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servitù di passaggio “di fatto” e chiusura dell’accesso

Con due paletti ed una catena ho chiuso l’accesso al mio terreno edificabile. Il proprietario di un terreno edificabile di circa 3.000 mq, intercluso e non confinante con il mio, sul quale coltiva un vigneto senza rivestire la qualifica di coltivatore diretto si è lamentato minacciando le vie legali perchè asserisce di essere sempre passato sulla mia proprietà camminando a piedi lungo il confine con altra proprietà e, quindi, di aver acquisito il diritto a passarci. Preciso che:
– anche il mio terreno è coltivato e sul percorso pedonale indicato dal reclamante non c’è cancello, nè asfalto o altra opera che lo differenzi dai terreni circostanti;
– potrebbe accedere al suo terreno intercluso con un percorso molto più corto e rettilineo attraversando un’altro terreno edificabile che gli confina e lo separa dalla strada pubblica;
– Avendo questi intenzione di vendere il proprio terreno ad un’impresa edile gli ho offerto di acquistare il passaggio, ma vuole tutto gratis. Non sono disposto a regalare alcunchè. Come devo comportarmi? Grazie.

In effetti da quanto scrivi il Tuo vicino potrebbe anche avere delle ragioni.

Infatti se effettivamente il proprietario del fondo confinante  è sempre passato attraverso il tuo terreno per accedere al proprio, Tu non eri legittimato a modificare tale situazione unilateralmente, chiudendo l’accesso.

Tuttavia da quanto scrivi sembra di capire che il passaggio del vicino dal Tuo fondo fosse solo una situazione di fatto, che non era mai stata formalizzata con un accordo scritto. Se così stanno le cose, in una eventuale azione giudiziale sarà naturalmente onere del Tuo vicino dimostarare di essere sempre passato dal Tuo terreno, nonstante non vi fosse alcun contratto scritto a garantirgli tale diritto e nonstante tale servitù non sia evidente dalla conformazione dei luoghi.

Altro elemento importante da valutare, inoltre, sarebbe il numero di anni in cui il vicino ha continuato a passare dal Tuo terreno (Tu dice “sempre”, ma sempre è molto vago). Questo elemento, infatti, può fare la differenza tra l’aver acquisito, da parte del Tuo vicino, un vero e proprio diritto di servitù di passaggio o l’avere ottenuto solamente quello che si chiama il possesso,  che ha anch’esso una tutela, ma di tipo diverso.


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Servitù di passaggio e concessione edilizia

Sto intraprendendo la ristrutturazione di un pezzo di casa attaccata a casa dei miei (dove attualmente abito) che è attualmente accatastata come deposito attrezzi. In una normativa del mio comune, per le nuove unità abitative la strada di accesso deve essere di 5mt. I 5mt nella proprietà dei mie ci sono. Non ci sono invece nel pezzetto di strada (di circa 30-40mt di lunghezza) dove usufruiamo di una servitù di passaggio, che attualmente è largo circa 3,50mt. Tale servitù di passaggio non è sottoscritta, ma è esistente prima ancora dell’arrivo dei miei nonni (possiamo quindi parlare di circa 100 anni!) ed è l’unica strada che ci porta alla strada pubblica. Il comune pertanto mi chiede di allargare anche questo tratto di strada. Chiedo ai proprietari (ben 4) di poter allargare la strada a mie spese per poter così avere la così sospirata concessione edilizia. I proprietari non mi hanno dato il consenso perchè dicono che così face ndo loro perdono il valore della loro proprietà. Mi suggeriscono invece si spostare la strada a confine della loro proprietà a mie spese (spese che a mio avviso vanno ad incidere un po’ troppo sulla spesa finaleda me preventivata per la ristrutturazione!). Le mie domanda sono queste: il comune può non concedermi la concessione quando è mio diritto ristrutturare un pezzetto dove abito a causa di terzi? I proprietari del terreno possono rifiutarsi di farmi allargare la strada? E se insistono nello spostamento della strada non dovrebbero partecipare anche loro alla spesa, dato che il vantaggio di tale spostamento alla fine lo hanno solo loro? La ringrazio dell’eventuale risposta.

In primo luogo dovresti considerare che in realtà non è “tuo diritto” ristrutturare un immobile e trasformarlo da deposito attrezzi ad abitazione. Questa modifica di destinazione d’uso, infatti, non è un Tuo diritto assoluto, bensì  è possibile solo se ed in quanto la ristrutturazuione da Te intrapresa rispetti tutte le prescrizioni in tema di edilizia previste dalle leggi in materia e dal piano regolatore del Tuo comune. Tra tali norme che devi rispettare rientra sicuramente anche la larghezza della strada d’accesso che nel Tuo caso, a quanto scrivi, deve essere di 5 mt.

Ora, il fatto che Tu (e prima i Tuoi nonni ) abbiate sempre avuto una servitù di passaggio sul fondo dei vicini Ti dà il diritto di continuare ad utilizzare tale servitù (anche se in realtà sarebbe il caso di regolarizzare la cosa, eventualmente anche tramite una causa civile di usucapione), ma non è affatto detto che Tu abbia anche il diritto di allargare la strada per soddisfare un bisogno che in fin dei conti è tuo e non dei tuoi vicini.

Ti segnalo, infatti, che l’art. 1052 c.c. prevede che le disposizioni sulla servitù coattiva di passaggio a carico dei vicini si possono applicare anche se il proprietario del fondo ha già un accesso alla via pubblica che però è inadatto o insufficiente ai bisogni del fondo (sarebbe il Tuo caso) ma tale norma si applica solo per immobili con finalità agricole o industriali e non per abitazioni private.


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Servitù coattiva di elettrodotto

Siamo un’azienda che ha acquistato un terreno in sicilia nel comune di XXX, per la costruzione di una centrale fotovoltaica da 1 MW, durante la fase preliminare abbiamo chiesto al nostro vicino di scambiare una particella che entrava nel nostro terreno con una ns che entrava nel suo, per rendere omogenei i 2 terreni. Il viciono si è dimostrato subito disposto esclusivamente a trattare un’eventuale vendita nient’altro.
Questo cambio avrebbe permesso di passare completamente sul nostro terreno con il cavidotto aereo per il collegamento alla cabina enel, adesso invce dobbiamo passare sul suo terreno, avremmo la possibilità di lasciare la pratica ad enel, ma i tempi si allungherebbero notevolmente, quindi abbiamo deciso di ottenere da noi la servitù di elettrodotto. Dopo un’ulteriore tentativo con il vicicno, andato male, abbiamo deciso di interpellare un legale.
Lui ci ha garantito che la servitù il nostro vicino deve concedercela, è vero? e soprattutto esiste come dichiarato una servitù povvisoria? e i tempi di risoluzione della pratica?
Grazie.

Dunque, quello che posso dirti è che, ai sensi dell’art. 1056 c.c. “ogni proprietario è tenuto a dare passaggio per i suoi fondi alle condutture elettriche, in conformità delle leggi in materia”  e che, nel caso di specie, le leggi in materia sono rinvenibili nel R.D.  11.12.33 n. 1775.

Quello che invece non posso di certo fare è dare un giudizio sull’operato di un collega che ha esaminato la Tua pratica con attenzione, studiando il Tuo caso specifico ed i relativi documenti che gli avrai sicuramente mostrato (nonché l’eventuale normativa locale in materia).  Per farTi un esempio sarebbe come se un paziente con emicrania si fosse fatto visitare in ospedale, dove gli hanno eseguito una serie di esami clinici e radiografie ed al quale al termine hanno diagnosticato una certa malattia. E se quel paziente, non essendo molto convinto della diagnosi, telefonsse ad un suo amico medico e dicesse: senti,  ho mal di testa, secondo te che malattia ho? Capisci che purtroppo non è fattibile…


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Immobili ipotecati da parte dell’agente della riscossione e donazione

Mio padre e mia madre sono proprietari di diversi terreni agricoli e di un fabbricato. La loro intenzione e’ quella di donare tutte le loro proprieta a noi figli, compreso il fabbricato. Alcune proprietà sono però gravate da ipoteca da parte dell’agente della riscossione per tasse e tributi non pagate nel tempo per un importo di euro 40.000,00. la mia domanda e’ questa pagando i diversi debiti e quindi liberando i terreni dall’ipoteca posoono donare i loro terreni ai figli??? e se mio padre ha altri debiti tributari puo’ l’agente della riscossione appellarsi alla donazione.

Di per sé  l’ipoteca non preclude al proprietario del bene ipotecato di venderlo o,  nel vostro caso, di donarlo. Il problema, però, è che essendo l’ipoteca una garanzia cosiddetta reale essa ha diritto di seguito, ossia è opponibile anche al nuovo proprietario.

Nel caso i Tuoi genitori prima estinguessero l’ipoteca e successivamente procedessero alla donazione non credo che voi avreste problemi. Attenzione, però, perché di solito l’agente della riscossione prima di acconsentire alla cancellazione dell’ipoteca richiede il pagamento di tutti i debiti pregressi e non solo di una parte.

Ritenuta IRPEF su incentivo all’esodo per lavoratore di sesso maschile con età inferiore ai 55 anni

A fine dicembre 1993 ho aderito alla mobilità Telecom Italia S.p.a. ricevendo il corrispettivo in denaro previsto… (vedi documentazione allegata) Il 4 dicembre 2008 ho ricevuto comunicazione dall’ A.E. di Mirandola di un ricalcolo delle somme dovute a titolo IRPEF sui redditi percepiti nel 2004 (ultima busta paga Telecom Italia S.p.a.) pari a 738,77€. Ottenuta la rateizzazione prevista ho iniziato regolarmente a pagare… (vedi documentazione allegata). L’ 8 maggio 2009 ho chiesto la restituzione del 50% della ritenuta IRPEF… (vedi documentazione allegata) Il 7 settembre 2009 l’A.E. mi comunicava tramite posta ordinaria il rigetto della mia domanda per decadenza dei termini di presentazione della stessa (art. 37 e art. 38, comma 2 del DPR n. 602/1973)… (vedi documentazione allegata) Alla luce di quanto detto e documentato nel file allegato, chiedo cortesemente di conoscere se, a Vostro avviso e secondo la vostra esperienza su casi analoghi, esistano i termini per ricorrere nei confronti dell’A.E. e, se sì, con quale ragionevole speranza di ottenere una sentenza a me favorevole. Senza in alcun modo volerVi suggerire alcunchè, faccio presente che, da una seppur sommaria ricerca da me condotta sul web, sono venuto a conoscenza che: LEGGE 388/00 – CAPO VIII – DISPOSIZIONI IN MATERIA DI RISCOSSIONE E DI GIOCHI E ALTRE DISPOSIZIONI FISCALI ART. 34. (DISPOSIZIONI IN MATERIA DI COMPENSAZIONE E VERSAMENTI DIRETTI) 5. All’articolo 37, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, le parole: “entro il termine previsto dall’articolo 2946 del codice civile” sono sostituite dalle seguenti: “entro il termine di decadenza di quarantotto mesi”. (idem per art. 38). SENTENZA DI DISAPPLICAZIONE DELLA LEGGE 388/00 …prima sentenza di disapplicazione del Tribunale di Chiavari, N°518/05del 30/04/05, depositata in Cancelleria il 03/06/05 e non più appellabile, dove il Giudice Dott. Roberto Pasca assolve l’imputato ex art. 530 c.p., accogliendo pienamente le tesi difensive sulle argomentazioni inerenti la disapplicazione per mancata notifica alla C.E. della legge 388/00 e sulle quali ha fondato le sue conclusioni assolutorie. Mi domando altresì se, la sanzione comminatami dall’A.E. di Mirandola in data 4 dicembre 2008…, non prefiguri una “riapertura” dei termini (48 mesi) per la presentazione della mia domanda di restituzione… dell’ 8 maggio 2009. Considerando il termine massimo di 60 gg per ricorre presso la Commissione Tributaria Provinciale (07/09/2009 rigetto A.E.), Vi sarei grato mi poteste far conoscere il Vostro convincimento in merito e, qualora ragionevolmente mi consigliaste tale ricorso, il preventivo per il Vostro onorario e le eventuali spese accessorie. RingraziandoVi, saluto cordialmente

Dunque, la questione che Tu poni è abbastanza complicata. Dal punto di vista del merito, infatti,  mi sembra che Tu abbia buone ragioni per richiedere il rimborso della ritenuta IRPEF che il sostituto d’imposta ha pagato con aliquota pari a quella applicata sul TFR.  Infatti la Corte di Giusitzia Europea  con sentenza n. C-207/04 ha stabilito che applicare una aliquota dimezzata ai lavoratori uomini che hanno superato i 55 anni ed alle lavoratrici donne che hanno superato i 50 anni costituisce una ingiusta disparità di trattamento fondata sul sesso. Di conseguenza la Tua istanza di rimborso sembrerebbe ad una primo e sommario esame piuttosto fondata. Il problema risiede però nella prescrizione che, come Tu giustamente hai notato, è attualmente prevista dagli artt. 37 e 38  DPR 602/73 in 48 mesi. Ora il problema sarebbe stabilire da quando questi 48 mesi dovrebbero decorrere, anche andando a ricercare i precedenti giurisprudenziali in materia e studiando approfonditamente tutta la documentazione in Tuo possesso.

Se vuoi una consulenza approfondita e personalizzata sulla fattibilità del ricorso nel Tuo caso specifico il preventivo sarebbe di 100 € oltre accessori di legge.  Nel caso poi all’esito della consulenza dovessi decidere di fare il ricorso il nostro Studio pratica diverse forme tariffarie. La più conveniente e che noi consigliamo è il fofettone che consisiste nel pagamento di una cifra fissa per ogni anno in cui la causa di protrae. Nel Tuo caso la cifra potrebbe essere di circa 1000 € oltre accessori. Puoi comunque trovare ulteriori informazioni sui nostri sistemi di tariffazione sul blog.

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Fondo non intercluso e servitù di passaggio coattiva

Buona sera,
sono 1 di 7 proprietari di casette a schiera. Per arrivare alle ns. case occorre attraversare una strada privata con un cancello automatico. Alla fine della strada ci sono 2 posti auto scoperti (uno è di mia proprietà) e una scala per la discesa nel mio orto e in quello di un mio vicino. Da ns. orti ai 2 posti auto scoperti c’è un muro alto più di 2 metri.
Il confinante dei ns. orti possiede un terreno edificabile, vuole costruire una abitazione e sostiene di avere il diritto di passaggio dalla strada che passa davanti alle ns. case perchè intercluso. Per arrivare al suo fondo però esiste una strada ad uso agricolo che utilizza regolarmente per passare con il trattore.
Utilizzando la strada agricola c’è circa 1 km di strada per arrivare alla via pubblica mentre utilizzando la ns. strada ci sarebbero poche centinaia di metri.
Il ns. confinante sostiene di poter ottenere la servitù di passaggio da un giudice, passare dai nostri orti e costruire una rampa di cemento per collegarsi alla ns. strada. Io e i miei 6 vicini di casa non abbiamo intenzione di concedere il passaggio.
Il nostro confinante ha possibilità di ottenere il permesso da un giudice di costruire una rampa e passare per la ns. proprietà? Cosa ci conviene fare?

Le disposizioni di riferimento per rispondere al quesito da Te posto sono gli ‘artt. 1051 e 1052 c.c. :

art. 1051 c.c. “Il proprietario, il cui fondo è circondato da fondi altrui, e che non ha uscita sulla via pubblica né può procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio, ha diritto di ottenere il passaggio sul fondo vicino per la coltivazione e il conveniente uso del proprio fondo. (…)”

art. 1052 c.c.: “Le disposizioni dell’articolo precedente si possono applicare anche se il proprietario del fondo ha un accesso alla via pubblica, ma questo è inadatto o insufficiente ai bisogni del fondo e non può essere ampliato. Il passaggio può essere concesso dall’autorità giudiziaria solo quando questa riconosce che la domanda risponde alle esigenze dell’agricoltura o dell’industria

In virtù delle norme sopra esposte, siccome da quanto scrivi il Tuo vicino vorrebbe costruire una abitazione privata e non un edificio con  fini industriali o agricoli, potrebbe essere per lui abbastanza complicato ottenere dal Tribunale una servitù di passaggio coattivo sui Vostri fondi.

E’ evidente, però, che  se vi facesse delle offerte economicamente vantaggiose potete comunque prenderle in considerazione e costituire una servitù volontaria.

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Separazione e vendita della ex casa coniugale cointestata ad entrambi i coniugi

Buongiorno,
sono separata con consensuale da 8 anni, il giudice ha deciso l’affidamento della casa e degli arredi e dei due figli di 8 e 9 anni al mio ex marito, stabilendo anche che al mio ex marito spettasse di pagare per intero le rate del mutuo (quindi anche la mia quota) dell’appartamento che stavamo acquistando insieme ( all’epoca avevo gia versato 20.000,00€).
Il giorno 15-11-2007 ricevo una raccomandata dalla banca, che ha errogato il mutuo , con la quale mi informano della risoluzione del contratto e mi intimavano a provvedere al pagamento di rate scadute a partite dal 31-12-2006,pena la messa all’asta dell’ immobile.
Mi sono percio’ rivolta ad un avvocato spiegando l’accaduto e per chiedergli un consiglio su come uscire da questa situazione, perche’, anche volendo, non disponevo assolutamente della somma richiesta e oltretutto mi sembrava oltremodo ingiusto vista la sentenza del giudice.
In un primo momento l’avvocato mi ha proposto di procedere ad un sequestro cautelativo data l’indisponibilita’ del mio ex marito.

Il giudice non approva la richiesta e consiglia di mettere in vendita la casa. Dopo due anni si fa vivo un acquirente.
Mi viene comunicato che il mio ex marito ha dato il suo nullaosta, ma che fara’ saltare l’accordo qualora io mi rifiutassi di dividere a meta’ il debito da lui contratto nei confronti della banca.

Da notare che il termine ultimo per dare il mio consenso e’ per il giorno 1-10-2009, data in cui ,in mancanza di accordo, la casa verra’ messa all’asta.
Io non sono in condizione di parteciapre ad una eventuale asta, il mio ex marito a quanto pare si.
Mi sono rivolta immediatamente al mio avvocato perche’ inoltrasse una diffida per comportamento estortivo nei confronti del mio ex marito e per fare in modo che la transazione venga condotta correttamente facendo valere la sentenza del giudice.

Il mio avvocato ritiene di non dovere agire in alcun modo e non solleva alcuna eccezione nei confronti della cosa, che io paghi 15-20000€ di debiti non miei o che perda la casa se non accetto, secondo lui e’ una condizione normale e comunque inevitabile.
Vorrei sentire il Vosto parere a riguardo.
Ringraziandovi per l’attenzione, resto in atteso di un Vs.gentile riscontro.
Distinti saluti

Dunque, in primo luogo devo dirTi che non mi pare corretto da parte mia dare un giudizio sull’operato di un collega senza avere avuto la possibilità di esaminare compiutamente la Tua situazione ed in particolare tutti gli atti di causa.

Fatta questa premessa posso dirTi che  se, come Tu scrivi,  la separazione è stata di tipo consensuale e non giudiziale in realtà non dovrebbe essere stata emessa nessuna sentenza a conclusione del procedimento. Le separazioni consensuali,  infatti, si distinguono dalle giudiziali proprio perché non è il giudice a dovere decidere con sentenza a quali condizioni i coniugi debbano separarsi, bensì sono i coniugi stessi che trovano fra loro un accordo che poi viene semplicemente “omologato” dal Tribunale, il quale controlla che gli accordi medesimi non siano contrari alla legge (ed in particolare non siano contrari all’interesse dei figli).

In ogni caso, se nel verbale omologato era previsto che le rate del mutuo della casa sarebbero rimaste per intero a carico del Tuo ex marito, è evidente che nei Vostri rapporti interni egli non ha titolo per richiederTi di pagare metà del debito contratto con la banca dopo l’omologazione della separazione. Attenzione, però, al fatto che se la banca Ti ha spedito una raccomandata probabilmente essa non è mai stata messa a conoscenza dei Vostri accordi, oppure non ha rinunciato alla garanzia che a suo tempo Tu avevi prestato per l’acquisto della casa.

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Abusivismo edilizio in immobile adibito ad attività commerciale

Ho un locale di proprieta’ adibito ad attivita’ commerciale. Due delle cinque vetrine del mio locale insistono in un atrio condominiale  chiuso che probabilmente non e’ in regola con le concessioni edilizie.  Al di la dell’abusivismo in corso di accertamento, chiedo se a norma del 1444 posso ottenere il restringimento del muro di cinta del  predetto atrio, con la conseguente liberazione delle mie vetrine  all’esterno dello stesso atrio. Grazie per la collaborazione.

Caro, amico. Rispondere al quesito nei termini in cui lo hai posto risulta francamente molto difficile. In primo luogo, infatti, Tu scrivi che l’atrio non è “probabilmente” in regola con le concessioni edilizie e che forse vi è un abuso. In relatà, però, sapere se l’atrio è regolare o meno dal punto di vista urbanistico è un elemento necessario per capire quale sia la situazione in cui Ti trovi ed è ben difficile dare una risposta “al di là dell’abusivismo in corso di accertamento”. A tal proposito, infatti, Ti segnalo che non tutti gli abusi edilizi portano alle stesse conseguenze, in quanto alcune violazioni sono suscettibili di sanatoria, mentre altre prevedono la riduzione in pristino.  Inoltre Tu fai riferimento ad una non meglio precisata norma “1444”, norma che vorrsti invocare a Tuo favore. Non è però chiaro a che norma Tu Ti stia riferendo, anche perché l’art. 1444 c.c. non ha nulla a che fare con la questione da Te posta.

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il patto di quota lite del 50%

Gentile avvocato,ho avuto un problema di ritardo aereo ed ho provato più volte a chiedere un rimborso dalla compagnia che non mi ha considerato, ormai non pensavo di avere possibilità quando mi hanno proposto un patto di quota lite.Il contratto prevede una percentuale del 50% in caso di vittoria eniente in caso di insuccesso. Sarà vero?e le spese burocratiche e l’iva? sono già comprese?se effettivamente non avrò alcuna spesa mi può interessare visto che ormai avevo rinunciato ad avere un rimborso, ma non nego che anche fosse poco almeno per principio vorrei giustizia. Mi interessa sopratutto sapere se veramente l’avvocato avrà il 50%(non poco) solo se otterrà un successo e diversamente non potrà avanzare pretese nei miei confronti. Grazie per l’attenzione, cordiali sauti.

Per rispondere al quesito da Te proposto va, anzitutto, precisato che il c.d. patto di quota, pur presente da sempre come modalità ordnaria di pagamento in altri ordinamenti (quali ad esempio quello statunitense), è invece sempre stato assolutamente vietato in Italia, dove anzi era addirittura considerato alla stregua di un illecito deontologico. Solo a decorrere dall’anno 2006 con l’entrata in vigore del c.d. decreto-Bersani (D.L. 4 luglio 2006, n. 233 convertito  in Legge n. 248 del 4 agosto 2006) il divieto di patto di quota-lite tra avvocato e cliente è stato abrogato. A tale abrogazione del divieto, tuttavia, non ha fatto riscontro alcuna regolamentazione specifica della materia che, quindi, attualmente è lasciata alla libera contrattazione tra le parti. L’unico requisito che la legge richiede per la validità del patto, infatti, è la forma scritta richiesta dall’art. 2233 c.c.

In considezione di quanto sopra l’eventuale rimborso al Tuo avvocato delle spese vive che lo stesso dovrà affrontare per portare avanti la Tua pratica, in caso di esito negativo della vertenza, potrebbe essere previsto o meno nel patto di quota-lite che andrai a sottoscrivere,  a seconda appunto del tipo di accordo.

A titolo puramente indicativo Ti posso dire che, essendo  la percentuale pattuita piuttosto elevata (50%), è anche possibile che nella stessa siano ricomprese anche le spese vive e che l’avvocato si accolli il rischio di sostenerle in prima persona nel caso in cui la vertenza non dovesse finire nella maniera sperata. E’ però frequente anche la clausola che prevede per l’avvocato il diritto ad essere rimborsato almeno delle spese vive sostenute, quindi è necessario che Tu legga attentamente il contratto che Ti verrà sottoposto.

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la responsabilità per le cose in custodia

Buongiono, vorrei avere un’informazione per evitare problemi futuri. Abito in una casa indipendente di una piccola frazione, lungo una strada recentemente dichiarata privata con diritto pubblico di passaggio dal comune; un piccolo appezzamento di mia proprietà si trova accanto alla casa lungo la strada ed è vincolato ad uso parcheggio; questo terreno (siamo in Liguria) termina su uno strapiombo di circa due metri (fascia su muro “a secco”. Vorrei sapere che cosa devo fare per evitare problemi se per caso passanti si avvicinassero, entrassero nel terreno e, il cielo non voglia, si facessero male o addirittura cadessero dal muretto a secco: basta mettere cartelli di avviso e staccionata lungo il “baratro” o devo cintare il tutto? In che termini, visto che per rogito devo lasciare il terreno libero per parcheggio (a mio uso esclusivo).  Molte grazie  Cordialità

In relazione al quesito da Te posto Ti segnalo che ai sensi dell’art. 2051 c.c.  “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”. Più nello specifico per aversi responsabilità  del custode è necessario che sia accertata la sussistenza di un nesso di causalità tra la cosa ed il danno patito dal terzo, dovendo, a tal fine, ricorrere le seguenti due condizioni:

1) che il fatto costituisca un antecedente necessario dell’evento, nel senso che quest’ultimo rientri tra le conseguenze normali ed ordinarie di esso,

2) che l’antecedente medesimo non sia poi neutralizzato, sul piano causale, dalla sopravvenienza di circostanze da sole idonee a determinare l’evento.

Di conseguenza la responsabilità del custode in relazione all’uso della cosa si arresta di fronte ad un’ipotesi di utilizzazione impropria e/o scorretta, la cui pericolosità sia di per sè evidente. In virtù di quanto sopra nel Tuo caso specifico direi che il fatto di segnalare il pericolo con un cartello e di mettere una staccionata in prossimità del baratro dovrebbe metterTi abbastanza al sicuro da eventuali future richieste di risarcimento danno. Chi infatti, ignorando il cartello e scavalcando la staccionata, dovesse cadere nel baratro farebbe sicuramente un uso improprio della cosa e dovrebbe imputare a sè stesso la responsabilità degli eventuali danni subiti. Per completa sicurezza, puoi informarti su una polizza assicurativa.