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diritto

Quando il danneggiato temporeggia.

Mio figlio 24 anni l amico 27 scherzando tra ragazzi involontariamente gli ha spezzato mezzo dente . Da subito mio figlio gli ha detto te lo faccio sistemare .ora premetto che il ragazzo essendo figlio del xxx .ha iniziato: vado con mio padre .il dente me lo hanno sistemato però devo fare vari lavori in più può esse fra dieci anni devo rifarlo. Ci senbra che voglia un po’ ” tenerci sulle corde ” anche perché avevamo proposto di andare subito dal nostro dentista. Comunque assolutamente è stato un incidente e come dobbiamo comportarci?

In questo caso, la cosa migliore è parlare con il figlio dell’amico e spiegare loro che l’incidente è stato assolutamente involontario e che si vuole essere pronti a prendersi tutte le responsabilità del caso.

Si dovrebbe poi offrire di pagare le spese mediche dell’amico per curare il dente e risarcirlo per qualsiasi altro danno arrecato.

Se l’amico insiste sull’idea di attendere dieci anni prima di rifare il dente, si dovrebbe essere pronti ad accettare le sue condizioni, ma anche essere aperti al dialogo e a cercare una soluzione più rapida e soddisfacente per entrambe le parti.

Suggerirei di fare seguire la trattativa ad un avvocato.

Se vuoi procedere chiama lo studio al numero 059 761926 e prenota il tuo primo appuntamento, concordando giorno ed ora con la mia assistente; altrimenti, puoi acquistare direttamente da qui: in questo secondo caso, sarà lei a chiamarti per concordare giorno ed ora della riunione.

Naturalmente, se vivi e lavori lontano dalla sede dello studio, questo primo appuntamento potrà avvenire tramite uno dei sistemi di videoconferenza disponibili, o anche tramite telefono, se lo preferisci. Per inviarmi i documenti, potrai poi usare questa semplice guida.

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trattare i problemi legali

Lettera «riservata» di un avvocato: come va gestita.

Note dell’episodio.

In questo contenuto, ti parla di cosa significa che una lettera di un avvocato è riservata, cosa comporta e come bisogna gestire necessariamente situazioni in cui si riceve una lettera del genere.

Riferimenti.

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riflessioni

15 cose sul divorzio.

1) É il secondo passaggio necessario, dopo la separazione, per sciogliere un matrimonio in Italia, dove non esiste il divorzio diretto.

2) Può essere chiesto dopo sei mesi, se la separazione é stata consensuale, o dopo un anno, se giudiziale – originariamente il termine era di cinque anni, poi sceso a tre, poi ai termini attuali con la legge sul divorziobreve.

3) Nella pratica, quasi nessuno chiede il divorzio appena scadono i sei mesi, di solito i coniugi aspettano un anno o due.

4) Se aspettare qualche anno può andar bene, é consigliabile non andare oltre i due o tre dal primo termine utile, anche perché ci potrebbero essere conseguenze legali negative se non si fa il divorzio.

5) Se uno dei due coniugi separati, ad esempio, muore prima di fare il divorzio, l’altro coniuge, quello rimasto in vita, ne diventa erede.

6) Il divorzio può essere realizzato consensualmente, tramite un accordo in house, quando i coniugi concordano sulle condizioni, oppure giudizialmente, quando è impossibile raggiungere un accordo ed é necessario far decidere ad un giudice.

7) Il divorzio tramite accordo delle parti é molto più veloce e meno costoso di quello giudiziale, per cui vale sempre la pena fare qualche tentativo – oltre alle trattative tra avvocati può essere utile qualche seduta di mediazionefamiliare.

8) In generale, é molto più facile che una coppia litighi in sede di separazione che in fase di divorzio, dove abbastanza spesso si fa la fotocopia, con piccoli aggiustamenti, di quello che si era fatto al momento della separazione.

9) Il divorzio con accordi in house può essere tariffato a corpo per l’intero lavoro, mentre un divorzio giudiziale viene tariffato flat o a forfait ma su base annuale: si paga un tot per ogni anno di durata della causa.

10) La fase delle trattative, quella fase preliminare in cui le parti si confrontano, con l’aiuto di uno o più avvocati, per vedere se possibile raggiungere un accordo sulle condizioni, viene di solito tariffata su base oraria.

11) Al momento attuale, presso il mio studio un divorzio in house costa 1.500€ per tutto il lavoro (somma che i coniugi possono dividersi tra loro), un giudiziale 1800€ per ogni anno e ogni ora di trattazione 100€ – oltre accessori di legge e cioè IVA e cassa avvocati; la convenienza del divorzio in house é evidente.

12) Il divorzio in house si può fare anche in videoconferenza, se ad esempio uno o entrambi i coniugi risiedono all’estero – ne ho già fatti diversi e sono stati tutti autorizzati o muniti di nulla osta dalla Procura.

13) Se uno dei due coniugi risiede all’estero, ma non si può fare il divorzio in house perché non si accorda sulle condizioni ed é necessario procedere con un divorzio giudiziale, é sufficiente fare la notifica all’estero.

14) Se uno dei coniugi é irreperibile, il divorzio si può fare ugualmente con la notifica ex art. 143 cod. proc. civ, ma prima di poter procedere in questo senso è tassativamente necessario fare tutte le ricerche possibili per trovarne la residenza, anche tramite l’impiego di un’agenzia investigativa, altrimenti la notifica é nulla e potrebbe mandare tutto in vacca anche dopo anni o decenni.

15) Fatta la separazione, i coniugi possono riconciliarsi con una semplice pratica all’ufficio di stato civile, senza bisogno di avvocato; dopo il divorzio, non c’è più possibilità di riconciliarsi, per cui quei coniugi che ricominciano a stare insieme possono solo o risposarsi o costituire una famiglia di fatto, con o senza un accordo di convivenza.

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diritto

Scala contro finestra: chi vincerà?

ho un giardino in cui ho rifatto una scala per potervi accedere 4 anni fa.
il proprietario del’appartamento di sotto si è accorto (dopo 4 anni) che la scala oscura una delle due finestrelle di una camera e mi chiede di rimuoverla.
il problema è che a parte il fatto che non posso spostare la scala perché solo lì ho accesso, il suo “appartamento” secondo me è accatastato come cantina o comunque non ad uso abitativo: cosa posso fare?

Ovviamente, per poter dire se hai diritto di mantenere questa scala o meno la situazione andrebbe approfondita molto di più, soprattutto in fatto, cioè vedendo co precisione la situazione dei luoghi, degli immobili e della scala stessa.

pexels-photo-434645Nel caso questo diritto non ci sia, chiaramente quattro anni sono troppo pochi per averlo acquistato per effetto di istituti legati al decorso del tempo, come ad esempio l’usucapione.

Può essere, forse, che si possa pensare ad un tuo diritto di ottenere un passaggio per interclusione, dal momento che non hai accesso altrimenti, ma è un aspetto che abbisogna di molto maggior approfondimento.

Per quanto riguarda l’appartamento sottostante, purtroppo con i «secondo me» non si conclude mai niente, anche qui sono necessari accertamenti puntuali da parte innanzitutto di un tecnico, quindi in seguito di un legale.

L’osservazione generale che si può fare è che la situazione assomiglia molto ad una di quelle in cui conviene cercare di negoziare e trovare se possibile un accordo con l’altro condomino o confinante.

Quando io dico «cercare di negoziare» intendo a) cercare un avvocato bravo e con spiccate capacità di relazione, uno molto diplomatico per intenderci b) chiedergli un preventivo per seguire la vostra situazione. Non intendo invece il fai da te: purtroppo oggi la gente comune, priva di una preparazione non dico giuridica, ma derivante dalla pratica forense, ha davvero molte poche speranze di riuscire ad ottenere dei risultati concreti e positivi.

Purtroppo, gli avvocati bravi a negoziare sono pochi, ed è questa la vera tragedia del ceto forense, e di conseguenza del sistema giustizia e di tutti i suoi utenti, perché un avvocato asino in diritto è sicuramente tollerabile, anzi in certi casi è persino preferibile, dal momento che solo una piccola parte – per fortuna – delle vertenze viene definita applicando il diritto, ma un avvocato che non sa relazionarsi con gli altri, mettere da parte il proprio ego, usare modi diplomatici e condurre una trattativa in modo efficace è assolutamente inammissibile – eppure di analfabeti relazionali ne vedo tutti i giorni sempre di più, non fanno che aumentare.

Se vuoi un preventivo di assistenza da parte del nostro studio, puoi chiedercelo, gratuitamente, dall’apposita voce nel menu principale del blog.

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diritto

Contratto di locazione non in regola: che fare?

mi trovo in un appartamento dove, dopo 3 anni ho scoperto di essere in nero,ossia il contratto è stato solo registrato per il primo anno 2016/2017. Contratto oltretutto turistico,FASULLO,simulato e non in regola. Come previsto per legge ,da gennaio 2019 ho smesso di pagare l’affitto,mi sono in seguito rivolto ad un Legale di Bologna,per esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione,evitando di andare in causa. Il mio Avvocato sta “tentando “,finora inutilmente, di mediare da circa un mese con l’avvocato della controparte,il quale ,per tutta risposta,dice che devo liberare l’appartamento a luglio ,a fronte di un esiguo risarcimento. Ora mi chiedo,dopo che il proprietario mi è entrato in casa a mia insaputa,fatto telefonate a terzi violando la privacy,ho fatto un esposto in Procura,devo anche finire per strada ? Quando si scopre un reato,un illecito ,si fa presente,si vuole riparare,ma si viene incolpati pur non avendo colpa…non è un comportamento mafioso?

È impossibile, innanzitutto, dare una valutazione su di una situazione regolata da un contratto senza poterlo leggere almeno una volta.

Analogamente, per quanto riguarda la trattativa – e non mediazione – che il tuo legale sta facendo per tuo conto è impossibile fare una valutazione. In sede di trattative, tutto può far brodo, come ho spiegato già dozzine di volte, a prescindere dal merito della questione.

La maggior parte delle vertenze, anzi, viene definita e composta senza applicare il diritto, e io aggiungo anche «per fortuna», e ciò grazie alla professionalità degli avvocati coinvolti, naturalmente nelle ipotesi più felici, dal momento che questa professionalità non sempre sfortunatamente c’è.

Ovviamente, una persona coinvolta in una questione si chiede sempre quanto le condizioni che le stanno proponendo sono distanti da quella che sarebbe l’applicazione del diritto…

Ma è un discorso che ha poco senso, perché innanzitutto cosa preveda il diritto su di una certa situazione è spesso non ricostruibile con precisione, e a volte nemmeno con approssimazione, inoltre, al di là di questa già difficile ricostruzione sulla carta, è molto difficile che cosa potrebbe prevedere un giudice, al termine magari di una causa di durata poliennale e con costi, intanto, a carico di chi la promuove.

In conclusione, non saprei bene come aiutarti. Potrei proporti una consulenza di approfondimento per capire meglio come potrebbe stare la questione in termini giuridici, ma a mio giudizio butteresti solo via altri soldi. Tutto sommato, credo che sia meglio lasciar lavorare il tuo avvocato e ascoltare le sue valutazioni a riguardo, lui conosce il tuo caso molto meglio di me e sicuramente può dirti se le proposte che pervengono da controparte possono avere un senso, come ipotesi di lavoro, o meno.

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diritto

Un approccio strategico per i problemi legali.

Un nuovo approccio strategico per i problemi legali.

Oggi parliamo di un nuovo approccio nella trattazione dei problemi legali.

Dopo anni di pratica e riflessione, ho infatti man mano sviluppato un nuovo metodo, che potremmo definire strategico, per la trattazione delle situazioni conflittuali tra le persone, le aziende e i vari soggetti del caso.

Si tratta di un atteggiamento che, ormai, suggerisco e pratico già da alcuni anni con buono, e qualche volta eccellente, profitto e che mi sembra venuto il momento di «codificare» e condividere ufficialmente con te che leggi e segui il blog, oltre che più in generale con tutti.

Perché il diritto non ti serve quasi mai a niente.

Generalmente, chi si trova coinvolto in un problema legale si pone alla ricerca e all’approfondimento di «quello che dice il diritto» – cioè la legge, la giurisprudenza, ecc. – sul punto.

Ebbene, si tratta, quasi sempre, di un approccio sbagliato e destinato a rivelarsi molto infruttuoso nel giungere ad una soluzione del problema.

Quello che va focalizzato con molta chiarezza è che lo scopo di una persona o una azienda che si trova ad avere un problema legale non è, e non può essere affatto, applicare il diritto.

Come dice una cara e saggia collega: sticazzi del diritto.

Lo scopo di chi ha un problema legale è, molto semplicemente, risolverlo, superarlo e rimettersi a vivere, se è una persona, o a produrre, se è un’azienda.

Non importa come, purché sia in modo legittimo e conveniente.

Dopo ventidue anni che faccio l’avvocato, ti posso confermare infatti un dato statistico, al riguardo, molto interessante e cioè che raramente le vertenze vengono definite applicando il diritto.

Molto più spesso si fanno transazioni, sistemi alternativi (ADR), mediazioni, conciliazioni.

L’importante è che la vertenza sia chiusa, definita, accantonata, superata, se possibile in modo conveniente e in tempi abbastanza decenti.

Perché per affrontare un problema legale non devi fare mai quello che sarebbe giusto.

Un altro errore concettuale molto grave di chi ha un problema legale da risolvere, e spesso anche del suo avvocato, è quello di volerlo risolvere «facendo quello che è giusto».

Lo avrai sentito molte volte: «voglio solo quello che mi spetta»

Facciamo un po’ di chiarezza anche al riguardo.

Quando si ha un problema legale, si ha un problema. Non si hanno dei diritti.

I diritti non esistono, nessuno può dirtelo meglio di un avvocato.

Te la voglio fare chiarissima.

Se hai una spina infilata nel culo, non hai il diritto alla salute: hai solo una spina infilata nel culo.

Te la devi togliere prima possibile e basta.

Adesso stai attento: nella trattazione dei problemi legali, non bisogna mai fare quello che è giusto, ma bisogna fare quello che è conveniente.

Te lo ripeto, perché è fondamentale: nella trattazione dei problemi legali, non bisogna mai fare quello che è giusto, bisogna fare quello che è conveniente.

Ti faccio un esempio molto semplice.

Sei un’azienda. Hai un credito da recuperare. Le possibilità di recupero sono molto scarse. Il tuo tempo, la tua attenzione, il tuo denaro sono risorse limitate – questo è un aspetto molto banale ma altrettanto trascurato nella vita di tutti i giorni.

Vuoi utilizzare il denaro, il tempo, l’attenzione di cui disponi per provare a recuperare un credito che difficilmente potrai portare a casa solo «perché è giusto», «perché è una questione di principio»?

Non è, forse, preferibile fare ciò che conviene, piuttosto che ciò che è giusto?

Ciò che conviene non è probabilmente mettere a perdita il credito, usare il tempo e il denaro e l’attenzione di cui disponi per rimetterti al lavoro e servire i buoni clienti dell’azienda facendola prosperare?

Incaponirsi nel recuperare un credito non significa forse dare la parte migliore delle tue risorse a un cliente tossico, tralasciando peraltro al contempo quelli buoni, che invece si meritano il meglio da te?

Ti faccio ora un altro esempio.

Sei una persona coinvolta in una eredità con i tuoi fratelli. Le ipotesi di divisione elaborate dagli altri non ti convincono. Vuoi imbarcarti in una causa di divisione giudiziale, che dura magari vent’anni, o vuoi accontentarti di avere subito una porzione inferiore a quella che secondo te sarebbe giusto che ti venisse assegnata?

Forse, se confronti la differenza tra la «minor parte» che ti verrebbe data e quello che spenderesti per fare una causa che rischia di essere davvero ultradecennale, vedi che ti conviene pure anche concretamente, conti alla mano.

«Sì ma poi i miei fratelli così solo perché sono prepotenti alla fine hanno più di me e non è giusto

Mi sembra di sentirla questa voce.

C’è un piccolo giustiziere dentro ognuno di noi, formatosi direttamente sugli indimenticati banchi dell’asilo.

Chi lo ascolta, però, si trova a pagarne care le conseguenze. L’universo si incarica sempre regolarmente di ciò. Te lo dico sulla base della mia esperienza.

Tu non hai un problema legale per «fare giustizia», ce l’hai perché ti è capitato e ti devi limitare a risolverlo. Devi semplicemente uscirne nel modo migliore, non importa niente altro.

In realtà, infatti, nonostante tutte le idee, le invidie, i paragoni che ci vengono spontanei, noi non sappiamo pressoché nulla della vita degli altri.

In fin dei conti, se a un fratello rimangono due mobili in più che differenza fa nella qualità della vita di ognuno dei protagonisti della vicenda?

Ch differenza potrebbe mai fare nella tua vita?

Un problema è solo un problema.

Ecco dunque i concetti di base.

Chi ha un problema legale, non ha un diritto, non ha un’opportunità. Ha solo un problema, una situazione spiacevole da risolvere nel modo più conveniente possibile e, magari, in tempi rapidi, per tornare alla sua vita personale e/o professionale.

A chi ha un problema legale non deve interessare che il diritto venga applicato o rimanga lettera morta dentro ai testi di legge.

In realtà, questo non interessa nemmeno a chi scrive il diritto, che non lo formula certo con la pretesa che venga sempre applicato, ma solo come ipotesi residuale che si applica quando le persone non sono riuscite a far niente di meglio, dopo una causa poliennale, da parte di un giudice che non sempre lo interpreta, peraltro, in modo corretto.

Che il diritto venga applicato, o rimanga invece chiuso nei libri, in realtà non frega un cazzo a nessuno: l’importante è che i conflitti vengano risolti, magari con buona o discreta soddisfazione di tutte le parti coinvolte.

A chi ha un problema legale, inoltre, non deve interessare che sia fatta la cosa giusta, ma deve subito focalizzarsi sul capire che cosa è più conveniente per lui fare, come uscire da questa situazione.

Ti ricordi la exit strategy per toglierti la spina dal culo?

L’unica cosa su cui lavorare è la strategia.

Non siamo dei giustizieri, è un compito che non ci spetta, non ce lo possiamo assumere, se lo facciamo ne paghiamo care le conseguenze.

Siamo solo persone con dei problemi che devono cercare di saltarci fuori nel modo migliore possibile.

Ecco perché nella trattazione dei problemi legali la cosa più importante è la strategia che si deve adottare per la sua trattazione e perché quello che dice il diritto a riguardo non è, e non può essere mai, la strategia nonostante molte persone, e anche molti avvocati, facciano una enorme e dannosa confusione al riguardo.

La strategia è fatta di tutte quelle iniziative, di qualsiasi genere, stragiudiziale, giudiziale, creativo, che possono condurre alla risoluzione del problema, purché questo avvenga in modo conveniente per il cliente e che sia, naturalmente, legittimo.

Ecco perché non si può essere contrari in linea di principio a nessun metodo alternativo di risoluzione delle controversie.

Specialmente la mediazione civile, tanto osteggiata all’inizio da molti avvocati, in realtà nella pratica ha dato buona prova, un paio di mesi fa nello scetticismo generale ho chiuso in sede di mediazione addirittura una vertenza per contratti bancari.

Pur essendo un contenitore di negoziazione molto vacuo nei suoi tratti, ha comunque rappresentato uno spazio in cui i soggetti coinvolti nei conflitti si sono potuti esprimere in modo adeguato, spesso riprendendo a dialogare e trovando così delle soluzioni in tempi molto rapidi.

Ma questo è solo un esempio, i metodi possono essere e sono infiniti.

Quando persino Gesù mandò affanculo un cliente.

Devi far capo al fatto che i conflitti tra le parti non sono quasi mai dissidi interpretativi relativi a questa o quella legge, ma cose in realtà molto più umane e cioè conflitti emotivi fatti di cose molto semplici come rancore, invidia, presunzione, «a me non mi fanno fesso» e altre demenzialità del genere di cui siamo fatti noi uomini che viviamo su questa terra.

Se capiamo questo, si apre un immenso spazio di creatività per gli avvocati o comunque per le persone che aiutano privati ed aziende a risolvere i problemi giuridici.

Hai sentito parlare di Gesù Cristo?

Gesù ha guarito ciechi, zoppi, storpi, indemoniati, emorroissi, gente che aveva patologie del corpo e dell’anima estremamente gravi.

Un giorno da Gesù andò un tale che gli chiese una cosa molto semplice (Lc 12,13-21).

Era una tipica cosa da avvocato, un problema legale.

Gli disse «Maestro buono, aiutami a fare la divisione con mio fratello».

Sai cosa gli rispose Gesù?

Lo mandò immediatamente affanculo, senza passare nemmeno dal via.

Gli chiese «Ma chi mi ha costituito mediatore tra di voi?» che, in Italiano moderno, significa più o meno «Ma chi ti conosce, a te e a tuo fratello?»)

E poi si lanciò subito dopo a parlare della cupidigia, per dire che alla radice dei problemi e dei conflitti umani ci sono solo le nostre pochezze.

Spero che questo brano ti sia piaciuto. Io peraltro lo uso spesso  quando mi chiedono di lavorare gratis per qualcuno: se pure Cristo, che ha guarito addirittura da legioni di demoni del tutto gratuitamente, si è rifiutato di fare l’avvocato gratis, chi sono io per credermi migliore di lui?

Comunque, sempre Gesù, quando gli chiesero se fosse lecito divorziare, disse di no (Mt 19,3-12). Quando, a quel punto, gli fecero presente che Mosè aveva eppure previsto il divorzio, lui rispose che fu previsto «solo per la durezza dei vostri cuori».

Di nuovo, cosa ci fa capire questo?

Una grande verità, che tutti i conflitti non hanno, in realtà, alcuna ragione oggettiva, ma si radicano nel cuore malato o ferito (non c’è altra parola per dirlo!) degli uomini che ne sono protagonisti.

Dio ti può guarire un problema fisico, ridarti la vista, la deambulazione, può persino liberarti da un demone, ma non può farti fare delle scelte che tu stesso non vuoi fare perché c’è il libero arbitrio. L’uomo, per costituzione, deve essere libero di rovinarsi, perché solo così può aver senso la sua scelta, opposta, quella di amare.

Ecco perché Gesù manda affanculo quello che gli aveva chiesto di aiutarlo a dividersi dal fratello. Quell’uomo avrebbe dovuto lavorare su se stesso e parlare con suo fratello. Gesù si limita a parlare della cupidigia, dandogli la chiave per lavorare sul suo cuore, ma questo lavoro sul suo cuore lo può fare solo l’uomo stesso. Dio può perdonare i peccati del passato, ma il compito di pentirsi e di tornare a vedere la bellezza del Regno può essere svolto solo dall’uomo.

Va bene Gesù, Cristo e la Madonna ma allora come muoversi?

Torniamo dunque alle nostre domande.

Quando si ha un problema legale, le domande che non ti devi sostanzialmente mai fare (e che invece si fanno quasi tutti) sono le seguenti:
– cosa prevede la legge, la giurisprudenza, stocazzo sul punto?
– cosa è giusto fare?

Le domande che ti devi fare sono piuttosto:
cosa mi conviene fare adesso?
come è meglio muovermi?
da chi mi posso far aiutare per superare questo problema?

Qual è, insomma, la strategia migliore da adottare, a prescindere dal diritto, da quello che sarebbe giusto, per togliermi questa rogna (l’Italiano è una lingua bellissima, chiamiamo le parole con il loro nome) di dosso?

Ecco perché è inutile perdere ore e giorni a cercare di capire cosa prevede il diritto su un determinato tema ma è preferibile, ad esempio, mandare subito una diffida con cui si apre la vertenza e si inizia una negoziazione e cioè, più in generale, passare subito all’azione.

L’azione è la cosa più importante per trattare qualsiasi problema. I problemi legali non fanno eccezione, anzi forse per loro è ancora più importante.

Prendi subito un avvocato: basta «solo» che non sia un idiota.

Ovviamente, il primo, spesso anche l’unico, e più importante gesto strategico di chi ha un problema legale è quello di a) capire che i problemi legali si trattano solo facendosi aiutare da un avvocato e non in altro modo e b) sceglierne uno bravo.

Già capire che non è il caso di perdere tempo con sistemi alternativi demenziali (Carabinieri, Polizia municipale, cuggggini, ecc.) è un momento di alta importanza, come ho spiegato meglio in questo precedente post.

Un altro grande momento magico è capire che, nella scelta di un avvocato, non contano le specializzazioni, perché nessuno ci capisce un cazzo nelle specializzazioni se non è del settore, anche perché spesso non ci capisce niente nemmeno chi è del settore, ma anche perché gli approcci non olistici hanno mostrato tutti i loro limiti in tutti i campi, a partire ad esempio da quello della medicina.

L’unica cosa importante è: scegliere un avvocato che non abbia la testa piena di segatura.

Non è così facile, per la verità, ma con un po’ di impegno ce la puoi fare.

L’avvocato, una volta incaricato, sceglierà e consiglierà attingendo da un vasto carniere di interventi possibili la strategia migliore.

Tutto può far brodo!

Può essere che consigli il cliente di:

  • parlare di persona
  • attendere
  • utilizzare la mediazione di un familiare, un sacerdote, un amico di famiglia, chi ti pare
  • inviare una lettera scritta con il suo aiuto ma firmata dal cliente
  • inviare una lettera con la carta intestata dello studio legale
  • iniziare una causa per sbloccare una negoziazione (io l’ho fatto molto spesso, specie nel campo delle separazioni)
  • fare una o più telefonate
  • iniziare una mediazione familiare o civile
  • iniziare una causa perché è l’unico sistema e allora si va a scegliere quale causa se con rito ordinario o con il 702 bis, se fare una CTU preventiva, ecc. ecc. ecc.
  • qualiasi altra cosa che sia lecita e possa essere utile a risolvere il problema

L’unica cosa che importa è che lo strumento scelto sia quello che appare più opportuno per la strategia di risoluzione del problema, che è quello di superarlo senza considerare l’eventuale applicazione del diritto o il raggiungimento di una soluzione equa, ma semplicemente di una soluzione conveniente.

Iniziare prima possibile a lavorare sul problema: la fase del fare.

L’approccio strategico da me proposto e praticato ormai da diversi anni consiglia e consente generalmente comunque di passare prima possibile alla fase dell’azione, a quella del fare, che, come è importante per tutti i problemi, è fondamentale anche per quelli legali.

È perfettamente inutile lambiccarsi il cervello per ore, giorni, settimane ed anni per cercare di capire cosa sarebbe giusto fare, cosa prevede il diritto sul punto.

È molto meglio, invece, passare subito all’azione, cioè a trattare concretamente il problema, con uno degli strumenti elencati prima, magari anche molto semplici e poco «invasivi» come una telefonata, una lettera e così via.

Non trascurare i problemi, non crogiolarti nell’apatia, non indugiare nelle lamentele!

Vai prima possibile da un avvocato.

Pur con tutte le incertezze che ci sono sempre in questi casi, è importante iniziare comunque prima possibile a lavorare sul problema.

Ci sono problemi che sulla carta, dentro ai nostri cuori, sembrano irrisolvibili, giganteschi, terribili, salvo poi scoprire che con un paio di mosse giuste, azzeccate e magari un po’ di fortuna si avviano a risoluzione molto più semplicemente di quello che pensavamo.

È una esperienza che abbiamo fatto tutti.

Quindi l’imperativo è: muoviti.

Senza fretta, ovviamente, ma nemmeno senza aspettare senza che in realtà vi sia nessun motivo per farlo.

Prima ci si comincia a lavorare sopra e prima si finisce.

La breve ma fondamentale fase dell’ascolto.

Nel mio approccio strategico, l’analisi del problema passa in secondo piano.

Ovviamente c’è, comunque, necessariamente una fase di analisi e soprattutto di ascolto del cliente, che è molto importante, ma dopo un primo incontro si può, anzi si deve, già iniziare a lavorare concretamente sul problema senza bisogno di approfondimenti ulteriori.

L’analisi di un problema, peraltro, è bene che non si protragga più di tanto, perché, specialmente in persone provate da anni di situazioni di disagio, rischia di far rivivere questo disagio quando magari si stava sopendo, cosa che è deleteria perché per risolvere il problema il cuore dei protagonisti deve essere il più possibile «rinfrescato» e alleggerito.

Servono avvocati in grado di capire i termini umani del problema dopo massimo mezz’ora di ascolto e in grado ulteriormente di tracciare delle indicazioni strategiche entro la conclusione del primo incontro, per iniziare subito dopo a lavorare in concreto sul problema.

Ogni incontro si deve concludere con la definizione di un prossimo passo. Cioè con la individuazione della cosa da fare come prossima mossa. Prima si parla insieme, poi si decide insieme che cosa fare. Così semplice.

Hai un problema legale?

Se hai un problema legale, e hai letto attentamente sino a qui, ti sarà chiaro che è bene passare prima possibile a lavorarci sopra con un bravo avvocato.

Se vuoi un preventivo da parte del nostro studio, puoi chiedercelo compilando questo modulo. Ovviamente è gratuito.

Se, invece, preferisci acquistare direttamente un’ora o più della nostra attenzione sul tuo problema, puoi valutarlo da questa pagina.

Vuoi diventare un avvocato ad indirizzo «strategico»?

Se sei un avvocato e ti piace questa impostazione, contattami in privato. C’è un importante progetto al riguardo di cui magari potremmo parlare.

Ringraziamenti.

Si ringrazia la collega Sara Mascitti del foro di Latina per gli opportuni chiarimenti sull’uso più corretto del termine «sticazzi».

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diritto

Ponte costruito su suolo altrui: come muoversi?

Sono proprietario e residente di una casa con terreno confinante a una strada di servitù (accordo stipulato con firma nel 97 tra proprietari e comune) per potervi accedere ho costruito un ponte con autorizzazione del comune, ora il proprietario del mezzo fosso rivendica soldi perché non ho chiesto a lui il consenso/permesso. Come devo comportarmi?

Ti conviene sicuramente trovare un accordo con lui, definendo una somma accettabile per definire la questione.

Il punto è che l’autorizzazione del comune non può in alcun modo pregiudicare i diritti dei terzi, cioè i diritti di proprietà o di altro genere di cui sono titolare altre persone nell’area in questione. L’autorizzazione comunale riguarda solo gli aspetti urbanistici, di sicurezza, viabilità, idrogeologici e così via, ma è evidente che per occupare aree di proprietà altrui occorre sempre il consenso del titolare del relativo diritto.

È vero che esiste una disposizione, che è l’art. 840, comma 2°, del codice civile, secondo cui «il proprietario del suolo non può opporsi ad attività di terzi che si svolgano a tale profondità nel sottosuolo o a tale altezza nello spazio sovrastante, che egli non abbia interesse ad escluderle» però mi pare che l’applicazione di tale principio ad un ponte, che bisognerebbe comunque vedere nelle sue caratteristiche concrete, sia discutibile, anche se certamente una regola così può avere una sua importanza nelle trattative volte alla determinazione di una somma da corrispondere per definire la questione.

Trattandosi di questioni fondiarie ed immobiliari, ti consiglio, per la conduzione delle trattative con il vicino, di incaricare un bravo avvocato, portato alla mediazione, per raggiungere presto e bene una soluzione soddisfacente. Da valutare anche se trascrivere la scrittura con cui formalizzerete l’accordo con il vicino, per renderla opponibile a terzi successivi acquirenti dell’area in questione, nel qual caso occorrerà purtroppo un passaggio dal notaio.

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Recuperare la casa familiare: si può solo negoziare

mi sono appena separato, non siamo sposati ma abbiamo due bambine. Abbiamo comprato casa di 193 mila euro. Io ho venduto una mia casa mettendo 114 mila euro subito (documentabile) la mia ex 10 mila euro tramite mutuo mensile. Attualmente è stata data a lei la casa e i giudici hanno suddiviso il mutuo di 400 euro mensili, 200 io e 200 la mia ex. I giudici consigliano di derimere la situazione della casa ma la ex non accetta nulla, vendere, acquistare la quota ecc e rifiuta la mediazione. La banca sarebbe anche disposta a bloccare il mutuo per un anno ma la ex non vuole. Io non so più cosa fare, vivo in affitto e adesso cambierò casa, più grande, e non ho più i soldi per pagare il mutuo. Cosa posso fare?

Non c’è molto che tu possa fare «d’imperio», è una situazione che, come abbiamo detto ormai dozzine di volte, puoi affrontare solo negozialmente, cioè trattando con la tua ex.

La casa familiare, attualmente, a prescindere dal titolo di proprietà e da chi l’ha pagata, è stata destinata dai giudici a servire le tue due figlie. Questa situazione perdurerà finché entrambe le stesse non saranno non solo maggiorenni ma anche autosufficienti, quindi, se sono ancora piccole, potenzialmente per altri vent’anni.

Per poter trovare una soluzione che ti consenta di recuperare valore spendibile per una tua abitazione, puoi solo negoziare con la tua ex, dal momento che la legge è dalla sua parte e le conferisce il diritto di abitare gratuitamente in quella abitazione per il tempo di cui abbiamo detto.

Per fare questa trattativa, può essere molto utile, ad esempio, andare da un mediatore familiare.

Per cui, come primo passo in assoluto, ti consiglio di rivolgerti ad un mediatore familiare e mandarle un invito a partecipare alle sedute di mediazione.

Se questo non dovesse funzionare, o non dovesse magari neppure iniziare, ci sono altre cose che si possono tentare, ma si possono vedere solo in seguito.

Fatti seguire da un bravo avvocato, esperto di diritto di famiglia e con spiccata propensione alla negoziazione: il contrario del legale «aggressivo» che le persone, che non hanno capito niente di come si gestiscono i problemi legali, si solito cercano.

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Disdetta tardiva per locale commerciale: si rinnova automaticamente?

Contratto fitto locale adibito ad uso esclusivo a Circolo Sociale Culturale decorrenza 1/1/2005 per periodo 6+6.La sottoscrittice,deceduta 10 anni fa.Gli eredi non hanno mai chiesto il rinnovo del contratto.L’erede invia il 31/10/2016 una raccomandata, ricevuta il 7/11/2016, disdetta alla seconda scadenza, senza rinnovo ,Nel contratto è scritto che per tutto quanto non contemplato si ci rifa alle vigenti nome di legge.Siccome nella lettera disdetta è scritto che il locale è a uso commerciale, come indicato nella legge 392/1978,La disdetta doveva essere notificata al rappresentante legale del circolo 12 mesi prima della seconda scadenza e quindi trattandosi di locale ad uso commerciale, il contratto si rinnova per altri sei anni o addirittura per 6+6 come indicato nel contratto iniziale.

In generale, come abbiamo detto ormai centinaia di volte, non ha molto senso, non è molto utile, parlare, sotto qualsiasi profilo, di un contratto senza averlo almeno potuto leggere, anche perché i contratti si interpretano e «leggono» nel loro complesso, senza poter più di tanto isolare singole clausole o singoli aspetti (come, appunto, quello della durata) gli uni dagli altri.

Facendo qualche considerazione su un piano, dunque, sempre generale, si può dire che se i termini non sono stati rispettati, il contratto potrebbe essersi rinnovato, anche se bisognerebbe guardare esattamente cosa prevedono le singole clausole al riguardo, potendo essere previsto – in qualche modo (e, cioè, magari anche attraverso interpretazione) – che la durata fosse prestabilita senza possibilità di rinnovo automatico – sempre ovviamente che questa clausola fosse conforme alla legge ed è questo un ulteriore accertamento da fare in concreto.

Ti consiglierei di approfondire acquistando una consulenza da un bravo avvocato, anche in relazione all’interesse che potete avere alla conservazione del contratto.

Situazioni come queste, comunque, di solito vengono meglio affrontate a livello negoziale, con una più o meno approfondita trattativa con la controparte, con la quale si intende peraltro continuare un rapporto, in qualche modo, di collaborazione.