in una dir ancora una volta sincronizzata su dropbox… Puoi anche collegarti ad un file on line, come un foglio o un documento google drive, raggiungendolo direttamente dalla home page.
Gli svantaggi di Android.
Il problema fondamentale del mondo del robottino è l’assenza di applicazioni ben rifinite come quelle che esistono nel mondo Apple. Questo è dovuto probabilmente al fatto che Cupertino è riuscita a tutelare molto di più il lavoro degli sviluppatori, rendendolo maggiormente redditizio; sto dicendo che sviluppare per Apple rende molto di più che farlo per Android, con la conseguenza che molte case produttrici di software preferiscono investire su iOS piuttosto che su Android, che poggia per lo più sulle funzioni di sistema e le eventuali personalizzazioni dei produttori.
Per fare un esempio, non esiste in Android una applicazione decente per leggere i feed, di cui io sono da anni appassionato, come spiego meglio in questo post. Ne ho provate tantissime, annoiandomi anche un po’ come succede in questi casi, per poi ripiegare alla fine sul poco soddisfacente (il classico male minore) client ufficiale di Feedly. Analogamente, non esiste un editor di testo raffinato come Byword (ma anche altri) su iOS; esistono diverse app che fanno cose del genere, ma nessuna con grado di maturità e finitura neanche lontanamente paragonabile. Non esiste, inoltre, una app come 2Do per Apple, un software straordinariamente rifinito, accurato, aggiornato, che ho rimpiazzato, come potevo, con wunderlist, che offre anche il vantaggio di essere multipiattaforma.
Conclusioni.
Spero di avervi dato qualche spunto di natura concreta.
Vi consiglio comunque di fare come me: provate prima di passare dall’uno all’altro sistema. Dipende sempre dalle esigenze di lavoro e dai gusti individuali.
Per quanto riguarda il tipo di terminale da procurarsi per chi è interessato a provare o utilizzare Android in parallelo o in alternativa ai sistemi di Apple consiglio sempre di valutare un Nexus, che rimane mio giudizio il dispositivo più interessante per un motivo fondamentale, che è quello di offrire una versione nativa (stock) di Android così come è stata pensata da Google.
Ciò comporta anche la conseguenza molto importante per cui ogni singola nuova versione di Android è installabile e quindi il telefono rimane sempre aggiornabile con l’ultima versione del sistema operativo, cosa che purtroppo non si verifica con molti altri terminali o comunque non si verifica sempre terminali anche più blasonati e patinati come i Samsung.
Buon mobile computing a tutti.
Aggiornamenti: l’intervista.
La webradio Ius&Law ha trovato molto interessante questo confronto iOS e Android e ha voluto intervistarmi. Potete ascoltare l’intervista qui. Ve la consiglio perché con il collega Andrea Pontecorvo affrontiamo anche altri aspetti interessanti.
Vi scrivo perchè ieri, avevo scambiato un mio telefono in ottime condizioni, con un altro che dopo averlo portato a casa, ho notato che esteticamente presentava dei problemi, non visibili alla prima impressione e non facilmente fattibili da me, visto che è di metallo e vetro. Il tizio mi aveva assicurato che era in ottime condizioni ma poi si è rivelato che non lo è. Gli ho proposto di ri-scambiare il telefono che mi ha dato , con quello che gli ho ceduto ma non ne vuole sapere. Che cosa devo fare ? una querela ? se si poi come mi devo muovere? Vorrei un risarcimento o il telefono di prima. Informazioni aggiuntive : posso stampare la conversazione della email, ho il suo numero di telefono e conosco il suo nome e cognome e sono minorenne.
Non so che valore avessero questi due telefoni, ma a meno che non si trattasse di due edizioni speciali dell’iPhone placcati in oro o altro metallo pregiato, direi che la vicenda rientri pienamente in quell’area in cui non conviene assolutamente, salvo che non si disponga di una forma di tutela giudiziaria, muoversi tramite il ricorso alle leggi e agli avvocati.
In teoria, ci potrebbero essere diverse cose a tuo favore, a cominciare dalla minore età che ti vede, per legge, incapace di agire (anche se comunque sei dotato di capacità naturale…), poi anche la disciplina sui vizi, applicabile oltre che alla vendita, ovviamente anche alla permuta, anche se non si capisce bene la natura di questi vizi che non sei riuscito a vedere alla prima impressione ma che poi hai notato una volta arrivato a casa senza però fare analisi specifiche diverse da quelle che avevi già potuto fare al momento dello scambio…
Ovviamente, una querela non la puoi proprio fare perchè non c’è nessun reato, al massimo un illecito civile. L’unico approccio che possa avere un senso è quello negoziale. Se proprio hai soldi da investire su questa cosa, puoi incaricare un legale di fare una diffida, ma sarebbe solo un tentativo e niente garantisce che sia risolutivo.
Facendo seguito a questa discussione sviluppatasi su legalit, scrivo alcune note un po’ «a braccio» (il tempo è sempre tiranno) su come ho recentemente riorganizzato la telefonia a voce del mio studio, passando ad un sistema di tipo voip e abbandonando per sempre mamma Telecom, dando informazioni che potranno magari essere utili a colleghi che hanno esigenze come quelle del mio studio e magari anche ad altre organizzazioni, anche non professionali.
Vediamo, innanzitutto, che cosa si può fare con un sistema di telefonia di tipo voip:
rinunciare alla linea telefonica fissa, analogica o ISDN, e quindi al relativo canone; naturalmente, è necessario avere una linea ADSL, nel mio caso ho una linea «nuda», cioè senza numero telefonico abbinato, per la quale si paga comunque un canone, che è comunque ridotto rispetto a quello dovuto per chi ha anche la telefonia vocale
godere della portabilità del numero: io ho potuto mantenere il mio numero storico richiedendo la portabilità tramite il mio gestore voip, di cui dirò meglio in seguito, ed ottenendola concretamente dopo una ventina di giorni
usare diversi apparati come telefoni: si può acquistare un telefono IP, che è disponibile anche come cordless (io, ad es., ne ho presi due), usare il proprio telefono cellulare, usare il computer con appositi software.
chiamare a costo zero i vari utenti dello studio indipendentemente dalla collocazione geografica, a condizione che siano sotto copertura wifi o 3g, quindi di una rete dati; stamattina io ad es. sto lavorando da casa e la mia assistente mi sta chiamando sul mio numero di interno esattamente come se fossi in studio ed a costo zero; la stessa cosa si potrebbe avere se io fossi in Tribunale con copertura 3G naturalmente
dal punto precedente, discende anche che possiamo essere reperibili per le chiamate anche quando siamo fuori studio: la nostra segreteria, o comunque il nostro collega che sta in studio, può rispondere alla chiamata e trasferircela cioè chiamarci, sentire se la vogliamo prendere e poi metterci in contatto con l’utente chiamante, indipendentemente da dove siamo, a costo zero se siamo sotto copertura di rete, con il costo della chiamata al nostro cellulare se invece abbiamo solo copertura GSM vocale
con alcuni software, tra cui quello che utilizzo io sul mio iPhone, si possono registrare le chiamate in uscita o in entrata, o decidendo volta per volta quali registrare o dicendo al programma di registrarle comunque tutte; le chiamate registrate si possono poi inviare per mail, a sè stessi o ad altri
avere, almeno nella soluzione che io ho scelto, un sistema di centralino remoto, gestibile e programmabile interamente tramite web. Tramite questo centralino si può, ad esempio, fare quanto segue:
utilizzare un sistema IVR, come ho fatto io, cioè un risponditore del tipo di quelli che prendono su direttamente la chiamata che viene dall’esterno e riproducono un messaggio registrato dove l’utente deve scegliere premendo sul tastierino tra varie opzioni possibili a seconda di quel che deve fare. Personalmente, lo trovo un sistema molto buono per instradare le varie chiamate in arrivo, dare brevi informazioni preliminari (ad es. io ho messo che non accetto telefonate promozionali o commerciali).
programmare l’innesco e lo sgancio della segreteria telefonica a determinati giorni ed ore. Noi ad esempio abbiamo definito «zone temporali» di funzionamento della segreteria, per disporre appunto di tempo in cui lavorare senza essere interrotti da telefonate. In questi momenti, se l’utente chiama sente un messaggio preregistrato che ricorda gli orari in cui si ricevono le chiamate e lo invita a lasciare un messaggio in segreteria. I messaggi che vengono lasciati in segreteria ci vengono inoltrati tramite mail, così possiamo ascoltarli sui nostri computer e rispondere immediatamente, subito dopo la ripresa dell’attività normale
innescare comunque un diverso tipo di segreteria telefonica per momenti di «assenza» durante quello che sarebbe il normale orario di ricevimento delle chiamate, ad esempio per una riunione urgente che coinvolge tutto lo studio, con un diverso messaggio che viene letto all’utente
non aver nessun costo, nè economico nè di tempo, di manutenzione di una macchina in loco, dal momento che il centralino è gestito direttamente dal nostro fornitore quanto a manutenzione hardware e software e noi lo usiamo solo come servizio, tramite una interfaccia web molto intuitiva e funzionale
personalizzare la musica di attesa con un qualunque file mp3 o ogg vorbis
avere un report completo di tutte le chiamate in entrata e in uscita, con numeri completi e non parzialmente oscurati come avviene con la telefonia tradizionale
gestire i permessi dei vari interni, ad esempio ad un certo interno si può vietare di fare chiamate verso la rete cellulare o meno
inoltrare sul proprio telefono cellulare le chiamate che arrivano, ad esempio, al centralino quando la propria linea ADSL non funziona per un guasto in modo da non perdere chiamate
pagare volta per volta acquistando credito e «ricaricando», un po’ come avviene per la telefonia cellulare
vedere sul display dei terminali i numeri di chi chiama dall’esterno in modo da conoscere l’interlocutore quando si sta per prendere la chiamata oppure, se la chiamata va persa, per poterlo richiamare
Queste sono alcune delle possibilità che si possono avere «digitalizzando» il sistema di telefonia, sicuramente ce ne sono altre che ho dimenticato e altre ancora che verranno sviluppate in futuro.
La mia esperienza.
Passo ora dalla descrizione astratta del sistema a richiamare la mia esperienza.
Il fornitore che ho scelto per il servizio voip, per quello di centralino remoto e per l’acquisto dei tre telefoni IP che ho preso è Openvoip di Web Service Internet solutions, una società di Roma. Andando sul sito, si possono vedere i costi delle varie soluzioni proposte e delle chiamate tramite il loro servizio voip, nonchè quelli dei telefoni.
Io, appunto, ho preso tre telefoni IP, due cordless che ho sistemato nel backoffice e uno fisso che ho messo alla reception. I cordless sono due Siemens A580 IP, mentre il fisso è uno SNOM 300. Al costo aggiuntivo di 10 euro puoi chiedere a Openvoip di configurarteli prima di spedirteli, io ho scelto di configurarli da solo anche per capire meglio come funzionavano e ci sono riuscito senza eccessive difficoltà. Tutti e tre questi telefoni, quando li accendi, si collegano alla tua rete facendosi dare un indirizzo dal tuo server DHCP (che quindi bisogna avere), dopodichè per configurarli basta aprire un browser e chiamare il loro indirizzo. Pur non avendo pagato il costo aggiuntivo, i tecnici di Openvoip mi hanno aiutato in alcuni aspetti che per me non erano chiari, tramite ticket che i clienti possono aprire.
Per me, come terminale ho deciso di utilizzare il mio iPhone con un client SIP apposito. Nello specifico, ho acquistato, per pochi euro, Groundwire, di Acrobits, che credo sia disponibile anche per Android, un’applicazione molto avanzata e con un’assistenza eccezionale via mail, da cui ho sempre ricevuto risposte veloci, puntuali, disponibili, oltre che con un buon numero di tutorial video on line, anche se solo in Inglese. Con groundwire posso ricevere telefonate voip anche con l’applicazione in background, tramite il sistema delle notifiche push, posso trasferire le chiamate, dispongo della rubrica del mio iPhone, che poi è quella dello studio dal momento che le tengo sincronizzate tramite google, e quindi il tutto è di una estrema comodità. Un altro vantaggio deriva dall’aver configurato groundwire anche sull’iPad, con il quale adesso faccio e ricevo telefonate molto tranquillamente.
Ad oggi non sono ancora riuscito ad avere sull’iPhone la stessa qualità di chiamate che ho con i telefoni IP, dove la qualità è sostanzialmente pari a quella dei telefoni tradizionali, ma ci sto ancora lavorando.
Prima di passare definitivamente al voip, ho tenuto per un certo periodo un sistema misto, in cui ho sperimentato il nuovo centralino, ho finito di configurarlo, ho testato i telefoni e così via. Quando tutto è stato pronto, ho chiesto la portabilità del numero (prima hai un numero geografico «temporaneo» che ti assegna openvoip) e ho fatto lo switch off della telefonia tradizionale, smantellando con grande soddisfazione il vecchio centralino e i vecchi telefoni ISDN.
Attualmente io e i miei colleghi di studio stiamo man mano scoprendo le varie funzionalità e affinando il nostro modo di lavorare parallelamente con la programmazione del centralino, per trovare il giusto compromesso tra le esigenze degli utenti che hanno bisogno di comunicare con noi e le nostre di poter disporre di zone temporali in cui svolgere il nostro lavoro senza troppe interruzioni. Gli utenti stessi stanno prendendo confidenza con il sistema, vedono che li richiamiamo quando lasciano un messaggio in segreteria quindi anche loro stanno «entrando» in questa nuova fase, della quale per il momento siamo molto soddisfatti e che ci sentiamo di consigliare a tutti.
Per qualsiasi cosa, lascia pure un commento qui sotto.
La disdetta degli abbonamenti Mediaset Premium, Sky e delle compagnie telecom che lavorano nel nostro Paese è fastidiosa per molti utenti, e faticosissima per tutti gli altri. Spesso occorrono diverse settimane o mesi per ottenere la propria disdetta, periodo in cui voi continuerete a pagare come sempre la rata dell’abbonamento. Per accelerare i tempi della resiliazione del contratto, il sito disdette.com ha deciso di proporre un sistema di disdetta sicura, adatto a tutti quelli che vorrebbero terminare l’abbonamento Mediaset Premium Easy Pay senza dover pagare quei 19,24, 29 o più euro al mese aspettando che l’operatore si decida ad accettare la richiesta di disdetta.
Attualmente Disdette.com propone solamente le disdette Mediaset Premium e Mediaset Premium Easy Pay, ma nelle prossime settimane saranno disponibili anche le disdette per Sky, Fastweb, Teletu, Alice e molti altri servizi. La disdetta sicura funziona in questo modo: il cliente riempie un modulo, e il sito utilizza la tecnologia di firma elettronica K.Sign per validare la lettera, la invia tramite un corriere e si assicura che la lettera venga ricevuta dall’operatore. Per riempire il formulario occorrono due minuti e siete sicuri che con l’invio tramite disdetta sicura voi avete la certezza che la raccomandata sarà consegnata all’operatore, che non potrà rifiutarsi di riceverla.
Disdette.com fa tutto il necessario per completare il processo di disdetta. Insomma, se prima il cliente doveva attendere fino a due mesi per la resiliazione, ora saranno sufficienti pochi giorni. Grazie all’invio sicuro, e in conseguenza Mediaset Premium e Sky non possono più rifiutare le disdette inviate! Dall’introduzione del decreto Bersani, disdire non è mai stato così semplice (Lucia Caracciolo, di disdette.com).
Noi della redazione del blog aggiungiamo solo che per ulteriori dettagli, si può consultare la nostra scheda pratica in materia di tutela, in concreto, dei consumatori (ts).
Ho acquistato presso un negozio Vodafone un iphone nuovo, e dal giorno stesso mi sono accorto che non funziona bene, visto che l’assistenza Apple, mi assicura la sostituzione in 7 gg ma con un “rigenerato” , non mi sembra corretto, ne pretenderei uno nuovo, anche il negoziante non mi dà soddisfazione, ne mi vuol rendere i soldi di acquisto. Come posso fare? grazie dell’attenzione?
Salve, il Codice del Consumo in questi casi, ovverosia in presenza di difetti di “conformità del bene acquistato” riconosce la possibilità al consumatore di richiedere la riparazione o la sostituzione del bene, naturalmente senza aggravio di spese.
Il venditore può esimersi dalla scelta effettuata dal consumatore (sostituzione o riparazione) solamente quando il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso. In questi casi, ovverosia quando la scelta del consumatore sia troppo onerosa o impossibile il venditore può, diciamo, “imporre” al consumatore lla scelta alternativa. La sostituzione e la riparazione devono avvenire comunque entro un congruo termine, trascorso il quale senza che sia avvenuta la riparazione o la sostituzione l’acquirente può chiedere la risoluzione del contratto.
salve ho ricevuto una telefonata da una signora che si è dichiarata un avvocato di un recuperp crediti che h3g ha dato la pratica di recupero credito di euro991.88 che io a suo tempo anni fa si parla di 2006 circa non avrei pagato due fatture di euro 340.60 l una al che mi risulta un po inprobabile xche io non ho mai ricevuto le suddette fatture io avevo un contratto ricaricabile con obligo di ricarica mensile di 20 euro e basta ho seguito a suo tempo le procedure che la signorina del negozio di 3 mi ha dato quando alla scadenza del contratto ho chiuso un conto corrente tenuto aperto solo xche 3 cosi era stato fatto al momento di sto contratto in comodato d uso la storia sarebbe molto piu lunga ma qui è inposs scriverrla tutta ora mi hanno dato 7 giorni di tempo x pagare cosa posso fare x difendermi da sta truffa ?
Consiglio naturalmente alla cliente di non pagare la somma richiesta e di contestare formalmente – attraverso una raccomandata a/r da inviarsi alla sede della compagnia telefonica in questione e, per conoscenza, al negozio interessato alla vicenda – la richiesta economica della controparte, illustrando tutte le proprie ragioni.
Nell’eventualità, poi, che la vicenda non si dovesse concludere in questo modo, consiglio all’utente di procedere al consueto ricorso al CO.RE.COM. competente.
Il mio numero di telefono cellulare privato è stato divulgato da terzi a estranei, tutto ciò comporta un reato? La comunicazione del numero personale di telefono deve essere preceduta da un’approvazione scritta o verbale. Quali conseguenze ci possono essere per chi ha divulgato il numero? Quindi si può parlare del non rispetto della privacy.
La divulgazione illegittima del tuo numero di telefono, se avvenuta senza la tua autorizzazione e contra legem, integra un comportamento illegittimo. Tuttavia, non conoscendo di preciso i termini della questione, mi è difficile risponderti in modo esaustivo (es.: chi ha compiuto tale attività? ). In ogni caso potrai documentarti e tutelarti leggendo il testo di riferimento in materia che è il Codice della Privacy , ovvero il D. lgs. 196 del 30/6/2003.