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Detrazioni per figli di coniugi separati.

ho una domanda in merito alle detrazioni per figli a carico quando si è separati. Specifico che io e il mio ex non eravamo sposati ma conviventi con 1 figlio che è stato affidato a entrambi con residenza da me e l’obbligp di versare un tot di mantenimento da parte del padre. Nonostante gli esposti inviati, il padre non mi ha mai dato praticamente nulla e vorrei perlomeno il 100% delle detrazioni anziché il 50%. So che normalmente si può fare solo se ho il reddito più alto del suo ma più o meno siamo alla pari. E considerato che lui non provvede minimamente al mantenimento, e lo dimostra il fatto di non avermi mai versato nulla, oltre agli esposti inviati via legale per invitarlo a provvedere, posso farlo a rigor di legge?

È materia fiscale, su cui, come avvocato, non sono molto preparato, anche perché varia in continuazione in quanto collegata anche a politiche e pratiche assistenziali, che ugualmente variano molto frequentemente, sulla quale è preferibile sentire un fiscalista.

Dal punto di vista civilistico, queste disposizioni in materia di detrazione fiscale sono di solito collegate al regime di affido cui sono stati assoggettati i figli, che oggigiorno di solito è quello condiviso, con la conseguenza che queste provvidenze spettano al 50% ciascuno.

Se credi, puoi approfondire, però non con il mio studio, ma con un commercialista o un altro esperto di materia fiscale.

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Pace fiscale: che cos’è?

Innanzitutto bisogna chiarire che è ancora un progetto e non si sa con precisione quando verrà discusso.

Non si tratta di un condono, ma della possibilità di pagare una piccola somma a saldo di un debito più grande.

Si tratta di un provvedimento che consente il saldo e stralcio delle cartelle esattoriali per i piccoli contribuenti che sono in difficoltà economica.
Quindi si valuterà il debito e la situazione economica del contribuente.

A seconda della situazione in cui si trovano, i contribuenti potranno pagare da un minimo del 6% a un massimo del 25% del dovuto con un’aliquota intermedia del 10%.

È importante dire subito che non riguarderà tutti. La misura esclude i ‘grandi’ contribuenti, ma sarà efficace “solo per coloro che a causa della pesante recessione economica non hanno potuto pagare in tutto o in parte le imposte fino ad un tetto massimo di 100mila euro comprensivo di sanzioni, interessi e more”.

Le ragioni della pace fiscale sono diverse, i portavoce del Governo spiegano che così chi ” si trova in situazioni di disagio economico può chiudere per sempre la posizione con il

Fisco e tornare così ad essere attivi nella società”. Il provvedimento “potrebbe portare nelle casse dello Stato 60 miliardi di extragettito in 2 anni”. Per capire la portata del provvedimento, si consideri che l’anno scorso la ‘rottamazione delle cartelle’ ha visto l’adesione di 950mila debitori da cui l’erario attende 2 miliardi di euro per il 2018-2019.

Per maggiori informazioni, si può consultare il mio sito.

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Socio di sas uscito: risponde per i debiti?

mio padre è socio accomandatario di una sas al 50%; l’altro socio a fine anno è andato in pensione.
per la sua uscita non ha chiesto nulla in quanto il suo è stato un subentro e non ha versato nessun capitale sociale;la società è ancora attiva e volevo chiederLe se per quanto riguarda i debiti accumulati dalla società nei confronti del fisco spetta solo a mio padre doverli pagare o anche al socio uscente, in quanto essendo una sas ne rispondono entrambi? I debiti del fisco riguardano gli anni in cui lui ancora lavorava.
Secondo Lei cosa dovrebbe fare mio padre?

Purtroppo è impossibile dare una risposta davvero utile in una situazione del genere senza aver potuto visionare l’atto di recesso o mutuo consenso con il quale il socio è uscito, insieme alla documentazione sociale, tra cui lo statuto e l’atto costitutivo.

In generale si può solo ricordare che i soci accomandatari rispondono delle obbligazioni sociali sorte sino al momento della loro uscita ai sensi dell’art. 2290 cod. civ. secondo cui appunto nei casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente ad un socio, il socio, ed i suoi eredi, sono responsabili delle obbligazioni sociali maturate sino al giorno dell’uscita del socio stesso.

Considerata l’importanza dei valori e degli aspetti che ci sono in ballo, ti consiglierei di rivolgerti ad un bravo avvocato innanzitutto per una consulenza volta a chiarire meglio la situazione, esaminando più in dettaglio la situazione anche alla luce della documentazione esistente, ma in seguito probabilmente anche per compiere quelle attività necessarie per la tutela di tuo padre.

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Figlia di 21 anni a carico: posso scaricare le spese mediche?

sono divorziata e ho tre figli tra cui una di 21 anni non lavora e non va a scuola per motivi gravi di salute il padre ha dato sempre un sussidio che ora ha variato senza andare da un Giudice di pace e i soldi che portava direttamente a casa mia visto che mia figlia ha la residenza dove abito io con il mio attuale marito sposati in comune e ha preso nel suo stato di famiglia me e mia figlia abbiamo il diritto di scaricare gli scontrini fiscali di farmaci, visite ecc visto che il mio ex marito a parte il sussidio mia figlia è stata cresciuta da me il mio attuale marito e lui convive beato con la sua convivente

Purtroppo, questo è un problema non tanto di competenza di un avvocato: è materia fiscale / previdenziale su cui bisognerebbe interpellare un fiscalista, cioè un commercialista, un ragioniere o un sindacato.

Quello che ti posso dire è che può essere che il fiscalista abbia bisogno di vedere qual è il titolo che regola il divorzio, cioè la sentenza o accordo in house (convenzione di negoziazione assistita) che ha determinato lo scioglimento del matrimonio e il conseguente regime in ordine ai figli, anche se tale regime al momento è decaduto, avendo tua figlia ormai superato la maggiore età.

Un’altra cosa che volendo si può dire è che il mantenimento pagato per un figlio non può essere variato a piacimento, trattandosi peraltro di materia indisponibile, ma deve essere sempre corrisposto nella misura determinata dal titolo che lo regola. Attenzione però che, se è vero che il diritto è imprescrittibile, è vero che i singoli ratei cadono in prescrizione dopo 5 anni.

Ovviamente, non è competente il giudice di pace per questo genere di vertenze, che appunto riguardano materia di famiglia che è indisponibile, ma il tribunale.

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Cartelle Equitalia: è possibile annullarle con una semplice istanza.

Ebbene sì, in nessuna famiglia che si rispetti (ovvero I.M.H.O. tutte!), ristrette, allargate, etero, omo, fondate sul matrimonio, o semplicemente sulla triade coabitazione-amore-rispetto, può mancare LEI.

La cartella esattoriale di Equitalia.

Di certo, dunque, qui si affronta un argomento che è possibile definire, ad oggi, comune a tutti.

Questa universalità della cartella esattoriale, però, non comporta che ognuno degli atti notificati al cittadino/contribuente sia giusto, o, forse, è proprio questa pessima abitudine del concessionario per la riscossione di notificare atti a tappeto che, in molte occasioni, porta ad errori e mancanze, dovuti a incompetenza, a carenza di controlli ed a disattenzioni.

Anche i software sbagliano, e dietro al pc c’è comunque sempre un essere umano.

Potrebbe allora capitare che la cartella esattoriale che ti è stata notificata abbia dei profili di illegittimità: perchè ad esempio la pretesa posta alla base della richiesta ha subito il decorso del tempo e si è prescritta, oppure perchè essa stessa era ab origine viziata da nullità per motivi legati al merito, e così via.

Quindi, facciamo chiarezza e cerchiamo di capire -se anche il caso che Ti riugarda vede come protagonista una cartella illegittima- come procedere step by step.

Prima di ogni altra cosa, è necessario individuare qual è il cosiddetto ente impositore ovvero quella amministrazione pubblica che pretende il pagamento, in base ad una certa causale: si tratterà, ad esempio, dell’I.N.P.S. per quello che concerne i contributi previdenziali, dei vari Comuni (tecnicamente i Comandi della Polizia Municipale/Locale afferenti i medesimi) in caso di violazioni al Codice della Strada in territorio urbano ed in caso di mancato pagamento di imposte comunali come quella sugli immobili e per i rifiuti ed altri servizi comunali, delle Regioni per il cd.Bollo Auto, dell’Agenzia delle Entrate con riferimento a imposte e tasse di altra natura non pagate e così via.

Alla base dell’istanza -lo si diceva all’inizio- deve esserci un FONDATO motivo di illegittimità.

Individuato ENTE IMPOSITORE e NATURA del TRIBUTO, non vi resterà che porre FORMALE RICHIESTA, attraverso l’invio con uno strumento tracciabile -raccomandata o posta elettronica certificata- affinchè il procedimento del recupero instaurato dal concessionario per la riscossione venga fermato, per i motivi di illegittimità addotti.

Questo significa che si dà la possibilità all’amministrazione che richiede il pagamento di VALUTARE la/e motivazione/i di ingiustizia connesse alla richiesta di pagamento che è stata effettuata con la cartella.

Qualora questo spatium deliberandi non venga fruttuosamente utilizzato dall’Amministrazione, id est se quest’ultima non riscontra in alcun modo quanto portato in istanza, si ha diritto all’ANNULLAMENTO DEL DEBITO TRIBUTARIO, ciò per silezio/assenzo a seguito della mancata risposta dell’amministrazione all’istanza del contribuente.

Quanto affermato si basa su una normativa applicata già in svariate occasioni, anche per cartelle che richiedevano importi molte migliaia di euro, nelle aule di giustizia.

In particolare, l’art.1 della L. 228/12 al comma 537 statuisce che i “concessionari per la riscossione SONO TENUTI A SOSPENDERE IMMEDIATAMENTE  ogni ulteriore iniziativa finalizzata alla riscossione delle somme iscritte a ruolo o affidate, su presentazione di una dichiarazione da parte del debitore”.

Questo comporta che, una volta depositata una fondata richiesta di sospensione da parte del contribuente al concessionario, quest’ultimo DEVE avvisare l’ente competente, il quale a sua volta è RIVESTITO DELL’OBBLIGO di rispondere al contribuente (lo stabilisce il comma 539).

Al comma 540, ed è ciò che più qui importa, è previsto che “trascorso inutilmente il termine di duecentoventi giorni dalla data di presentazione della dichiarazione del debitore allo stesso concessionario della riscossione, le partite (…) SONO ANNULLATE DI DIRITTO”. In tal senso, già sent. C.T.P. Milano n.° 667/40/15 del 23/06/2015, sent. C.T.P. Lecce n.1955/05/15 del 4/06/2015.

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Avvocato saldato ma la fattura non arriva.

ho saldato la parcella del mio avvocato il 18/05/2015 e ad oggi 22/10/2015 non ho ancora ricevuto la sua fattura.Quindi vorrei sapere se il mio avvocato è in regola in termini fiscali o meno e come faccio a farmi dare appunto la fattura se questo fa orecchio da mercante?

Al momento del pagamento, sulla base del principio di cassa, un libero professionista è obbligato ad emettere fattura fiscale e a darne una copia al cliente.

A volte, le fatture vengono spedite per posta ordinaria e verosimilmente vanno perdute.

Questo non significa ovviamente che il cliente perda il diritto ad avere una copia della fattura, anche se si tratta di un documento di cui l’assistito può fare ben poco uso: non si può detrarre dalle imposte sui redditi, non serve per la determinazione di eventuali rimborsi, salvo casi eccezionali.

Quel che devi fare, comunque, è semplicemente inviare una posta elettronica certificata all’indirizzo del tuo avvocato in cui gli chiedi di avere copia della fattura fiscale.

Per conoscere l’indirizzo pec del tuo avvocato, puoi consultare il registro INI-PEC.

Una volta ottenuto l’indirizzo – e ti consiglio di salvarti la schermata relativa – gli devi scrivere una mail da un account pec. Se non disponi di un account di questo genere, ti consiglierei di procurartene uno, visto che ti può essere utile anche per altre occasioni. Non è costoso, ci sono fornitori che lo offrono con un costo di 5€ l’anno oggigiorno ad esempio.

Se, invece, non vuoi o non puoi munirti di una tua casella pec, l’unica è che ti rivolgi ad un altro avvocato affinché sia lui a richiedere la fattura, tramite la sua pec. Ogni avvocato, per legge, deve avere una sua casella pec, la mia ad esempio è, da sempre, solignani

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Per debiti miei, possono pignorare anche beni dei miei familiari?

Ho 28 anni ed assieme a mia sorella (studentessa) viviamo a casa dei miei genitori, casa con mutuo chirografario intestato ad entrambi.
Nel novembre dello scorso anno ho aperto una mia attività come ditta individuale, fiscalmente redditizia: oggi ho ricevuto una situazione di imposte da pagare il prossimo anno molto gravosa e ho paura di non riuscire a sostenerla con la liquidità che dovrei avere dalla mia attività.
La mia domanda era se contraendo un eventuale debito (inps, irpef e di conseguenza equitalia ) posso creare dei problemi ai miei familiari che magari hanno qualcosa su conto corrente o libretto postale.
Devo rivolgermi a qualcuno per dichiarare l’estraneità dei miei eventuali debiti per tutelarli?

In linea di principio, tu e i tuoi familiari siete soggetti giuridici diversi, ognuno con un proprio patrimonio autonomo rispetto all’altro, con conseguente impossibilità per i creditori dell’uno di attaccare quello dell’altro.

Però ci possono essere, di fatto o di diritto, alcune eccezioni a questo quadro.

Innanzitutto, una responsabilità ci può essere nel caso in cui siano state prestate garanzie a tuo favore da uno dei tuoi familiari, come avviene frequentemente quando un’impresa vuole accedere al credito presso il sistema bancario, ad esempio tuo padre ha messo una firma per farti avere un’apertura di credito necessaria per la gestione della tua attività.

Questo, chiaramente, non riguarda i debiti di tipo fiscale, almeno nella fase iniziale del rapporto.

Un secondo profilo problematico può insorgere in caso di recupero giudiziale del credito da parte dei creditori con successivo pignoramento mobiliare presso la sede del debitore, cioè casa tua.

In questi casi, infatti, vale la regola per cui tutto quello che si trova presso quella sede viene presunto essere di proprietà del debitore, anche se è di terzi, salvo che non esiste un documento avente data certa che ne dimostra appunto la proprietà di altri. Fatture, scontrini, ricevute sono tutti documenti inutili a questo riguardo, perché privi di data certa.

In caso di pignoramento mobiliare, quindi, potrebbero essere presi anche beni dei tuoi genitori o di tua sorella.

Per evitare queste situazioni, che in fondo non sono nemmeno giuste, si ricorre a volte alla stipulazione di un contratto di comodato, alla lettura della scheda sul quale ti rimando.

Leggi anche la scheda sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento.

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Il commercialista è responsabile se non fa gli ammortamenti previsti?

sono titolare di una ditta individuale di commercio al dettaglio. nel 2006 ho rilevato un ramo d’azienda (il negozio dove attualmente ha sede la mia attività) e l’anno scorso, avendo cambiato consulente, mi sono accorto che il consulente di quegli anni aveva omesso di ammortizzare le spese di avviamento e di attrezzature per questa operazione. questo ha comportato il versamento di imposte non dovute per circa 4000 euro negli anni dal 2006 al 2011. gli ho contestato subito il fatto ed ha riconosciuto la propria responsabilità intervenendo tempestivamente per il 2012 presentando a sua cura dichiarazione integrativa, ma ha rifiutato di riconoscermi il danno precedente in quanto tecnicamente c’è la possibilità di mettere in coda ai primi 18 anni gli ammortamenti precedentemente non fruiti, ma questo significa che potrei recuperare gli importi – senza interessi – solo dal 2025 in poi, cioè quando sarò già in pensione. posso pretendere i danni?
Il danno a me sembra che ci sia e abbia anche una sua quantificabilità.

Però va verificata molto più approfonditamente ed in concreto la responsabilità del consulente, sempre che non l’abbia riconosciuta ad esempio per iscritto.

Ti suggerirei di far inviare una richiesta danni o diffida tramite avvocato, dopodiché puoi valutare in base all’andamento della pratica.

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Come posso sapere se il mio avvocato mi chiede troppo per una pratica?

Credo di essere stata rapinata. Quanto costa fare un’istanza ad un Giudice Tutelare per la successione dei beni di mio marito? E se la pratica é stata svolta in modo sommario e imcompleto, come posso far valere i miei diritti nei confronti del legale che é stato così superficiale ma comunque attentissimo a riscuotere un sacco di soldi senza manco rilasciarmi fattura?
Grazie per i consigli che potrete darmi. Se avete bisogno di maggiori info ho inviato una e-mail. Il testo intero qui non c’entrava.

Qui limito il numero di caratteri disponibili perché devo per ovvie ragioni parallelamente limitare le risorse che dedico nel mio tempo libero a dare qualche spunto, o risposta spicciola, alle persone che non sono ancora clienti dello studio, lasciando a chi vuole poi approfondire la possibilità di valutare se acquistare una vera e propria consulenza ad hoc, che consente di affrontare la questione in modo professionale.

Nel tuo caso, comunque, ci sarebbero tanti profili diversi da esaminare: la determinazione del compenso in generale, cioè anche in caso di pratica svolta regolarmente; la responsabilità del professionista in caso di sue mancanze e le conseguenze sul suo compenso; la mancata emissione di fattura.

Per poter dare una risposta che abbia un’utilità bisognerebbe esaminare concretamente il fatto in tutti i suoi dettagli, ma, in generale, si può osservare quanto segue.

La determinazione della misura del compenso dipende anche dal valore della pratica, quindi in questo caso bisognerebbe vedere qual era il valore dell’asse ereditario. Inoltre va considerata anche la complessità o meno della pratica e delle questioni, sia giuridiche che concrete, da risolvere. Da quello che dici sembra si trattasse di una cosa semplice e di valore medio, ma è evidente che va verificato in concreto.

Per quanto riguarda eventuali caratteristiche scadenti del servizio di assistenza prestato, per fondare un controcredito a tuo favore che possa, diciamo così, compensarsi con il debito nei confronti del legale, occorre un vizio o una mancanza precisa, un errore, mentre direi che una generica «superficialità», che non si sia tradotta in un problema concreto, non possa essere sufficiente.

Quanto, infine, alla fatturazione, non so quali fossero gli accordi tra di voi al riguardo e soprattutto in che modo tu abbia pagato. Comunque è suo dovere fatturare e tuo diritto ottenere una fattura e/o una quietanza, per cui puoi sempre richiedergliela, salvo solo il rischio, nel caso che tu abbia pagato in contanti, che lui poi neghi di aver ricevuto il pagamento.

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Can I report a fiscal fraud to italian Authorities?

Thank you for giving me the opportunity to explain in English. An Italian citizen residing in Rome owns an apartment in our building in the Netherlands. He has been delinquent (by 20,000 euros) on their condominium payments (for more than 3 years!) and the owners association is proceeding with legal filings in the Netherlands. As the apartment is currently rented out, the association expects to be able to make a claim against the rental income to pay the condominium charges.
Apart from this there is reason to believe that the Italians have not declared this rental income received in the Netherlands (over 30,000 euros per year) on their Italian tax filings nor declared the money held in the bank accounts in the Netherlands. In other words we believe that they are defrauding the Italian government. Is it feasible to file a denuncia in Italy to request an inquiry into (what we believe is ) fraudulence?

It is, of course that would not get any advantage at all to the owners.

And that could lead to some legal issues to the author, should the claim reveal mistaken afterwards.

I would not suggest you to do that, I guess you better work on the debt collection. Should you decide to go ahead, I would suggest you to hire a lawyer in Italy and to not work on it on your own.

Of course, the claim has to be in Italian language.