Categorie
diritto

il mio vicino vuole passare dal mio fondo, ma la servitù non risulta nel rogito

Ecco il caso: 3case confinanti(A-Io;B-vicini;C-vicini)Ogni casa ha un piccolo cortile che è delimitato da mura di2metri con un cancello tra una proprietà e l’altra;L’ex proprietario che ci ha venduto casa ci ha solo accennato che concedeva ai viciniBdi passare,Bchiedeva il permesso e2-3volte l’anno è capitato che passassero; noi abbiamo chiesto all’ex proprietario che nel caso ci fosse una servitù sul nostro cortile ci venisse portato un documento ma l’ex proprietario ha detto cheBnon era mai stato in grado di fornirglielo.L’agente immobiliare ci ha assicurato che non c’erano servitù e anche il notaio ha inserito solo la frase generica (servitù attive e passive). Dopo3-4mesi dall’acquistoBviene a bussare al nostro cancello chiedendoci le chiavi per il passaggio,ho rifiutato e gli ho chiesto di procurarmi qualcosa di scritto.Nel loro atto dicono che c’è la frase standard ma nessun riferimento specifico, dopodichè non ci hanno più detto nulla. Lunedì scorso ci fa visitaC che dice avere diritto di passaggio e che tale diritto è indicato nel loro atto di acquisto, mi fa anche capire che lì è sempre stato così sin dal1950.  Per la cronaca siaBcheC hanno accesso indipendente dalla loro porta lato strada. Ho qualche speranza di salvarmi dal concedere il passaggio?Dalle mappe catastali e dai controlli del notaio non risultano servitù.E se ci fossero i requisiti per l’usucapione: il fatto che non ci sia stata sentenza potrebbe bastare per non renderlo opponibile? 

In questa situazione sarebbe necessario, in primo luogo, verificare cosa effettivamente è scritto sui vari atti notarili.

Se effettivamente la servitù di passaggio non risulta né sul Vostro atto di acquisto, né su quello di B, questo è già un ottimo elemento a Vostro favore.

Se la situazione è questa, infatti, la controparte B, per poter continuare ad utilizzare la servitù di passaggio, dovrebbe dimostrare un possesso della servitù stessa, ovvero di aver  sempre utilizzato il passaggio in passato, esercitando il cosiddetto “animus possidendi”.

Va precisato che, secondo quanto previsto dal codice civile, non sono sufficienti per dimostrare un possesso utile all’usucapione i cosiddetti “atti di tolleranza”, ovvero i passaggi che il proprietario del fondo A può aver permesso a B solo per cortesia o per mantenere buoni rapporti di vicinato, senza che ci fosse un vero obbligo in tal senso.

Nel caso ci fossero contestazioni su questo punto, la casa dovrebbe essere chiarita in un giudizio.

La situazione sembrerebbe essere diversa per C, per il quale sembrerebbe che la servitù risultasse dall’atto di acquisto. Il punto andrebbe ovviamente chiarito studiando adeguatamente il rogito in questione.

Categorie
diritto

quando si acquista una casa che non si sa se ancora gravata da diritto di passaggio

In agosto di qualche anno fa ho acquistato una casa in campagna con terreno. Il notaio nel mio rogito non ha riportato servitù di passaggio mentre nel rogito del vecchio proprietario era scritta una servitù di passaggio sul terreno nei confronti del fratello confinante. Io nell’acquisto e quindi nel rogito ho fatto trasformare il terreno in giardino pertinenziale. Esiste ancora l’obbligo sul mio giardino della servitù di passaggio? Qualcuno potrebbe richiedere l’annullamento del passaggio da terreno a giardino pertinenziale? L’eventuale possibilità di richiesta annullamento da chi e entro e non oltre quale termine potrebbe essere effettuata?

Mi pare che la situazione sia piuttosto confusa.

Per dare una risposta puntuale, come abbiamo già spiegato diverse volte in questo blog, sarebbe necessario visionare e studiare i documenti del caso, ovvero, in questa situazione, i rogiti.

In ogni caso si può dire che, per regola generale, un soggetto non può vendere un diritto di cui non è proprietario, o comunque un diritto diverso da quello che ha.

Di conseguenza, se il proprietario precedente aveva un terreno gravato da servitù, mi pare molto discutibile che si possa semplicemente trasformare il terreno in giardino pertinenziale ed “annullare” in tal modo la servitù stessa.

Se in effetti la servitù esisteva nel rogito di provenienza, mentre non è indicata nell’ultimo rogito (la circostanza andrebbe verificata sui documenti) sarebbe necessario capire in base a che cosa il notaio ha ritenuto di poter evitare di riportare la servitù in precedenza esistente. Un motivo potrebbe essere, ad esempio, che vi è stato il consenso esplicito del vicino di casa a rinunciare a tale diritto. Se sussiste tale consenso la situazione è piuttosto sicura.  In caso contrario il vicino potrebbe agire in giudizio per ottenere di continuare ad esercitare il diritto di passaggio, salvo il caso in cui sussista uno degli altri casi previsti dal codice in cui la servitù si estingue (ad esempio per mancato utilizzo per il periodo e nei modi previsti dalla legge).

Categorie
diritto

è possibile da parte di un figlio usucapire la casa dei genitori contro i propri fratelli?

Mio padre ha abitato in una casa di proprietà dei miei nonni dal 1990, senza alcun contratto di locazione o compravendita. I miei zii erano conoscenza che mio padre abitasse questo immobile e nessuno ne ha mai rivendicato il diritto all’uso. Quest’anno mia nonna è venuta a mancare e i fratelli di mio padre hanno preteso che mio padre abbandonasse la casa poichè nel testamento non vi è la precisa volontà di mia nonna di lasciarla a mio padre bensì di spartirla tra i figli. Mio padre può far valere il suo di diritto di usucapione? Ci sono i presupposti di una azione legale in tal senso o poichè vi è una successione non è possibile? Premetto che vi sono testimoni, contratti enel,tassa rifiuti e residenza accertata all’epoca dai VV.UU. a prova del periodo che egli ha usufruito dell’immobile. 

Questa è una situazione relativamente comune. Capita infatti abbastanza spesso che i genitori concedano in uso gratuito (quello che giuridicamente si chiamerebbe comodato) una casa ai figli, senza richiedere alcun compenso, né stipulare alcun contratto scritto.

Tale comportamento non comporta la violazione di alcun diritto degli altri figli (gli zii), in quanto, finché una persona è in vita, può gestire i propri beni nel modo che ritiene più opportuno, senza dover rendere conto ai figli. E’ quindi normale che gli zii non abbiamo mai  rivendicato alcunché finché i nonni erano in vita, in quanto, di fatto, non avevano alcunché da rivendicare.

Con la morte dei proprietari il bene immobile passa invece agli eredi, per cui, nel caso vi sia un testamento, sarà necessario fare riferimento a quello, salvo che in esso non siano contenute disposizione in violazione di legge (sarebbe naturalmente necessario leggere il testamento e conoscere l’intera vicenda per poterlo dire).

Per quanto riguarda la possibilità di iniziare una causa per usucapire il bene, ritengo che sia una strada che dovrebbe essere valutata con molta attenzione, prima di essere intrapresa.

Il codice civile prevede, infatti, che gli atti compiuti con la tolleranza del proprietario non sono idonei a fondare un possesso valido per l’usucapione. Tra l’altro i giudici ritengono che i rapporti di parentela (specie se stretti), sono spesso indice del fatto che l’utilizzo del bene è avvenuto per semplice tolleranza del proprietario e quindi con esclusione di possesso idoneo all’usucapione.

Categorie
diritto

quanto tempo c’è per far causa al datore di lavoro in caso di lesioni di tipo colposo?

Quanto tempo ho per far causa al datore di lavoro per lesione colpose, evitando la prescrizione?

Anzitutto andrebbe distinto se per «fare causa» si intende un processo civile o una denuncia penale.

Se parliamo da un punto di vista civile (azione che serve sostanzialmente ad ottenere un risarcimento monetario del danno subito) una causa per risarcimento da fatto illecito può essere promossa entro cinque anni. Da notare, però, che questo è solamente un termine indicativo, in quanto la prescrizione può essere interrotta (ad esempio tramite diffide) o sospesa.

Si noti, inoltre, che la prescrizione può avere durata maggiore quando il fatto (come nel caso prospettato) ha anche rilevanza penale. In questo caso la prescrizione, anche civile, ha la stessa durata di quella penale.

Da un punto di vista penale la prescrizione per il reato di lesioni è tendenzialmente di sei anni, ma il delitto è perseguibile a querela di parte, che va presentata in termini molto più brevi (tendenzialmente tre mesi). Si noti, però, che si tratta di termini solo indicativi, che vanno verificati caso per caso. Il codice penale prevede, infatti, diverse forme di lesioni colpose (semplici, gravi o gravissime) con pene differenziate. Esiste inoltre una fattispecie particolare prevista nel caso particolare in cui le lesioni personali (ma solo se gravi o gravissime) siano state causate in conseguenza di una violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. La circostanza che  i fatti si siano verificati per violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale può inoltre influenzare la procedibilità del reato (che può diventare d’ufficio).

Si noti, infine, che le norme sull’assicurazione obbligatoria dei lavoratori (la normativa che disciplina l’INAIL, in sostanza) prevedono che al datore di lavoro può essere richiesto dal lavoratore solo l’ulteriore danno non già risarcito da INAIL e solo se si verificano certe circostanze collegate alla condanna anche penale del datore di lavoro.

Come vedi le cose non sono così semplici, per cui, se ritieni di aver subito un danno, ti consigliamo di servirti di una assistenza qualificata (un legale o, in prima battuta, un sindacato), in modo da non perdere alcun diritto.

 

Categorie
diritto

a quali condizioni può essere «spostata» una servitù di passaggio che taglia a metà un giardino?

Abbiamo da poco comprato un immobile con ampio giardino di proprietà. Questo giardino purtroppo è tagliato a metà da una strada che permette ad alcuni vicini di arrivare alle loro abitazioni (unica via d’accesso). Ci è stato detto fin da subito che si poteva unire il terreno per avere un unico giardino purchè si spostasse la strada al limite della nostra proprietà ovviamente a spese nostre. Lo spostamento sarebbe di circa 4 metri e parallelo alla strada già esistente. Questo ha scatenato l’ira di alcuni vicini che minacciano di far chiudere il cantiere. Il comune e l’architetto sono d’accordo nel dire che i vicini non hanno alcun diritto di imporsi e fermare i lavori dal momento che comunque a loro non cambierebbe nulla.

Dunque, in primo luogo sarebbe interessante capire CHI vi ha detto “fin da subito” che avreste potuto spostare la strada senza problemi ed IN BASE A COSA è stata fatta questa affermazione.

Capita spesso di fidarsi di parole che vengono dette informalmente, magari da un agente immobiliare o da un vicino di casa,  parole che ovviamente non hanno poi alcun valore legale.

In realtà, per rispondere correttamente alla domanda, sarebbe necessario, in primo luogo, vedere il titolo sulla base del quale è stata costituita la servitù di passaggio e capire se lo stesso dica eventualmente qualcosa sulla possibilità di un teorico spostamento.

Ad ogni modo, in generale, possiamo dire che la regola generale, prevista dal codice civile, è che “il proprietario del fondo servente non può trasferire l’esercizio della servitù in luogo diverso da quello nel quale è stata stabilita originariamente.”

Esistono poi delle eccezioni a tale regola, in particolare se l’esercizio della servitù nel percorso originario è divenuto più gravoso (bisogna chiaramente fornire un motivo) o se impedisce di fare lavori, riparazioni o miglioramenti (ma non è affatto detto che il miglioramento costituto dal rendere più fruibile il giardino sia ritenuto rilevante in questo senso).

In conclusione la situazione non è così scontata come sembrerebbe. Nel caso non si riesca a trovare una soluzione amichevole coi vicini sarebbe necessario un approfondimento.

Categorie
diritto

un apprendista può lavorare sempre costantemente senza affiancamento?

Ringrazio in anticipo per il vostro servizio di consulenza. Io sono (o almeno ero) un apprendista con contratto di apprendistato di 48 mesi. Finito il periodo di apprendistato essendo che la ditta è “in crisi” o cosi pare non ha potuto confermare nessuno anche se (penso) abbia preso contributi per stabilizzare almeno l’80% degli apprendisti. La mia domanda è questa: essendo apprendisti avremmo potuto lavorare costantemente da soli ovvero senza affiancamento? Avevo sentito dire che un apprendista dovrebbe essere affiancato da un 4 livello. Se cosi fosse potremmo parlare di sfruttamento del lavoro? Siamo in tanti in questo stato.

In primo luogo precisiamo, come facciamo sempre, che questo non è un servizio di consulenza.

Per consulenza deve intendersi un parere motivato su di una certa questione specifica che un legale è in grado di dare solo dopo avere studiato approfonditamente tutti i documenti del caso, essersi fatto dare tutte le informazioni necessarie del cliente ed avere fatto le necessarie ricerche di giurisprudenza. Si tratta chiaramente di un lavoro (spesso non semplice), che quindi (come ogni lavoro) dove essere pagato. In questo blog si cerca semplicemente di dare qualche spunto giuridico sulla legislazione vigente nel nostro paese, partendo dal caso concreto, ma parlando sempre in maniera generale. Se si ritiene di avere un problema urgente da sottoporre ad un legale, il nostro consiglio è sempre quello di chiedere una vera e propria consulenza (al nostro studio o ad un proprio legale di fiducia).

Fatta questa premessa possiamo dire che l’apprendistato è un contratto volto a garantire al lavoratore una formazione specializzata, tale da garantirgli una crescita professionale.

In realtà, poi, sotto la formula dell’apprendistato la legge distingue tre tipologie di contratti, ovvero:

  • Apprendistato per il diploma professionale
  • Apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere
  • Apprendistato di alta formazione e di ricerca

Tra l’altro queste sono le categorie previste dal nuovo testo unico del 2011, che ha modificato la precedente normativa. Oltretutto la competenza su queste materie è in parte regionale. Di conseguenza, per rispondere con precisione, sarebbe necessario capire a quale tipologia di apprendistato ci si riferisce, in quale regione si sono svolti i fatti, nonché leggere cosa prevedono i contratti di lavoro in questione. Poi sarebbe utile anche sapere chi è a conoscenza dei fatti (oltre ad avere un diritto, è sempre necessario anche poterlo dimostrare).

In generale, l’affiancamento è certo una delle modalità che di solito sono previste per formare il lavoratore, ma ad esso se ne possono abbinare anche altre, quali ad esempio la partecipazione a corsi.

Categorie
diritto

Chi paga la manutenzione della servitù di passaggio?

Buongiorno. Sono proprietaria di una stradina sulla quale grava una servitù di passaggio a favore di tre fondi che non hanno altri accessi sulla strada pubblica. Sul lato a valle di questa stradina si trova il muro di cinta di un’altra proprietà che non possiede alcuna servitù sul mio fondo. Io non utilizzo mai questa stradina che invece viene utilizzata dai proprietari dei fondi dominanti. Il proprietario del muro sostiene che il continuo passaggio di veicoli sulla mia strada ha danneggiato il muro stesso. Per prima cosa mi ha chiesto di impedire il passaggio delle automobili dei vicini cosa che io non posso fare in quanto sussiste la servitù di passaggio. Ora mi chiede di ricostruire il suo muro e di rifare la strada in quanto inadatta a sostenere il passaggio dei veicoli. Mi ha presentato la perizia di un ingegnere nella quale si ammette che il muro è di scarsa fattura e che è stato costruito in modo inadeguato a sostenere una strada su cui transitano autovetture. Ora io mi chiedo: 1) se il muro è inadeguato ed è stato costruito quando già esisteva la servitù di passaggio, non è forse responsabilità del proprietario del muro stesso adeguarlo? 2) gli eventuali danneggiamenti sono a carico degli utilizzatori della strada, così come la manutenzione della strada stessa? Grazie

Come abbiamo già scritto altre volte in questo blog, la manutenzione della servitù di passaggio deve essere fatta tendenzialmente a spese del proprietario del fondo (o dei fondi) che utilizza la servitù stessa.

A tale regola si può però derogare se è diversamente previsto dal titolo che ha dato origine alla servitù, oppure se le opere giovano anche al fondo servente. In quest’ultimo caso le opere vanno pagate in proporzione dei rispettivi vantaggi ottenuti dal fondo dominante e da quello servente.

Per quanto riguarda il muro, la situazione dalla Tua descrizione non è molto chiara. Se si tratta di un muro di sostegno posto sul confine non è detto che la proprietà sia del vicino.

I clienti mi chiedono i soldi indietro perché hanno acquistato per errore. Devo darglieli?

Sono titolare di un esercizio che si occupa della vendita al dettaglio di materiale elettrico. Sempre piu’ spesso mi capita che i clienti tornino indietro, con la merce pretendendo la restituzione dei soldi, sbandierando un fantomatico diritto di recesso che a quanto mi risulta non esiste per le vendite dirette effettuate in un locale commerciale. Premetto, che i beni che mi restituiscono sono stati da loro visionati al momento dell’acquisto, che gli stessi sono perfettamente funzionanti e che nella maggior parte dei casi vorrebbero restituirmeli perche’ li hanno acquistati per errore. Di solito sostituisco la merce con altra merce. Ma quando mi chiedono i soldi indietro? Grazie infinite

Partiamo dal presupposto che la regola generale nel diritto civile è che, quando si è acquistato un determinato bene, NON è possibile restituirlo al venditore pretendendo di avere i soldi indietro, a meno che non ci sia un valido motivo (ad esempio perché il bene acquistato è difettoso, oppure perché chi lo ha acquistato è stato raggirato).

L’acquisto del bene è infatti, a tutti gli effetti, un contratto vincolante, che non può essere sciolto se non c’è una ragione precisa.

A questa regola generale è posta una eccezione solo a favore del consumatore (ovvero di chi acquista come privato, senza riutilizzare i beni acquistati a scopi professionali) e solo nel caso in cui la vendita avvenga fuori dai locali commerciali (ad esempio a domicilio o per strada), oppure a distanza (ad esempio tramite internet).

Solo in tali limitati casi (e purché si rispettino i termini di legge) è possibile per il consumatore sfruttare il diritto di recesso e quindi restituire i beni acquistati e riottenere indietro il denaro pagato, senza fornire alcuna motivazione in merito (quindi semplicemente perché si è cambiata idea).

Diversamente tale diritto non sussiste, a meno che il commerciante non decida spontaneamente di soddisfare le esigenze del cliente per questioni di politica commerciale.

Categorie
diritto

La durata dell’ipoteca

Salve,
volevo capire una cosa riguardante la casa. Finito di pagare il mutuo volevo fare l’atto ufficiale, ma ho scoperto che il venditore aveva messo un’ipoteca sulla casa senza dir niente. Essendo noi in casa da sempre mi hanno consigliato di fare l’usocapione, quello che vorrei sapere è possibile farlo nonostante l’ipoteca? E questa ha cmq un termine?
Ringraziandovi Vi saluto cordialmente.

La domanda non è molto chiara.

Anzitutto di solito la casa viene intestata all’acquirente fin dal momento dell’acquisto e quindi dal momento dell’apertura del mutuo, e non quando la persona in questione finisce di pagare (di norma molti anni dopo).

Ad ogni modo le ipoteche normalmente (se non vengono rinnovate) hanno una validità di venti anni. In certi casi, comunque, possono essere cancellare anche prima, per esempio se il debito che dovevano tutelare è stato, nel frattempo, pagato.

Per quanto riguarda l’usucapione, essere in casa “da sempre” è molto vago. In realtà occorrono dei presupposti precisi, tra cui l’avere posseduto il bene per un certo periodo (normalmente almeno venti anni).

Nel complesso la Tua situazione non mi pare affatto chiara. Sarebbe probabilmente il caso che facessi controllare la cosa ad un legale di tua fiducia, mettendo ovviamente a disposizione tutti i documenti del caso.


Categorie
diritto

Le fasi del procedimento possessorio

gentilissimo avvocato,mi trovo in una situazione per me strana, dopo aver iniziato nel 2008 una causa per vedere riconosciuto il mio diritto di tutela al passaggio e dopo aver ottenuto 8 provvedimenti favorevoli, il mio avvocato chiede che gli paghi €20000 ventimila in virtu del fatto che i giudici di volta in volta dando il provvedimento non decidevano sulle spese, quindi ora per le spese dovrei affrontare il merito cosa a me non interessa, perchè ho ottenuto quello che volevo. la domanda e’ questa perchè devo pagare io le parcelle e non la controparte che ripeto ha avuto 8 provvedimenti sfavorevoli? vi ringrazio in anticipo spero di ottenere una risposta grazie ancora

Dunque, in primo luogo precisiamo, come sempre, che non ci è possibile fornire consulenze specifiche sul caso concreto a livello di blog.

Per dare una risposta precisa dovremmo, infatti, studiare gli atti ed i documenti della/e causa/e instaurate.

In generale possiamo dire che di solito (anche se non è detto) il diritto di passaggio viene tutelato attraverso le cosiddette azioni possessorie, le quali hanno una struttura cosiddetta “bifasica”.

Questo significa che il processo si sviluppa in due fasi:

1) la prima d’urgenza che si conclude con una ordinanza che non è detto che decida sulle spese (in quanto ciò non è previsto esplicitamente dalla legge, anche se alcuni giudici lo fanno);

2) la fase di merito che è solo eventuale (se una delle parti lo chiede) e che si conclude con una sentenza definitiva, che statuisce anche sulle spese.

Non sappiamo a che punto o in quale fase siano le tue cause, però se il giudice non ha mai deciso nulla sulle spese possiamo supporre che si trovino ancora alla fase 1 (naturalmente non possiamo saperlo con certezza, senza conoscere i documenti). In questo caso, se il giudice non ha stabilito nulla sulle spese, la controparte non può essere obbligata a pagarle, anche se il provvedimento del tribunale ti ha dato ragione per quanto riguarda il passaggio.

Se è così, potresti avere interesse ad iniziare la fase 2 proprio al fine di ottenere una sentenza che condanni la controparte a pagare le spese sostenute.

Ad ogni modo, anche se non inizi questa fase, sei comunque obbligato a pagare il tuo avvocato per il lavoro svolto. Questo semplicemente perché sei stato tu ad incaricarlo e quindi tu lo devi pagare. Non siamo in grado di dirti se la cifra che ti ha chiesto, che è in effetti piuttosto elevata, sia adeguata al lavoro svolto, non sapendo nulla della/e causa/e che sono state instaurate.